Discorsi intorno a un jazz

Discorsi intorno a un jazz Discorsi intorno a un jazz (Z«z leena ha luogo verto mezzanotìe, all'ora in cui sta per animarsi il dancing piantato in mezzo al Parco della ctttà. Riuniti in una radura, quali ingabbiati, quali a piede Uh ero, % diverti animali del prossimo Giardino Zoologico si dispongono ad ascoltare, con umore diverso, il solito concertino notturno. Dodici botti sono scoccati, « giunge il suono lagnoso degli strumenti che si accordano. Quindi, una pausa. S'udrà nel silenzio reterna voce monotona del grillo: voce d'un solo suono, d'una sillaba sola, rassegnata, consensuale, come- di approvazione all'ordine perpetuo delle cose). Il grillo — Sì - si - sì - sL.... {Scoppio improvviso del jazz-band. Il grillo non s'ode più)., Il serpente boa — Oh, infine: tutte le notti lo stesso baccano ! Io sono musicofilo, va bene: ma questa musica, anziché incantarmi, m'impedisce di dormire. L'orso della Malesia. — Un po' di filosofia, caro. Fate come me. Io ci ballo sopra. {Lo jazz-band à attaccato, appunto, un « pas de l'ours ». Mentre l'orso si dondola beato, altri — tra cui un Dottor Corvo, critico di professione e sapientissimo, tinto negli inchiostri da almeno cent'anni — commenta, ognuno a suo modo). Il muflone. — Che noia! Lo scoiattolo. — Che nervi! La^ tartaruga. — Nemmeno a chiudersi in casa, si è tranquilli. Il (Sbiro. — Non ditelo a me, che sono in cura d'insonnia. L'ttsiVsnuolo. — E' insopportabile. Il cane di guardia. — Beb! Bebl Io protesto. Il mej'.oo. — Io fìschierei. La rana. — Mi sento verde dalla bile. Il dottor Corvo. — Dopo tutto, si tratta di musica moderna... Il leone. — Sentitelo, il saccente! Sappiate, signor dottore, che la notte, nel mio deserto, se avveniva che uno sciacallo mi disturbasse, bastava un ruggito per farlo - star sdito. Qui, ohimè, non servirebbe a nulla. Già, non mi sentirebbero neppure. Il serpente boa. ;— Che ne dite voi lassù, signora giraffa? Sempre con la testa nelle nuvole... La giraffa. — Non me ne parlate. Da quando m'hanno piantato intorno, proprio al livello del collo, tante antenne radiofoniche, sono costretta a subirne ogni notte le vibrazioni e i sussulti. E così mi sono presa l'emicrania. Sapete ch'io sono un po' sensibile, s che sento persino, come ha detto il poeta, crescere le cime dei pioppi. Qui, se non dimagro, è proprio perchè sono già ai minimi termini. Però soffro di .._ vertigini. ttk. tartaruga. — Curatevi, signora. À quell'altezze, le vertigini sono pericolose. Il serpente boa. — E' un'indecenza. L'altra notte, arrampicatomi . in cima a un tronco, ho dato un'occhiata ai sonatori. Soffiano dentro tabi fatti come serpenti. Deve trattarsi, forse, dei famosi serpenti a sonagli. L'elefante. — Fanno rumori d'ogni sorta, là dentro. Adesso, per esempio, mi pare d'aver inteso un barrito. Dite un po' voi, signora giraffa, che ci potete vedere, se per avventura non ci sia anche un elefante tra gli strumentisti. li, dottor corvo. — Che ! Che ! E* un c basso in fa ». In cervo. — Oh, Dio : e chi è mai che bramisce così? Forse una giovine cerbi atta che mi chiama? Il dottor corvo. — E' un saxophon Zìi rana. — Cuac ! Cuac ! Ma questo è il rospo ! Il dottor corvo. — E' il corno in- La~ scimmia. — Stavolta non mi sbaglio. E' una bertuccia, alla quale hanno tirato la coda Il dottor corvo. — E' il pistone in sordina. Il picchio. — Toc-toc-toc. Chi è che mi ruba il mestiere? Il dottor corvo. — E' il timpanista, che batte con le bacchette agli spigoli del tamburo. Il picchio. — Gli servisse, almeno, per farne uscire un vermioino da mangiare ! Ma quello è proprio del rumore, molto rumore per nulla. Il cammello {alzandosi, con le gobbe indolenzite). — Sento il tamtam. La ' fantasia »» dei miei beduini che mi chiamano, senza dubbio. Sarà tempo di rimetterci in marcia. Il leone. — La tua solita rassegai zione i E poi dicono che i gobbi son maligni. Io invece li farei a pesati, quei malcreati, coi loro corni e pistoni. Non ci sono dunque leggi contro gli schiamazzi notturni? ^h, fossi ancora io davvero il re animali... .Lo scoiattolo. — E non la smet Ah, i miei nervi! Il cane di guardia. — Beb! Jg ■ protesto. Il cammello. — Il cane abbaia, e la carovana passa. Il cane aftbaia, e lo jazz continua. Fa,tatita.£Malru,k. Il pavone. — Ha ragione il cammello. Non c'è da prenderseli. Tutti i suoni della terra si rassMmigliano. Già, per me, quahinqu-sj musica è m rumore sgradevole)T.\ Il merlo. — Non fatevij-Mllo, andate là, delle penne dei pjBti.."Questo l'ha già detto Teofilo* I/usignuolo {sospirar!"1 no giudica in rapporj mezzi. Il Dottor Corvi autier. Ognuai . propriILIL ^moderno un suono il] quale aomi-eiia, semplicemente, kC sud modoaTcantare. E così il pivonTper cui0?ni strillo è naturale. Ma se aa-piste quel che soffro il, io, ad ascol-tare quegli orrori... Il cuculo {piano al.mkrlo). — Adesso ri comincia a par Ilare di sè, a n , i , a e . i . è e o ri Il merlo {piano al cuculo). — H solito tenore ! Il cuculo. — Sai che faccio, mentre lui ciancia? Vado a scaldarmi un po' nel suo nido. A rivederci. L'usignuolo. — ... io che, non faccio per dire, sono diplomato in bel canto, e so di contrappunto e d'armonia, e ho cantato innanzi ai primi letterati della terra. Lo jazz, credetemi, è un'offesa a tutti' i sacri principi musicali. L'ha detto anche Pietro Mascagni. Il dottor corvo. — Caro Maestro: non faccia troppo caso a Mascagni, che ha i pareri variabili. Il suo odio contro la nuova musica sincopata è, del resto, senza ragione: poiché egli stesso, nell'/lniica, ha celebrato i boschi «dove canta l'averla » ; e l'averla, lo san tutti, canta proprio in misura di rig-time. Del resto, ditemi un po : chi non si sentirebbe di ballare il brindisi della Cavalleria in tempo di blak-blottomì L'usignuolo. — Ciò non toglie che questa modernità mi disgusti. Io sono pei ritmi correnti, pei timbri chiari, per le modulazioni, per le cadenze. E Bono pel sentimento che si abbandona. Non per quello che si contrae, che si strozza nella sincope. Sono per gli abbandoni sino all'ebbrezza. Musica 1 Canto ! Passione ! Follia ! Tutto il resto non è che strepito. Quand'ero più giovine, e studiavo ancora in Conservatorio, un concerto come quello mi avrebbe spaventato quanto una fucileria all'apertura della caccia. In verità, se la voga del ìazz continua, darò le dimissioni. Il dottor corvo. — Considerate, Maestro. I nuovi tempi non han fatto .che mettere in luce una verità, la quale però era remotissima : c'è musica in tutto, come tutto è nella musica. E' musicale il gorgheggio come il barrito; il flauto pastorale come il pistone strozzato; il vostro canto innebriato, dalle cento invenzioni e fantasie, come il gemito della tortora : : il quale, non essendo altro che una serie di terzine discendenti e senza battuta di riposo, pur tuttavia commuove gli uomini da cha mondo è mondo. Voi parlate d'antichi e di moderni ; ma il canto enarmonico della rana piacque ad Aristofane, ch'era un greco, e così il canto delle cicale — questo jazz-band del solleone — mentre il vostro, armonìosissimo, ha potuto ispirare un pazzo come Strawinski. La musica ha un nome solo. Ma soprattutto dovremmo essere noi, animali, gli ultimi a protestare contro lo jazz, che sta immedesimando, incorporando tutte le nostre voci e attitudini. Abbiamo già il passo dell'orso; e quello della scimmia, del castoro, del ramarro.., {La musica attacca un fox-trot). Il tacchino {facendo un po' di ruota) . — Questo, poi, 1 ho inventato io. ' Il dottor corvo. — Un tempo, lo so, i musici non imitavano che le bestie di dólce canto — come voi Maestro — e pareva audacia grande il gracchio fatto sentire da Haydn nella Creazione; mentre oggi sono tranquillamente ammessi all'onore della sinfonia le belve, i battaci, le cornacchie. E le pecore stosse, nel Don Chisciotte di quello Strauss che ha confessato, una volta, d'aver avuto un'ispirazione in un serraglio. Non è dunque onorevole, per noi, questo ritorno degli uomini a noi : cioè alla terra, agli istinti, alle origini? Voce interna. — Cuac ! Cuac ! La rana. — Di nuovo il corno inglese? Il dottor corvo. — No: questa volta è il rospo. Sentite però, come s'intona bone ai sonatori ! , Il ghiro {assopendosi). — ,Jfoh sento più niente.- Buona notte. Il serpente boa {spirandosi). — Speriamo non duri./un pezzo. Le cose lunghe diventano serpi: ma io non le amo ugualmente. {Prime lufit dell'alba all'orizzonte. Lo jazz accenna lo charleston finale). Il cane Di guardia. — Beb! Bebl Beb!/ Il gaìClo. — No* temete. Fra poco canterò io, e tutto finirà. Anche i, oon io che comando. L'usignuòlo {altro sospiro).. — Poserò me! Decaduto per sempre. Diatta i romanzieri non mi mettono iùin scena nemmeno nei capitoli (degli addii. E pensare che una voltaj un trillo mio, e tutti tremavano d'amore: gatti, uomini, cervi... Il^cervo. — E' vero, Maestro. Io ne piangevo. Il canarino. — Anche me, una volta, per sentirmi, mi scritturavano dalle Azzorre. Oggi mi fanno tirare su col becco, nelle fiere, i foglietti della buona ventura. Il passero. — Il mio cip-cip era indispensabile in ogni idillio domestico. Oggi non lo si sente che nel poker. Il pappagallo. — A me, un tempo, tutti i monelli insegnavano la Marsigliese. O sono passato di moda io, oppure il pezzo... Povero Loreto! Il fringuello. — Me, per farmi cantare, persino mi accecavano. Sono forse il solo che non ci abbia troppo rimesso, con le mode nuove. Il bel canto mi costava, non uno, ma due occhi della testa. E poi i miei carnefici erano capaci di dire che la musica ingentilisce i cuori. Non i loro suppongo. Però, insomma, io cantavo. E malgrado tutto... Il cervo. — La musica, la vera inu sica è passione. ' L. fringuello. — E' tormento. rocsommvintotipsevvreferfiPvgsetiasemgddtetecsefes8cFsntfèognGleMfptgrlDfcomMdppbtMsctsdcstzcpfLsanulcsmgsddlvGcipllalsclmubnmpTcSdr^L'usignuolo. r- E' follia. -l ,„, , -, n o! &U*n,o nel dancing. Quattro botti uikf Dl }nu°V° J™"'' 1 WCt a-j*1 ""Ilo; la voce dun solo suono, l-l<*W sdlnha S°1"- & co»°">>° ^er s■no e dell'eterna pacificazione). Il grillo. — Sì-sì-sl-sì-sì... • MARCO RAMPARTI.

Persone citate: Corvo, Diatta, Don Chisciotte, Haydn, Mascagni, Pietro Mascagni, Strauss

Luoghi citati: Aristofane, Azzorre, Malesia