L'isola voluttuosa delle belle "vaine"

L'isola voluttuosa delle belle "vaine" L'isola voluttuosa delle belle "vaine" co 'di Giuliano Ochsé e che sappiano mor to a n i . a e e a o n e . e e ò o i o n l e l e i i — a a e o . , n e n i o i i e , o r o to i a , e i e e o e i e e , n i e a n i o a , a a , a e tevole e lo si constata prima ancora DA PAPEETE (Tahiti) iI,'arrivo a Papeete è davvero incan-|di costeggiare l'isola lazzaretto di Mo tu Uta (l'isola delle canzoni) e di entrare per lo strettissimo varco fra i coralli che adduce al porto. Cosi angusto che non si può non trovar naturale che il .tenente di vascello Destremau, immortalato a Tahiti per essere stato l'abile comandante della sua difesa al principio della grande guerra, abbia .saputo profittarne. Ma Papeete ben chiusa riunita nella sua magnifica cornice vegetale e sopratutto coronala dilla cittadella aerea delle basaltiche creste aguzze — la catena ai chiama giustamente ■ il Diadema • è bellissima, vista dal mare: da terra è un'altra cosa, poiché si tratta di un grande villaggio che fa persino venire in mente un capoluogo della Normandia, compresi i nomi delle strade e delle piazze. Tutto è banale a Papeete, anche il palazzo Poinaré, diventato la residenza dei governatori, come è banalmente californiana, australiana od olandese la moltitudine dei centri moderni nel Pacifico. Sedazione amorosa E se non si vuole partir di qui conservando come impressione principale quella di avervi incontrato persino delle monache milanesi, bisogna gettarsi su Tahiti, trascurando PapeeTe. vale a dire cercar di conoscere subito le celeberrime « vaine », le quali, benché cugine delle mà'ore di Nuova Zelanda, hanno, diremo cosi, una fama più allegra. Ma forse, il fenomeno dipende dal fatto che le maore si conoscono in occidente attraverso la letteratura anglo-sassone, per sua natura castigata, mentre lè « vaine » formano, da cinquant'anni a questa parte, la preda più ghiotta della letteratura francese esotica che, sia pure calunniosamente, è ritenuta di tutt'altro genere. • Vaine '» in tahitiano significa donna, sposa, amante; e «tanè», uomo, marito, amante. Quando si conoscono quelle due parole con l'aggiunta di « faranl », « piritané » e • paniola » (francese, americano o inglese e spagnuolo) si è in grado di penetrare tutti i segreti di Tahiti, la sua storia, le sue leggende e quel che più conta la sua peculiare seduzione amorosa o meglio, sensuale. Mi guarderò bene dal dire che gli americani nelle loro guide su Tahiti mettono sull'avviso i giovani turisti su taluni pericoli che deriverebbero dalle « vaine • e sui quali è meglio sorvolare; anzi devo dichiarare che conoscere una vera « vaine » lahitiana, oggigiorno, non è tanto facile, dato l'accanimento con il quale questi nativi sono stati presi di mira dalle missioni religiose, specialmente protestanti. Negare che l'Esercitò della Salvezza abbia fatto del bene nella sua vasta propaganda asiatica anche ai lahitiani, sarebbe ingiusto; ma è un fatto che tutto quello che seduce l'artista europeo, non solo qui, ma dovunque, in Asia, è particolarmente oggetto di anatema quaccherista, trasformatore a Tahiti di «vaine» in camicione di percallo o altre vesti monacali, orribili a vedersi in questo ambiente. —' Cosicché la maggioranza delle ■ vaine""», che sino a qualche anno fa si aggirava per l'isola paradisiaca e sulle sue spiaggie vestita essenzialmente di fiori, appare oggi assai più coperta- delie turiste ridivengono ad ascoltarne I canti. Ma tanfè: si condannano queste docili polinesìache a sudare come facchini, sotto stoffe pesanti, in nome della morale e della decenza con la fiducia di garantirne la purezza. Le « vaine »" che hanno saputo sottrarsi a cotesto castigo sono in generale Tidenti, fresche e graziose. Si dappreggiano sino al ginocchio nel « pareo » azzurro a fiori bianchi d'origine cilena, Il busto è stretto in una camicetta attillatissima e scollata. Il costume insomma è sempre allettante, i piedi della « vaine » sono ignudi e grandi, difetto comune delle tahitiane che non portano scarpe. Qualcuna copre la testa con la canottiera di paglia di riso intrecciata dalle « vaine • medesime, ma le più, hanno 1 capelli al vento coronati di fiori e con l'Immancabile tuberosa — la « tiare » — all'orecchio. Mi dicono che queste ingegnose fanciulle eccellono nel conservare Il profumo della «tiare», tenendola indosso, durante la notte avvolta in una foglia verde. Ninfe e fauni Queste ragazze ed anche i loro coetanei maschi, sembrano impregnati tutjtl del miele metaforico prodigato loro Ida) numerosi artisti venuti qui a scrii-are o a dipingerli. Si direbbe che ab- gchplds4Tsmfrccqifimlsblaro letto il delizioso romanzo ocea- hico di Giuliano Ochsé e che sappiano cne Julien Vaud, marinaio e poeta, fu battezzato a Tahiti, Loti, nome indigeno della Rosa. Se poi parlate francese (degli anglo-sassoni i tahitiani hanno ancora una certa soggezione) e pronunciate, com'è virtù italica peculiare, una frase maòra « ià ora nà! » (ti saluto!) il meno che vi può capitare è di ricevere dei fiori sul viso. Ma l'impressione prò profonda di Tahiti, che nessun'altra isola, forse, vi offre com'essa, é l'umanità del mondo polinesiaco. Qui lo sentite costituito dai legami di parentela che uniscono le famiglie dell'isola a quelle delle isole più lontane. Per poco che entriate in confidenza con una di queste graziose sfrontate e puerili « vaine », saprete che sua sorella dovrà sposare un tizio delle isole Marchese e che al matrimònio verrà anche una zia, che vive nelle isole Cook la quale, ha buona parte dei parenti stabiliti ad Apia, nelle Samoa. E siccome queste interessanti notizie le ricevete sulla spiaggia corallina dove si frangono senza posa i marosi, vi par di veder l'oceano popolarsi di canoe appaiate, dalla vela di stuoia, .che trasportano dall'uno all'altro di questi fiori oceanici, spose incontaminate dadi occhi bruni e -a màndorla e ardimentósi navigatóri, nella stagione che gli uragani son meno frequenti tuttavia, per. perpetuare la razza e la sua unicità di lingua e di pensiero in tutta la Polinesia. Spero che non sarete cosi esigenti da pretendere che le « vaine » vivano sotto le capanne o conservino alcunché 4L selvaggio nelle loro abitudini. No, Tahiti è troppo civilizzata e la massima parte delle tahitiane legge i romanzi alla moda, parla e scrive U francese e l'inglese ed è abbonata alle riviste parigine. Però, in qualche speciale solennità dell anno, fra i banchetti, i fuochi d'artificio e le regate, « vaine » e « tanè » si ricordano di quel che furono qualche decennio fa i loro rispettivi .genitori e. coronati di fiori e profumati di scorza di ananas, inebbriati dal vino d'arancio e di palma, s'inseguono sotto gli alberi Unendo di comportarsi come fauni e ninfe della leggenda occidentale. Ma io non ho avuto l'occasione di capitare a Tahiti in epoche cosi singolari. Terra magica li giro dell'isola di Tahiti è forse la passeggiata più magica del mondo. Nessuna riviera eguaglia la cintura soleggiata, fiorita, profumata della strada che ha da un lato l'oceano precipitantesi con le sue candide cavalle annitrenti all'assalto sempiterno dei coralli e dall'altro, gli alti picchi della montagna ai piedi della quale si stendono a perdita di vista ì campi della canna da zucchero, le foreste degli alberi che reggono la vainiglia, le piantagioni di caffè s di cacao, l frutteti di manghi, di banane, di aranci,' dì papaie, di melograni, e, sempre lungo il mare, gli altissimi, sottili, svelti alberi del coccp svettanti senza posa le capellature disciolte al gran soffio del largo. - Da Papeete a Papara, da Papara ad Antimaono, di qui a Taravao, all'istmo che congiunge la penisola di Tairapu a Tahiti propriamepte detta e poi ancora, per altri villaggi sino alla cascata di Fantuna, un ruscello che cade da 130 metri, d'altezza e che fu particolarmente caro a Loti (la predilizio ne tuttavia per lo scrittore che ha po polarizzato questo arcipelago andava all'altra isola che fronteggia Tahiti, Moorea; tenebrosa e selvaggia). L'istmo con l'insenatura dove si nasconde Port Phaeton mi fa ricordara che la prima celebrazione di Tahiti è stata fatta da Cook, il quale fu, se non il primo scopritore, (colui che la vide dopo Tastnan: «Senza dubbio — scrive va il grande navigatore — non esiste luogo nell'universo che offra aspetti cosi lussureggianti come il sud-est di Ct ah e iti ». Al di là dell'istmo si etendono 1 distretti di Mataia e Papearl (l'isola è lunga una sessantina di chilometri), abitatì da pescatori di tonni e di pescicani. Fanno la pesca dei primi all'arpione ed è uno spettacolo magnifico vederli lanciare il loro pesante giav 1 lotto lungo la barra corallina, nell'incessante contatto con il Pacifico, nella perpetua successione di golfi, di baie, di capi, di promontori, dove l'immane risucchio si avventa aureolato d'iridi. Pescieani e granchi ilo accennalo alla pesca dei pescecani. A Talliti quei mostri fanno la guardia attorno l'isoletta del lazzaretto all'entrata del porto dì Papeete e vale la pena, con la chiarezza prodigiosa di questi fondi marini, andare in barca a vederli volteggiare lentamente e maestosamente- fra la foresta dalle alghe agitate al loro passaggio, impa mcmsgmsMuvvtflimdaggpmmnrsdrlAtnascatvugrinntddnrtsfmapdecvfitsdtpdtntsscgtsmntcaspma rauuo fra l'altro che il mostro miope morrebbe probabilmente di fame anche in un maiie, come questo, ricchissimo di preda, se la natura non gli avesse regalato un alleato, un'espertissima guida mediocre nuotatore ma acutissimo di vista. E' questo il remora che si appiccica al corpo del pescecane con le sue potenti ventose e lo pilota docilmente nei dominii di caccia, partecipando, alla guisa dell'agnello, alla divisione deh bottino. Non lungi da Tahiti, nell'isola di Makatra, divenuta oggi la sede di un giande sfruttamento dt fosfati, vive una pìccola popolazione più vigorosa dei lahitiani, particolarmente conosciuta negli « Stabilimenti francesi dell' Oceania » per la bellezza del canti indigeni (ai quali pare abbia persino attinto qualche ispirazione Debussy), intonati da cori misti dt uomini e donne sulla riva dell'oceano nelte notti areLprofumate, alla luce di torcie dove si gettano a farsi bruciare le grandi falene. Allignano nell'isola di Makatra granchi giganteschi forniti di formidabili arpioni-tenagKe ma 6«piisitamenf« commestibili. Cotesti granchi sono detti palmisti. perchè posseggono la sbalorditiva abilità di correre all'assalto degli alberi di cocco, r-tagliarvi le noni portandosele nelle loro tane per aprirsele e divorarsele con comodo. Più ancora che 1 loro terribili duelli per disputarsi la noce di cocco (corazzati come cavalieri antichi, cercano dì colpirsi nei punti vulnerabili della loro armatura), queste bestie sono stupe facenti per la trasformazione che han no subito da un'epoca relativamente recente diventando da marini terrestri, in seguito alla comparsa nell'isola di sorci, portativi probabilmente , dalle fregate e dalle golette dei primi scopritori bianchi. Due o tre secoli fa 1 granchi palmisti di Makatra erano assai debolmente corazzati, K molli » infine ed avevano le loro piccole tane sulla riva del mare. Arrivano le navi con i topi e, invadenti, prepotenti e prolifici, si stabiliscono nelle prime tane che trovano, quelle appunto dei granchi giganti, e ne fanno strage divorandoli. La comunità granchistica che fa allora ? Aveva il mare a due passi, poteva, rifugiarvisl sottraendosi alla persecuzione dei nuovi verniti, viceversa, come obbedendo ad un ordine generale, riroane 6iiHa spdag^ già barricandosi, cementandosi, murandosi nelle tane e non ne esce che il giorno nel quale la corazza è divenuta inattaccabile al sorci e gli arpioni-tenaglie si son trasformati in una terribile arma offensiva, in istrumento dì taglio perfetto per staccare le noci dall'alto dei tronchi di cocco. Sotto la nuova veste i granelli scalano la terrazza dell'isola e si stabiliscono entro terra, decisi d'ora innanzi a cibarsi unicamente di noci. Che figura ci fanno le teorie del meccanismi) animale dinanzi a questi fenomeni t Addio Tahiti! I giorni, trascorrono e bisogna dire addio a Tahiti. Bisogna partire, strap parsi dalla sua vita libera e facile, dalla sua dolce pigrizia, dalle sue brac eia voluttuose. Anche lo smarrimento che dovrebbe darvi la lontananza dal vostro paese e dal vostri affetti si affievolisce nel fascino luminoso della terra e del mare, di cui con mezzi semplici riuscite persino a sorprendere t segreti del fondo (non ho veduto in nessun luogo fotografie cosi stupefacenti della vita sottomarina dei pesci, delle conchiglie, dei coralli, co me quelle che si posson raccogliere a Tahiti) a causa delia straordinaria limpidezza delle acque. L'« Aoranghl », il traspacifico canadese, orgoglio del britannici di questo oceano, con il quale anch'io lascierò Tahiti è già in porto, sento gonfiarmi il cuore al pensiero che non vedrò mai più Tahiti, che non udrò mai più 1 suoi cori oceanici, quasi gregoriani di « tanè > belli come Narcisi, di « vaine • dagli occhi di fuoco, biancovestite che cantano nella notte la felicità di esser nati nella terra Tahiti, Eden del mondo. «la ora na Tahiti! » (Addio Tahiti 1 ». Addio foreste magnificenti, piene di luci misteriose, verdi fuochi fatui degli spiriti erranti dei morti (cosi credono i tahitiani, ma le fosforescenze sono dovute a piccoli funghi che crescono sugli alberi). Addio leggende della • grande balena mangiatore di nubi • (la via lattea), occhi di smeraldo dei laghetti montani cosi simili per la desolazione delle rive ai nostri alpestri, dove la zampogrin tahitiana — il « vivo » — si lamt-nta, incoraggiando gli uomini, pescatori di anguille con v orecchie, ad attraversare a piedi nudi il fuoco sacro. Dopo aver veduto Tahiti, la luce, il firmamento, te tirezze cariche di profumi, 1.fiorì, l'amore infine e la bellezza, mi appariranno altrove sbiaditi. ARNALDO CIPOLLA, lmffasatinasatnladdEtcldsmmtmPrhvlsuiibmqitbqsmj Rmv

Persone citate: Cook, Debussy, Giuliano Ochsé, Julien Vaud, Loti, Narcisi, Port

Luoghi citati: Antimaono, Apia, Asia, Normandia, Nuova Zelanda, Oceania, Tahiti, Uta