La ripercussione a Parigi

La ripercussione a Parigi La ripercussione a Parigi (Servizio speciale della « Stampa ») Parigi, 4, notte. La visita del conte Bethlen all'on. Mussolini viene naturalmente assai commentata in questi circoli, ancorché i giornali si dimostrino finora parchi di giudizi. Peraltro un passo di un dispaccio dell'Agenzia Radio cristallizza lo impressioni parigine intorno ad un punto preciso. Esso dice: « Nei circoli diplomatici competenti si dichiara che il trattato in questione (cioè lo stipulando trattato italo-magiaro) la cui portata è essenzialmente pacifica, segnerà una tappa notevole nella politica di Ravvicinamento che l'Ungheria persegue verso gli Stati della Piccola Intesa ». Una pnlce nell'orecchio La frase nella sua apparenza inoffensiva solletica le orecchia francesi coma una pulce nello medesime. Da quando in qua, si dice, per mettere d'accordo un Governo qualsiasi coi Governi della Piccola Intesa è stato necessario, passare per Roma? O non è forse ammesso, riconosciuto e giù dicato che U meridiano della Piccola Intesa passa — come quell'altro — per Parigi e soltanto per Parigi? Che cosa sono queste novità?... E qui, naturalmente, anche gli spiriti più tardi non sanno fare a meno di abbandonarsi a constatazioni mo leste. Quel benedetto Gabinetto di Ro ma, cioè, tradisce coerenza e tenacia di propositi; attraverso un'apparente multiformità di intenzioni, esso persegue metodico un disegno politico che so riuscisse, non potrebbe logicamente fare altro fuorché soppiantare la Francia nella sua ancor troppo recente qualità di alta protettrice dell'Euro pa centro e sud-orientale. Magari quella di Roma fosse una politica since ramente e positivamente bellicosa 1 Ci sarebbe la riserva di provucaro contro di essa una insurrezione della coscienza europea, di metterla in quarantena e di drizzarle attorno un... cordone sa nita.rio come agli appestati. Ma nossignori, è- una politica concepita in basa a criteri analoghi a quelli cui la Francia di Versailles si ispirò nel fon dare la Piccola Intesa. Essa differisce da questi ultimi soltanto per un verso: perchè pretende sostituire al patronato di Parigi il patronato di Roma. Ma dove, trovare la formula diplomatica atta a paralizzarla senza implicitamente confessare che il movente a cui si obbedisce consiste in una gelosìa di influenze e non in un disinteressato amore della pace? Le argomentazioni del « Temps » Mentre questa formula viene industriosamente ricercata, gli spiragli aperti dal linguaggio dei giornali di alto stile sui silenzi dei circoli ufficiosi permettono di indovinare attraverso quali tappe la ricerca si svolga. Da una curiosa enumerazione contenuta nell'editoriale odierno del Temps, le garanzie su cui Parigi crede di poter fare assegnamento per controbattere l'azione diplomatica di Roma, risulterebbero distribuite come segue: « La Romania è legata troppo stretitamente alle due altro Potenze della !Piccola IutC5a percnè ia sua politica possa trovarsi modiilcata dal trattato | concluso fra Roma e Budapest. Sono ' note d'altra parto le assicurazioni for- mali date da Sofìa lin dal primo giorno del conflitto italo-jugoslavo, e in quanto alla Grecia le dichiarazioni fatte dal ministro degli Esteri Michalacopulos mostrano in modo soddisfacente che il Governo di Atene non intende prestarsi a nessuna politica avventurosa. La Grecia si sforza di migliorare le sue relazioni con la Turchia e la Bulgaria; essa ha il desiderio di intendersi con la Jugoslavia; e (per quello che concerne l'Albania è interessata quanto la Jugoslavia al mantenimento dell'indipendenza di detto Stato. La formula di Atene è uguale a quella di Belgrado: « L'Albania agli albanesi e i Balcani ai balcanici », ciò che esclude naturalmente qualsiasi prospettiva di ingerenza di una grande Potenza — quale essa sia — negli affari interni dell'Albania, e implica di fatto la garanzia necessaria per l'indipendenza di quella giovane nazione. « D'altronde, quale è la portata reale della visita che il conte Bethlen, Presidente del Consiglio di Ungheria, fa oggi a Roma? Nessuno ignora che un Ravvicinamento si delinea già da qualche tempo fra l'Italia e l'Ungheria. Si annunzia che 6i tratta in questo momento delia conclusione fra i due Paesi di uri trattato di amicizia che costituirebbe una base per prepa¬ rare, coi buoni uffici dell'Italia, reazioni più fiduciose fra l'Ungheria e le potenze della Piccola Intesa SI pò-, trebbe discutere la questione di sapere in qual modo possa essere necessario ■ per l'Ungheria di passare per Roma per riconcilflaT6l francamente con Praga, Bucarest e Belgrado. L'interesse del passo del conte Bethlen è assai Più evidente quando si tratta, per il Presidente del Consiglio ungherese, di ■ ottenere d*Ue assicurazioni affinchè un accesso al mare venga garantito al traffico ungherese per mezzo di nno sbocco sull'Adriatico. Questa è una. necessità vitale per il risollevamento e la prosperità dello Stato ungherese. Ma per il fatto 6tcsso che lo sbocco non può esistere praticamente altro che se un accordo interviene fra Belgrado e Budapest circa il transito ungherese attraverso ij territorio Jugoslavo, è ovvio che i passi compiuti dal conte bethlen a Roma non possano avere nessun aspetto politico di cui serbi, croati e sloveni abbiano ragione . di inquietarsi ». In conclusione, dovunque volga Io sguardo, a Belgrado come a Sofia, a Bucarest come a Budapest e ad Atene il Temps crede di poter calcolare su ima sufficiente resistenza agli sforzi della diplomazia italiana per imprimere 6ullo stalu quo dell'Europa cefi- ' tro e 6ud-orientale il suggello di un orientamento più consono con gli In- ■ terese! della penisola. Belgrado e Bucarest L'esposizione che precede potrebbe giustificare noi lettore non smaliziato la conclusione che, così stando le cose, non si vede proprio su quali basi riposino gli allarmi gettati da certi circoli francesi ad ogni minimo gesto della diplomazia italiana. Ma il carattere gratuito delDe garanzie elencato dall'organo repubblicano è troppo evidente perchè l'opinione non abbia a limitarsi a concluderne che esse traducono più che altro 1 punti di mira di Parigi e i suoi principali argomenti di preoccupazione. Del resto, piuttosto che disperdersi attraverso l'intera massa delle possibili- . là diplomatiche del momento, l'attenzione della Francia tende a concenti-arsi sulla crisi del gabinetto Uzunovic, in gestazione a Belgrado, e sul'e prospettive aperto a Bucarest dalia malattia di re Ferdinando. In quanto alla prima, i pronostici sono finora riservatìssàmi, nessuno osando azzardare previsioni sulla piega che i rapporti italo-jugoslavi potrebbero prenderà in seguito all'andata di Radic al Go~. verno. Circa le seconde, l'opinione prevalente è che la Romania riuscirà ad evitare le incognite di un colpo di .Stato e che la politica di Averescu non. subirà modificazioni importanti. Scrive Pertinax sull'Edio de Paris: € I Bratianu, soli sopravviventi delia generazione che ha fondato la Romania moderna, tigli di quei Demetrio Bratianu che nel 1666 fu il principale consigliere del principe Carlo di Hohenzollern Sigmaringen, continueranno direttamente o indirettamente ad esercitare una influenza preponderante Uno all'avvento del principe Michele. 11 Patriarca e il presidente della Corte di Cassazione sono infatti considerati loro amici. Non è da meravigliarsi che una tale decisione abbia suscitato molto malcontento fra gli avversari dei vecchi mmistri, fra coloro che in passato soffrirono delia loro energia e dei loro metodi talvolta brutali. Se il generale Averescu, attuai- < mente Primo Ministro, si fosse lasciato travolgere da questo varie correnti, una viva controversia dinastica e politica non sarebbe stata probabilmente risparmiata ai paese. Ma il generale.. che non dispone in Parlamento che di un partito poco numeroso e conserva le sue funzioni per grazia dei Bratianu, ha finito per dichiarare — in seguito a loro istanza — che l'atto del 4 gennaio 1926 era intangibile. Da ciò il suo atteggiamento energico. Tutti i sintomi annunziano che la maggioranza del popolo lo ratificherà. Uno ■ statista romeno ci diceva, nei-dicembre scorso: — Ad ogni modo non vi saranno dissensi perchè tutti gli interessati — compreso il principe Carlo — sono decisi a volere la concordia ». Almeno su questo punto, insomma, anche in Francia c'è chi implicitamente ammette che il lavoro diplomatico di Roma non sia minacciato di sterilità. Auguriamoci che anche la soluzione della probabile crisi jugoslava temperi i vari punti ambigui dello scetticismo parigino sulla fertilità della politica di palazzo Chigi. C. P.

Persone citate: Carlo, Hohenzollern, Mussolini, Patriarca, Radic