La Capitale e la Corte del Re degli Etipiopi

La Capitale e la Corte del Re degli EtipiopiLa visita del Duca degli Abruzzi ad AddisAbeba pLa Capitale e la Corte del Re degli Etipiopi o i e d e . i . a i a è rnucaegAttrazzi giungerà ad Addis Abeba, messaggero del Re e del Governo d'Italia alla Corte abissina, che prepara, all'angusto ospite accoglienze solenni, con gl'Immutati riti della millenaria Etiopia. Ad Arnaldo Cipolla, che tu vent'anni fa tra i primissimi Illustratori dell'allora misterioso e sempre interessante Paese, e che anche di recente v'è ritornato come Inviato del nostro giornale, abbiamo chiesto di ricordare al lettori che cos'è oggi l'Ablsslnla. (mail 1 suoi reggitori, l suol problemi nuovi, 1 suol antichi costumi. In ernesto primo articolo sono — tra altro — tratteggiate le figure più salienti della dinastia e del governo abissini; in un altro articolo Arnaldo Cipolla ci farà assistere al pittoresco banchetto che e tra le usanze più singolari dell'antichissima Corte. La visita del Duca degli Abruzzi ad Addis Aibeba, in rappresentanza del Re d'Italia, per restituire la visita fatta due anni or sono a Roma da!I Reggente Algarao Tafari Maconnen, è un avvenimento nuovo nella storia d'Etiopia: è infatti miesta la prima volta che un principe reale europeo si reca alla Corte abissina come Ambasciatore straordinario di una grande Nazione d'Europa, L'AbHesìni-a è stata ammessa nella Società delle Nazioni e le difficoltà furon vinte anche per' il volenteroso aiuto dell'Italia; e certamente gli etiopi nel ricevere fi Duca degli Abruzzi se ne ri corderanno, tributando al Principe scienziato e cokmizzatore 1 più grandi onori. Tale ammissione è la prova tangibile del concetto etico-sociale-politlco a cui l'impero d'Etiopia è venuto In rfoesti ultimi tempi elevandosi. Dalla Bibbia al treno AstJTenmaASigsmtpsnstdL'Etiopia è tra i più antichi paesi che la leggenda la Bibbia e la storia ricordino. Lo Stato etiopico di Meroe è il più antico impero caucasico del mondo post-diluviano. Qualche secolo dopo Cristo il regno di Axun in Abissinia aveva raggiunto una potenza notevolissima (d celeberrimi obelischi che sorgono precisamente ad Axnn presso Adua lo testimoniano). Battè moneta, emanò leggi assennate, lottò vittoriosamente contro l'Egitto e contro l'Arabia. Oscuri secoli susseguirono a quelli luminosi, sino all'asperrima lotta sostenuta dagli etiopi contro l'infiltrazione islamica, che s'arrestò ai piedi dell'Altopiano. Dopo questo titanico sforzo. l'Etiopia si chiuse in se, sui suol plgDntdmdtlnlngfEmonti, sulle sue» ambe e non volle es-, ser da alcuno ne penetrata nè domi-j„ntn j nata. Tutti sanno che l'Ablsslnla è un paese ampio oltre un milione di chilometri quadrati e che è costituito da un immenso acrocoro notevolmente fertile, ricco di acque e circondato da una sterminale, fascia desertica torrida. Il suo avvenire più sicuro sembra A rtóeherae minerà- a|^V^^a^^^^^ n aa o oia li , eo. e ù , o i , n o e a. i i , i i . o a. ai , e, o ga . nii, ao ie a ei a, o, r e a 1 e o di a in a ia edi il il I ohe re o rsi p la »a in s o e alcapi investiti dal prìncipe hanno sui propri! sudditi autorità dispotiche. 11 vero problema urgente etiopico è quello delle comunicazioni. L'Abissi nia è quasi priva di strade notabili e per ora non ha che una sola ferrovia, quella fra Gibuti e Addis Abeba. Come è noto la grande ferrovia futura dell'Etiopia sarà impresa completamente italiana, voluta da Mussolini. I due tronchi estremi partendo dall'Eritrea e dal bacino del Giuba (che si possono considerare già compiuti nel territorio defle nostre colonie), dovranno congiungerei attraverso la massima lunghezza dell'impero da nord a sud passando per il lago Tzana e la capitale. Solo allora le popolazioni si affiateranno, cesserà l'isolamento prodotto dai lunghi mesi della stagione delle piogge fra le diverse razze che abitano l'impero e che non posseggono ancora che un sentimento molte vago della loro nazionalità. Ras Tatarì Già da alcuni anni, peraltro, l'Abissmia si è messa sn di una via di progresso,' guidata da Ras Tafari. 11 figlio di Ras Maconnen — che fu simpaticamente noto in passato negli ambienti politici europei per essere stato molte volte « pars magna » dei propositi di Negus Menelik al quale era particolarmente caro — Ras ^Tafari, ripeto, alla finezza dell'ingegno paterno aggiunge una maggiore vastità di idee e soprattutto una conoscenza dell'Europa quale nessun imperatore etiope ebbe mai. Si addestrò dopo la morte patema nel governo della grande e ricca regione dell'-Harrar a cavallo della parte mediana della ferrovia francese che congiunge Addis Abeba con il mare. E' dotato di una certa coltura, superiore a quella che ebbe Lig Jasu (il Negus che succedette a Menelik, poi spodestato), il quale fu educato completamente all'abissina. Ebbe anche qualche disappunto doloroso nella sua vita, avendo spesso dovuto provare il cruccio di vedersi, dallo spodestato Jasu, posposto a capi minori, più simpatizzanti col principe perche assecondavano le sue dissolutezze. Ras Tafari, nell'atte ridere sulla soglia di un ritrovo europeo di Addis Abeba che Jasu uscisse in ore piccole dalle sue orgle, per fargli scorta alno al « Ghebl • , deve aver deprecato che in simili mani restassero le redini del suo paese. Fin d'allora, Tafari Maconnen prevedeva che Lig Jasu non avrebbe potuto lungamente durare sul trono tanto più che il potere si concentrava nel figlio e nel padre, Lig Jasu e Negus Micael. Questi era peggiore ancora del primo, perchè animato da idee retrograde, persuaso del diritto della forza e dominato da un « entourage -> ignorante, prepotente ed ambizioso. |ti Negus nel pagliaio Le vicende della caduta di questi due principali personaggi, che si ritenevano intangibili, sono note. Quando Lig Jasu, figlio di una figlia di Menelik, rimase, alla morte di questi, atta te sta dell'Etiopia, mal consigliato anche dal padre già musulmano, siropatiz zò coll'lslamismo. Intessè mene* colMahdi Mullah, con capi somali, narra rini e con altri; intrighi comprovati copta nei suoi numerosissimi preti, nel suoi capi, nei suoi abitanti delle vecchie regioni, costituenti la parte più numerosa e dominante sulle genti pagane e musulmane, si adontò del fui le gesto del suo Sovrano. E insorse avendo alla testa la suprema autorità ecclesiastica, l'Abuna Matheos, cui è devoluto il privilegio di ungere i Negus Neghesti. Lig Jisu fu cai Metropo- malgrado al sia tentato di negarli Mal'Abissinia, profondamente cristiaaoJuta e dai c-<rfr princ£pa2i eonvenutì'io n a a e e a o i ù a a Addis Aibebacaraospoesaonegesettembre 1916. Venne eletta impera- dàtrlce Uizerò Zauditù, figlia di Mene-AgiJik « Principe Ereditario Reggente Rasi Tafari. Michael mosse subito con numeroso esercito verso Addis Abeba per sostenere coHe arma io spodestato figliolo, ma un esercito non memo agguerrito apprestò Ras Tafari, con l'aiuto di Ante Gheorghis. Lo scontro avvenne a Sagalè, tra Ankober ed Addis Abeba, il 27 ottobre 1916 e fu sanguinoso. Negus Micael fu latto prigioniero in guisa comica. Lo scovarono nascosto in un mucchio di paglia, sul campo di battaglia. La vittoria di Tafari fu principaUmente determinata da una manovra sul fianco • i sffl'eeercrto di Micael, di non più di trecento ex-ascari ohe, assoldati damtalta, avevano combattuto in Libia e che si trovavano ad Addis Aibeba congedati. Lo spodestato i a e l o e o , i rl Lig J-asu, datosi alla campagna,* do po vicende guerresche negli Uollo Gal la e peregrinazioni in Dancalia e Tigre, fu consegnato a Ras Tafari in Dessie nel maggio del 1931 e relegato nella località ben guardata di Solale, tra Goggiam e Scioa. Gli fa da guardiano implacabile Ras Carsa, acerrimo nemico personale dell'imperatore deposto, capo del Nag (capitale Socota). Jaeu ha con se la sua sposa o per lo meno la donna che conviveva con lui nel momento che fu catturato. Essa è l'ultima figlia del musulmano sultano di T-agitrra, l grandi etiopi in prigionia non sono mai privati, dei conforti inerenti alla loro condizione; 1* Etiopia è cosi rispettosa <toll'anrtorità e del prestìgio conferiti dalla nascita, da ritenere iniquo ed ingiusto un traittamenito di prigionia eguale per il diseredato e per colui che fu potente.. Jasu dunque, è privo della libertà; ma, purché non esca dai reticolati, gli è concessa ogni consolazione materiale. E' cura di Ras Carsa di provvederlo, oltre che di donne a sazietà, di bevande alcooliche, nell'evidente speranza di procurargli una soUectita Aree. Ma egli è giovane, ha due anni meno di Ras Tafari, che né conta 36, e mostra di saper resistere più a lungo 'del padre suo Micael, ffl quale morì in prigionia' ad Oletta, a quaranta chilometri da Addis Abeba nel 1917. Ivi è tuttora sepolto: i suoi fanrigìlaTl ne custodiscono la tomba in attesa1 di (ottenevo di ti asportare il corpo di colui che ai tem- giEtterudesazi.EactinnAUsevplTdriqugfucaRgprvps-, -j^ella Paraltei di Meneltt In senza j dubbio l'arbitro maggiore dell impero, in quella chiesa di Tanta, sull'alta montagna del Volto, che egli aveva fatto edificare con tanta pena. Sic tran- een ra ia à- ^ siM... ui è i e a, ora a I isi el ni a a si one e oe rì sdi 11 mmo oa i, rdi lor e lnil a, u k, to nla aei, he as di ba le al n el euto el Miel oza oLa figlia di MeneRk Ras Tafari — sebbene sia l'imperatore efflettrvo — ha il titolo di Reggen|te perche a posto apparentemente pia elevato è occupato dall'imperatrice Zauditù, figlia di Menelik e di Taitti. Per salire al trono Zauditù ha dovuto rinunciare al marito Ras Gucsa, non consentendo la tradizione una sottomissione del marito alla moglie e una dipendenza della persona imperiale all'autorità maritale. S. M. I. Zauditù non si occupa che di difendere i diritti della Chiesa copta. E* aita un metro e sabsrMsislvfatfasdzimatsdgntcbgsTzpmvcdg[po ue aig k, te he iz ol' a ti el eciù aui se tà è Neo- tLisl^ì^^^r^^1^^^10^SSSin £.^2^' neHm°«- Srasnissimo, era deforme. Il bigottismo la- sottrae a qualsiasi giudizio. Da che saU al trono (ed il suo avvento sembrò necessario al partito scioano personificato da Apte Gheorghis, comandante delle truppe imperiali, e da Tafari Maconnen, per non andar del tutto, dopo il tradimento di Jasu, contro la volontà testamentaria di Menelik che designava costui alla successione come • suo tiglio », malgrado non fòsse che nipote), non è mai accaduto che Zauditù facesse comunque sentire la sua influenza o comparisse in pubblico come l'effettiva sovrana d'Etiopia. Naturalmente Ras Tafari è ammogliato: sua moglie ha. nome Uizerò Mennen. che per ora non è considerata sovrana* Mennen ha dato a Ras Tafari cinque figlioli, particolare straordinariamente apprezzato in Etiopia, dove la prolificità è rara. Ras Tafari ed Uizerò Mennen assegnano sin d'ora i loro -Agli e figlie come fidanzati e fidanzate a rampolli di potenti feudatari, tendono alla politica delle relazioni famigliari prediletta da Menelik, per consolidare la loro posizione. // generalissimo Subito dopo la famiglia imperiale, viene, nella gerarchia delle grandi cariche dello 'Stato, il .vecchio Fitaurari Apte Gheorghis, capo degli eserciti, arbitro del trono da data immemorabile. Apte Gheorghis faceva parte con Ras Tesarama del Consiglio della Reggenza dopo la scomparsa di Menelik. Egli è quindi l'unico superstite dei grandi luogotenenti dell'ultimo Negus e gode in tutta l'Etiopia di un prestigio incontrastato. E' insomma una specie di maresciallo Hindenburg dell'Impero, sopratutto dopo la parte da lui presa per demolir» Ligg Jasu e favo-, rire l'avvento di Tafari Maconnen. Furono infatti le truppe di Apte Gheorghis che batterono in campo aperto quelle del fedifrago erede di Menelik. Il Fitaurari Apte Gheorghis, ammiratore della civiltà europea, è stato sempre il protettore più sincero del progresso civile della sua patria. Egli comanda tutte le provinole meridionali dell'Abissini a comprese fra l'Omo, il lago Rodolfo, i possedimenti inglesi dell'Est Africa ed i nostri verso Lugh (1 milione circa di sudditi). E' galla di origine e tutte le numerose genti di questa razza, che costituiscono la quarta parte della popolazione dell'impero, lo considerane come il loro capo naturale. Apte Gheorghis è assai simpa tlco ed affabile; la sua bella abitazione in Addis Abeba è alquanto europeizzata e, a differenza degli altri capi abissini, che ricevono sdraiati sui loro letti, accoglie il visitatore assiso in una comoda poltrona. c Colei che dà piacere » ArLApte Gheorghis seguono Ras Cabbedé, succeduto nella signoria dei Volto a Ras Micael; e Ras Ailù, Negus MaJ del Goggiam e molto considerato per oJ che amico degli inglesi: è Aglio del¬ l'antico Negus Tacieùnanot, che tenne prigione per parecchio tempo lo stesso Menelik e che fu il solo grande Capo etiope rifiutatosi di -accorrere con le sue truppe a rafforzare l'esercito imperiale ne)la guerra contro gli italiani del 1896. Fra le donne etiopiche alla sommità della feudale gerareffa abissina, oltre Zauditù e Mennen. va ricordata Uizerò Sein, sorella di Jasu 1rccgeptasdlpddnetdrtdqvptlcraKdgpcdns_ iol e madre della predetta moglie del Reg-H gene,ezermarece«ec dà piacere *) moglie separata di Degiac Gabresellassié. Amarecc,_ che in ' gioventù fu fra le più belile donne di Etiopia (oggi ha -46 anni), passa il suo tempo in continui pellegrinaggi a Gerusalemme, che compie « per conto • della religiosissima,Imperatrice. Il Tigrai, la regione che più interessa l'Italia, è in parte sotto la giurisdizione di Gabresellassié, notissimo in .Eritrea, uomo aceprto ed energico, ette accompagnò nel 1906 Ferdinando Martini, allora Governatore dell'Eritrea, nel suo viaggio dall'Asinara ad Addis Abeba, compiuto a cavallo attraverso U territorio etiopico del nord. Gabresellassié, che ha conservato l'espansività e la cordialità di quando era semplice Capo di Adua, non è solo nel Tigrai. Il potere della vasta regione 6 diviso fra lui, Ras Gucsa, primo marito di Zauditù (aveva undici anni quando la sposò), e Degìac Seium, figlio di Mangascià. Da giovane Seium fu elegante ed effeminato e alla ricerca continuamente di profumi nuovi. Ras Gucsa è attualmente Capo nel Beghemeder. Tutti i governi del sud etiopico sono assegnati per lettera imperiale a luogotenenti che s'intende favorire, lasciandogli taglieggiare le popolazioni negre assoggettate. a e ù e // Governo n potere di Ras Tafari è andato consolidandosi per l'aureola di valoroso ed abile condottiero conquistata nell'aspra battaglia di Segale, nella quale dimostrò di «ssere valente stratega e valoroso soldato. Quando nel 1931 Tafari Maconnen 'andò a Dessie per la consegna di Ligg Jasu, chiamò a raccolta i capi principali con le loro forze. Nessuno dei grandi feudatari mancò all'appello: oltre centomila uomini convennero all'adunata realizzando il più formidabile concentramento di truppe avvenuto nel cuore dell'Etiopia. Fu il trionfo di Ras Tafari e la prova manifesta della sua potenza. Le cure di Ras Tafari si sono rivolte al consolidamento politico ed amministrativo del paese e al miglioramento dei commerci. Egli non disdegnò, anzi ricercò i consigli degli europei ed i primi risultati del suo lavoro sono manifesti, il servizio postale etiopico, ad esempie, a parte dell'Unione internazionale, la ferrovia che da Gibuti sale ad Addis Abeba con un percorso di quasi 800 chilometri fa servìzio regolare con tre coppie di treni settimanali. La quasi totalità dell'azione statate è opera personale del Reggente. Con corrono alla direzione della cosa pubblica sette ministri ed un Consiglio cri governo di una ventina di capi. Questo però ha solo funzione consultiva. Tafari Maconnen conosce le imperla zioni psicologiche e morali del suo popolo, ed è compreso della «sua disformità etnica psicologica e mentale, che va dal signorotto feudale, indossante cappe di seta trapunte'd'oro e discendente da magnanimi lombi, al selvag glo del sud che vive ancora nella stop [pa o netta foresta in perfetta nudità. La Capitale gcspgctrkmgvaprtnsdgbcbcvpblcvltepsdpepdvqtvinvmccsburgpAddis Abeba («Nuovo Fiore») potrebbe definirsi la' città senza limiti. La sua caratteristica più evidente è di ingrandirsi e di impicciolirsi, di distendersi e di ritirarsi per effetto del 0^"^^^ e del ripartire di e- raseretti in embrione; del sorgere e dela- e ò a a i a , , i n . i s i -, o . oi il i h a i ro, aa e zi o n bs ¬ e o o e mae a a u 10 scomparire intorno ad essa dei loro accampamenti. In fondo, anche la capitale etiopica non ha perduto ancora la fisionomia comune agli altri grandi centri abissini cosi 6imili alle effimere città formate da tende, da capanne e da zeribe, le quali, piantantesl in un punto, vi rimanevano sino a che tutte le risorse del paese erano sfruttate, le montagne boscose erano divenute calve, gli armenti decimati e le granaglie divorate. La posizione di Addis Abeba è delle più felici, collocata com'è nel centro dell'Impero, ad una distanza eguale dal' confine eritreo, da quello meridionale dell'Est Affrica inglese, dal mare e dal NBo. Il clima, a cagione dell'altitudine (2300 metri circa) perpetua la dolcezza e la mitezza della primavera. Una corona di montagne la cinge tutto intorno, dominata verso il sud dalla mole dello spento vulcano di Zuquaia, sui declivi boscosi del quale vivono strani anacoreti cui la regola impone con la castità,- la nudità adamitica assoluta, il sonno sotto le stelle e l'abolizione dei ripari alle intemperie che la natura concesse sino alle nere. La capitale occupa una superficie irregolare che a percorrerla da nord, a sud e da est a ovest, misura circa 10 Km. Perpendicolarmente alla dorsale delle corine di Entotto si dipartono digradando a sud verso la pianura le tre principali pendici sulle quali sorge la città. Sulla prima vi sono le legazioni d'Italia, Francia, Inghilterra, Germania, America; la seconda pendice è occupata quasi per intero dal quartiere armeno con la residenza dell'Anima Matteos. A questo punto, per una dolce insenatura, si prolunga verso il sud 11 colle sul quale Menelik eresse nel 1800 la sua reggia o ffftebt.' La terza pendice è riservata al quartiere commerciale. Vi si trovano i ffftebt dei capi maggiori, la grande chiesa di San Giorgio, dov'è sepolto Menelik; la dogana, la piazza del mercato, gli alberghi europei ed un numero sempre crescente di case delle più stravaganti e disparate architetture e di botteghe e di bazar greci, armeni ed indiani. Curioso assai è 13 mezzo con il quale 1 grandi abissini provvedono al trasporto dei materiali delle nuove case. Poiché è da notarsi che la maggior parte delle case europeizzanti di Addis .Abeba appartiene ai capi principali che imitandosi l'un l'altro, sembrano colti da una vera febbre edilizia. Numerosi armati particolari accompagnano il loro signore alla cava delle pietre nel letto di un torrente. Il capo discende dalla cavalcatura, raccatta per terra un sassolino e allora tutti i gregari fanno a gara per raccoglierne dei più grossi e cosi, in carovana, si trasportano le pietre nel luogo dove il nuovo edificio deve sorgere. Quando il reggente in persona raccoglie il sasso simbolico, migliaia e migliaia di persone lo imitano e lo seguono trasportando da un punto all'altro della città' vere montagne di pietre. La fanfara della notte La popolazione appartenente alle razze più diverse è tenuta a treno dacaratteristiche misure di ordine pub-blico. Un'ora T»rima del tramonto, ad_ uno squalo di tromba del Ohebì, ai,g-H» trombe rispondono ila Tari- punti pi o n e , s o l 6 i m . d a i a slnù e l e io nd o o, nti o eaan bri ea. a ore e ng p ac.anaregnali presi a prestito da tutti gli eserciti europei, sicché alle note della nostra marcia al campo, risponde da un punto un lamentevole interminabile segnale tedesco e da un altro una vivace, per quanto stonata, fanfara di fantaccini francesi. E' l'ora della chiusura delle bettole, degli innumerevoli tukul galanti,- dove i carovanieri, le torme di sfaccendati, i soldati di passaggio, 6i accalcano per disputarsi i favori di migliala di femmine piovute alla capitale da tutte le parti dell'impero. Galla seminude dalle capellature spioventi sulle spalle, amhara civettuole dal viso chiaro e perfetto nei lineamenti, scioane ricciute e capricciose che dettano il dernier cri della moda nel portamento delle bianche toghe e nelle dimensioni — sembrerebbe incredibile — della piccola chierica, quintessenza della civetteria muliebre abissina; esili tigrine con la cro-j cetta d'argento che luccica sulla breve scollatura della veste e singolari pettinature; che ricordano quelle dei bassorilievi egizi ; facce camuse di galiarde wallega, di donne del sud e corpi flessuosi di 'bellissime somale, vere statue di bronzo che anche nella loro condizione conservano rigidamente la severa regola islamitica che non permette di mostrare del viso, nascosto da candide bende, che il languore del magnifici occhi. La capitale etiopica, nella' stagione piovosa, è quanto di più tormentoso ed accidioso si possa immaginare. fmpossjjriie uscire, avventurarsi in quel dedalo di torrenti che son divenute le vie, superfluo provarsi ad ingaggiare quella viscida lotta tra il fango attaccaticcio e le zampe del muletto che vi affondano. Il telegrafo sovente è interrotto, chilometri di linea giacciono per terra ; mancano le laconiche novelle della Reuier che fanno sembrare meno assoluto l'esilio. Addis Abeba si chiude in un isolamento sonnolento e completo. E i suoi abitatori indigeni, secondando le condizioni naturali sembrano immersi in una specie di letargo. Ogni ghebl come ogni capanna è una casa del sonno, dove si trascorrono le ore intorno ai bracieri fumiganti d'mcenso. I capi indugiano nei ginecei stno a tarda ora della mattina, ognuno vive a sé e per sé, in giornate oziose, trascorse nell'ascoltare i suonatori di violini ad una corda e i raccontatori delle gesta dei grandi. La pvtte priMtiea è assolutamente sospesa. La schiavila PREINBOLapufrAgeoi. di iel e- loa nri e ano o o e e o e ore la ee d uimi e ie . rrd, 10 le dire la ni acre ma olud el za mcaan doalpre antenaae. or dcima. ale po ta i ne si il il so erortà' La ragione principale della diffidenza del mondo civile verso l'Etiopia è il perdurare in essa della schiavitù; ma è d'uopo notare che l'azione morale delle colonie confinanti, sull'assetto anacronistico della società abissina, fa progressi giganteschi e lo dimostra il continuo esodo degli etiopi neHe colonie italiane ed inglesi. Non si può dire quanto tempo occorrerà prima chi la schiavitù in Etiopia sia abolita senza scosse eccessive, che turbino la compagine della confederazione feudale scioano-tigrina-am-hara. Per suo conto, il Reggente, ha promulgato qualche bando generale che proibisce la compera e la vendita flegli schiavi. Esso non è certo il primo che gli etiopi abbiano inteso, poiché parecchi ne fece anche Menelik, ma senza risultato. I capi etiopi oggi posseggono ancora un ninnerò impressionante di schiavi. Sembra che la famiglia imperiale soltanto ne conti circa 50.000 nelle proprietà che essa possiede nel Conso, nel Val-lega e in altre parti dell'impero. La posizione dello schiavo in A bissinia non è certo la medesima che esisteva nell'Africa centrale prima della occupazione europea. Gli schiavi che vivono in Etiopia non sono nè percossi nè soggetti a lavori inumani, ed il loro padrone deve dn certo qual modo rispondere dinanzi al « Feta Negast • (la legge abissina) della vita del suo schiavo. Ma gli schiavi che disimpegnaho i.lavori più gravosi, non hanno nè famiglia, nè diritti; e il commercio perdurc Chiedete ad un « nagadi » commerciante girovago che viaggia nelle regioni meridionali, quale è il prezzo corrente degli schiavi da quella parte. Vi dirà che una giovinetta costa cinquanta talleri, un ragazzo venticinque ed un uomo vigoroso sino a sessanta. In ogni modo, siccome le sorgenti fornitrici di schiavi vanno divenendo ogni giorno più scarse, data la sorveglianza esercitata dai governi delle colonie confinanti, i capi abissini hanno dovuto istituire allevamenti di schiavi. Un' certo numero di uonrini e di donne schiavi sono riuniti nei punti più favorevoli a codesta « produzione » e alleviati da ogni lavoro che possa nuocere alla umana funzione riproduttiva. Cosi, presso ciascun grande potentato interno, i figli di queste unioni divengono alla loro volta schiavi, .contribuendo a mantenere *a schiavitù fiorente in Abissinia. El'ichinmmgiMfaBimbrrigomgeMchcia-mvoriMtorasaCLè conelenclcPrPro eie il re degli schiavi Su questo argomento aggiungerò che nel 1306 la sola via rimasta aperta pelli passaggio degli schiavi provenienti dall' Abissinia meridionale (Sidamo, Uollamo, ecc.) e diretti in .Arabia era il deserto dancalo ed il porto di Tagiura, completamente abbandonato e incustodito dai francesi. Il De.criac Jasu, capo deU'Aussa, percepisce una tassa di pedaggio di 40 talleri per ogni schiavo « uscente ».e il particolare più comico è che detto capo, attivissimo e feroce, fa una caccia spietata ai mercanti di schiavi che tentano di far passare la loro « merce • per strade che adducono alla costa, diverse da quelle per TaKiura ch'egli più comodamente sorveglia. Jasu, inoltre cambia i suoi schiavi vecchi e deboli con individui più giovani delle carovane ch'egli controlla, accaparrandosi specialmente le giovinette; Vicende che non debbono stupire, poiché accadono nell'Aussa, cioè in quella fertilissima ma pestilenziale regione dove l'Auasc impaluda e che nessun europeo ha mai potuto'eonoscere bene. Del resto l'Aussa è un territorio etiopico (il nostro confine dancalo non dista che 60 Km. dal mari) e'il suo capo sfida anche le Ire del Ras de W'ollo Galla (Cabbedé). Quest'ultimo aveva organizzato una spedizione d diecimila uemàni contro Jasu, che si risolse in un disastro a cagione del sole omicida dell'Aussa che uccise una quantità di gregari. WoOo, nonché uno del loro maggióri capi. E' da notarsi che la bassura dell'Aussa, dove gli europei non riuscirebbero a soggiornare, è d'ima fertilità e d'una ricchejza a mlaeCPlle da ub-ls«cola e di armenti prodigiosa. |? puadi1* assodato che la Dancalia possiede ai,l stasamenti di petrolio, nti I ABWALDC 0»PWfW. ADdtoLLtA