Il direttore dell'"Osservatore Romano,, non ha riconosciuto in lui il suo fraterno amico Giulio Canella

Il direttore dell'"Osservatore Romano,, non ha riconosciuto in lui il suo fraterno amico Giulio Canella Una cattiva giornata por l'uomo di Collegno Il direttore dell'"Osservatore Romano,, non ha riconosciuto in lui il suo fraterno amico Giulio Canella Una serie di risposte olle non vanno et segno Il compito della Polizia nell'affare Bruneri-Canella, è si può dire • fumo coli apporto dell* prove di (atto rappresentate dalle impronte digitali e col rintraccio della Ghidinl e del Vitretti e della corrispondenza che quest'ultimo ricevette dall'uomo di Collegno. Resterebbero ancora da ritrovare le lettere che 11 Bruner; scrisse alla Camilla Ghidinì, ma queste per dichiarazióne dell'interessata, sono State distrutte Uguale dichiarazione ha (atto la fami gita Bruner] per ciò che riguarda il manosr.rtto del volume < storico-crttico-fliosoftco-cristlBno », ma ttittavia la speranza di rintracciarlo non sarebbe ancoro perduta perchè da indagini eseguite risulterebbe che tale manoscritto, consegnato dal tipografo Limone al famigliari del Bruner! venne più tardi ritirato da qualcuno a nome dello stesso Mario Bruner!. Si dubita che in esso si trovino sviluppate quelle teorie alle quali il ricoverato accennò nel suo diario scritto nel Manicomio. * Nell'imbarauo Sorivemmo ieri diffusamente dei'confronti avvenuti domenica. Prima la contessa Prluli ha dichiarato che. assolutamente, l'uomo di Collegno non è 11 prof. Giulio Canella; la Ghiaini poi riconobbe in lui il suo amante Mario Bruneri col quale divise per cinque anni una vita di miseria, col Vltrotti l'uomo-sflnge tenne il ' contegno ambiguo che già conosciamo. Un ex allievo del prof. Canella, il signor Battista Meneguzzi. ebbe a dire: «Mi sembra lui, ma non lo giurerei I >. In complesso, dunque, una cattiva giornata per il Bruneri quella di domenica. Ma 11 suo maggior insuccesso 6 stato registrato ieri. Il conte Della Torre, direttore dell'Osservatóre Romano, venuto a Torino per il congresso diocesano si è recato alla Procura del Re per aver autorizzazione di poter vedere il presunto prof. Giulio, col quale era un tempo legato da fraterna amicizia. In aséenza del comm. Bruno e del giudice Istruttore avv. cornaglia, lo stesso Procuratore -del Re gr. uff. Celonnetti ha accompagnato in automobile a Collegno il Conte Della Torre. Htm potendosi addivenire ad un riconoscimento secondo le formule di legge ai è proceduto ad un confronto e ad una scambio di domande. Il conte è stato messo in presenza del ricoverato il quale tutto umile ed untuoso ha chiesto scusa a quel... signore che egli non... ravvisava. Alla prima occhiata 11 conte Della Torre aveva provata una delusione. Egli subito notò le differenze che esistevano fra quell'uomo e il vero Giulio Canella. La fronte più bassa, gli occhi di diverso colore ed espressione e perfino la'statura e 11 portamento. Il suo modo di presentarsi era poi in assoluto contrasto con quello che egli aveva cosi bene conosciuto. Il prof. Giulio Canella non sarebbe stato strisciante ; era un animò nero, educato, ma dignitoso. In una situazione simile egli avrebbe protestato ad alta voce, magari con parole roventi; l'altro era troppo... rassegnato. Nonostante la prima pessima» impressione. 11 conte Della Torre iniziò una 6erie di domande, per vedere se, nonostante il cambiamento fisico e morale, fosse rimasto nel cervello di quell'uomo, che altri aveva riconosciuto per Giulio Canella, e che anch'egll ora sosteneva di. chiamarsi cosi, qualche ricordo del passato. Egli cominciò ad Interrogarlo su Padova, la città dove era nato. Gli parlò di una chiesa e domandò che cosa si vedesse alle spai le di quella. Il ricoverato, dopo aver alquanto pensato, rispose con sicurezza : — Un monte) L'interrogante rimase sbalordito, poiché è noto a tutti che Padova è... in pianura! -. Egli forse s'ingannava con rùnica località montuosa che aveva veduta quando rimase due giorni ospite nella Villa Draghi. Gli parlò poi della villa della contessa De Besl, ma l'uomo non seppe raccapezzarsi, rispondeva cosi a casaccio, sembrava che cercasse di indovinare. Fini per dire: — c'è un'alberata. — Ed in fondo che «osa vi èT — domandò 11 conte —, Un fiume — rispose l'uomo di Col-l€ln0iondo all'alberata, vi erano, e vi sono ancora Invece le—carceri Lui non se ne ricordava i ;« C'era il conte Dilla Torri». »Nonostante gli insuccessi il conte Della Torre non si perdeva di coraggio e proseguiva le domande. Richiesto quale nome la contessa De Besl avesse da giovane, cioè Zaborra, non seppe dire e interrogato sull'età, dopo aver lungamente pensato sentenziò: — Trentacinque anni. Ne aveva invece sessanta ed il con- te-;bonariamente gli fece osservare la... piccola differenza. ■ * —. Intendevo parlare della ti glia — corresse lo sconosciuto il quale cominciava a non sentirsi più a suo agio. Alla richiesta di quale figliuola intendesse parlare egli si impapinò sempre maggiormente finché il conte per toglierlo d'Imbarazzo gli disse per..aiutare la sua memoria che la figlia non abitava in quell'epoca con la contessa. Neppure 6eppe ricordare la « Rivista filosofica scolastica » alla quale avevano collaborato insieme proprio il conte Della Torre e il prof. Giulio Canella e rispose Invece: — E' il sottotitolo di una rivista. — A quella rivista collaborava un nostro comune amico U conte Della Torre — disse il conte fissando w occhi lo sconosciuto mentre ad arte- pronunciava il proprio nome. Anche fi ricoverato lo guardava fissamente Per su«r?erimento del maststroto.il conte aveva tenuto in testa 11 cappello per nascondere la iniziale cai viste, bi modo che se il ricoverato fo« se stato 11 vero prof Canella, mi*»'avesse potuto dìo facilmente riconoscere l'antico amico suo. Dopo aver pensato alquanto, l'uomo jJi ColTeimo rispose: — Non ricordo volutamente. — E di padre Omell! T ■pi Agostino Gemelli — si, si chiama Agostino, ma noi *o abbiamo sempre chiamato padre. Ricorda a che ordine apparteneva? — Al Barnabiti. II conte Della Torre era veramente scoraggiato. (Padre Gemelli appartiene al Frati Minori francescani), .tantoché ed un suo Intimo diceva poco dopo« Sono partito da Roma pieno di speranza di poter rivedere ed abbracciare Il mio amico Giulio Canella; parto invece con la sicurezza di non averlo veduto MI sono trovato davanti ad un nomo dt scarsa cultura, senza fierezza flavamente diverso, un disgraziato. IH quanto sapesse quell'uomo non dfilosofia non di lettere, ma «solamente di quello che si può imparare nellPrime classi liceali. 11 conle ne aveva ■avolo no saggio ascoltando le rispost!*? a ricoverato fece al Frodatordel Re. et. uff. Colonnetti. 11 «.naie gl n a a a r - i i » e o o e r - e — r . a a a n a e . ' o o e e é : ee no n a di e e a e e li aveva rivolto alcune domande sulla! « Divina Commedia • L'uomo entrando nella fiala teneva precisamente In mano tale libro che non lascia mal, e delle cui terzine, infiora le sue lettere — Sa darmi l'interpretazione di: pape Salai), pape Satan, A teppe? L'uomo guardò 1 due signori sorridendo e scuotendo la testa. — No sono state date diverse interpretazioni.., il ricoverato seguitò a sorridere... — E Minosse? — E' un demonio... — Come? ' Nessuna risposta. — E Cerbero? — E' un altro demone, lo dice U nome. — E la Pia de Tolomei sta in Purgatorio o In Paradiso? — E' qui! è quii — diceva sfogliando febbrilmente il libro l'uomo, senza riuscire a trovare ciò che evidentemente non sapeva in qua! Canto si lusòe — E sa dirmi che cosa Beatrice rat figurava nel pensiero di Dante? — L'amore l — rispose con un aperto sorriso l'uomo che credeva finalmente, povero lui, di averne azzeccata una giusta. Quella 6cena aveva naturalmente turbato il conte Della Torre per 11 quale quella visita era stata una completa disillusione- Il ricoverato, liberato invece dal tormento di quell'interrogatorio, tranquillo e sereno, con la Divina Commedia sotto u braccio, ritornò insieme agli agenti nella sua 6tanza riservata. Forse pensava di essersela cavato alla meno peggio. Un compagno di Miaiooaio Per aver maggiori particolari sull'uomo che tanto fa parlare di sè, consultati gli elenchi degli individui che furono nella stessa sua sezióne e uscirono da Contegno abbiamo trovato il nome di un tipografo: Manfredi. Ci siamo recati alla sua abitazione in via ó. Francesco da Paola 20 per interrogarlo. — Benché tipografo, io non avevo mai conosciuto Mario Bruneri io sono compositore e lui è impressore; due categorie distinte. Cosi il Manfredi ha risposto alla nostra prima domanda, poi ha continuato. — Ho conosciuto invece l'uomo senza nome di Col legno. Eravamo vicini di letto e vicini di tavola. Pranzavamo aidirittura gomito a gomito. Non appena entrato fu, si può dire l'unico che si prese cura di me, mi confortò, e mi fece sperare nella guarigione. Egli sa? peva chi io fossi perchè tutti mi chiamavano • il tipografo »; anzi io gli dissi che ero stato sempre in un giornale cittadino; ma egli non mi parlò quasi mài del mio mestiere. Ebbi subito l'impressione di trovarmi davanti ad una persona colta, non della mia classe e nonostante la sua affabilità e bontà avevo in sua presenza una certa soggezione. Lo «sconosciuto », lo chiamavo anch'io .cosi come lo chiamavano gli altri .parlava con. tutti, cercava di rendersi servizievole ed in mezzo, a quella gènte che parlava in dialetto egli non pronunciò mai una parola in piemontese. • Sono rimasto due mesi al Manicomio il settembre e l'ottobre del 1986 — dice il Manfredi — e sempre in sua compagnia. Quell'uomo non mi parve un simulatore; aveva il sorriso troppo franco, lo sguardo troppo buono. « Curati ed andrai presto a casa — mi diceva a volte. Ed io allora, per ricambiare la cortesia gli rispondevo che anche lui se ne sarebbe uscito da quel luogo. A quelle parole un'ombra di melanconia gli velava lo sguardo mentre rispondeva : ■ Come posso uscire di qua se sono uno sconosciuto? ». Il Manfredi ci ,dice che egli, vedendolo cosi esperto in tante cose, avendolo osservato dipingere su dei cartoncini un intéro mazzo di carte con delle figurazioni ideologiche non copiate da modelli, polche non ne aveva, pensava che* quell'uòmo, oltreché aver avuta una educazione superiore fosse capitato 11 dentro chissà per quale dramma intimo. Il ricoverato, benché cortese, appariva quasi offeso quando qualcuno gli offriva qualcosa; non voleva mai accettare nulla, benché mancasse di tutto, e si tro'-ava nel suo elemento solamente con i dottori. < Tutti noi là dentro — dice il nostro interlocutore — sentivamo la sua superiorità in tutto, per il suo portamento distinto, per il suo modo pacato e persuasivo di parlare, per i consigli sempre ottimi! che dava; senza mài avere uno scatto ne di collera e neppure di irritazione quando aveva a volte a che fare con soggetti poco' trattabili ». La moglie del Manfredi che assisteva al colloquio ci ha detto che U marito da imando è uscito guarito dal Manicomio . non ha fatto che parlare dello sconosciuto e sempre bene. — Noi non sapevamo chi fosse, ma a forza di sentirne parlare abbiamo finito quasi per onoecerio. Quando poi i giornali accennarono alla possibilità che quello fosse Mario Bruneri, mio marito scatto a dire che assolutamente non poteva essere e nemmeno ora lo crede. A lui .quando usci, benché fossero in dimestichezza, non diede Incarichi di sorta, eppure quell'uomo sapeva che mio mirito sarebbe stato felice di potergli rendere, qualche cor tcsia- _ . . Questo episodio, benché di secondarla importanza, sta a provare quanto grande fosse U fascino che lo sconosciuto Irradiava intorno a sé. Le impressioni di un ex-capitano a traverso le fotografie .Roma, 21, notte. Il Giornale d'Italia ha interrogato l'ex capitano Ugo Mastellone, ed ora funzionario al Ministero dei LL. PP., che in Macedonia fu compagno del Canella e che aveva indirizzato una lettera al Procuratore del Re di Torino — pubblicata dalla Slampa — dichiarando tra l'altro in essa che ove la sua presenza si ritenesse necessaria si sarebbe recato a Torino. Il Mastellone tu collega del Canella dall'agosto 1915 Ano al gennaio 1916 e fu col professore tenente alla nona Compagnia dei 57.o fanteria. Brigata « Abruzzi », sul monte Rendete ed altrove nella zona delle alpi di Fassa. Ad un redattore del giornale egli ha dichiarato: • Ricordo molto bene il Canella; era di carattere gioviale e mi pare ancora di vederlo seduto vicino a me alla .mensa e mentre riposava nella mia stessa baracca. Era veramente piacevole conversare con lui avendo egli una estesa cultura. Parlava di tutto con grande facilita. Era l'Idolo dei soldati ohe egli rincuorava con. l suol discorsi patriottici che egli teneva frequentemente lisciandosi mentre parlava, ricordo perfettamente, la barba rossiccia. Ricordo anche di essermi fatto insieme a lui ritrarre in due gruppi fotografici, In uno del quali il prof. Canella era vicino a me. Eravamo sempre Insieme pe-che per cinque o eei mesi la nostra inpdenscDlun6isovireSmadral'dsadleBancocvrsrzalespdtohbesndsinilzpqsncmgLRzgmmigncplrplpumacrsrIfdvicgcfpaspcdcmpvdsclseb ! ò i a e a o i a o n — a e o — r o a a o e a a a o a o i i a a o o a ii à o e o saer o ox e a al ba a aa ne a. e sli e e ioeui ra a li na re il aue in una zona perfettamente isolata. Poi passai ad un battaglione di alpini e del camerata Canella non seppi più nulla. Un giorno venne a mia conoscenza che egli era tra gli scomparsi. Dopo ciò non ho avuto più notizie di lui. Ho veduto le fotografie sui giornali e la mia piena impressione è che 6i tratti proprio del prof. Canella. Bisognerebbe però che lo vedessi da vicino. 11 capitano Mastellone si é recato col redattore del Giornale d'Italia' alla Scuola di polizia scientifica ove il commissario Sorrentino ha compilato un album che sarà inviato all'autorità giudiziaria di Torino. Nell'album sono raccolte tutte le fotografie riguardanti l'affare Canella e vi 6ono le impronte digitali del Bruneri ingrandite le quali sarebbero eguali a quelle del ricoverato di collegno. Tali impronte furono rilevate in occasione di una truffa dal Bruneri commessa. L'album contiene anche fotografie ingrandite del Bruner! e del Canella di profilo, di fronte con tutti i dati antropometrici. La raccolta di documenti fotografici è un lavoro esattissimo del commissario Sorrentino. « Nella nostra visita alla Scuola — scrive il giornalista — il caso ci favorisce e malgrado le tassative disposizioni contrarie riusciamo a sottoporre al capitano Màsìellone l'eccezionale collezione. Naturalmente non diamo nessuna indicazione 6Ulle fotografie al capitano Maslellone. Ad un tratto lo vediamo arrossire. Egli in una grande fotografia eseguita allo pseudo Bruneri, ha riconosciuto perfettamente le sembianze del prof. Canella. Nel ritratto egli ha notato i tratti fisionomici del suo antico compagno. La sua attenzione è stata attirata in modo particolare dàlia barba, dalla forma e dalla espressione degli occhi. Lasciamo la scuola in compagnia del capitano Mastellone, il quale non nasconde la sua commozione e certezza che le sembianze ri' prodotte nelle fotografie siano proprio quelle del prof. Canella. 11 randagio Milano, 21, notte. Sono ormai note le vicende del misterioso viandante,. incontrato a Cornedo nell'agceto-settembre del 1923 e alcuni anni prima a Milano. A compie, mento delle informazioni fomite dal signor Gong uzza ecco quanto — secondo La Sera — ha detto la signora AssuntaRossi-Gentili, abitante a Milano in piazza Vesusio, ti « Riconosco perfettamente nella fotografia pubblicata sul suo giornale (d'uomo dei prati > come chiamavamo 11 misterioso viandante, e ricordo ancora il suo sguardo infinitamente buono e gentile. ! Era aristocratico nei modi e nel parlare pur essendo coperto di cenai, e, confesso che oltre all'infinita pietà che suscitò per le sue condizioni, lini per destare in me un vivo Interesse ». La signora si recava ogni giorno nel prato per accompagnare la figlia Ma ria, allora decenne, che assieme'a quel la del signor Ganguzza sua, coetanea portavano.al disgraziato il conforto di un pezzo di pane e di un piatto dt minestra, ed in quelle occasioni potè anche parlargli. Ma anche in questo caso la signora Rossi non potè ricavare dalia sua bocca alcunché di positivo sul suo essere poiché diceva di non ricordarsi di nulla, di ignorare chi era. Il disgraziato aveva sempre la testa fasciata e spesso, senza alcun lamento, diceva di avere molto sofferto al cer vello durante la prigionia. Egli amava intensamente le -due bambine e si ricorda a questo proposito che quando le giovinette ritornavano dall'avergli recato qualche conforto, lo sconosciuto finché non le vedeva rientrare nelle proprie case, stava ritto sulle persona, a vigilare attentamente come se temesse che potesse loro incombere qualohe pericolo. E con le bambine egli fu anche — si direbbe — più espansivo. Maria e Gigina, due buone creature • due angeli mandati dal cielo », come diceva il poveretto, sono le protettrici che si prodigarono amorevolmente per portare qualche cosa di buono all'» uomo dei prati ». Gigina ricorda che il povero viandante le diceva di essere veneto ma di non ricordare la città dove era nato. '.. — Un giorno ha detto pure — ci ha dichiarato la giovinetta — che aveva la moglie e due bei bambini ma che un fratello lo aveva scacciato da casa. Scriveva spesso sopra un libretto con una calligrafia minuta e regqlare ed aveva pure un... portafoglio — come ha soggiunto la signorina Maria — nel quale custodiva gelosamente molti appunti ed un rotolo di soldini di rame Il passaggio a Verona Verona, 21. notte. Anche a verona è stata trovata traccia del passaggio di uno sconosciuto i cui connotati corrispondono a quelli dell'uomo di Collegno. Fu una mattina nell'estate del 1923 che l'impiegato del Genio civile Federico RossJ, nei recarsi verso le sei a rivelare l'altezza, del' l'Adige all'idrometro di San Gaetano scorse un individuo mentre stava la vandosl ad una fontanella pubblica. Era vestito miseramente con panni' mi li tari ; per terra aveva messo un pacco ed una gavetta. Era alto di statura con barba brizzolata è occhi celesti chiari. Un particolare che attrasse maggiormente l'attenzione del Rossi fu quello di constatare che l'individuo aveva un aspetto distinto e dimostrava di vergogharsi di essere stato sorpreso, mentre si lavava. Aveva il petto assai villoso. Il Rossi lo osservò per qualche tempo pensando tra sè di avere davanti una persona distìnta, caduta per chi 6a mai quali vicende della vita in - quel misero stato. Da quanto il Rossi afferma si crede di ritenere che quell'individuo avesse passata la notte in uno stallo vicino. Dopo essersi lavato lo sconosciuto raccolse la sua roba allontanandosi. Il Rossi oggi che ha vieto la fotografia dell'uomo di Collegno dichia ra di riconoscerlo categoricamente ap1' punto per quello sconosciuto che ha incontrato quella mattina. Il pittore dei quadretti Il signor Mario F. Canella, residente a Bologna. Riva Reno, 3, ci scrive: « Onde troncare errate supposizioni ed anche per una doverosa rettifica, la prego pubblicare quanto segue: L'autore degli acquerelli firmati G. Canella era mio padre, prof. Giorgio Canella, defunto cinque anni fa all'età di 60 anni Non è affatto vero che (osse tacerò-, era semplicemente' trasandato e incurante di ogni eleganza. Non 6 vero che fosse un dilettante di pittura: se negli ultimi tempi si limitava e piccoli lavori di soggetto veneziano < chioggiotto, fu up eccellente ritrattista, appressato anche all'estero, e come tale citato dal De Gubernatis nel suo di stonarlo degli artisti italiani, insieirr al fratello Antonio e al padre France eco, pure pittori di veglia; davanti a quest'ultimo posò anche Vittorio Emanuele IL Infine la madre, contesa Foscolo, era parente dell'autore del Sevoleri': PzvodgAuafipepsgsssuddupPu«lissmsgLtCcqaic1copmssCItPdnqimguglézeitfFgvnsClPagieccs(gvslcvgFurmlpttsmmMhdpdzd Il Bruneri a Genova ' Genova, 21, notte, Sulla vita genovese di Raffaele La Pegna, il quale, secondo le dichiarazioni della' sua amante Ghidini, dovrebbe essere Mario Bruneri, si hanno oggi i seguenti particolari: Nell'aprile dei 1923 il proprietario di una tipografia sita in via Pome Carigli ano, Alfredo Lessi, avendo letto sui giornali un annunzio col quale si cercava di acquistare uno stabilimento tipografico, intendendo disfarsi appunto del proprio, inviò all'indirizzo segnato, che era quello di corso Torino 30, un proprio operaio, tale Pieiro Coscia. Costui si reco a trattare col La Pegna il quale gli disse di essere duetto re della rivista • La campana della superba » che stampava presso lo siabiilmento Waser, ma di avere intenzione di rilevare una tipografia per propria conto avendo molto lavoro Aggiunse di essere di ritorno dalla Francia, dove aveva un fratello che era a capo di un'importante azienda commerciale. li La Pegna, che 11 Coscia descrisse come un uomo vestito elegantemente, alto e «rosso, dai halli torti, che parlava l'italiano correntemente, senza tradire net, sun accento dialettale, dimostrò di essere assai pratico di tipografia e di materiale tipografico, ciò che contrasta con quello- già riferito dal tipografo Waser 11 quale dichiarò che il La Pegna non era affatto un intenditore della materia. Una donna che il Coscia non sa se fosse la padrona di casa o la Ghidini assisteva al colloquio. 11 giorno dopo il La Pegna si reco a visitare lo stabilimento tipografico interessandosi dettagliatamente di ogni cosa e non trovò eccessiva la cifra di 175 mila lire richièste dal Lessi pei la cessione, ma fini poscia col dichiarare ohe la tipografia non era sufficiente per 1 suoi propositi e doveva forzatamente rinunziare. Sia il Lessi che ti suo operaio Coscia, che hanno visto sui giornali le fotografie dell'uomo di Col-legno, asseriscono che quantunque Invecchiato, le sembianze sono perfettamente Identiche a quelle del La Pegna-Bruneri. ' PcztAdlses