L'inquisizione di Torino

L'inquisizione di Torino L'inquisizione di Torino erdiamoc«n poconeavecca .Tarino, In quella modesta Tori.no che aveva pressoché la forma di un quadrilatero In omaggio alla 6ua origine romana, e le cui mura a levante toccavano Palazzo Madama, a mezzogiorno 6l stendevano rudi e pietrose là dove ora si apre via Santa Teresa, per spingersi a ponente, turrite e salde, fino alle chiese della Consolata e della Misericordia, raggiungendo infine a settentrione Porta Palatina, ricca di ricordi romani e medioevali. Imbocchiamo, ad esempio, la via die guai pere, diamo una capatina in piazza dei Duomo, là dove era la casa del parroco, e dove una volta s'ergeva una tettoia 6otto la quale soleva giocare al pallamaglio, col bel cugiino principe d'Acala, 11 cavalleresco Amedeo VII, detto il Conte Rosso; e poi, da buoni e disciplinati cittadini torinesi, avviciniamoci al palazzo civico per leggere gli editti, per ammirare il libro della catena che contiene gli statuti comunali, e magari per fremere di spavento vedendo pendere, ammonitrice e minacciosa, al basso della torre, le fune della tortura. Ma se vogliamo provare un'emozione paurosa anche maggiore, cacciamoci decisamente nel dedalo di viuzze che fiancheggia il civico palazzo, e lungo via dei Pasticceri, passando accanto alla chiesuola De curte ducis, di longobarda memoria, arriviiamo a S. Domenico: accante alla chiesa dalla gotica architettura vi è un cimitero, e una casetta' bassa bassa, sempre chiusa e sempre misteriosa, mette nei chiostri dove forse non è prudente -l'inoltrarsi : là è installato il santo tribunale della Inquisizione, e poco lontano, a portata di voce, In via dei ForncUetti, abita il boia, abilissimo nei tratti di corda, nel riscaldamento dei piedi colla fiamma viva, e nel far crescere coirli argani la statura a chi gli venga consegnato per un congruo allungamento L'Inquisizione I Quanti misteri, quanti onori I Come la parola fa pensane senz'altro alla Spagna di Filippo II e a qualche torbido inquisitore come amano descriverli i romanzieri popò lari ! Eppure la storia vera è assai più modesta e spesso anche assai più onesta dei romanzo: il meraviglioso delle terrificanti narrazioni, l'orrore delle inaudite crudeltà bisogna sovente", alla chiara luce del documenti, relegarli nell'archivio della fantasia. A Torino, per esempio, l'Inquisizione non incep . pò quasi mai la pubblica prosperità, 11 progresso delle scienze, delle lettere delle arti, e gli inquisitori lasciarono arrugginire taJora per mesi e per anni 1 brutali arnesi della tortura. Tuttavia non mancarono le macabre fantasie degli scrittori sull'argomento, specie verso la metà del secolo scorso, quando l'anticlericalismo era di moda per le necessità dell'ora che volgeva: Felice Govean, patriota e giornalista, pubblicò nel 1852, non avendolo potuto far rappresentare In seguito alla proibizione della censura, un dramma Intitolato I Valdesi, che ha per isfondo il tribunale dell'Inquisizione; la scena anzi si apre proprio col prologo nel chiostro di S. Domenico l'anno 1556, mentre infuria la persecuzione contro i valdesi, n grande inquisitore del Santo Uffizio di Torino, Tomaso Giacomelli, parla coi gesuiti Andrea Terzo, rettore della venerabile compagnia della Fede Cattolica sotto l'invocazione di S8n Paolo, e padre Leonardo Magnano. I tre combinano 11 Bolenne supplizio del valdese Glaffredo Faraglia da bruciarsi in piazza Castello davanti a tutto il popolo, e nello stesso tempo pensano ai mezzi opportuni per assicurarsi la pingue eredità del peccatore Aleramo Beccuti, signore di Borgaro e di Lracento, ultimo discendente di una delle quattro prime famiglie comunali di Torino. L'intento polemico del dramma è evidente, poiché esso mira allo scopo di fai sopprimere dal Governo la Compagnia di San Paolo. Anche il buon Pietracquà", commediografo, poeta e romanziere, volle prendersela coOTlnquistzione di Torino, e nei suo ingenuo romanzo dialettale piemontese, Don Pipeta l'Asili, tentò di tratteggiare la rude e crudele figura del grande inquisitore Padre Angelo; ma l'epoca a cui egli riferì i fatti, cioè 11 regno di Carlo Emanuele III di Savoia, non era davvero più, nella tranquilla Torino, adatta a ferocie inqulsitoriaM come le volle immaginare 11 Pietracquà. Altri romanzieri nostrani sbrigliarono" pure la loro fantasia attorno agli orrori della inquisizione torinese, ma tanto I misteri dell'Eremo, quanto Madama lìeale non hanno alcun fondamento storico e sfruttano soltanto la popolare credulità ; romanzi dimenticati cui manca purtroppo anche 11 prestigio dell'arte narrativa che tutto potrebbe far perdonare. Ma è certo ingenuo cercare la realtà storica nei romanzi o nel drammi, e gli antichi documenti possono rivelarci meglio 1 misteri, se realmente ve ne sono, della Inquisizione dd Torino. La quale intanto fu stabilita verso il 1260, non molto tempo dopo cioè la venuta di S. Domenico di Guzman in Italia. ... L'amoroso drudo Detta tede cristiana, il santo atleta, Benigno a' tuoi, ed a' nemici crudo. Fondò vari conventi domenicani nella città della penisola, dove appariva maggióre il bisogno di buone dottrine severamente diffuse; cosi, secondo il Theeauro, ohe lo afferma nella sua storia della nostra città, assai presto si stabilirono 'in Torino i domenicani agld ordini di Frate Giovanni, colonna ssìdissima della santa religione. Un certo Pere Urbain, autore di una memoria manoscritta dell'Archivio di Stato, anticipa la data al 1858. ed afferma che l'origine deffl'imqudsizione torinese lu causata dai Valdesi e dagli AJbigssi, le cui eresie mollo si erano diffuse in tutto il Piemonte Oerto è che essa funzionò sempre con molta moderazione e coU'aseistenza deaH ufficiali di giustizia, del duchi e dei re sabaudi. PreBidente del Tribunale era il Padre Inquisitore o Vicario generale del Santo Uffizio, aiutato da un altro domenicano come provicario; inoltre prendevano parte attiva al dibattimenti un consultore assistente, un awoi to fi scale, un avvocato dal rei. un notaro un protonotaro dell'ordine del Predicateai, ed inane alcuni consultori «celo risdf1ScdlfetdltminpddobmcnTdd• fra i rappresentanti di tutti gli ordini ,religiosi della città e fra le persone più notevoli del clero secolare. L'unico periodo in cui l'Inquisizione di Torino svolse una severa e forse troppo cruda opera di estirpazione delle eresie, fu quello che intercorse fra gli anni 1536 e 1563, quando la monarchia di Savoia aveva perduto peiaino la sua capitale nell'alterna tumultuosa vicenda delie invasioni francesi e spagnuole. Allora più volto fu eretto il rogo e forse le abiure furono pretese dagli ; eretici col persuasivo sussidio della i tortura; ma tornarono i duchi sabau-|di sempre solléciti del benessere deijloro sudditi, ed Emanuele Filiberto ten- tó perfino di ottenere dalla Sede Apo-| <=toilàca l'assistenza di ordinari laici nelle cause del Santo Uffizio. Bisogna perciò rinunziare a trarre dagli archivi torinesi tangibili documenti di orrori loioleschi ; e giungendo a S. Domenico, sul piccolo piazzale che sta davanti alla facciata gotica dell'antica chiesa, non è necessario, per rispetto al colore locale, rievocare complicate torture confessionali. Sulla piazzetta ei apre la bottega tranquilla di un tabaccaio, e dalla chiesa aperta alle aure di ; primavera esce un dolce canto di laudi i innalzale alla Vergine. Placidiità bona|ria e serenai No: l'Inquisizione di Tojrino non può davvero far concorrenza a quella terribile di Spaginai | LUIGI COLLINO.