La requisitoria al processo Zaniboni-Capello

La requisitoria al processo Zaniboni-Capello La requisitoria al processo Zaniboni-Capello L'Avvocato Generale chiede che entrambi sieno condannati al massimo della pena (30 anni di reclusione) : Il primo per delitto d'insurrezione e tentato omicidio volontario, il secondo per complicità necessaria — « Nessuna attenuante nè per il generale spergiuro, nè per il maggiore omicida » -30 anni anche per II latitante Urcella; da 12 a 7 per gl'imputati minori - La sentenza attesa per venerdì sera. Roma, 19, notte. Questa mattina, dopo quattro giorni di interruzione per le ferie pasquali, è 6tato ripreso, dinanzi al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, il processo a carico di Zamboni, Capello e complici, ai consueto pubblico assiste dalle'tribune. Testi a difesa *U'.>»V *v-, .kC»e si continua. nell'escussione degli- ultimi quindici testi. • Il colonnello. Orazio Bartoli è stato citato dalla Difesa del generale Capello. Fu alle dipendenze del generale in guerra e agli inizi del fascismo fu inscritto proprio dal Capello nel Fasolo r;_. t. Su domanda dell'imputato egli dk iara che il Capello diceva che non voleva mettersi in vista perchè non 6i dicesse ch'egli si arrampicasse sul fascismo per avere giustizia (Era il tempo dell'inchiesta per Capor.etto); dichiara pure che il Capello difése i generali Segre e Maglietta dinanzi al Tribunale. Il comm. Cirotti depone sull'opera svolta dal generale Capello in seno all'Associazione ufficiali in ooiwredo. Fra altro,- gli ricorda che, essendo presidente di fatto dell'Associazione il Capello,, fu votato dalla Sezione di' Trieste un ordine del giorno di plauso al Capo del Governo» che il Capello provvide a trasmettere immediatamente al Capo del Governo stesso. Questo avveniva ne] 1934. 11 prof. Rocchi Giovanni, presidente della Federazione gìnnica italiana, sartie il Capello si interessava molto di ginnastica, e che dalle Acciaierie di Terni ebbe una volta ventimila lire per un Convegno ginnastico nazionale e per i relativi premi. Sulle stesse circostanze depone Nicola Corradini, che ebbe materialmente le ventimila lire dalle Acciaierie. Il teste Gino Albano, chauffeur del garage dei Cerchi, dove fu depositata la Lambda di Zamboni, dice: — Quaglia si recò da me il 2 novembre e mi dette disposizioni di tenere la macchina pronta per la marcia. La mattina del 4 tornò il Quaglia e, dopo avermi dato i denari per la benzina, ordinò di tenere pronta la macchina per la partenza. Alle 8 tornò di nuovo. Presidente: — Era solo? Teste: — Non lo vidi arrivare, ma appena uscito sulla via vidi che col Quaglia vi-erano Tiegli agenti di polizìa. Il Quaglia nel racconto di «ascio!» Viene poi introdotto il teste Mascioli. Ha conosciuto 11 Quaglia, egli dice, nel giugno 1924 durante il periodo della Quartarella, quando Zaniboni faceva insieme ai Quaglia le famose rlcer. che. Poi lo ha neraùto di vista fino al primi giorni dèi '25. — Una volta incontrai il Quaglia — egli aggiunse — e lo trovai molto maUncenico"; credetti che dipendesse dal fatto che allora egli era uscito dai giornale « Il Popolo » e gli domandai la ragione delle sue preoccupazioni. Quaglia mi disse che Zaniboni stava organizzando un complotto contro lo Stato: essendo io fascista, cercai di avvicinare sempre più il Quaglia e sondarlo per scoprire qualcosa. Quaglia si confidava con me non sapendo che io ero fascista. Giungemmo cosi al settembre 1925 quando, essendo in possesso di elementi concreti, credetti opportuno mettere al corrente il segretario del Partito fascista, on. Farinacci. Questi mi disse di continuare le indagini. Debbo confessare che lo diffidavo del Quaglia perchè non potevo comprendere come egli, cosi Ìntimo di Zaniboni, si confidasse con me. « Verso la fine di ottobre rividi il Quaglia, che mi specificò che lo Zaniboni avrebbe compiuto un attentato contro il Presidente del Consiglio on. Mussolini, in un tempo molto prossimo. Il grande complotto, egli mi aggiunse, non si poteva organizzare .per Intero, perchè non vi erano quattrini. Quaglia parti quindi da Roma, ma naturalmente io non lo abbandonai. Arrivammo cosi al l.o novembre. Fu allora che Quaglia mi confessò che l'attentato doveva essere compiuto il i novembre, durante il corteo della Vittoria. Dissi al Quaglia che ormai bisognava che egli si allontanasse dallo Zaniboni o avvertisse l'autorità. Quaglia mi rispose che egli non poteva avvertire la polizia. Mi pregò di farlo in sua vece. Allora mi feci dare tutti I particolari e lo seguii attentamente. « Il giorno dopo seppi dal Quàglia l particolari del primo colloquio che egli aveva avuto col Capello in via Botteghe Oscure. Dopo il secondo colloquio Quaglia mi disse che Torrigiani avrebbe dato i denari a colpo tatto, ma che nel frattempo Capello avrebbe dato di tasca sua qualcosa. A questo scopo il Capello aveva detto che tornasse all'indomanle ma non In casa sua dove già era stato due volte, bensì sul ponte Cavour. Alle 2 del giorno 3 io ero sul ponte Cavour insieme col Quaglia Vidi arrivare il generale Capello In carrozv ze.'la e scendere vicino al chioseo dei giornali. I due si avviarono per Lungo Tevere Melimi, dirigendosi verso piazza della Libertà. Lì seguii a pochi passi, non visto Notai che ad un ceno] momento il Capello consegnò qualcosa al Quaglia. Quindi si separarono. Chiè¬ egppnm,r. si al Quaglia che cosa il Capello gli avesse dato. Sono ben sicuro che vi era una carta da 500 lire ed altri tre o quattro biglietti da cento lire. 11 denaro era piegato in quattro. Accompagnai il Quaglia Uno a Borgo Pio, ove egli si recava da Zaniboni. 11 Quaglia poi uscì nuovamente e si recò, sempre accompagnato da me, all'Unione Militare per-acquistare-il famoso .cinturone e la cassetta militare. Intanto il Quaglia mi disse che all'indomani lo Zaniboni sarebbe sceso al « Dragoni » perchè delle camere fissate egli aveva prescelto appunto quella del «Dragoni ». 'poi rfìi disse che avrebbe accoro» pagliato la Zaniboni, e quindi sarebbe uscito dall'albergo per fare delle spese, per portare degli acquisti sull'automobile, ed alle 8 sarebbe rientrato da Zaniboni al < Dragoni ». Presidente*: — >Djsse perchè" sarebbe tornato • p'résso lo zaniboni? , Teste: — Quagfia non mi disse 11 perchè. Presidènte: — .Sulle frasi scambiate rtra il Quaglia ed il Capello sul ponte Cavour cosa può- dire-, il teste? Teste : — So che' il Capello, dando il denaro, aveva ri Vii te al Quaglia pa role di augùrio. Presidente: — Ha lei riferito queste circostante a volta a volta? Teste:' — Sì. La prima volta fu nel settembre 1925 all'on. Farinacci, poi alle autorità, specialmente dopo il primo novembre. Il complotto ] Giudice Mucci: — Il Quaglia nelle sue confidenze ha mal parlato del complotto ? Teste: — Quaglia mi disse che si trattava di rovesciare il Governo fascista e instaurare una dittatura militare. L'esecuzione del complotto veniva rimessa a momento più opportuno. Io sapevo del complotto fin dai primi c '1 .1925.. Quaglia, richiesto da me dei par» fico-lari, mi fece dei nomi come Ursella, Callegaro ed altri. Essi dovevano agiredopo compiuta la-strage del Capo del Governo, provocando del panico tra là folla, perchè, la fuga dell'attentatore foese di molto facilitata. Del Ducei egli mi ha parlato come del fiduciario di Torrigiani. Aw. Petroni: — In che punto si divisero Capello e Quaglia dopo il colloquio sul ponte Cavour? Teste: — I due, avviatisi per Lungo Tevere, non tornarono indietro, ma proseguirono verso Ponte Margherita. 10 li seguivo senza essere visto, costeggiando le aiuole che adornano il Lungo Tevere. Il Capéllo non mi conosceva, ma io lo conoscevo di vista. Terminato il colloquio, il Quaglia si distaccò dal Capello e tagliò la strada dirigendosi verso piazza Cavour. Io tornai indietro per un'altra strada, per non essere visto dal Capello e raggiunsi il Quaglia,. Avv. Petroni: — n teste dice che confò il denaro In presenza del Quaglia... Teste: — No, io solo contai 11 denaro. Il Quaglia era occupato a guardare a destra ed a sinistra per non essere scorto. A domanda dell'aw. Petroni il teste esclude di avere mai visto lettere dallo Zaniboni indirizzata al Quaglia. Avv. Petroni: — A che ora il teste vide il Quaglia il Lo novembre? Teste: — Non ricordo l'ora, ma certamente nel tardo pomerìggio. Aw. Petroni : — Fu un incontro casuale, o Quaglia venne .a cercarla? Teste: — Ero io che seguivo il Quaglia. Aw. Petroni : — Il Quaglia disse che era stato dal Capello a consegnargli il biglietto mandatogli dallo Zamboni) Teste : — Mi disse che l'indomani sa rebbè andato dal Capello ,per ritirare 11 denaro promesso da Torrigiani per facilitare il delitto. Non ricordo se il Quaglia mi disse che era stato quel giorno stesso una prima volta dal Capello. Zaniboni : — Prego domandare al teste se egli cenpsce il funzionario di P. S. Scappaticelo. t Teste-: — Sono un giornalista e sono stato quattro anni addetta, alla cronaca. Conosco quindi molti -funzionari, tra i quali il commissario Scappaticio. Zaniboni domanda di precisare alcune circostanze. Egli dice: — Siamo arrivati a Roma durante la notte. Era stato questo un mio desiderio Passammo da una porta poco guardata. Siamo arrivati poco dopo le sei ed insieme, io ed il Quaglia siamo andati a Borgo Pia Poi con la macchina siamo andati insieme in via dei Cerchi. Era festa ed il garage era chiuso. Dovemmo cercare per una mezz'ora', quindi tornammo in Borgo Pio, dove io consognai al Quaglia D biglietto/per Carpello. Dopo qualche tempo Quaglia ritornò. Io ho detto di avere ricevuto dal Capello 300 lire e poi altre 200 la sera dal Quaglia Quando venni a Roma avevo circa 300 Ore; se fossero * esatte le affermazioni del Quaglia e del teste che il Capello mi mandò mille lire, io avrei dovuto avere all'atto dell'arresto circa 600 lire mentre ne avevo 138. Debbo dichiarare che non ho mai voluto credere che il Quaglia fosse un delatore, tanto vero che appena, arrestato mi rivolsi a lui chiedendogli 300 lire da mettere sul mio conto corrente del carcere. Il Quaglia me le ha mandate. Quaglia — Qui vi è la lettera. Eccola. In cosi dire il Quaglia, che siede nel pretorlo, la mostra. Volevano»! sequestrare il Re! L'udienza viene quindi sospesa' per qualche minuto e alla ripresa depone il vice-questore comm, Iantassì, che viaggiò col Ducei da Roma a Tarvisio e nel ritorno. Io, dice, avevo ordine di scortare a titolo di tutela personale, e lo dico ad onore1 del Governo, il gran maestro Torrigiani. Il Ducei lo accompagnava come suo fiduciario. Parlando con me il Ducei mi disse- che era oppositore e che prima era stato fascista. Presidente al Docci: — Perchè lei fu espulso dal fascismo? Dùcei: — Per ragioni di disciplina. Ci avviciniamo alla fine dell'esame testimoniale. Fernando Tamburelli ebbe notizia dal Ducei del famoso piano di rivolta organizzato nel 1924 dal capitano Bellini. Come si sa, il processo istruito al riguardo Api per amnistia. Aw. Miceli Picardi: — Ma questo discorso 11 Ducei lo fece sul serio o mostrò non credere al piano di azione? Teste: — A me pare che non parlasse affatto in tono scherzoso. Il colloquio awenne sul ponte Cavour. Segue Pietro Rezzi di Pavia. Fu in rapporto col Ducei quale fascista dissidente. Egli fu incariceto dalla ■ Patria e libertà »' di organizzare a Pavia la famosa manifestazione goliardica Si trattava di mandare colà cinquemila uomini. Per questo fu chjesta al Ducei la somma di 5 mila lire. Altri uomini sarebbero venuti a Pavia da Napoli, in numero di diecimila. Bisognava sequestrare il Re e fargli proclamare lo Stato di assedio {viva ilarità). Cinquemila lire furono richieste dal Sala al Ducei a mezzo di Quaglia. 11 teste risponde quindi ad altre domande del presidente. Perchè la dimostrazione non ebbe più luogo? Teste: — Perchè io fui arrestato due ore prima. . Presidente : — Il Ducei era al corrente di tutto? Teste: — Certamente: egli era a contatto con Capello. Presidente: — Un questo movimento la massoneria aveva parte come fornitrice di denaro? Teste : — Era lei che comandava. La « Patria e libertà » era soltanto un nome. Presidente: — Il movimento era diretto contro la Monarchia? Teste: — Contro la Monarchia no, contro il Governo si. Avv. Generale — Il Ducei nell'estate del '25 ebbe a parlare di un colpo decisivo che si doveva fare? Teste: — Non ricordo la data. Aw. Generale militare: — E che cosa si intendeva per colpo decisivo? Teste: — Quando l'Aventino sarebbe rientrato nell'aula parlamentare, fuori 6ulla piazza bisognava menare le mani e provocare la rivolta per abbattere il Governo. I-Io sentito due . volte dal Capello parlare del complotto che doveva sboccare nel rovesciamento del Governo e alla instaurazione della dittatura militare. Il Capello si diceva sicuro e affermava di avere continui contatti con- personalità dell'esercito. Il generale Capello muove alcune domande al teste, alle quali questi cosi .risponde : * — Io non ho mai chiesto soldi al generale - Capello; sapevo però che. egli forniva i mezzi per il movimento. Esaurito cosi l'esame testimoniale, l'udienza è tolta alle 12,15 e rinviataai pomeriggio per la requì6ltoria dell'Avvocato Generale militare. Parla l'Avvocato Generala L'udienza viene ripresa alle 15. Un pubblico ancora più numeroso dogli altri giorni assisto dalie tribune in attesa che l'Avvocato generale pronunzi la sua requisitoria. Si notano nelle (tribune parecchie signore. Appena apéna l'udienza, l'avv. Nais fa presente al Tribunale che egli si trova in particolari condizioni di disagio nel suo banco di difensore in seguito ad un telegramma dal Friuli in cui si cen sura aspramente il fatto che egli abbia assunto la difesa del Nicolosi. Ma il presidente lo invita a rimanere al suo posto, perchè in caso contrario' sarebbe nominato d'ufficio. Riconosce d'altra parte che l'avvocato Nais ha assolto sempre al suo ufficio con coscienza obbiettività e scrupoloso senso del dovere. L'avv. Nais si dichiara soddisfatto e aderisce all'invito del presidente. Prende quindi la parola l'avvocato militare gr. uff. Noseda che così comincia : i Uccidere, o signori del Tribunale, uccidere il Presidente del Consiglio per mezzo della strage ingiusta, fare insorgere in armi gli abitanti del Regno coatro il potere dello Stato, gettando cosi nel paete nostro.la fiaccola devastatrice della rivoluzione, che a vrebbe dovuto trovare un argute in una - presunta dittatura militare, è il soggetto del procedimento penale che da giorni si trova innanzi il vostro sagace ed attento esame. Cou giusto criterio voi. Eccellentissimo Presidente, avete voluto che in questa causa, cosi grave di responsabilità, la discussione contenuta nel campo delle accuse fosse larga ed ampia, e, seguendo la mia proposta, avete ammesso la quasi totalità dei testi chiesti dalla difesa, perchè questa fosse libera nelle sue proposizioni, sicché le affermazioni di responsabilità penale che vi domanderò, la sentenza che voi pronunzierete, dopo aver sentito le forti arringhe dei difensori, ai quali mi è gradito inviare in questo moménto un deferente saluto, saranno frutto di meditato e costante sentimento di giustizia, essenzialmente ed esclusivamente sereno per tutti, doverosamente severo. « La causa che si presenta ormai matura per la vostra decisione, venne istruita completamente dall'autorità giudiziaria comune, e da questa fu devòluta al Tribunale speciale, in obbedienza alla legge sulla difesa giuridica dello Stato. Tale procedimento, allorquando si promulgò la legge, si trovava già rinviato dinanzi al giudizio della Giuria. Ai 10 cittadini giurati scelti a caso nelle liste che talvolta non danno molto affidamento e la Cui competenza a giudicare è tanto discussa cosi da proporsene da varie parti l'abolizione, foste sostituiti voi, ufficiali selezionati fra 1 migliori e più colti del ndstro Esercito e della nostra Milizia Volontaria per la S. N.; voi cittadini intelligenti, soldati del dovere e del giuramento di onore che avete prestato, ■ al' monosillabo affermativo o negativo scritto senza discussione dai giurati comuni, quale assiomatica risposta ai quesiti presidenziali, sostituite il vostro libero convincimento, che dalla camera delle deliberazioni passerà nella sentenza motivata per mezzo della quale sarà dato-| apprendere le ragioni del vostro saggio giudizio. Zaniboni e Capello o Tolte dalle dichiarazioni dello Zaniboni tutte le dissertazioni storiche e politiche con le quali volle spiegare i fatti, questi restano accertati nelle loro linee materiali. Dopò la cospirazione, sia pure contenuta o creduta di contenere in un primo tempo in un campo legalitario, subentrò nello Zaniboni ii proposito meditatamente, freddamente, meticolosamente preparato di compiere la strage, con la finalità di provocare un moto insurrezionale; e 6u dì ciò è ora pienamente confesso. « Si associa a lui, legato dal pacrus sceleris e dalla comunità degli intenti un generale d'Armata: il Capello, che conobbe la gloria dell'ascendere e le amarezze delle delusióni, fece getto, nell'insurrezione e nel concorso al tentativo omicida, del suo onore di soldato. Seguono le figure minori, poche in verità, perchè lo Zaniboni. se in un primo tempo cospirò con molte persone, poi restò, si può dire, abbandonato a sé stesso, e quasi da solo e con pochissimi osò il gravissimo fatto. D'altra parte è noto che quando la cospirazione o la sedizione non riescorio, i simpatizzanti, gli adepti si polverizzano, scompaiono, nè lasciano tracce apprezzabili ai fini della giustizia punitiva. o Le imputazioni da me formulate ripetono quelle già preparate dalla Sezione di Accusa presso la Corte di Appello di Roma. Avrei potuto modificarle, dissentendo su qualche punto minore, ma non lo feci per ossequio a quello che aveva carattere di res indicata « Sulla consistenza di questo delitto non può nascere dubbio, perchè le risultanze processuali scritte e,quelle orali hanno chiaramente messo in luce l'attività criminosa dello Zaniboni che pure ora, ripetesi è confesso. E voi ricordate le sue parole cinicamente affermative anche nei particolari del fatto, e sulla sicurezza di riuscire. Lo Zaniboni. ufficiale valoroso durante la nostra guerra, ferito al collo nel 27 marzo 1916. già deputato al Parlamento quale rappresentante del Partito socialista unitario, si appalesò fervente agitatore avversario, irreducibile a tutti i costi e con tutti i mezzi, del fascismo. Ed attraverso una lunga teoria di intese e di propaganda.-di azioni intraprese e tralasciate per mancanza di mezzi e di aiuto, arriva purtroppo infine all'estrema conseguenza costituita dall'idea della soppressione del Presidente. t I rapporti della P. S. vigile e solerte nel seguire passo passo lo svolgersi dell'attività criminosa, e che qui trovarono conferma nella deposizione degli egregi funzionari che presiedono agli organi della polizia, i documenti sequestrati, le ammissioni dello stesso '-'amboni ed in parte del Capello spiegano quanto riguarda l'ultima fase, che incomincia in epoca più prossima al delitto, e cioè nell'agosto del 1925, chiariscono come si svolsero le mene, la propaganda, le Intese di costoro e degli altri, che qui non furono chiamati o perchè le loro azioni non proseguirono dopo Q regio decreto di amnistia del 31 luglio 1925, o perchè, pure èssendo proseguite, non vi si rt'.wisarono dalla Sezione di Accusa sufficienti indìzi di reato Capello e la Massoneria « Ciò mi dispensa dall'occuparml diffusamente delle legioni garibaldine co¬ stilili».- !a Francia e delle altre, • Ital^ lmerà » e « Patria e libertà » operanti nel Regno, che costituiscono la prima fase dei fatti iniziati nell'estate del 1924. Sciolte le sezioni nei pennato 1925, succede un secondo periodo nel quale dette sezioni sono ricostituite dividendo l'Italia in zone e creando una vera e. propria organizzazione sediziosa a tipo militare, restando affidata la suprema sorveglianza e ispezione al' generale Capello, che le avrebbe pure passate in rivista replicatamente. « Il Capello passava in rivista 1 componenti le sezioni organizzate militarmente, come si rileva dalle informa' zioni della Pubblica Sicurezza in data 16 maggio 1925, con fucili e gerarchia — il fulcro vivificatore della /orza armata — armi e disciplina, assumendo il posto preminente del comandante, . del tecnico, dello stratega ; spronava gli animi, rassicurava gli incerti, in. cuorava i deboli, si metteva in prima linea posando la candidatura di dittatore militare, torte pure dell'appoggio sperato e in parte concesso dalla Massoneria, di cui era altissima rnitario, di quella Massoneria che Don si peritava di tessere subdolamente le fila della rivoluzione In Italia, nell'intento di rovesciare il Governo nazionale, impegnandosi in tale lotta con i suoi potenti mezzi. • Nè mi dilungherò su quanto emerge nel riguardi del gran maestro Domizio Torrigiani, attraverso le deposizioni del commissario Permetta e del Quaglia, perchè di tali circostanze, pienamente note, già si occupò la sentenza della Sezione di Accusa, prosciogliendolo dall'imputazione di concorso nei due delitti, di insurrezione e di tentato omicizio, per insufficienza di piy>vè. « Non può perciò cadere dubbio, per; il cospicuo materiale raccolto, che la Massoneria, soprattutto per mezzo del Capello, finanziasse più o meno largamente tutte le manifestazioni contro il Governo; nè disdegnasse di promuovere leghe, associazioni a tipo prettamente rivoluzionario o con etichetta bene 0 male simulata, e non rifuggisse dal pensiero di attuare e trarre profitto dal proposito di attentato alla vita del Capo del Governo. Dell'intimità e del legame stretto fra il Torrigiani e il Capello non può nemmeno dubitarsi un istante, ciò emergendo chiaramente dal fatti, dal verbali sequestrati, e dalla circostanza che il Capello si faceva il portavoce del Gran Maestro, e lo sostituì dorante la breve assenza Inaino al l.o novembre 1925, lo vide subito dopo av«r consegnato il denaro al Quaglia sul ponte Cavour, e poco prima di partire per Torino, tanto che esso. Capello, non potè nemmeno recarsi a casa a salutare la propria famiglia. • li Capello doveva pure ottenere molti sussitti finanziari, tanto che buona parte de) denaro che gli tu sequestrato la mattina del 4, proviene indubbiamente da assegni circolari rilasciati dal Bacchetta, il segretario della Massoneria, per quanto il Capello ne indichi una inverosimile provenienza, cioè un ufficiale a lui ignoto. Che l'ispezione di Capello apportasse speciale carattere di serietà e di importanza, lo si rileva dalla stessa lettera 8 aprile 1925, dello Zaniboni, il quale scriveva: • La tua visita quassù farà ottima impressione ». Perchè scomparsi 1 Garibaldi, quali capi agitatori, subentrava a dare fiducia il Capello che valorizzava l'operato sedizioso dello Zaniboni. L'idea dell'attentato « Però il leu matif dell'attentato, della strage, incomincia a fare la sua comparsa fin dall'aprile e maggio: l'estremista Zaniboni ne accarezza il proposito, pone il tema che sarà poi svot to più tardi con pochi aderenti, e *n questo tema intesserà la trama più precisa deinnsurrezione. Le lettere, qui riconosciute dello Zaniboni, non lasciano dubbio sugli scopi; mostrano la risolutezza dell'uomo fattivo. E cosi sì rileva dalla lettera 15 marzo 1925 che Zaniboni già attendeva ad un giro Ci ispezione che si completerà con la rivista di Capello, da quella dell'8 aprile che prosegue e Intensifica il 6uo lavoro, che non concede momento, di 60sia e che non deve concederne; e da quella del 15 aprile che • la mia gente la devo sostentare io, e cosi non la può durare », prova sicura che aveva degli affiliati e che questi costavano, preziosa confessione per lo svolgimelito delle pratiche insurrezionali che- andavano preparandosi; dì questa gente Zaniboni darà contezza più precisa nella lettera del 31 luglio, ove, con frase scultorea, scrive: « Sono venuto a fare un giro quassù (Bnia) per mettermi d'accordo con questa gente che mi sembra più seria e più capace ». « E questa gente l'aiuterà fino all'ultimo, darà i mezzi di trasporto per le numerose gite necessarie all'organlzzazsone, si troverà a Roma 11 giorno dell'attentato, dopo avere procurato l'arma omieida, e si identificherà poi nelle persone di Nicolosì, Ursella, Callegaro, Celottl e Riva, tutti di Buia. Vi è una frase nella lettera 25 giugno 1925, diretta a R. Bossi, che ha sapore profetico per il suo contenuto: c io conduco una battaglia dalla quale assai probabilmente non uscirò vivo, e 'che e di tutti i giorni, che ha bisogno'