La Commedia dell'arte

La Commedia dell'arte La Commedia dell'arte Un prato, un declivio presso le rovine d'un castello, e su di un palcodi poche assi appoggiato ad un muro, uno sparuto Scaramuccia che arringa i villani di ritorno dal mercato; un Pulcinella che sporge il naso ed il volto fra una tenda, su cui vigila uno scimmiotto, e dinanzi un terzo compagno che suona la chitarra, ed ha gli occhi rotondi, insieme stupidi e ingordi, che fanno più compassione ; una cassetta d'unguenti e di specifici...: il vecchio dipinto di Dujardin, simile a molti altri, ci raffigura nel suo aspetto più umile, e persistente da un secolo all'altro sulle fiere d'Italia e di Francia, la memorabile « commedia dei cerretani », la « commedia degli zanni », quella che ancora il Goldoni denominava « la commedia usuale degli istrioni... ». « Commedia^ dell'arte » è termine, in un certo senso, moderno: d'un tempo in cui gli attori avevano ormai acquisito la coscienza di costituire una pi.jpria * arte », anzi di impersonare l'arie, per eccellenza; poiohè veramente gli attori, i comici assorbono, nella loro storia le vicende capitali di questa creazione scenica italiana, che troppo a lungo fu considerata nei semplici suoi limiti letterari. Quanto non s'è discorso delle origini di questo teatro, che per un verso o per l'altro si voleva collegare alla commedia popolare latina, sopravvissuta oscuramente attraverso il Medio Evo e risorta tutta nuova e festosa in pieno Cinquecento per la voce d'Arlecchino, dèi Magnifico Pantalpne, di Scapino, di Mezzettino e Francatrippa! Constant • Mie, uno scrittore russo che abbrevia così il suo nome di Miclachevsky nel presentare in un bellissimo volume (pubblicato da Schiffrin: La Plèiade) l'edizione francese di un'opera apparsa anni sono a Pietrogradó, vuol darci un'imnfagine completa della Commedia dell'arte affrontando il periodo della sua vera e propria fioritura in Italia: che lo sviluppo, precoce e fortunato, del « Tbéatre Italien » di Parigi conferì alla tradizione dell'arie, qual'ò nota ancor oggi, alcuni tratti del gusto, del costume, dell'eleganza francese: chi pensa più all'antico Pedrolino quando appare, sotta la berretta di raso nero, il viso infarinato e illanguidito di Pierrot? Il libro del Miclachevsky, condotto su di una buona informazione storica, riesce particolarmente interessante per noi, in quanto serba l'esperienza di un ritorno agli elementi scenici della Commedia dell'arte, tentato dall'autore stesso insieme con i pittori e i regisscurs del vecchio teatro di a Pietroburgo »: ed oggi sembrano, anch'essi, ricordi lontani. Frattanto, presso l'editore Ricciardi di Napoli, Benedetto Croce presenta aj^li studiosi un altro volume su mncmgme»,, scenari, a cura di Enzo Pctrac-T|cono: il quale, prima della guerra,' in cui cadde nobilmente, aveva raccolto la serie delle notizie che va dal Garzoni al Riccoboni . (non ignote, s'intende, ma di solito più citate che lette), il trattato Dell'arte rappresentativa di Andrea Perrucci, le Bravure del Capitan Spavento di Francesco Andreini e, con altri testi minori, una ventina di scenari, assai bene scelti; sì che il libro sarà ricercato, non soltanto per l'omaggio che esso rappresenta ad una memoria generósa, ina come un sussidio agevole e sicuro per tali studi. Quanto agli scenari — sia detto ad augurio, se non ad invito -r- converrà pure che, tornata anche la stampa a condizioni men dure, si giunga alla pubblicazione ordinata di tutti quelli che rimangono nelle nostre biblioteche : vengono in luce raccolte di documenti ben più vaste e meno desiderate di questa, a cui aveva già dato inizio Adolfo Bartoli con la raccolta fiorentina; e quando sieno sfornati per intero i manoscritti di Roma e di Napoli, il resto non darà fatica! Lo scenario, ch'è la traccia dell'azione per la recita all'improvviso, e Uè maschere, in cui si vengono determinando i tipi fissi del grottesco umano e delle satira provinciale: qui è tutta la commedia dell'arte, e l'inganno di molte discussioni intorno alla sua origine fu d'aver cercato la stessa cosa in un periodo precedente, e per così dire la commedia dell'arte prima di se stessa, prima che fosse formata nelle linee che per noi la distinguono e le danno un carattere diverso da ogni altro teatro comico e popolare. Fino al Cinquecento, l'esercizio del recitare 6U per le piazze e nelle feste d'ogni sorta fu proprio dei giullari: arte povera, come quella che la prosegue dei ciarlatani, ma tenace, diffusa e mutevole: talvolta sorrisa da un lume di poesia amorosa e cavalle' resca, esperta quasi sempre del suono degli strumenti come de' giochi di destrezza e delle facezie triviali. In quanto davano spettacolo di sè, giullari erano chiamati anche istrioni; mi la poesia giullaresca è di per sè, naturalmente, una recitazione, e sul principio del secolo XVI possiamo riconoscere i segni di una lunga tradizione in alcune figure fra lette rate e popolaresche, come quel Niccolò Campani .senese, rimatore ed attor comico, girovago per le Corti italiane' che alla sua persona sovrappóse il tipo ed il nome dello Strascina. E lo stesso Ruzzante, che fu detto il nostro primo comico dell'arte, e eh'" tornato in questi giorni di moda per l'opera e. soprattutto per l'entusiasmo del Mortier, che fu altro se non un giullare. rustico e arguto, che ai banchetti del cardinal Cornaro snocciolava i suoi Discorsi sul contado e foggiava.di sè atesso un personaggio comico che ritorna e si colora nei c dialoghi facetissimi > e nelle commedie? Chi segue i documenti delle feste mantovane e ferraresi del Rinasci- mento assiste all'adunata degl'istrioni, buffoni e mattaccini, e ciascuno col suo nome d'arte e di guerra: Scarlattine, Zaccagnino, Pignatta, Zaffarano... ; c'è persino come « guidatore del ballo » in una festa drammatica ordinata dal marchese Gonzaga nel 1495 un Fratellino : < un giocoliere più che un attore », avverte il D'Ancona, ma che porta già il nome reso più tardi famoso da Pier Maria Cecchini e dai Baili di Sfessania dei Callot... , La « commedia dell'arte » si costituì veramente (come il noto civet di lepre) quando vi fu « commedia » : cioè la commedia letteraria di cui gli attori, raccolti in compagnie, 9Ì valsero per il loro repertorio, allo stesso m'odo che attinsero scene ed argomenti dalla tragedia e dalla pastorale... A quella commedia bastò un intreccio: di Lelio e d'Isabella, in contrasto con Pantalone o col Dottore: un intreccio plautino, se volete, quello appunto ch'era risorto con i letterati del Rinascimento; e di sotto,ad una semplice trama d'amore, l'agitazione di tutti gli elementi mimici e burleschi, gl'innumeri lazzi degl'istrioni, cioè delle maschere. « Il recitar mascherato è restato alle parti de' buffoni e ridicoli, dandoli caricatura di color bruno, naso o grande o schiacciato, occhi piccioli o lipposi, fronte arrugata, capo calvo » ; così scrive il Perruoci, mentre la Commedia dell'arto era al colmo; ed anche: <r Ridicolissimo dunque sarà un Zanni con occhi piccinini, volto nero, ciglia irsute e ridicolo in tutte le positure; così un Policinella tutto un pezzo, sgarbato- di persona, con naso adunco e lungo, ; sordido, melenso e sciocco in tutti i gesti; con operazioni, come nel vestirsi i Zanni bergamaschi di più colorì ed il "Policinella con un sacco a guisa di villani; così degli altri ridicoli ». Nelle maschere stesse, chi osserva gli esemplari che ne rimangono, soprattutto' nel Museo parigino dell'Opera, può scorgere qualche somiglianza con la maschera dell'antica commedia romana: nel vasto arco sopracciliare d'una maschera autentica dì zanni, foggiata nel cuoio, od in una forma di legno che aggira fino agli zigomi la cavità delle gote, ciò che ricorda le bocche enormi delle maschere antiche ; ma anche in questo si può riconoscere, più che la prova d'una lontana trasmissione popolare, uh riflesso del Rinascimento, poiché le maschere marmoree offrivano quei tratti così evidenti, che gli artisti del Cinquecento, fino ai rozzi artisti delle maschere d'Arlecchino, non potevano trascurare. Il Mie svolge varie considerazioni sull'uso della maschera teatrale, e s'accorda, uomo di teatro anche lui, col nostro Bragaglia per celebrarne l'effetto scenico ed i vantaggi che ne derivano per la recitazione; i comici T|nenzi3lmefitè, per nowjmte^mimii- EbGApCpszllc•[tmllqacmfimmcm' l e e e i e , e i o e o i o a , e e e l e : a o i n r e a . l r n i e o mente, nelle parti buffe e ridicole, vi furono indotti da un motivo molto semplice: la commedia degli zanni fu sin dal principio, e ne' suoi eie menti giocosi, una commedia» di Carnevale; ne ritenne il costume è le maschere...' Joachirri Dn Bellay, che fu a Roma ad una data anteriore al più antico scenario, cantò in un sonetto : Voicy le Carneval, menons chncun la fslennc, Allons baller en masque, allons nous Ipourmcncr, Allons volr Marc-Antolne ou Zany .rhouttonner Avcc son Magniflque à la Véntticnne... Sì che più tardi, quando la Commedia dell'arte declinò e si spense, essa restituì, ma più colorite e più ricche, alle sue feste native le maschere, che serbano ancor oggi i nomi vivaci, illustri, espressivi dei nostri vecchi zanni ed istrioni. L-a Commedia dell'arte fu dunque una grande fioritura del mimo, cioè di un giuoco naturale e spontaneo fra gli uomini (e questo spiega le analogie che s'istituiscono ad ogni poco con i teatri popolari d'uno o d'altro tempo e paese) : mimo che nel Medio Evo esercitarono i giullari di piazza e, quando vi furono Corti, i buffoni di Corte, e che trovò nell'età spensie rata e nella rinascita del teatro del Cinquecento italiano le sue condizioni più propizie, onde si formò una « commedia nuova » in cui domina la recitazione improvvisa 'e l'espressione tipica delle maschere. I nostri comici corsero l'Europa per due secoli e stabilirono, sulle fiere e nei teatri parigini, una colonia più felice, e quasi più gentile, se pen siamo al Molière, al Regnard, al Ma rivaux, poeti che la predilessero, a Watteau ed a Gillot che la dipinsero con tanta grazia. Fra noi, si vuol dar colpa al Goldoni d'averla uccisa, e a Carlo Gozzi il merito d'averla difesa in un'ultima fiammata di fantasia grottesca; ma anche in Francia, dove nessun Goldoni le mosse cóntro una' crociata, essa perì verso lo stesso tempo... "L'arte stessa sdegnò, dopo il Set tecento, l'istrionato e le maschere l'attore volle scoprire il suo volto a creare » con passione la sua par te... Ma non vorrei ora accusare Romanticismo d'avere uccisa la Coni media dell'arte; certo, dopo la Rivoluzione francese, fra tante cose che ripresero il loro cammino, essa non apparve più, e tutti sanno che le ma schere sono finite al teatro dei bu rattini : a Parigi, sotto gli alberi del le Tuileries, e dilettano i fanciulli che di giuochi s'intendono meglio di noi. Quanto al mimo, .esso ha trovato altri sbocchi: il libro del Mie è dedicato c Au plus grand comédien de notre temps, Charles Spencer Cha plin, avec respect et-admiration ». FERDINANDO NERI. GqnsAtdmEnaclrmprdIgcqzcscMhpsrvpt