La complicata vicenda dell'uomo conteso

La complicata vicenda dell'uomo conteso La complicata vicenda dell'uomo conteso Nuove prove a carico del Bruneri Un manoscritto di carattere politico Si riparla del randagio misterióso Prossima ripresa di confronti % Collegno riposo, il ricoverato è rimasto tranquillo a diletterei nella lettura della sua inseparabile Divina Commedia ed a rimettersi dalle emozioni che 1 testi sia che lo riconoscano per Giulio Canella, sia che lo identlflcliino per Mario Bruneri. non mancano mai di procurargli nei giorni di confronto. Riposo a Collegno non vuol dire un arresto nel lavoro dei m-e-gt6tratd. Essi raccolgono, ordinano, classificano documenti su documenti, ed il dossier riguardante l'uomo di Collegno assume proporzioni allarmantiLa nostra Questura ha ricevuto dall'Ufficio di Polizia scieiitiilca di Roma un fascicolo corredato di numerose riproduzioni fotografiche dimostranti tutte le evidenti differenze fisionomiche eba esistono tra l'uomo di Collegno ed il prof. Giulio Omelia (del quale la famiglia ha fornito fotografie; e la perfetta identità invece fra lo sconosciuto e Mario Bruneri. Le impronte digitali del Bruneri, rilevate dal registro del carcere e quelle dello sconosciuto, ingrandite entrambe di 20 o 30 volte, oltreché apparire uguali nei caratteri generali lo sono pure nei dettagli, interruzioni 'di linee, ecc. Il tutto e indicato con punti, frecce colorate ed ampiamente spiegato e documentato da una relazione scritta, il tutto opera del commissàrio capo cav. Sorrentino. DI speciale Interesse risulta pure 11 confronto fatto tra le due orecchie sinistre: la prima rilevata da una fotografia tornita dalla famiglia CaneUa, la seconda rilevata direttamente dallo sconosciuto. Sono minutamente spiegate'tutte le diversità di forma, commentate ed illustrate' In modo da risultare evidentissima e chiarissima la conclusione tratta dal Gabinetto scientìfico e cioè che le due orecchie appartengo no a due distinti individui. La Polizia, fin dai primi giorni delle ricerche per identificare il Bruneri, aveva Interessarlo le Questure di Genova e di Milano perchè venissero fatte indagini in quelle città dove il Bruneri aveva -vissuto sia col nome di La Pegna che quello di Mighetti. Tali ri. cerche dovevano pure servire a controllare le deposizioni della Ghidini, li quale, interrogata dal vice-questore cav. uff. Palma, capo della Polizia giudiziaria, e dal commissario dottor Kinucci, aveva ampliamente narrata, corredandola con particolari, la vita da lei condotta sia a Genova che a Milano in unione al suo amante. Il controllo alla deposizione Gnidi ni è ormai superfluo poiché la magi stratura avendo già interrogati e messi a oonitronto coi ricoverato di collegno 1 coniugi Ehner e la signora Giuli ;i Albertazzi, entrambi di. Genova, e il sacerdote Don Luigi Re, ha già controllato ohe tutto quanto disse la Ghidini è le pura verità. Epistili di Binavi • Milano Tuttavia le Questure di Genova e di Muano hanno inviato regolari rapporti del loro ore rato a quella di Torino e da essi viene in luce qualche notizia supplementare di non lieve importanza. Si apprende ad esempio che nel 1924 si presentarono alla tipografia dei Fratelli ~Vaser-Lang i coniugi La Pegna. L'uomo domandò un preventivo per la stampa dalla rivista La campana della Superba, preventivo che venne), compilato In lire 4090 per numero, ma i fratelli Vaser-Lang, prima di accingersi a comporre 1 manoscritti portati dal La Pegna, domandarono a lui quali referenze poteva dare di se. L'uomo indicò di colonnello Ganascino, commissario capo dell'Ufficio Leva, il maestro compositore Ulisse Trovati ed il rag. Alfredo De Simone. Le persone interrogate diedero favorevoli informazioni del La Pegna, il quale però pagò regolarmente il primo numero e dopo l'insuccesso non volle, o per meglio dire, non potè per mancanza di mezzi iniziare il secondo. Era nota la circostanza che la rivi sta venne stampata dalla tipografia Vaser-Lang, ma non si conosceva 11 fatto che tre onorabilissime persone avevano garantito per 11 falso La Pegno. Come era riuscito il Bruneri ad ingannare la loro buona fede? Un tipografo dei Vaser-Lang, certo Milanesi, che per ragioni di lavoro frequentò il La Pegna, dichiarò che con sua mera, viglia aveva notato come questo scrittore fosse praticissimo di tipografia. Egli disse Inoltre che aveva notato in lui uno spiccato accento piemontese. Il La Pegna ai lamentava in quel tempo di soffrire di cardiopalmo. Queste le Informazioni di GenovaQuelle di Milano sono ancor più interessanti. E' stata interrogata la signora Francesca Scagnoiari, abitante in via Bustacchi, 52, la quale alloggiò J sedicenti coniugi Mighetti. Essi versa vano In pessime condizioni, l'uomo scriveva sempre, ma la signora Scagnoiari non sapeva cosa gii fruttasse quel lavoro. Il portinaio dello stabile, Giovanni vignola, informatosi sulla condizione sociale di quell'individuo, teppe che aveva lavorato da tipografe ma che in quel tempo era disoccupato.il signor Giuseppe Gattino, abitante in via San Gregorio, i, assunse in servizio come domestica la Ghidini. Essa vi rimase venti giorni. Raccontò che veniva da Genove coi marito, il quale uve va avuto un insuccesso pubblicando una rivista letteraria (si trattava della i ampana). La Ghidini chiedeva troppo spesso ore di permesso per andare a vedere il marito, ciò che comprometteva0. servizio. Il signor Gattino non ebbe però modo di... licenziarla poiché la donna avendo un giorno domandate ed ottenute 75 lire In anticipo per fornire di mezzi 11 marito che doveva partire, si allontanò con quelle e non si fece più vedere La Polizia milanese, seguendo 11 pellegrinaggio del due, trovò la successiva loro dimora, dal dicembre 1925 al trennaio 1926, in casa del signor Federico panfili, in via Marco Polo, 7. il iimmmJo Mighetti offri un giorno in garanzia, per una somma di denaro, uno di due manoscritti, che egli aveva portato con sè, e cioè il più piccolo del «male egli garantiva il valore letterario. Il padrone di casa, impietosito del suo stato, gli trovò un'occupazione in una tipografia di via Cramer, dove guadagnava 20 lire al giorno. Ma il nostro uomo vi rimase pochissimo tempo. Egli trovava quel lavoro umi] tante per un uomo della 6ua levatura Una mattina 1 due coniugi filarono all l'Inglese, e scomparendo ebbero la. delicatezza di portare con loro, a titolo di ricordo, la coperta da letto. Il manoscritto num, 2 Al signor Panfili rimase, in comperi, so. il manoscritto che la Polizia di Milano, dopo aver sequestrato, ha rimesso a quella di Torino. Si tratta di trentacinque pagine, sulle quali l'autore sparla del Regime-fascista e spinge la folla all'odio di classe. VI è insomma spiegato un programma perfettamente bloscevico. La cosa non deve stupire. Il Mario Bruneri è stato prima di tutto un organizzatore sodaliMa: la filosofia e la relipion'e si sono innestate dopo. Dio sa come, sulle sue teorie marxiste e ne 6 venuto fuori quel « caos » che f> l'uomo di Collegno. II signor Panfili conservava dell'ingrato ospi'e due lettere e il manoscritto, che ieri il commissario cav. Maiella. dell'Ufficio di Porta Venezia, ha ritirato. SI tratta di due biglietti scritti e lapis al signor Panfili, per domandargli nel pruno, Metto, e nel secondo un prestito in denaro, offrendo come garanzia indumenti e il manoscritto di una sua opera filosofica. I due biglietti non hanno che un valore grafologico. Il manoscritto presenta invece interesse psicologico. Sembra trattarsi del testo di un opuscolo, o di un articolo per rivista, intitolato, nientedimeno, che: « Spigolature critiche — ovvero — Cultura, industria e commercio attraverso cinquant'anni di vita •. E' scritto, parie a penna e parte in matita, con diverse correzioni, ed incomincia con la frase di D'Azeglio: L'Italia 6 fatta: bisogna fare gli italiani ». Lo sproloquio, infiorato di altre frequenti citazioni, vorrebbe essere un esame critico dei sistemi economici moderni e contemporanei, e termina con l'aperta condanna del capitalismo e con uno sfogo contro la borghesia. Litta».. tintlmintili Fu Inoltre trovata anche la seguente lettera dal Bruneri inviata alla Ghidini: « Milla mia carissima e sempre amata Milla. Ti scrivo sotto l'impressione di .un cocente dolore: quello di non più sentirmi quell'affetto che mi noiir fortava tanto e che mi faceva affrontare la vita. Sento che tu non sei più quella di qualche tempo fa. Sento che in te non vi è più quel sacro ed elevato affetto che ti faceva affrontare con me dolori e gioie. Troppe cose che non posso qui esprimere mi hanno cosi afflitto. Sento che tu ormai hai delle altre mire, delle altre vedute che non sono più le mie. Sento che 6ono più nulla, o quasi, per te; che non sono considerato ed ascoltato. Preferisci ascoltare consigli che nulla hanno a che fare col nostro tenero e disinteressato amore. Lascia che ti dica: non ti riconosco più. In questo momento sta per decidersi del mio sostegno; eia di casa che di Vallardi; non so ancora ciò che sarà. Una cosa però sento; che sconfortato e solo nel mio immenso dolore non più allietato da quel soffio di poesia che tu mi arrecavi, io non avrò in ogni modo la forza per affrontare la vita; se poi le cose non appro deranno in bene, sento ancora che assolutamente non vi è più scampo, e oltre a ciò dovrò venire abbandonato da tutti senza nemmeno più il tuo amore. Io non posso forzare ciò che tu' hai nella tua testolina, poiché mi trovo privo di ogni mezzo. Certo che mi credevo ancora di essere qualche cosa e di poterti consigliare. Segui la via che vuoi. Io dubito quale essa sia, ti lascio libera di scegliere o una vita di sacrificio a me unita da quell'affetto che mi hai dato con il quale io' posso affrontare ogni cosa con la speranza di procurarti presto un po' di pace, oppure l'altra che credi. Se vuoi esser mia, solo mia, eccomi pronto; se hai delle altre vedute lo non ti posso seguire. Preferisco la morte piuttosto di scendere a ciò. Ti prego di rispondermi chiaramente senza alcuna ritenutezza. Se ti senti ancora l'amore che lo pretendo: avanti! Se credi invece di seguire un'altra via e procurarti una maniera di esistenza facendo scempio della tua persona e comodo da 60la, dimmelo chiaro e tondo, che io avrò la forza di lasciarti libera per sempre. « Con immutato amore bacio infinitamente. Spero ancora. Dio terrà calcolo di ciò che deciderai ». « Tuo Mario • U Pigni-MIghirH-Brnnirl Un'altra interessante testimonianza la Questura di Milano ha raccolto dalla signora Angela Scarpa maritata Levi, abitante in via Boscovick 7. La signora Levi aveva essunto a servizio la Ghidini — come già si ebbe occasione di dire — perchè raccomandatale dalle Suore di Porte Magenta. Nel primo giorno che usci per far le spese rimase fuori quasi tre ore. Rimproverata, la donna rispose che ei era fermata col marito disoccupato, ed anzi chiese alla padrona dieci lire perchè egli potesse quel giorno mangiare. Il giorno seguente la Ghidini presentò 11 sedicente marito il quale pregò a mani giunte che volessero interessarsi di lui, cercandogli un'occupazione. Anche alla signora Levi ed al marito di lei, egli raccontò l'Insuccesso letterario di Genova, ed a prova della verità di quanto diceva, mostrò un pacco di riviste della Campana della Superba, aggiungendo: Firmavo con il mio nome d'arte: Lo Pegna, ma mi chiamo Mighetti. Il signor Levi, Impietosito da tanta miseria, lo raccomandò alla tipografia Zingales in via Gian Giacomo Moro 20, ma. come al solito, l'uomo vi rimase pochissimo. Nel frattempo egli però aveva raccontato alla signora come non fosse il marito della Ghidini, perchè viveva separato dalla moglie. Un glorno le mostrò il ritratto di un suo bimbo e le disse che si chiamava peppino. Il Bruner!, con le sue fanfaluche, parlando delle sue sorelle, del fratello e della madre che abitavano a Torino in via Milano 18, tanto disse e tanto fece che indusse la signora Levi a recarsi dai Bruner! a chiedere un aiuto finanziario che, a giudizio di lui, sarebbe stato spontaneo. Naturalmente, il suo nome di Mario Bruneri egli non lo fece alla signora Levi, se non quando essa 6tava per prendere 11 treno. Giustificò il suo falso nome con la storiella di certe persecuzioni di indole finanziaria. La signora Levi, abboccatasi con la sorella del Bruneri in presenza della madre che era iti letto perchè malata, ebbe da loro tali informazioni tanto dell'uomo quanto della donna che ella, in perfetta buona fede era venuta a raccomandare, che, non appena ritornata a Milano, senza por tempo in mezzo, buttò fuori di casa tanto il Bruner! quanto la Ghidini e non volle più sentir parlare di loro. Ancora il randagio Mentre veniva in luce tutto questo (materiale che indubbiamente peggiora la situazione del ricoverato di Collegno, la signora CaneUa veniva informata che il commerciante siciliano signor Fumò — del quale abbiamo già parlato — aveva riconosciuto nelle fotografie del ricoverato di Collegno il personaggio pirandelliano che nel marzo dello scorso anno, nel pressi'del cimitero, gli aveva rivolta auella strana domanda : ' . Mi aiuti a ritrovare la mia famiglia poiché io non eo più oh! io mi sia ■■>. A corroborare la deposizione del signor Furnò si è pure presentato l'operalo Gaetano Matteuzzi, addetto- alle Ferriere di Chlvaeso, toscano, che fu soldato nel 1915 al deposito del 7B.o fanteria a Verona dove pure era in forza il tenente Giulio Canella. In seguito il Matteuzzi venne dislocato in qualità di cuoco ad una mensa ufficiali e anche 11 vide bene spesso il tenente Canella il quale, benché pranzasse in famiglia, andava sempre al Circolo a?rendere 11 caffè ed a conversare con suol camerati. Inviato sull'altopiano di Asiago vi trovò nuovamente il Canella ed ebbe cosi campo di avvicinarlo. Per tutte queste circostanze, unitamente al fatto che il tenente era molto alla mano con i soldati e da loro assai ben voluto, tanto che lo chiamavano famigliarmelite il sor Giulio, 11 Matteuzzi aveva ben potuto imprimerai nella mente la nsoiicmia del suo superiore. a Finita la guerra, dopo di essere stato a lavorare in diverse città, il Matteuzzi venne a Torino. Nel febbraio del 19-26, passando nei pressi dell'antico stabilimento Farina in prossimità del Cimitero, egli vide, saduto sul ciglio della 6trada, uno sconosciuto, daiil'a6petto distinto, intento a maaigiare una brodaglia che teneva in una gavetta. La flsonomla di quell'uomo colpi vivamente l'operalo : « Se non fosse che costui appare molto più vecchio — disse fra se — giurerei che è il mio antico tenente: il sior Giulio*. Vedendolo però in quello stato, ritenne senz'altro di essere vittima di una rassomiglianza; tuttavia non potè allontanarsi senza prima avergli parlato. Si avvicinò e. gli chiese come si chiamasse, ma l'altro gli rispose che non sapeva il suo nome. Ebbe l'impressione che quell'uomo non fosse in possesso di tutte le 6ue facoltà e poiché comprendeva che il poveretto aveva bisogno dt aiuto e non sapeva a chi rivolgersi, lo accompagnò fin sul ponte della Gran Madre di Dio e gli indicò il convento dei Cappuccini dicendogli che i frati davano a tutti i poveri un pane ed una scodella di minestra. Egli si fermò ancora a guardarlo mentre il mendicante attraversava il ponte col suo passo stanco ed incerto, pensando a quella strana rassomiglianza che gli aveva fatto rioordare sotto i laceri cenci di un povero il suo tenente di Verona, poi se ne andò. L'operaio non legge giornali, quindi egli nulla apprese di quanto era 6tato pubblicato fin qui sulle strane vicende del ricoverato di Collegno, ma solamente ora, sentendo discuterne da compagni ai lavoro, ricordando l'incontro fatto ne] febbraio 1926, si senti in dovere di mettersi a disposizione dell'Autorità, Per venir messo a confronto ceei il ricoverato e poter dire se è lo stesso che egli vide nel pressi de] Cimitero ed il cui viso gli ricordò quello del tenente Giulio Canella Con» è noto il misterioso randagio ni veduto anche al Parco del Valentino e fu soccorso dal proprietari della « Latteria Svizzera ». Un perito calligrafo, fl prof. Cesare Negri, della Scuola complementare Michelangelo Buonarroti di Roma, perito iscritto al Tribunale della capitale, ha anviatp una lettera alla signora Giulia Canella per comunicairle i risultati del. , indagini da lui fatte su documenti e lettere tanto dei prof. Giulio Canella quando dello sconosciuto di Collegno Ecco le sue conclusioni: « Individuata la parola mezzi in entrambi gli scritti osservo che le z sono identiche, cioè costantemente aformi e discendenti. Ingrandita la parola sua in una lettera di Canella e confrontata con la parola sciolto scritta dallo eoo. noeciuto, si trova la stessa identità nella S maiuscola ». Uguale conformità il perito ha trovato nella g, il quale conclude che l'indizio di identità grafica è di grande- importanza, poiché rivela che nonostante rinfarmità mentale patita dallo sconosciuto, vi è persistenza del1 antica grafia. Poiché le due scritture all'esame risultano istintive, deve per altro escludersi in modo assoluto ogni simulazione. Li «tati dal aura9 Questa perizia grafica data en amateur dal prof. Negri, non può naturalmente avere alcuna importanza per la autorità, la quale attende invece la perizia ufficiale che debbano compilare i periti nominati dai magistrati inquirenti. Il fenomeno più caratteristico che accompagna,questo lento sviluppo del1 affare CaneUa-Brunerl, è la valanga di lettere e telegrammi, che un numero vastissimo di illusi, buontemponi, monomani ed anche, diciamolo pure, di sentimentali o passionali in buona fede, riversa sui tavoli della Procura del Re o nello studio del patrono della signora Canella, Questa folla.di anonimi (si tratta quasi sempre di gente che ama rimanere nell'incognito) non lascia neppure in pace la figura piùnobile di questa romanzesca vicenda, e scrive alla signora Canella — indirizzando presso i suoi avvocati, al manicomio od anche ccel, semplicemente « Signora canella, Torino » — per rivelarle -fatti e circostanze che praticamente avrebbero soltanto la possibilità di complicare senza alcun frutto le cose. C'è, tuttavia, a fianco di costoro ohe pretendono di portare un contributo ajla risoluzione dell'appassionante vicenda, rivelando fatti insussistenti o suggerendo ipotesi invercelrnili, una schiera di persone semplici e buone, che scrivono alla signora per «attestarle la loro solidarietà in questa battaglia ». © per • significarle che condividono la sua tesi, la tesi del cuore ». Si tratta in questo caso di signora signorine, talvolta anche di semplici popolane, 1 cui messaggi sono riboccanti di sentimento e pieni di delicate espressioni. Talun} di questi messaggi hanno perfino un tono di imperiosa esortazione: una persona ha telegrafato alla signora Canella in questi termini tacitiani, quasi a rao* di comandamento: « Tenga duro ». Un... comandamento superfluo per la signora Canella: la sua persuasione, assoluta, incrollabile, fondata su quei molti elementi morali, psicologici, ohe abbiamo altra volta eoencati, non la fa indietreggiare d'un passo in questa dolorosa vie che essa percorre e che la deve portare — essa afferma — al riconoscimento ed al trionfo della sua tesi. Spirita... di cirllvo gatto Di tono e di intento vario sono invece le lettere che la posta recapita incessantemente al Procuratore del Re: tre buontemponi, da tre città diverse, hanno scritto firmandosi « Mario Bruneri ». Se le Indagini non fossero nello stadio avanzato in cui 6ono, il magistrato, leggendole, avrebbe dato un. sobbalzo. Da altre città scrivono invece caHlgrafi e grafologbi chiedendo di essere Incaricati .per gli esami peritali: richieste vane: a Torino esistono ancora calligrafi capaci di compiere con competenza e con scrupolo gli esami peritali... Altre persone invece — talune delle quali, per essere 6icure di non tradirsi, si... raccomandano alla macchina da scrivere — danno consigli od esprimono la loro meraviglia perchè gli accertamenti vengano ancora proseguiti, rendendo cosi più penosa 1 angoscia della signora Canella alla quale (lo scrivente in questo caso è un canellista convinto) l'uomo di Collegno dovrà ben essere restituito. ♦„Nt, di qualche altro scriven¬ te, il dubbio che lievita tutta questa vicenda, è invece forte, insanabile e !352&!S?4inL*: ÌS?étoeo «sconsigliano j m,?£i?tlvin a coltivare le indagini e ad insistere negli accertamenti: 'fatica va?aI P"101-0 la risoluzione dell'affare Can&la-Briineri dovrà venire per altra via: Taglino una ciocca di capelli al ricoverato di Collegno e la consegnino v 1^.ilndov"?an'«"- E 0.UÌ l'anonimo dà 1 indirizzo dell'indovina che ha già re60 segnalati servizi e che potrà essere utile anche in questo ceso, ai fln.1 della giustizia. Un altro monomane o raattac chione (a piacere) richiama invece l'attenzione dei magistrati sulle prodigiose soluzioni che possono venire fra le più intricate ed inestricabili vicende, dall'uscita per determinate ruote- di de¬ terminate combinazioni di numeri: ed è perciò che l'anonimo In questione (il quale assicura che 6i rivelerà in seguito) consiglia a richiedere una combinazione di numeri al ricoverato. Se questi numeri — dopo il verificarsi di qualche altra condizione e dopo avere osservato qualche altra formalità — compariranno nella estrazione di Palermo, il mistero verrà risolto. Sfoghi di passionali o elucubrazioni di pazzoidi, che non accennano però a subire un E per'finire la serie ecco l'ultima proposta di un... bell'umore: «Si imbottisca — dice l'anonimo — una poltrona con spilli e si inviti l'uomo dal nome contestato a sédervisi. Egli non immaginando lo... scherzo si lascierà cadere 6ulla poltrona e sentendosi bucare non potrà trattenere una esclamazione, e questa volta senza possibilità di finzioni: 6e dirà oslregheta e allora con sicurezza senza altri esami si potrà dire che quegli è CaneUa, ma se invece esclamerà... crlbió, allora 6i potranno chiamare gli agenti perchè quegli è Bruner! senz'altro ».