REATI E PENE

REATI E PENE REATI E PENE Un singolare delitto (Corte d'Assise di Torino) Curioso questo fattaccio. SI tratta di due Individui che, appena usciti dallo studio dell'aw. Luigi Maccari, quasi accopparono un loro compagno, scoperchiandogli a capo. Ma l'avv. Maccari fu 11 primo ad essere sorprtso della indiavolata attività dei suoi clienti. La mattina del 17 maggio del 1926, in Pavarolo, borgata Varetti, verso le ore 4,30, certo Beltramo Stefano fu Felice, di anni 46, raccoglieva presso la 'porta di casa sua, ove erasi trascinato per implorare soccorso, gravemente ferito al capo $ privo di favella, tal Varetto Angelo di Giovanni, di anni 34, abitante una piccola casetta distante circa cento metri dall'abitazione del Beltramo stesso. Il Beltramo, dopo avere prestate le prime cure al Varetto Angelo, vista la gravità del caso, provvedeva, coll'aiuto di alcuni terrazzani, al trasporto del Varetto stesso in casa sua, adagiandolo sul suo letto. Il medico, dottor Marone, riscontrò sul Varetto Angelo una ferita di arma da tagliò, con frattura della teca cranica alla regione parietale sinistra, e lo dichiarò in imminente pericolo di ' vita. Oltie a tale grave ferita, il medico riscontrò ancora sullo stesso Varetto varie altre ferite lievi del cuoio capelluto, nella regione occipitale, ed escoriazioni al dorso delle due mani ed al naso. Come si disse, il ferito non poteva parlate, ma a mezzo di segni fece comprendere che era stato aggredito e che due erano stati i suoi aggiessori, e con segni affermativi del capo ammise chiaramente trattarsi di certi Piroscafo Enrico e Varetto Pietro Luigi, i cui nomi erano stati scritti ed a lui mostrati dal maresciallo dei carabinieri. Le oausall Interessanti constazioni fecero subito i carabinieri. Sull'attiguo terreno coltivato a campo e da poco tempo arato o zappato, e fino al prato successivo, si notavano impronte di piedi calzati da scarpe, di due distinte dimensioni, denotanti chiaramente il passaggio di due persone. Proseguendo nelle indagini si stabili che il giorno precedente il delitto, e cioè il 16 maggio, il ferito, insieme ai suoi aggressori Piroscafo Enrico e Varetto Pietro Luigi, si erano recati a Torino, dall'aw. Maccari, per una causa penale che doveva discuiersi il 26 dello stesso mese avanti la Pretura di Chiari, e nella quale tutti e tre dovevano rispondere di correità in lesioni in danno di tal Ghiotti Ernesto, guarite In giorni quindici. Che reduci da Torino, i tre si erano recati in Gassino, ove avevano pranzato insieme, poi si erano portati a Bardossano, ove il Varetto Angelo, lasciati i compagni, si era recato a Pavarolo, trattenendosi ivi in un'osteria e rincasando poi verso le ore 3. mentre gli altri due furono fino alle 3 di notte insieme in un Circolo della frazione Tetti Varetto, a bere e giuocare. Beato paeae dunque si rimaneva a bere all'osteria fino alle 3 della notte, oppure. al Circolo a bere e a giuocare. Tosto ricercati, sia il Varetto Pietro Luigi che ti Piroscafo, non furono trovati; ma li primo si presentò poi la sera del 18 maggio, cioè il giorno seguente la scoperta del delitto, ai carabinieri, dicendo che In giornata si era presentato ad un avvocato di Torino, il quale lo aveva consigliato a costituirsi per dimostrare la sua Innocenza. interrogp'o detto Varetto Pietro Luigi, si proU-otò innocente del grave addebito di mancato omicidio del Varetto Angelo, sostenendo di non avervi punto presenziato e tanto meno partecipato. Amirise di essere stato a Torino fi giorno 16 col Piroscafo e col Varetto Angelo, i eli studio dell'aw. Maccari da loro scelto a patrono, per la causa .fienaie di lesioni a danno di Ghiotti Ernesto, che doveva, diecuteisi il giorno success: ro avantiia pretura di Chieri e ammise pure di essersi trattenuto col Varetto Angelo e col Piroscafo a pranzo in Gassino, e poscia con quest ultimo al circolo dei Tetti Varetto fino alle ore 3,30 circa di notte. Narrò ohe usci« dì la, 11 Piroscafo, gli (eoe la proposta di recarsi con lui ad uccidere il Varetto, Angelo, ma che al suo ritìnto lo .asc'o, •ingiungendogli di non dir nulla e maateneie il segreto. Spiegò la cfusale della criminosa intenzione del Pl-oscafo. nel fatto ohe il Varetto Ange io. e titrariamente a quanto era stato fra Vvo tre deliberato, di negare cioè ogni loro pur i-ecipa ione alle lesioni del Ohio'.V Ernesto, aveva all'aw. Maccari, d tto la verità, accusando come principale au tore di tali lesioni il Piroscafo, ed egua le accusa voleva fare avanti al pretore di Chieri E giorno del dibattimento Non potendo dùnque sopprimere... l'av¬ vocato Maccari, avrebbero pensato di sopprimere il complice loquace. Il Piroscafo di ciò si era offeso, e per quanto lungo la giornata trascorsa col Varetto Angelo, non avesse per nulla lasciato trapelare tale suo risentimento, aveva maturato il proposito di vendetta, perchè secondo lui il Varetto Angelo lo aveva tradito, ed in conseguenza delle rivelazioni di costui, egli avrebbe dovuto, oltre alla pena per tale reato, scontare due anni di reclusione militare a cui era stato condannato condizionalmente per diserzione dal Tribunale militare di Milano, sicché nel fargli la proposta di uccidere il Varetto Angelo gli aveva dichiarato, che invece di due anni di pena voleva farne subito di più, vendicandosi sul Varetto. Intanto il ferito Varetto Angelo, che per la praticatagli trapanazione del cranio, e per le intelligenti cure medico-chirurgiche prodigategli . andò miracolosamente migliorando, narrò che mentre dormiva sul fienile fu' svegliato e vide vicino a sè, in piedi, il Piroscafo e poi il Varetto Pietro Luigi. Il primo gli chiese da bere, ed alla sua risposta che attendesse un momento, lestamente afferrò sulla paglia la mantellina e con questa gli coperse il capo, dopo di che subito egli si senti colpire alla testa, senza poter vedere nè comprendere chi dei due fosse il feritore, nè quale del due fosse armato. Evidentemente, a giudizio del Varetto Angelo, i suoi aggressori, per raggiungere il fienile, come per uscirne, dovettero arrampioarsi al muro d'angolOr avente mattoni sporgenti, che furono infatti trovati sporchi di fango fresco, perchè le porte di casa erano chiuse. Raccontò ancora il Varetto Angelo, che la mattina dèi 16 maggio era 6tato a Torino dall'aw. Maccari in compagnia del Piroscafo e del Varetto Pietro Luigi per la causa di lesioni in danno di Ghiotti Ernesto, delle quali tutti e tre erano chiamati a rispondere avanti il pretore di Chieri, e che egli all'avvocato aveva detto, presenti gli altri due, che essi erano stati gli autori delle lesioni e che intendeva in tal 6enso esporre le cose al pretore; che l'awocato aveva approvato che esso Varetto dicesse la verità, e che tanto il Piroscafo quanto il Varetto Pietro Luigi nulla avevano obbiettato. Il verdetto e la sentenza Quanto al Piroscafo, rimasto a lhngo latitante, ed arrestato poi il 26 agosto 1926 in Torino, sottoposto ad interrogatorio, pur non negando di aver colpito 11 Varetto Angelo, diede una diversa versione. Disse che, indispettito pel contegno che il Varetto Angelo, malgrado gli accordi intervenuti, voleva, tenere davanti al pretore, era venuto a lite coll'amico. Per difendersi, aveva disarmato il Varetto d'un falcetto K con quell'arma stessa l'avrebbe colpito al capo. Tale versione del Piroscafo, tendente ad escludere il line di uccidere e l'aggravante della premeditazione, fu respinta dall'accusa rappresentata dall'aw. Capuccio che la trovò in aperto contrasto colle stesse dichiarazioni dei coimputato Varetto Pietro Luigi. Questi In Istruttoria aveva affermato che il Piroscafo gli aveva confidato di voler recarsi ad uccidere il Varetto Angelo, a scopo di vendetta, per le sue rivelazioni relative al fatto delle lesioni in danaio del Ghiotti Ernesto, e l'aveva anzi invitato ad aiutarlo in tale delittuosa impresa. Quanto al Varetto Pietro Luigi, la sua presenza a fianco del Piroscafo al momento del delitto, con tanta persistente sicurezze affermata dalla parte lesa, trovò ancora conforto nella constatazione, fatta sul terreno adiacente alla casa ove ii delitto fu compiuto, d orme di piedi calzati, distintamente provanti il passaggio di due persone. Il Piroscafo fu difeso dall'aw. Torchio; il Varetto dagli aw. Gtli:o e Bra, I giurati ritennero colpevole il Piroscafo di mancato omicidio premeditato colle attenuanti della semi-ubtxriachezza. Per uno di quei misteriosi colpi... giuridici che solo capitano ai giurati, ritennero il Varetto ('complice nel suddetto mancato omicidio) semplicemente complice in lesioni. Quindi in base a questo verdetto 11 Piroscafo fu condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione e il Varetto a 10 mesi. CUsIl fello delle tre commesse In uno del tanti negozi di mode che 11 signor Durando esercisce iu- via Roma e in via Garibaldi era"0 impiegate quali commesso tr avvenenti slgnoilne Binesia Beone. Garabello BJta e Maria Mottura. Od giorno 'i signor Durando si accorse che n.oita i ei.) ere scomparsa dal negozi senza che nella cassa tosse adulto l'equivalente in danaro. Fece fare un appostamento e scoperse che le tre commesse eiano solite nascondere sotto le vesti... pizzi, sete, nastri ere. Ricorse alla Questura e ottenne l'arresto In fi. gran'e di tutte tre le signorine che piangenti furono tradotte al larari dqGrltclnss Cellulare, di dove uscirono, poi un mese Uopo, In liberta prowlsaria. In una perquisizione fatta al loro domlcilli si trovò molta merce di proprietà del slg. Durando; solo n casa della signorina Beone ne fu sequestrata per U valore di 14 mila lire, Le tre ragazze furono mandate in Tribunale dove confessarono il loro fallo, scusandosi col dire che erano state spiate a commettere la sottrazione dal desiderio di vestire esse pure con l'eleganza che sfoggiavano le clienti. Il Tribunale aveva condannato lo tiarabello e la Mottura alla reclusione per mesi s colla condizionale, ed aveva invece Inflitto la stessa pena per mesi 13 alla Beone, quale principale responsabile della sottrazione. Essa solo ricorse in appello invocando la pietà della Corte, perone le tosse evitata l'espiazione del 13 mssl di reclusione. Il difensore aw. E. Mollarti spiegò come U Tribunale avesse erroneamente computato un aumento di pena per 1 diversi atti del reato continuato di furto, e chiese che fatta la relativa diminuzione fosse alla Beone concessa la condanna condizionale. E la Corte accolse questa lesi, riducendo la pena a mesi il ed applicando 11 beneficio della condizionale. Pres.: conte Messea; P. M.: comm. Ravlolo; Difesa aw. E. Mollarci; Cancelliere Garella. II processo per il crack della Banca di Credito e Commercio [Tribunale Penale di Torino) Nel tempo gaio in cui un giorno si e un giorno no si apriva, a scopo. di affari, o una banca, o un bar, 0 una calzoleria, veniva impiantata in corso Vittorio Emanuele la Banca di Credito e Commercio. La fondazione d'una banca era per i promotori un buon impiego di capitali... altrui. L'affare si concludeva con una certa facilità e prestezza, bastava avere sottomano alcuni locali ben arredata, una capace cessale rte e una vistosa insegna: si creava allora uu Consiglio or amministrazione di persone decorative e l'Istituto era lanciato nel mare magno degli affari. La gente abboccava. Piccoli recidituari che non avrebbero affidato le loro somme alla Cassa di Risparmio o all'Opera Pie di S. Paolo, le affidavano ad occhi chiusi a queste banche, banchine e bancherottoli, vere pompe aspiranti dell'economia nazionale. I promotori portavano in questo genere d'affari soltanto la loro esperienza bancaria e gli azionisti i capitali. Dopo un anno 0 due, gli azionisti avevano l'esperienza e i promotori- i capitali. Le parti erano, insomma, capovolte. Tra le varie banche ohe ebbero nel dopo-guerra vita breve, splendori e burrasche, ci fu dunque la Banca di Credito e Commercio, che si imperniò su pochi nomi, e principalmente suH'avv. Giuseppe Vallerò, che fu presidente e amministratore delegato, e sul ragioniere Cornacchia Uecio, che fu il airettore e factotum della Banca. All'epoca del disastro, molto parlarono i giornali sulla attività degli amministratori della Banca e nella bufera di quei giorni fu pure travolta una signora, la moglie dell'avv. Vallerò, che parve ora ispiratrice ora compagna negli Ingenti e lucrosi affari del marito, anzi di tutta la Banca, la quale venivi cosi a impersonarsi in questo trinomio: Cornacchia, Vallerò e signora Ecco perchè, rinviati a processo i personaggi di questa complicata vicenda bancaria, vediamo oggi tra gli imputati — cosa nuova negli annali bancari — una signora, e precisamente la signora Morzone Carolina di Francesco, nata a Pontestura, moglie dell'avvocato Giuseppe Vallerò, incensurata. Essa è a piede Ubero, ma fu detenuta dal ss dicembre 192S al 2 febbraio del 1926. Pure a piede libero è comparso Aagiolino Verduri di Achille, da DioIo di Sorragna (Parma), che tu contabile della Banca suddetta. In istato di arresto, invece, sono comparsi i due maggiori imputati, cioè il rag. Decio Cornacchia da Parma, di 40 anni, già abitante in via Lamarmora, 26, e l'aw. Giuseppe Vallerò fu Francesco, da Rivarolo Canavese. di 46 anni, già abitante in corso Re Umberto, 60. Sono enti ambi detenuti dall'ottobre del 1925. Avrebbe pure dovuto comparire un quinto imputato, Federico Rigamonti di Giovanni, di Carate Brianza, ma si è risparmialo questa «briga e il Tribunale lo giudicherà In contumacia. Gli imputati presenti hanno l'aspetto tranquillo. Presiede U Collegio, H conte aw. Pinelli e sostiene l'accusa l'aw. Di Majo. Numerosi sono i patroni di P. C. e della Difesa- Il prooesso s'è iniziato con i soliti incidenti procedur-.ii accampati dalla Difesa e che hanno occupato tutta l'udienze, tra lo scarsissimo interesse del pubblico, che ha assistito a questo lento Inizio, e tra cui notavansi avvocati, ragionieri, ucmini d'aflari e parecchie dofie pecorelle che nella vicenda sono etate tosate, il nrooeceo durerà parecchio tempo.