Le lettere di Michelangiolo

Le lettere di Michelangiolo LIBRERIA PARIGINA toreé Le lettere di Michelangiolo ,. Sarei imperdomahile se non menzionassi 11 segnalato servigio reso al culto di Michedangelo daHa slg.a M. Dorrnoy traducendo per la prima volta integralmente le Lettere del grande fiorentino in lingua francese. L'opera, divisa In 'due nitidi volumi usciti pei tipi dell'editore Rieder, contiene tutte le quattrocentoriovantacinque lettere stampate in Italia dal Milanesi nel 1875 in occasione del quarto centenario della nascita del Buonarrottl. Finora il pubblico francese non aveva del prezioso epistolario se non una conoscenza incompleta ed indiretta. Solo il Boyer d'Agen aveva pubblicate una cinquantina di lettere nel proprio libro sull'Oeuvre litléraire de Michel-Ange, aggiungendovi gli estratti di una quarantina d'alrte tolte a caso di qua e di là: all'infuori di questo saggio insiifflcientissimo, cbl non fosse in grado di leggere l'italiano e di procurarsi l'edizione italiana, resa oggi accessibile grazie ai due volumetti scelti da Giovanni Papini e pubblicati nella serie delle Più Belle Pagine diretta da Ugo Ojettt, era ridotto ad accontentarsi delle poche date dal Plot nel « Cabinet de l'amateur » o di quelle indirizzate al Vasari e a Vittoria Colonna che figuravano nella traduzione delle Vite fatta dal Leclanché e in Michel-Ange poèt et épistolier di A. Sturdza. Era troppo poco. Per molto tempo gli stranieri ebbero l'abitudine di cercare l'intimità del gigante della Sistina nella sue poesie: ma il vero Michelangelo non si rivela se non nelle epistole, e particolarmente in quelle dirette ai familiari. I carteggi dei gran dissimi artisti sono caratteristici per la piccola parte tenutavi dall'arte in se stessa. Di lettere inclini alle disquisizioni estetiche non ne scrivono se non gli sfaccendati e i mediocri. Un uomo come Michelangelo ha altro da fare, che intrattenere i propri corrispondenti dei propri ideali plastici o pittorici. Il suo linguaggio è quello di un buon artiere, di un operaio affaccendato e te nace. Se piglia la penna per scrivere a qualcuno è perchè ha un affare da sistemare, un interesse da difendere, una lagnanza da esporre. Il resto son chiacchiere. Certo sarebbe assurdo preten. dere che dal suo epistolario il Buonarrottl esca diminuito: è nondimeno innegabile che la sua potenza di artista .vi appare più istintiva, più identificata con le manifestazioni primordiali della vitalità, più secondo natura. .UailunapiteristvoaiconechLacofacorigiLacosoledrfoCaquTticiquNcach11 genio pratico Era d'altronde il modo d'essere comune a tutti gli artisti dei buoni secoli. Le dissertazioni sui «volumi», sul « rapporti », sui « toni » sono novità del secolo XIX e delle generazioni pseudoscientifiche. Se deve parlare della volta della Sistina, su cui tanti critici d'arte degli ultimi ventenni! hanno accumulato volumi di belle frasi, il Buonarrottl non si piglia certo una meningite per cercare espressioni che accrescano me rito all'opera. « Ci accordammo — scrive nel 1524, parlando di papa Giulio II al cappellano di Santa Maria del Fiore — su trecento ducati per tutte le spese, con carico di fare soltanto poche figure. Dopo aver fatto alquanti disegni mi parve che non facessi so non una povera cosa. Rifacemmo un altro con tratto, secondo il quale io farei nella volta tutto quanto volessi, fino alle storie di sotto. E cosi fummo d'accordoFinita la volta, quando venne l'ora di pagare, le cose non andarono piti come prima, di guisa che mi rimane da rice vere qualche centinaio di ducati ». La cosa più naturale del mondo : una commissiotle come un'altra; tante braccia di pittura, tante figure, tanti ducati. La sola volta che troviamo in una lettera dell'artista un ragionamento propriamente estetico è nel lóti, quando scrive a Paolo III — fra il latin del messale e quel del Bembo — le sue impressioni intorno al progetto di palazzo Farnese che il Sangallo aveva fatto e cominciato a mettere in opera vent'anni prima e che il Papa voleva condotto a compimento da lui. Ma si tratta delta parafrasi, per non dire della traduzione, di un capitolo di Vitruvio: « Altra specie di distribuzione è quando nell'innalzare la fabbrica si terrà conto dell'uso che vuol farne il padre di famiglia. Secondo il danaro che si potrà spendere, secondo l'eleganza e la bel lezza che si darà loro, le costruzioni dovranno essere più o meno alte. Converrà disporre le case di città altrimenti che non quelle dei poderi di campagna, dove sono fatte per ricevere i raccolti. Tutt'altre debbono essere quelle degli uomini d'affari, tutt'altre quelle della gente ricca e dilicata o dei signori il cui uffizio è di governare la repubblica: ciascuna d'esse dovrà essere adatta all'uso cui è destinata... ecc.». Il passo doveva essergli particolarmente andato a genio per la sua rispondenza con la sua propria intima natura, assai più equilibrata, misurata e pratica di quel che la passionalità tempestosa di un Mose o di un Giudizio Universale possano lasciar supporre. C'è in Michelangelo un solido fondo di roccia borghese su cui le procelle del genio rimangono senza effetto. Per occuparsi di interessi, di impieghi di danaro, di compre e vendite, per discutere con Papi, cardinali e notai del dare e dell'avere non v'ha meglio di lui Cauto, pedante, in( vecchiaia volentieri avaro: « La tua frenesia — . scrive nel 1556. al nipote Lionardo, che aveva incaricato di comperare un fondo — mi ha fatto torto di almen 50 ducati d'oro, ma più mi duole il vedere che fai più caso di un pezzo di terra che non delle mie parole. Sai quel che t'ho detto: non lasciar vedere che lo volevo, e farci pregare per comperare; e tu, non appena laggiù, a correre i sensali in gran fretta... ». E con tutto ciò spesso nelle nuvole : » Addi non so quanti, in febbraio secondo la mia serva ». gli accade di datare le sue lettere. Ciclopica figura, abbagliante nelle opere, ma umana, venerabile e commovente nella vita privata, tra le sue furie e le sue indulgenze, i suoi dispetti e la sua cristiana rassegnazione. La traduzione delle Lettere, fatta con scrupolo esemplare e corredata di note parche « succose, riempie egregiamente una lacuna della libreria francese e merita a Maria Dormoy e all'editore Rieder lode senza riserve. Il romanzo di Villon Altra novità libraria degna di menzione è il Roman de Francois Villon, che Francesco Carco aggiunge alla bella «rie di romanzi biografici dell'eoi- gtrpIlcstu10nccdarppsgccc«racsgflaCfSrpmrsgc•1ldpmppRb■clnalctfrpsrsdpnIidmdLupldaes tore Plon. Nessuna 6celta poteva essere migliore di quella dell'autore di lésns-la-CalUé, di Les innocenti e di Seènes de la vie de Monlmartre, di cui ."Udo Sorani presentava recentemente ai lettori della Stampa un ghiotto volume di ricordi artistici e letterari, per narrare la vita sregolata,. bizzarra e pittoresca di quel bohème avanti lettera che fu Francesco Villon. Se la storia letteraria fosse scritta tutta a questo modo, come tutti la imparerebbero volentieri e come il passatto rivivrebbe ai nostri occhiI Che importa se il Carco ha colmato con la fantasia le lacune innumerevoli della vita di un poeta che era sino a ieri dei più misteriosi? La naturalezza delle sue intuizioni 6 cosi persuasiva, che il lettore non può fare a meno di dargli ragione e di convenir" seco che Villon fu t;uale lo ritrova miracolosamente nelle sue pagine, parlante, vivo, indimenticabileLa Parisi del Quattrocento è 11 intera, coi suol goliardi indisciplinati e chiassosi, coi 6uoi birri, co suoi beoni, con le sue femmine da conio, coi suoi ladri e grassatori di strada, con le sue forche. Poeta e pittore felicissimo, 11 Carco non si accontenta di rifarci dei quadretti di genere nella maniera di Teniers o di van Ostade, ma c.1 fa sentire la temperatura e l'odore del tempo, ci restituisce il sapore speciale di quella neve, di quel vino. Sentite un Natale : « Nelle vie, nelle taverne, nelle case dove brillavano i lumi e nelle chiese che gettavano nella notte, attra¬ vctptnagpmCducnseèolentepsaUeCdsmspmitt verso le vetrate, grandi luci di tutticolori, là gente stava svéglia, e trattratto le campane squillavano. Un pprima di mezzanotte, si mirt-ro a tintinnare a colpenti vivaci. Cominciò a nevicare. Era Natale. Francesco e gli amici si diressero alla Mela, cantando, giacché avevano bevuto, e circondando per gioco le ragazze che andavano a messa e correvano per sfuggir loro. Cantici, musiche celesti e il gorgoglio degli ortgani davano alla Cittadella un'aria di festa e la gran voce della campana maggiore della cattedrale innalzava al di sopra di tanti rumori il suo mugghio sonoro ». Una pennellata e la scena rivive, e l'atmosfera poetica è creata: « Dopo una lenta giornata di ottobre, lattiginosa e come ingnillita, verso sera un vento umido 6i alzò e soffiò su Parigi. Era il vento di ponente. Tosto le banderuole in cima ai tetti drizzarono la punta dalla stessa parte, e la Senna s'infoscò e spinge sotto i penti un flutto giallastro tutto arro-ncigliato. Faceva ancora chiaro ». Un libro che incomincia cosi non può essere se non il libro di .un artista. 11 Carco, in barba agli sterili 6pulc-iatori di chiose, ci ha presentato un Villon sentito da un suo pari e ha sciolto, a mio avviso, un di.fAci.le problema di storia letteraria, come meglio non si poteva. La nascita del Testamento famosissimo mi sembra una delle più ingegnose e azzeccate ricostruzioni critico-psicologiche che si potessero intraprendere. NOMENCLATOR. I«dliplunair—dJ■Pmcndvsprdnrdbpnmaqns

Luoghi citati: Agen, Italia, Parigi