Libri di cultura

Libri di cultura Libri di cultura o a a o o r L'idea dello Stato nel sec. XIII Pur tutto il medio evo l'intuizione della vita e del mondo fu dominata dal concetto della redenzione dal peccato originale. Ne trasse origine anche la giustificazione che Federico II dava dell'Impero, concepito da lui come una istituzione provvidenziale destinata a riscattare la società inficiata dalla prima colpa e a ricondurla dal disordine all'ordine, cooperando con la Chiesa alla salvezza eterna dell'uomo. Come Federico n. forte di questa concezione dello Stato, abbia operato durante gli anni del suo governo e come abbia inteso i suoi compiti d'Imperatore, posto a sommo della gerarchia terrena, e quale sia stato il suo atteggiamento di fronte alla religione e alle esigenze culturali del suo tempo, sono tutte cose, che A. Be Stefano tratta e discute in un recente volume {L'idea imperiale di Federico II, Firenze, Vallecchi) da annoverarsi tra i più acuti contributi recati in questi ultimi anni alla storia delle -interferenze' tra i' due suprcfflr"poteri;T4er'se'colo Xin. L'idea imperiale federiciana face va capo da un lato alla dottrina di S. Agostino, per il quale la « città terrena » o la società laica, segnata dalle stigmate def primo peccato, non aveva altra possibilità di perdono e di redenzione che dalla grazia divina e dalla predestinazione, e da un altro lato si collegava al concetto scolastico dello Stato, che fu svolto in particolare da S. Tommaso, per cui la monarchia era una necessità naturale della vita terrena e doveva essere subordinata alla Chiesa, incarnazione della « città celeste ». Federico II sostituiva all'idea di subordinazione quella di coordinazione delle due podestà, la temporale e la spirituale, aprendo la via al pensiero politico di Dante, Lutero Sulla Riforma luterana ha scritto un importante e denso volume E. Bonaiuti {Lutero e la Riforma in Germania,- Bologna, Zanichelli), che, scendendo nell'anima dell'ardente riformatore, vi ha scoperto un dramma individuale, o un caso personale, assurto ad importanza nazionale per condizioni politiche prò pizie. La prima insurrezione di Lutero contro l'amministrazldne delle indulgenze, la sua interpretazione e teoria sull'eucaristia, la sua dottrina sul- charicafocfituqptilola salvezza delle anime dovuta alla fe- ?de (e non alle opere, cioè alle prati-I che esteriori del culto), e tutta la tra¬ e e , n e s . o , a e e r e a , n i dlumpgforeQesddutetinatinSgrmmsParDscsfrudz(stcszgglvacstztssPvrailgedia luterana provocata da un insanabile dissidio, che sorgeva dalla natura stessa del" riformatore, il quale opponeva al peccato, estremo rimedio, la forza irresistibile della fede, hanno trovato nel Bonaiuti, meglio che un espositore, un critico sapiente, armato di principi! cattolici e ricco di esperienze interiori. * Le pagine, nelle quali 11 B. ritrae Jl momenti dello sviluppo di Lutero e le sue agitazioni e il senso di terrore che lo accompagnò nella lotta quotidiana fra la sua natura turbolenta e ■il suo ideale di perfezione religiosa, sono fra le più interessanti ■ e vivaci di questo dovizioso volume, in cui la tragicità d'un'anima è rappresentata con penetrazione sottile e con colori, direi, impressionanti. Ma il libro ha anche un altro scopo: e cioè di discriminale gli influssi protestanti nella cultura moderna e di mostrare la funzione della Chiesa nella esplicazione della vita religiosa. , Riformatori italiani Un comodo e bel volume di Opuscoli e lettere di Riformatori italiani nel Cinquecento (Bari, Laterza), si è venuto ora ad aggiungere, per cura dì G. Paladino, a una prima puntata apparsa alcuni anni sono. Questa nuova silloge merita, al pari della prima, attenta considerazione. Consta di un opuscolo di A. Palearjo (Actio in Pantifìces romanos), di una ristampa delle lettere di Olimpia Morato corredate di note diligenti e felici sui problemi cronologici aperti dall'esame di alcune di queste epistole, e. di altre lettere di Cello Secondo Curione, nato a Cirio nel 1503. Della Morato risultano chiarissime le convinzioni spiccatamente luterane, poiché mentre seguiva la dottrina encarlstica, quale fu concepita da Lutero, si opponeva decisamente all'idea angosciosa della predestinazione. Anche il Curione, che pur discuteva il concetto della giustificazione per la tede, senza esclusione delle opere, era un perfetto luterano, più che uno dei proseliti del Valdés. ri Paleario, col suo sicuro senso storico e realistico, sta quasi a dimostrare una volta di più le ragioni, per le quali la Riforma non potò attecchire in Giordano Brano In un saggio su G. Bruno, edito ora dalla Casa Laterza a Bari, L. Olschki ha seguito un indirizzo nuovo nello studio e nell'analisi delle opere 6M questo pensatore: un indirizzo, direi, fi- neSI1 disamina 8&:*&$m\&£SÌ\S^cosl il candelaio, come pl^rtógWnÌB todaataTra»OTOte^»ffiiVatscrgzvt<Mtvtstr1«ftildpspph che e lulliane, ecc. L'autore giunge alla conclusione che non è possibile ridurre a sistema il pensiero un po' caotico del Bruno. La conclusione è forse alquanto eccessiva, dato il principio indubitabile della dottrina (Finfinità del creato, che è « infinita genitura d'infinito generante >). intorno al quale è pur dato di organizzare, sia pure m maniera non rigorosa e definitiva, altre idee fondamentali della fllolosofla bruniana. ?w.' P01U- "he nella Tira JatiS8^ rf •-euore cne neiJd aura dei ri- L'angoscia di Pascal In Pascal nasce presto il tormento dell'uomo, che, assetato di verità e illuso di poter trovare nella scienza il mezzo più adeguato a celebrare le sue più vive energie spirituali, sente urgere, con trepida ansia, nel cuore prò fondo il bisogno di un bene, che non risiede fuori di noi, ma dentro di noi, e che non si conquista che in Dio. Quando sorge dalle radici del nostro essere questa più alta aspirazione, la scienza può convertirsi in amarezza e dolore, salvo c)ió si abbia il contorto di una speranza b si sia sostenuti da una ferina convinzione 'o da una certezza religiosa. Ora, in Pascal (1623-1662) la necessità di una fede e lo sforzo d'instaurare in se stesso una ingenua disposizione alle cose divine furono le cause effettive di un dissidio interiore, che si iniziò già prima che i discepoli di Saint-Cyran gli facessero conoscere e gustare, con esasperante e ardente parola giansenistica, la semplicità e l'umiltà del cuore che rinnovano l'anima e la fecondano. Si diede poi, il Pascal, ad approfondire con gli amici di Pori-Rovai le dottrine di Giansenio e ad ascoltare ansiosamente c a tradurre nelle Provinciales il linguaggio che Dio teneva nel suo cuore. Egli, allora, si sentiva già credente convinto e sincero. Ma in lui restava vivo il contrasto fra l'uomo di scienza e l'uomo di fede, contrasto angoscioso, che Federico Gentile illustra e commenta, in un recentissimo libro (Pascal. Saggio d'interpretazione storica, Bari, Laterza), con chiarezza « calore. 11 Pascal (pensa il Gentile) pur essendo persuaso che la Fede è un dono di Dio, sentiva in 6è imo stianolo pungente a ricercarla obbiettivamente, per accertarsene e, quasi, per non perderne il prezioso possesso. Cosi, la lotta di Pascal pratica gidi postulati dei giansenismo, che il grande scrittore francese interpretò alla 6tregua della sua personalità, rivivendolo intensamente ili-- una continua alternativa di speranza e di dolore, come 6i vede sopra tutto nelle Pensée», e in una calda atmosfera spirituale percorsa da lampi di consolazione. " Un po' di gioia, insomma, nel pian to; ma una gioia tremante come un sorriso sopra una bocca convulsa. La soluzione fu il misticismo, nel quale Pascal, sottomesso, si acquetò. Gli parve, allora, di aver toccato, con la verità, la felicità, e il suo animo si aperse a una serenità dolce e nuova, mentre il suo misero corpo cedeva, affranto, a lunghe e a otite sofferenze, // retaggio di V. Alfieri \&^ì&& Piemonte M^mosgo dei primato italiano si vien formando, oi-.„»ffie« per l'influsso deìFAMeri, per ef-LCSi rileggono volentieri (raccolti sotto il titolo di L'eredità di Vittorio Alfieri, Venezia, La « Nuova Italia • editrice) alcuni vigorosi saggi di Giovanni Gentile sull'influsso esercitato nella coscienza italiana dal grande astigiano, che Gioberti definiva € principe, della rinascita delle idee patrie » e • risvegli atore dei sensi assopiti della nazionalità antica >. F. De Sancrts scriveva ohe fra le stesse passioni violentissime dell'Alfieri si può intrawedere < in lontananza un'Italia futura », e Massimo D'Azeglio diceva che, avendo trovata un'Italia metastasiana, egli l'aveva lasciata altìeriana. Del 6uo carat tene e del suo amore per l'arte così scriveva Alessandro Verri in una lettera ancora inedita, che ritengo indi rizzata al Monti (Roma, 19 novembre 1808) : «.Io quantunque vi confermi < che per me non mi era comodo il « vivere e conversare spesso con un < tal uomo, pure ne sento la perdita « con dolore. La nuova m'ha percosso : < e come autore è di fama Immortale «.Era di un valore intrinseco, origl • naie, destinato al grande e al subì: « me e amava talmente l'arte, che sono « persuaso avrebbe lodato e amato « chiunque corresse alla medesima gio • ria con opere degne. Era senza ran « cori letterari cosi frequenti al ceto « dei dotti ; superiore, anzi totalmente «ignaro delle piccole gelosie». Lefficacia dell'Alfieri è studiata dal Gentile in particolare, in Piemonte, e nella prima 6toria del Risorgimento nazionale, con critica robusta, da storico di razza, per cui i problemi 6i sentono pulsare vivi, gagliardi, e si vedono sorgere determinati sullo sfondo delle più forti esigenze del pensiero contemporaneo. Critica seria, nobilissima, che ha risonanze molteplici nell'animo del CocialavfuRdmpncelateustsipntoPsegetaccaucEcrcptàpdfivqlantqdfcqbsnsosssfrlacssmaesSblAcsv(rics((Ws((fdnpbvIdlmblcdvlvcricersddmcadg fetto di un fervore culturale, che contraddistingue, si può dire, tutto o quasi tutto il settecento piemontese. Ri: leggiamo, ad esempio, queste linee introduttive al Secolo d'Augusto del conte Benvenuto Robbio di San Raffaele (Milano, 1769) : « Me pago appieno, e « lietissimo, se tal frutto corrò dall'in« trappreso lavoro, che la Nazione mia « si scuota dal spimo, e sopra l'Inghil« terra e la 'Francia, che fatte maestre la lor maestra pareggiano e forse « vinta si lasciali dietro, riassuma il « primato, che noi Siam soli a credere « che non le sia per anco caduto di « grembo ». Altri ha già osservato che il Galeanl Napione, il FaJettl di Barolo e tutti gli autori dei volumi sui Piemontesi illustri furono altrettanti assertori o annunciatori di un valore non unicamente regionale dello Stato sabaudo. I/omini e cose della vecchio Italia B. Croce ha riunito in due volumi parecchi suoi sludi su argomenti letterari, storici e, in- genere, culturali {Uomini e cose della vccchfd Italia, Bari, Laterza). Ricordo, fra i più importanti, i saggi su alcuni umanisti meridionali, tra cui Pietro Gravina; sul petrarchista Angelo di Costanzo, sulla letteratura dialettale riflessa o d'arte, su Bernardo Tanucci, 6ul giansenismo a Napoli, su Maria Cristina di Savoia, en ecc. Sono articoli, monograne, saggi nati in margine a lavori di maggior mole e consacrati ad argomenti disparati, nei quali' l'autore si è sentito impegnato con la sua curiosità e con il suo amore di compiutezza e in cui spesso si avverte il segno poderoso della mente che li ha pensati e dettati. Una delle maggiori benemerenze del Croce, nel campo storico-letterario, è stata quella di acuire il bisogno di una più adeguata consapevolezza della natura e dei metodi dell'indagine critica. Era naturale che egli insistesse, a pili riprese, sulla convenienza di riflettere seriamente intorno ai limiti, ai modi e agli scopi dell'erudizione, intesa, a buon, diritto, come preparazione alla storia. Chi conosce i libri del Croce e si è addentrato nel suo pensiero, 6a che la sua opera è stata sovente diretta non contro l'erudizione, ma contro il falso concetto che si mostrava di avcrne, collocandola fuori di luce, al di là del suo campo focale. Rimettere le cose a posto non significa 6empre èva lutarle, ma vuol dire spesso conferir loro decoro e dignità. Questi scritti sono tutti eruditi: e sono bellissimi. Letterature europee del sec. XIX Le difficoltà incontrate dai collabo: ratori del nuovo volume L'Europa nel sen. XIX: La letteratura, edito dall'» Istituto Superiore di Perfezionamento per gli studi politico-sociali e commerciali » di Rrescia (Padova, Milani) eono inerenti alla realizzazione stessa del« l'impresa affidata a studiosi d'idee e d'indirizzi diversi. Le letterature (ila» liana, francese, spagnuola, portoghese, provenzale, tedesca, inglese, ecc.) so* no stale successivamente trattate tale-, ra per sintesi, talaltra per personnltUi distinte, il fatto sta che la letteratura, se vogliamo studiarla nette sue manifestazioni artistiche, non può essere considerata che per autori, del quali ognuno ha un proprio mondo diverso da quello di tutti gli altri. SI sa, tafani, che lo svolgimento non si può osservare nelle opere artistiche, coma tali, ma nelle condizioni storiche, dai cui sono sorte queste opere. Una cosa è Parte, e altra cosa sono i prestrpposti culturali, dai quali non è detto ohe ìa. storia letteraria debba prescindere. Soltanto, la necessità di opportune di» stinzioni si impone inderogabilmente* Era dunque quasi inevitabile una certa disuguaglianza nella trattazione dei singoli argomenti; ma cifr non ostante questo volume, al quale hanno collaborato il Mazzoni, il Farinelli, il Gabetti, il Siciliano e altri, ' ci offra! una guida per più rispetti preziosa, quadro suggestivo e variopinto <J letterature europee nel corso dell'C cento. GIULIO BERTONI.