Il grave ferimento dell'uomo tatuato

Il grave ferimento dell'uomo tatuato Furibonda rissa a colpi di rivoltella e di coltello Il grave ferimento dell'uomo tatuato — e i Una telefonata pervenuta ieri sera in Questura avvertiva di un fatto di sangue avvenuto verso le 18 all'angolo di via Consolata e corso Bogina Margherita. La telefonata proveniva dall'Ufficio delle guardie municipali della Caserma delle Fontane, dove un giovane, ferito da una coltellata al braccio sinistro, era stato medicato. Costui — il carrettiere Roberta Boglione, di 24 anni, abitante in via Villar 36 — ha fatto, alla Caserma delle Fontane, il racconto del fatto di cui era stato piotagonista. Secondo il suo racconto, egli si trO' vava a passare all'angolo di via Consolata e corso Begina Margherita, con un amico, certo Nino, quando si incontrarono con tre individui a lui sconosciuti ma conosciuti dal Nino. Infatti uno dei tre chiamò il Nino, che si avvicinò ai tre. Fra il suo amico e'gli altri si accese tosto una disputa, che degenerò nelle vie di fatto. Visto il suo amico in pericolo di buscarle, il Boglione si intromise, ma malo glie ne incolse perchè — sempre secondo il suo racconto — non tardò a ricevere, da uno degli sconosciuti una coltellata al braccio sinistro. Allora egli immediatamente troncò la partita, e si diede a fuggire per il corso e attraverso la piazza Emanuele Filiberto, verso la Caserma delle Fontane, dove venne accompagnato da una guardia civica incontrata nella sua corsa. Mentre fuggiva, egli udì alle sue spalle un colpo di rivoltella, ma non si voltò nemmeno a guardare... Il Boglione, medicato dal sanitario di servizio alla Caserma dello Fontane, venne giudicato guaribile in dodici giorni. «Mario il tatuato» Il fatto aveva avuto effettivamente un seguito, rappresentato precisamente dal colpo di rivoltella cui il Boglione ha accennato. All'angolo di via Consolata e corso Begina Margherita un uomo era caduto, che non era il Nino, l'amico del Boglione, c che evidentemente doveva essere uno del gruppo che aveva fermato lo stesso Nino e quistionato con lui. Anzi, con ogni probabilità egli doveva essere stato colpito dal Nino. 'L'indagine, corno vedremo meglio in seguito, non ha chiarito meglio questo punto: ma la supposizione ha tutto l'aspetto della realtà. L'uomo caduto ferito venne soccorso, mentre gli altri rissanti si davano lestamente alla fuga, e trasportato con automobili pubblica all'Astanteria Martini. Egli venne in seguito identificato per Valerio Somale, detto « Mario il tatuato », di circa trent'anni. 1 sanitari gli riscontrarono una ferita d'arma da fuoco all'addome, penetrante in cavità. Venne giudicata necessaria la laparatomia, e l'operazione fu eseguita d'urgenza dai dottori Cavalli, Porzio c Gasparìni. Essi constatarono che il proiettile aveva, nel suo percorso, perforato lo stomaco, ma non fu possibile rintracciarlo, perchè, date le condizioni del ferito, che non tolleravano un'ulteriore cloroformizzazione, l'ope razione dovette essere troncata. Il Somale venne in seguito ricoverato e giudicato in pericolo di vita. Denudato il ferito, appare chiaramente il perchè del nomìgnolo « Mario il tatuato ». Tutto, si può dire, il corpo del Somale, dal collo ai piedi, è ricoperto di tatuaggi; tatuaggi che, alla loro maniera, 'rappresentano dei capolavori, essendo disegnati con cura minuziosa ed anche a diversi colori. Essi raffigurano disegni e persone, e — secondo l'uso della malavita — rappresentano scene di una immoralità e di un libertinaggio spinti fino all'incredibile. Tra questi sconci tatuaggi, uno, in un piede, rappresenta i simboli del comunismo: falce e martello. Bisulta che il Somale è già stato condannato. All'ospedale Martini, in seguito alla telefonata di cui abbiamo parlato, si recò il commissario aggiunto . dottor Angelucci, seguito dal sostituto procuratore del Be cav. Buscaglino, dal giudice istruttore avv. Caroli Ceva e da un cancelliere. Impossibile fu, date le sue condizioni, interrogare il ferito. Ma all'Astanteria Martini era stato condotto uno dei protagonisti del fatto, e precisamente il Boglione, nonché, come più sotto vedremo, un testimone della drbepodatocosapesedesil'atrortamInasaIlUtenprvatevosotoe vochqubinmfaqervfienilastcemnnmMpndcqiicnsragscstcqdsauseTdnupdCgrsgctrdzzinteBSbs1iadrpt drammatica scena; c questi due, sebbene con scarsi risultati, vennero sottoposti ad interrogatorio. Uno che... non vide Il Boglione, interrogato a sua volta dal cav. Buscaglino e dal giudice istruttore avv. Caron-Ceva, alla presenza del commissario, ha detto : « lo avevo passata la giornata col Nino ed avevamo peregrinato in diverse osterie. A sera ci eravamo avviati verso il contro della città e posso asserire con precisione che allo 18,30 ci trovammo all'angolo di via Consolata dove incontrammo i tre sconosciuti. Se essi lo orano per me non dovevano essere tali per il Nino, poiché essi lo chiamarono e si misero a parlare con lui. In breve la conversazione divenne un alterco ed io temendo che l'uimico fossa per averne la peggio, mi avvicinai. Il mio intervento riusci poco gradito. Uno di quei forsennati, tratto un coltello mi sferrò un colpo al braccio sinistro prima che fossi riuscito a comprendere il pericolo che mi minacciava. Temendo di peggio e tutto dolorante non pensai che a mettermi in salvo e presi la fuga. Mentre correvo verso Porta Palazzo udii però una detonazione. Chi avesse sparato non so e in quel momento non avevo alcuna volontà di accertarmene. Non avevo che un pensiero, mettere fra me e quella gente il maggior spazio possibile. Giunsi trafelato in piazza Emanuale Filiberto ed alla prima guardia municipale che incontrai raccontai il fatto ». Questa deposizione del Boglione, il quale veniva a stabilire che il Nino era sempre stato con lui, che non l'aveva abbandonato un solo momento e fissava le 18,30 come l'ora nella quale entrambi si erano trovati a passare per il corso Begina Margherita di fronte al Manicomio, è in antitesi con la testimonianza resa da un altro operaio, certo Tabbia. Il commissario Angelucci, nelle prime indagini svolto, aveva messo le ma ni su questo Tabbia, il quale era stato nel pomeriggio di ieri, insieme al Somale, in una latteria di corso Begina Margherita. Egli certamente avrebbe potuto sapere qualche cosa della rissa nella quale il Somale era slato colpito da una rivoltellata. Il Tabbia raccontò che verso le 17 (e cioè ih un'ora nella quale il Boglione assicura che egli ed ii Nino si trovavano molto lontani da corso Bogina Margherita) egli stava nella latteria posta nella parte oppo sta del viale, e cioè di fronte al mu retto elio limita il Manicomio insieme al Somale. Costui proprio a quell'ora gli disse guardando attraverso i vetri sul corso: «Vedi, quello è il Nino con il quale ebbi in passato una questione. Ora però siamo amici » — concluse. Ed il Tabbia asserisce che dopo quell'accenno il Somale non parlò più del Nino ed invece il discorso cadde sopra argomenti generici. Solamente alle 18,30, ad un tratto, senza dirgli una parola, dopo aver gettato uno sguardo sul corso, il Somale si alzò e a tutta corsa attraversò il viale. 11 Tabbia dapprima sorpreso, non riuscendo a capacitarsi della cosa, rimase nel negozio, ma ad un tratto'avendo udita una detonazione, preso da un sinistro presentimento, segui la via percorsa dal Sòmale e giunto sull'angolo di via Consolata lo trovò ferito che si appoggiava al ir uro per non cadere. Dei feritori egli non vide ombra. Costoro, a suo- giudizio, erano a quell'ora in fuga e lontani da quella zona. Tanto il carrettiere Boglione, benché ferito, quanto il Tabbia vennero trattenuti a disposizione dell'autorità dovendo essere chiarite le sconcordanze che esistono nelle loro due deposizioni. Se il Nino alle ore 17 si trovava in un'osteria con il Boglione, non poteva evidentemente passare per corso Begina Margherita ed essere visto dal Somale; d'altra parte, secondo il Tabbia, il Somale sarebbe corso solo verso l'angolo di via Consolata alle ore 18,30, quando successe il fatto mentre il Boglione assicura che furono in tre a fermare il Nino. Se il ferito riuscirà a parlare, forse da lui sarà possibile conoscere la verità; diclamo forse, perchè è anche possibile che per omertà l'uomo tattuato non denunci il suo feritore. cc■uzc<vipbglAigddz