Le arti del fuoco: iridi e gemme

Le arti del fuoco: iridi e gemme Le arti del fuoco: iridi e gemme a o o i ! a e a i a i a — , e a l n o n a n a . , o a e ? e . a a e o i i a ) - frtmpDzcSucspddipaprrhspivRpdNell'introduzione di Guido Marango ni al nuovo volume della « Enciclopedia delle moderne arti decorative » edita dalla Casa Ceschina di Milano: Ceramica-Vetri-Vetrale, abbiamo colto tuia di quelle frasi che sono capaci di fare a lungo meditare e sognare. Dopo aver detto che nel seicento la maiolica italiana seppe conservare schietta nobiltà delle forme e cromatico sfarzo, lo scrittore aggiunge che : -« senza mai rinnegare l'umiltà della propria materia, ogni fa.trl>rfba continuò ad utilizzale le argille locali poiché i modesti artigiani nostri sapevano giudiziosamente correggerle con poca silice, calcolando con acume i miscugli, le dosature, il grado di fusibilità delle terre, dei colori e degli smalti di cui rivestivano fastosamente i pezzi dopo averli accarezzati con gusto e perizia nella modellatura sul vècchio torchio amico (lo cui origini si vogliono far risalire a Dedalo) avanti di spingerle nella bocca oscura del tomo ad affrontare il grande mistero della fiamma ». Proprio così: il mistero della fiamma, la terra che si trasfigura mei fuoco, die diviene gioiello luminoso, trasparente, piacere inesprimibile dei nostri sensi, carne nuova, arcana, nella quale è fissato un incantesimo fragile de senza più mutamenti : tutto cosi affi- tdato a leggi quasi ignote, ad una feti-1 vcita di combinazioni tra la materia eIalo spirito della materia, che volentieri gdiremmo fortuna o caso — certo vi senttte attratti verso il magico scorgo Iznel quale si foggiano le ylsioni fegge- re « aeree. Tenre odorose: i bucheri, sui quali Magalotti, dal gran fiuto avido e sottile, deliziosamente dissertava, mistico dei profumi, galante filosofo delle ineffabili suggestioni; piccoli Capodimoiite, Sèvres floriti, porcellane cinesi in qualche villa settecentesca accolte all'ombra delle persiane verdi, e ipoi vetri soffiati, vetrati smaglianti... E* una féerie miracolosa. E Roberto PaiplTii a proposito di Vittorio Zecchin e delle opere sue, gracili, snelle, iridate, scriveva: « Tutte le immagini di bellezza pura che le corolle e i gemmulari e i calici dei fiori sortirono dalla natura noi le ritroviamo in questi mirabili saggi d'un arte ohe ha jitrovata 6e stessa per avere avuto il coraggio di ritornare alle origini. H fascino di certe vene d'acqua cadenti e gocciolanti noi li ritroviamo in queste lumiere dalle sagome squisitamente proporzionate nella liquida trasparenza del vetro soffiato. Certe profondità di acque stagnanti e misteriose entro caverne di roccia bruna e sotto il frascame verde della foresta o sotto il riverbero delle nuvole accese dal tramonto, certe iridi preziose di minerali usciti dall'oscurità della terra per lasciarsi inRemnia-Te dal sole... ». ti volume di cui si tratta aduna, in 146 tavole e molte altre illustrazioni, una notevole quantità di documenti, atti a chiarire ampiamente e testimoniare lo stato presente dà queste arti del fuoco in Itaiia Esso non può non coorte rare a,l rinnovamento delle nostre arti decorative, 6arà d'eccellente ausilio ai giovani artigiani e tenuto dagli studiosi in. concetto di garbata, accurata ed elegante guida II Marangonii colla sua solita disinvolta piacevolezza, commenta suggerisce, illumina. Egli vi parla dei nostri artisti decoratori, quasi sempre modesti, laboriosi, senza brama di facili successi, con simpatia calda e amichevole. Ricordiamo il povero Ferruccio Mengaroni, forse il maggior ceramista dell'arte italiana contemporanea, che alla II Biennale di Monza fu vittima di un orribile tragedia, travolto e ucciso da una pesante cassa nella quale era rinchiusa una sua Medusa, invero feroce e magnifica. Compositore aramisevole, majoMcairo di razza, egli 6eppe intonare le sue ceramiche magistralmente, e di lui si disse che « era giunto a compiere l'intima unione della propria arte con tutti i 6uoi elementi: dalla terna alilo smalto, dal colore al fuoco ». Ed ecco il gruppo degiiì abruzzesi, che si esprime con curiose caratteristiche regionali; al nome di Basilio Cascella segue quello dei figli, Tommaso, Michele, Gioachino; ed ecco 0 gruppo romano stretto intorno a Duilio Camberlotti, dall'esempio fervido e geniale. Ma come dimenticare l'insegnamento di Galileo Chini f Chini che esordi audacemente nell'Esposizione d'i Parigi del 1900, rinnovò ti successo due anni dopo a Torino, e, con i grandi pannelili a figure allegoriche modellati da Domenico Trentaco6te ed eseguiti nelle sue officine in un materiale duro, resistente all'aria aperta, Impermeabile, di severa e sobria coloritura, dimostrò, come osserva il Marangoni • quale eccellente utilizzazione la giovane architettura italiana avrebbe potuto ricavare da questa ideale materia messa a sua disposizione ». Non possiamo nominare tutti, se pur interessanti, abbiamo accennato questo o a quell'artefice un po a caso. E passiamo alle vetrate. Qui 6'affacoiano i pittori Bertini che in Lombardia tennero vivo il culto per il vetro trasflgurdto dalla pittura e dal sole, rifiutandosi ad appannare !a trasparenza delle lastre coi blatri ed i troppo carichi procedimenti a smalto: al qual proposito sarà bene citare • il giusto criterio di non accendere di colori troppo vividi » le varie composizioni affinchè non venga tolta alla luce c la ricca vibrazione naturale ». Viene poi il triumvirato Buffa-CantinottiiZucoaro, che integrò e condusse a per .fezlone i tentativi dei Bertini, offrendo . m 6aggio di vetrata squisitamente mo ll ti ll tUiimrselevtvle1fst figurativa e nella brillantissima colorazione ottenuta senza pittura swl vetro, bensì con un ingegnoso intarsio o mosaico trasparente di vetri colorati in pasta e legati in piombo a colature »• Di questo nuovo tipo alcune composizioni, come 11 trionfo dulìa Croce nella chiesa delle. « Figlie Missionarie di S. Anna » in Roma, hanno ragginHito una eccezionale altezza stilistica Ed infine salutiamo « maestro Picchio » ossia Cesare Picchiarini, che, seguendo il metodo dell'intarsio compose una Crociflssì.nns., destinata • al duomo di Orvieto, di duemila pezzetti di vetro; opera che, a. quanto si diice, incastonata sul piano, naturalmente opaco, di un tavolo, non ebbe bisogno, allorché fu posta controluce, della più piccola sostituzione. « Ma codesto miracolo par poco — «'risse un critico romano — quando, col sorgere dea sole, ha inizio l'accensione che si spegne soltanto dopo il tramonto; gM azzurri profondi dell'aito delia composizione, i viola del centro in cui quelli si risolvono e l'avana-airgenteo del corpo del Redentore, e i verdi, intensi del primo piano, incorniciati da piccoli ojX'hi madreperlacei e da piccole macchie rosse, o i o a , ai zti alorio a o ar e n». moaoa e dispiegano , una sinfonia cromatica - tijionifaler e la. purezza del filtro e la i-1 viibratil-ità è tale che il vetro diviene eIametista, smeraldi, rubini, topazi, ri gemine ». vi Ai contemporanei giunge la narrao Izìotrv del Marangoni dopo una rapida e- i, o roclne aE o lae on a il H ti enanse il l ma pittoresca corsa attraverso le più remote età e la deliziosa storia di queste arti che sanno un po' di alchimia e d'antichi sortilegi Cosi egli rievoca le «vetrerie » di Bisanzio, di Damasco e di Venezia, ove, sotto il doge Tiepolo, verso la seconda metà del secolo XIII, tutte le fabbriche di vetro, perdio divenute pericolose e,moleste, furono"!* legate nella vicina isola di Murano; e così egli si sofferma su quella divina 1nven?rione che avvio' il vetro verso tutti gli incantesimi, vegliam dire la-«soffiatura ». N'è ci fa" meraviglia che le fabbriche di maioliche e po.rceHane siano in gran parte sorte sotto il patrocinio di principi e gran signori ; da quella di Cafaggiolo fondata da Cosimo de' Medici a quella di Mbrechtbourg fondata dall'elettore di • Sassonia, da quella di T-uigi XV a Sèvres a quella del marchese Ginori a Doccia. Perchè questa trasfusione della terra nei più accesi, croccanti e fragili aliti dà sogno è davvero gusto. fantastico e principesco. ' f. be.