Parla un attore

Parla un attore Parla un attore L'addio alla miseria nelle Memorie di Viviani a a a e e o a o n o o o a e i o E i e a i , a o ù Ecco an nuovo capitolo delle corta»» Memorie che Raffaele Viviani scrive per « La Stampa ». L'umile vicenda personale del protagonista agl'inizi! della sua carriera teatrale, ha In queste pagine un valore rappresentativo: per il singolare ambiente e la penosa vita che fecero di uno • scugnizzo» un uomo, di un analfabeta un artista, di un povero diavolo un Interprete di commovente umanità. a e n aio na a a olli ia iia o e n la run e ni iidi e si a, be te ob r di te rnmo he ca ià e le di biale aa a nra o M Ar he e te ooaeaon po oon opa mo, er do sa e tte va ngi. avme el — co Rivoltellata a salve A Napoli, nel giugno del 1907, dopo aver girato per diversi locali, senza potere essere scritturato, fui costretto a tornare per una quindicina di giorni ailVlrena Olimpia sulla Ferrovìa. E stavolta con paga migliore. Però, questo ritomo doveva essere funestato da um clamoroso incidente, • che non ebbe conseguenze tragiche per puro miracolo. Vi era in programma con me, una canzonettista chiamata Nina Covitti. Suo padr.igno detto « Quarticiedlo » ossia un quarto di capretto, nomignolo affibbiatogli perohé d'origine beccaio, era uomo ossuto e tarchiato, di carattere impulsivo e spavaldo. La sera del debutto, siccome essa faceva la stella e usciva dopo di me, venne, dal pubblico, non appena apparsa, fatta rientrare, perchè si reclamava ancora un bis da me. Appena la Covitti rientrò tra 1 fischi, v Quarlicicllo • cominciò a dare segni d'inquietudine, e venne da me, prima risentito soltanto e man mano che io « aparavo vascio •, ossia mi giustificavo in tono minore e sottomesso, con loquela sempre più insolente, fino a coprirmi di contumelie, e già stava per aggredirmi, quando mio fratello Vincenzo, tipo esaltato anche lui, e, allora, aneti & lui ossessionato di essere temibile, colse la buona occasione per dare una prova del suo fegato: egli si arretrò di due passi e sparò a Quariiciello. Si era servito di una rivoltella della scena, caricata a salve. Ma l'effetto fu sorprendente. Quarticiello diventò balbuziente. Stupito per la sorpresa, si tastava per sincerarsi d'esser vivo. Il teatro, che era gremito, alla detonazione andò in subbuglio; genti che scappavano da tutte le parti, grida di femmine e di fanciulli: 11 palcoscenico fu preso di assalto da tutti i « caporioni » della « Ferrovia » i quali subito sparirono per il sopraggiuntere della squadra. Mio fratello intanto se l'era svignata. Io, vestito da « Scugnizzo » e Quarticiello, andammo in Questura in mezzo alle guardie. Quan do uscimmo dal teatro, io in quell'ab bigliamento e tra le guardie, ebbi la sensazione di essere veramente un delinquente precoce. L'indomani dello sparo tutti i giornali portavano il fattaccio dell'Olimpia, e le mie fotografie. La cosa mi giovò moltissimo perchè creò intorno al mio nome un certo interesse, una curiosità morbosa, e l'Arena Olimpia, dopo 24 ore di chiusura obbligata, riapri con Viviani in « Vedette » e furono fiori di quattrini... per l'impresa, si capisce. Una sveglia automatica Venne l'estate. Allora si usava cantare su t foyers dei bagni. Ed io andai per la prima volta al bagno San Gennariello al ponte della Maddalena a San Giovanni. Detta località distava da casa mia, ohe era al Borgo Sant Antonio Abate, oltre quattro chilometri. Quella specie di posteggio co mmelava con 1 primi bagnanti, i qua ii, prima di andare a bagnarsi, si trattenevano alle canzoni cantate nelila sala dai diversi artisti (V) d'ambo i sessi, che componevano di piccolo prò gramma: un buffo, un cantante, una donna ed il maestro di pianoforte Uuattro persone che per guadagnarsi l'incerta giornata, dato che si girava col piattino, si dovevano alzare all'ai ha per trovarsi al lavoro non più tar di delle sette del mattino. Altro che muratori I lo, non abituato a farla così presto, mi coricavo sopra le sole tavole del letto, senza materassi, ap punto per crearmi quel tale disagio tisico che avrebbe dovuto di buon'ora farmi buttare a terra per disperazione. E la trovata tu magnifica. Il primo giorno all'alba ero già sveglio, e le ossa erano pressoché indolenzite, ma lo scopo raggiunto. Non avevo bisogno di essere svegliato... mi ero crea io una sveglia automatica. Alle 5 e tre quarti, c'opo un'ora e un quarto di cammino a piedi, arrivai al Bagno. La sala eia deserta. E il bagnino, al quale declinai le mie ge neraiità, sorridendo mi disse: Sareste venuto alle quattro! Qui prima delle sette, non si comincia. Ma oggi, sarà difficile che si canti; i lì mare agitato, e vengono pochi bagnanti ; quindi, a chi cantereste, alle sedie?... La premessa era stata scoraggiante Ma io avvezzo, ormai, ai patimenti d'ogni sorta, non mi avvilii ed aspettai i compagni, che man mano arrivavano, meati del sonno e già vinti dalla stanchezza. Eravamo, a guardarci in faccia, non un quartetto di artisti, ma un quartetto di ergastolani: gli uomini emaciati e stracchi -, la donna, una cer ta Nina Amato, tutt'ora vivente, più dimessa di noi. Verso le sette, si radunò un po' di gente e cominciammo a cantale tanto per rompere l'apatia, e cantammo per tutta la giornata Ano alle sette di sera; ma il risultato Anale fu di una diecina di lire. Meno tre al maestro, che avevamo a paga fissa, dividemmo in ire sette lire. Pochine davvero; ma di estate non vi era di meglio a fare ed io feci questa vita facchinesca e bestiale, umiliante ed irrisoria per ben quaranta giorni. Fortuna a bordo... Scritturato per il Caffè Commercio di Malta (La Valletta) con la paga di 20 lire serali, viaggio in 3.a classe a carico dell'i.tiprjsa, contratto p-r un mese, m'imbarcai da Napoli e arrivai a Malta dopo i Kionii Kra un pi<"scafo che caricava aiiuhi merci e faceva scalo a Messina, a Catania e a Siracusa. Non prevedendo un viagg'-j cosi lungo, mi trovai in difetto con 'le provviste dopo il secondo giorno. L'alba del terzo mi sorprese infuni senza viveri. Chiesi al « cambusiere • qualche cosa da masticare. Mi diede due gallette secolari, che un bagno .il un'ora non riusci a « spugnare •; e il quarto giorno mi presentai dal capitano. — Ah! — mi disse — fate il comico T — Si; vario a Malta. — Accomodatevi. E mi fece sedere nella sua cabina, che stava sul cassero, e ad un ufficiale in seconda, che entrava in quel mentre, mi presentò: — Viviani, artista. Va a Malta! Io incominciai a parlare di Napoli, delle canzoni, della mia famiglia, e parlando parlando, cominciai ad accennare qualche « cosa » a fior di labbra. Altri ufficiali si unirono ai due primi, e in breve tutta l'ulflcialità del piroscafo era intorno a me e pen deva dalle mie labbra I Avevo fortemente piantato le mie tende., e qui sigarette, vermouth, e quando suonò la meennato Tuvebublmnorogee Sogncosoonle geuntalaunmripacovogoteseteunduAncasetavesttrramtelanospdaduVmdesisicoDhvichcofimleScipsnstoQinsrctopFtamtcaivBmztc«lapptpdbspmrEstMdmgmmpurdasmnslmcccav;™^^»n^ i.f„,.-,» ■■ campanella del pasto, I invito a de-:smare- 'sinare. A tavola eravamo in undici, lo sede-' vo accanto al capitano. Mangiando, il buon umore crebbe ed io divenni spiritosissimo. Le risate grosse echeggiarono nella lucida sala da pranzo; qualche tappo di bottiglia saltò sotto la cupola del piccolo salone, aperto per maggiormente arieggiare l'ambiente; altre canzoni risuonarono ed io diedi fondo al mio repertorio. Al cafifè davo del tu a parecchi. Dio mio, [come volò il quarto giorno del mio * 'viaggio. Malta, si avvicinava Ingrata- i a a a i ò a i a e ì o a . o e a a n i l i i e ti ai aa n a i r ù ao a, o e al iveci. o di a n ai a a -j n o. ni • e il •; al T a, fiel i, e cbue el n esila mente a passi di gigante. Il piroicafSl entrò nella rada, attraccò alla bancbVi na ed io sbarcai, dopo aver abbracciai» to e baciato i miei improvvisati amici. Tutti promisero che la sera sarebbero1 venuti a festeggiarmi per il mio da' butto al • Caffè Commercio *. E sfortuna a terra Il debutto andò bene, sebbene il pubblico fosse in maggioranza formato dal marinai inglesi. Essi naturalmente non capivano me ed io non capivo loro; eppure ci Intendemmo subito, a gestii Feci un mese di gran successo e riuscii ad accumulare ben 3000 lira. Soldi della paga e proventi dello « scu« gnizzo >, poiché anche agli inglesi io comunicai l'usanza di farmi buttare 1 soldi sul palcoscenico, e spesso fui onorato di vedere qualche sterlina trai le piccole e le grosse patacchie d'ar« gento. Una da cinque scellini, ricordo, una sera mi feri ad una bozza frontale. Ma il generoso feritore mi pagò la cena per quindici sere consecutive! Erano dunque le prime 3000 lire « di un sol pezzo > che io vedevo in vita mia, ed anelavo il ritorno per (ara ricca la mia famiglia. La sera della partenza, prima di imbarcarmi, carico di letizia e di quattrini, scorazza* vo per il corso, in cerca di certo «vai» go per far avvicinare l'ora della partenza. Trovai un amico che mi prono* se di andare a visitare un Club mal* tese; fui tentato, giocai, e in men di un'ora mi ero « asciuttato »; avevo perduto persino i soldi del biglietto. Scesi di corsa; tremavo, ero livido. Andai a bordo, feci scaricare la mia cassa e rimasi a terra, sulla banchina, senza nemmeno i soldi per far por» tare il mio bagaglio in teatro da una vettura. Ero vergognoso per la mia tri- ' ste e melensa avventura e, solo, squattrinato, nella sopraggiunta notte, gl* rai per le vie di Malta, e maledissi la mia leggerezza ed anche ebbi più volte l'idea di uccidermi. Ma mi mancò la forza. Pensavo al mio triste ritorno, al dolore di mamma mia. che a* spettava il Aglio arricchito. MI feci, da un compagno d'arte, imprestare due sterline e partii la sera seguente. Viaggio burrascoso. La tempesta del mare era soverchiata dalla tempesta dell'animai Ed io, sbattuto dal marosi furibondi, rimanevo in coperta, (masi per farmi percuotere per la grava colpa commessa. Giurai alle onde e a Dio che non avrei gluocato più, ed ho mantenuto la promessa. Giunsi a Napoli, come Dio volle, avvilito, abbattuto. Mamma mia, allor- . che il vapore si ormeggiò all'» Imma* colatella •, era in una delle barche che fiancheggiavano il piroscafo, e caia» mava: — Pape... Pape...! Ogni voce di mia madre era una stilettata per l'anima mia. Ci vedemmo. Scesi. Ci abbracciammo, e nell'abbraccio io piansi. Andammo a casa, e mamma dovette pagarmi due lire e mezza per li tra* sporto della cassa, e alla mia narrazione rimase muta, senza un rimprovero. La conquista della grammatica*. Malta, però, mi aveva giovato arti- . sticamente. il giorno dopo del mio ritorno a Napoli fui chiamato all'Eden. Quale passo da gigante. L'Eden! che, in quei tempi, dopo la chiusura del salone Margherita, quale ritrovo di varietà, era assurto al primo posto anche perchè era... l'unico caffè-concerto di Napoli. VI passavano gli artisti più quotati, le « vedette » più note. Feci una bella toelettina e mi presentai. I fratelli Resi, proprietari, che già' mi conoscevano, mi fissarono il debutto e la paga: lire 10 serali. A quell'epoca era già una cosa dignitosa; anzi, avrei dovuto pagare io l'impresa per il piacere di calcare quelle scene. Ciò voleva dire per me l'affermazione. •Ma la prova sostenuta all'Eden di Bologna mi era stata di grande ammaestramento: capii che, per differenziarmi dagli altri ed evitare i confronti, dovevo, come per lo scugnizzo, crearmi tutto un genere a me, di « cose » scritte per le mie corde e per la mia sensibilità. Ma dove trovare il poeta ed il musicista che « avessero preso tutto me • e ne avessero fatto tanti « tipi > a cui avrei potuto imprimere una mia personalità, dando ad ognuno di essi la parlata, la bonarietà spassosa, la melanconica e stoica sopportazione, la mimica, la plastica, il trucco, tutta l'essenza tormentosa e mite delle nostre creature?... Ricorrere ai... grandi maestri! E i soldi? ed ammesso che avessero scritto, il risultato? Da qui la necessità di improvvisarmi poeta-musicista. Ma come scrivere se ero sprovvisto di studi? e la musica'' la sapevo immaginare, bella, Auida, melodiosa o gaia, ma come metterla In carta*... E mi mi6i all'opera, sorretto solo dalla mia volontà, come l'orbo che tira colpi alla cieca. Cominciò cosi per me un triplice travaglio. Primo imparare a scrivere, poi il repertorio: e dedicai tutti i giorni e parte delle notti al lavoro; le musiche me le facevo scrivere dopo di averle canticchiate al maestro, e cosi In quindici giorni, vennero fuori circa sei tipi che diedero la spinta iniziale alla mia ascesa Da allora incominciai a badare alla grammatica, ed il fatto di come io abbia' imparato a leggere e a scrivere, a fare versi e a fare musiche, resterà per me sempre un miracolo. A poco a poco venni acquistando una certa coltura, che, sorretta anche da qualche lettura classica, mi fu di grande ausilio; seppi cos'è lo stile, diedi un po' d'ordine e d'equilibrio alle mie esperienze e la sensibilità, poi, fece il resto. Le mie prime t Uriche », che conservo in un vecchio quaderno (che per me è un cimelio) iniziarono quella collana di tipi che più tardi mi dovevano dare la notorietà. In quanto alle musiche, le canticchiavo destando l'ammirazione del Maestro, perchè -11 periodo musicale era giusto e la frase aveva il suo sviluppo. Anche nella musica semplicità di mezzi: piccole frasi che arrivando al cuore riuscivano a suscitare quello stato d'animo che io intendevo dare al mio personaggio. « creargli un'atmosfera. Con queste sei cose, fatte di amore e di pazienza, e con la forza di chi vuole arrivare, lo affrontai il pubblico dell'Eden. £ del pianoforte La sera del mio debutto, nel minuscolo ed elegante varieté eran rappresentate tutte le « pensioni > voglio dire che vi erano campioni di tutte le pensioni per artiste. Dalla Batttstina ad Ida Rosa, da Mamma Eva ad Albertina, tutta la siceberia delle pensionanti era presente, accompagnata dagli amici. Nudi e brillanti sfavillavano nel folgorio del riflettore, ed io in mezzo a lauto bagliore mi presentai con O' Sapnnariello (il raccoglitore di stracci). Ricordo che fu uri vero delirio. Quella sera misi fine alla mia miseria. Esaurii tutto 11 repertorio... e da allora mi capitarono altre e svariate - avventure, ma niente più miseria. ■■ Con l'Eden di Napoli, chiusi cosi H e-:cicl0 delia fame: avevo trovato me 'stesso, la mia strada. Non dovevo che e-' il piao; to to nio afo, io ta- percorrerla con fermezza ed amore per sempre meglio fare ed affermarmi sempre più. Da quella sera mamma mia cominciò, parlando, a dire: « fìgliemo *o celepe > (mio Aglio il celebre); e le sua benedizioni mi sostennero. Cambiammo casa: dal Vico Finale al Borgo Sant'Antonio Abate, ove pagavamo U lire al mese, andammo al Vico Speranzella a Toledo 72, e mi comperai U pianoforte I RAFFAELE VIVIANI

Persone citate: Feci, Ida Rosa, Mamma Eva, Nina Covitti, Quan, Raffaele Viviani, Viviani