La principessa Wolkonsky

La principessa Wolkonsky VIAGGIATRICI ROMANTICHE La principessa Wolkonsky In un ritrattodIsabey, la principessa Zenaide Wolkonsky è rappresentata come si conviene a una ■ bellezza » di cento anni fa : veste succinta che allunga le gambe e fa risalire i piccoli seni come in un bassorilievo dell'antichità greca; testa coi capelli corti — a la ÌSrutus — adorni di fogli e di fiori che nascondono quasi i ricciolini spioventi lungo le tempie, volto illuminato da due grandi occhi attoniti — quelli della principessa erano azzurri e pieni del languore che allora era di moda — e finalmente intorno a tutte queste grazie un velo che partendosi dalla cintura sembra ondeggiare gonfiato da un qualche vento impetuoso: il velo di Corinna che la brezza del Capo Miseno sventolava nei folgoranti crepuscoli mediterranei. Era nata il 3 dicembre del 1792 a Torino, figlia del principe Alessandro Bielosselsky ministro plenipotenziario dello Zar presso la Corte del Re di Sardegna, un uomo di molta dottrina e di fine gusto d'arte che rimasto vedovo due mesi dopo la nascita di quell'unica sua figliuola si era dedicato con una tenerezza quasi femminile alla sua educazione e alla sua istruzione artistica e letteraria. «Così che la giovinetta russa, nata nella capitale piemontese in un grande palazzo che suo padre, aveva trasformato in un museo di preziose opere d'arte, cominciò col parlare francese e italiano prima della sua lingua nativa e a conoscere profondamente le tragedie di Bacine e i canti della Divina Commedia, prima ancora di balbettare i versetti pseudo-classici di Lomonossow o le ansimanti esalta-' /ioni artigiana di Derjavine. E' vero che in quelli anni la letteratura russa non aveva ancora avuto i suoi grandi luminari e Pusille ine era ancora un fanciullo e Lcrmontow non era nato. Fu dunque su modelli francesi e italiani che ella foggiò il suo spirito: poliglotta come tutti gli slavi, errante per necessità della professione paterna, elegantissima per l'ambiente in cui viveva, molto bella e molto ricca, a Pietroburgo — dove il padre la condusse a pena ebbe compiuto i diciotto anni per presentarla a quella Corte — ella fu quello che si dice un successo. In pochi giorni divenne il centro di tutti gli sguardi, fu nominata damigella d'onore dell'Imperatrice e sposò il principe Nikita Wolkonsky, bell'uomo, aiutante di campo dell'Imperatore che lo stimava molto, più forse per le sue qualità di perfetto negoziatore diplomatico che per il suo valore di stratega. Cominciò allora, per la principessa Zenaide una vita avventurosissima. Lo zar Alessandro la prese a benvolere e fu così assiduo presso di lei che le cattive lingue della Corte impegnale cominciarono a sussurrare che.| quell'amicizia nascondeva un sentimento più grave »e meno confessabile. Quale fosse la verità sarebbe difficile stabilire: certo le lettere che Alessandro le indirizzava sono piene di ardore mal contenuto,* ardo di impazienza di gettarmi ai vostri piedi » le scriveva alla vigilia di firmare la pace con l'Austria e se la prendeva con Radetzky e con Schwarzenberg che gli aveva' impedito ce bonheur suprème. « Desidero che i miei soldati vincano » aggiungeva qualche giorno dopo « perchè questo successo affretterebbe per me la gioia di rivedervi >. E dopo la vittoria di Lipsia, annunciandole che il Re d'Inghilterra lo ha insignito della Giarrettiera, conclude la sua lettera « Più che mai principessa vi chieggo di eredermi vostro di cuore e di anima e aggiungerò Ho uni *oit qui inai y pente ». Come finisse questo idillio imperiale non si sa bene.- Un bel giorno la principessa parto per la Crimea e non ritorna più a Pietroburgo se non per qualche breve apparizione ufficiale. Poi a Parigi si mette a frequentare artisti d'ogni genere e canta le musiche del suo maestro Boildieu e si fa amica intima di'mademoiselle Mara — de la Comédie Francaise — colei che era stata l'amante di Napoleone e a cui ella ndn esita a scrivere lettere di appassionata ammirazione e a mandarle fiori e doni d'ogni genere. La cosa rasenta lo scandalo e io Zar pensa ai provvedimenti e indirizza^ una lettera alla principessa per richiamarla al dovere della sua posizione sociale, lettera dove non si sa bene se sia più visibile (orgoglio offeso del despota o la gelosia dell'innamorato. Lo Zar le ordina di ritornare subito in patria, ma ella non si affretta ad obbedire e non è che un anno più tardi che la ritroviamo in Russia: non più a Pietroburgo, questa volta, ma a Mosca', nel suo palazzo della TwerskaJa che ella trasforma nel più importante centro letterario dell'Impero. E' la che riceve i grandi poeti e i grandi scrittori: la gloria trionfante di Pushkine s'incontra con la gloria tramontante di Kozlow; la figura profetica di Mickiewitch è vicina a quella bellissima di Demetrio Vinevitinow, un poeta che promette di essere uno dei grandi cantori della Russia romantica, ma che muore a ventitré anni, consunto di amore per la bella principessa che rimane inaccessibile. E intanto ella scrive romanzi e poesie, pubblica articoli di erudizione nelle riviste che già cominciavano a circolare nella sospettosa società russa ed è co il ammirata da tutti che i membri della < Imperiale Società di Storia e di Antichità slave > la nominano membra effettiva con un diploma honoris causa Ma tutti questi onori e la libertà stessa con la quale ella riceveva tanti spiriti eletti, doveva a poco a poco metterla in una situazione imbarazzante: morto lo zar Alessandro, il suo successore Nicola non aveva più le stessè ragioni d'indulgenza verso di lei: accusata di liberalismo, sospettata dj aoflnie90BD»t se non di compii-j—vvcQRvddloltodGitcczbsvsudmcsmiv | j. cita con i cospiratori decabristi, e — più di tutto indiziata di simpatie cattoliche, le si fece comprendere che l'aria di Mosca non era più propizia per lei e che un viaggio all'estero sarebbe stato molto opportuno. La principessa non si ribellò: romantica e cosmopolita, l'espatriarsi non doveva riuscirle troppo amaro. E poi c'era Rama, che ella aveva già visitato e che sarebbe stata felice di rivedere. Si sarebbe dunque stabilita a Roma. Ma che inondazione di lacrime — in versi o in prosa — quella sua decisione doveva produrre in patria 1 Fu dunque in mezzo a queste * lacrime poetiche * che Zenaide Wolkonsky partì per Roma. Prima però volle tornare a Torino per vedere ancora una volta il palazzo dove era nata, e i luoghi dove aveva trascorso la sua prima giovinezza. E a Roma riprese la sua vita moscovita. La prima cosa che fece, giungendovi fu di acquistare quella grande villa Poli, di fronte a San Giovanni in Laterano, che per quanto rimpiccolita e trasformata esiste anche oggi ed è sede dell'ambasciata di Germania presso il Quirinale. E a pena installata nella sua villa, come del palazzo moscovita, ne fece un centro di intellettualità nazionale. Ad uno ad uno gli antichi òspiti russi vi comparvero in una nostalgica teoria: vi fu il Mickiewitch, e vi fu il Gogol, vi venne il pittore Brulow che di lei ci ha lasciato un ritratto delizioso. Qualunque russo fosse di passaggio a Roma, trovava nei salotti della bella villa lateranense una ospitalità cordiale e liberale. Non gli si domandava quali fossero le sue opinioni politiche o la sua condizione sociale: ogni uomo d'ingegno aveva diritto di cittadinanza in quell'eremo dell'amicizia e dell'ingegno. Solo il pittore Ivanow, che ancora non aveva dipinto il suo gran quadro di San Giovili;,i predicante nel deserto i ina cne a Roma studiava assiduamente e tenacemente,.non volle mai varcare la sdgtìa della Villa Wolkonsky. i La padrona di casa è un'aristocratica » diceva « e qualunque cosa faccia non avrà mai nulla a spartire con me ». Ma Ivanow fu un'eccezione e la bella Zenaide — Zina, come la chiamavano le amiche — regnò da buona sovrana su quel piccolo mondo di intellettuali più o meno esiliati. E il principe Wolkonsky! In un primo tempo Io Zar non aveva voluto dargli il permesso* di raggiungere la principessa, poi dovette consentire anche perchè la sua salute aveva bisogno di un clima più mite. A Roma lui si trovava benissimo e Per quanto l'Imperatore lo vedesse allontanare, a malincuore, bisognò che accettasse la sorte. Sorte tanto più dura in quanto che Nicola reli giosissimo, temeva che sotto la doppia influenza dell'ambiente romano c della moglie, anche lui fluisse con l'abiurare la religione ortodossa e col farsi cattolico. Ed ò quello che av venne, perchè alla sua morte — che ebbe luogo non molto tempo dopo il suo arrivo a Roma egli aveva già ab' bracciata la fede cattolica. Rimasta vedova, ella fu più che mai la < Corinna slava > dei suoi belli anni: oramai la vita era per lei un ricordo — se non un rimpianto — dei tempi trascorsi e degli amici perduti. Con un bel gesto romantico ella volle che degli uni e-degli altri rimanesse un ricordo visibile in quella sua magnifica villa romana chiusa tra le magnificenze laterane di Alessandro Galilei e le sontuosità imperiali degli acquedotti e delle mura aureliane. Ed eccola a piantare lauri e mortelle, a disegnare boschetti e viali, a innalzare cippi e colonne, a creare cioè un c viale delle rimembranze » dove tutti i suoi amici dovevano avere un ricordo : dallo Zar Alessandro il cui busto campeggiava sopra uno zoccolo di granito, a Maria Feodorowna di cui era stata dama d'onore, a cui aveva .dedicato quésta iscrizione c Le giovinette di cui ella fu la protettrice, si dimandano piangendo : : chi oramai ci benedirà e ci aiuterà al nostro ingresso nel mondo? ». Da Walter Scott, che aveva ricevuto nel suo viaggio romano e sotto il cui busto aveva scritto questa nostalgica epigrafe: c La dolce lampada delle nostre veglie è spenta », a Byron il cui cippo recava questo consiglio Implora pacem/ Da suo padre — c Padre, amico e maestro » diceva l'iscrizione al poeta giovinetto, a quel Dimitri "Vinevitinow che era morto di amore per lei e la cui erma ella aveva voluto cingere di quelle rose bengaline che sotto il clima di Roma rimangono sempre fiorite. Ma ci doveva anche essere il suo ricordo, fra tanti ricordi altrui. Alla sua morte — che avvenne nel 1S62 — il figlio Alessandro fece in nalzare una colonna con alla base questa iscrizione: t Ella dedicò il ricordo di questo viale alla pietà filiale, alla riconoscenza, all'amicizia. Un eguale omaggio è offerto alla sua me moria >. Ma col tempo e con le trasformazioni edilizie i ricordi scomparvero nno dopo l'altro ed io, molti anni fa in quella stessa villa che anche a me è cara per dolci ricordi familiari, ho potuto vedere, ultima superstite, quasi sepolta fra l'ellera'e fra le mortelle, la colonna che la pietà del figlio le aveva innalzato. Non saprei se l'attuale ambasciatore di Germania abbia rispettato quel ri cordo d'altri tempi. Quello che ancora rimane è la sua tomba — accanto a quella del marito — nella piccola chiesa di Sari Vincenzo e Anastasio, dove ella riposa nella pace cristiana e dove una lunga iscrizione ricorda ai passanti quella che fu la più deliziosa delle viaggiatrici romantiche, nata e morta in Italia, e innamorata sempre di tutto quello che era nobile e grande 1 PIEGO ANGELI, jIi