Il film di Collegno

Il film di Collegno Il film di Collegno Un altro colpo di scena: il misterioso vagabondo 1 protagonisti del romanzo epistolare intervistati La signora Canella e la sorella del professore insistono nel loro riconoscimento La « moglie » a colloquio col « marito » — Don Re ha riconosciuto il Mario Bruneri Le responsabilità morali La commedia Bruneri-Canella volge è vero al suo epilogo, ma lentamente. A bisognerà attendere ancora prima cfic eia pronunciata la parola « One >. L'altro giorno la magistratura proseguiva nelle sue ricerche e 6i diceva che la inchiesta sarebbe ancora dorata un mese, tanto difficile sembrava il poter scindere in modo evidente le due personalità, Bruneri-Canella ohe si erano per così dire fuse nello sconosciuto di Collegno. Oggi anche l'ultimo velo è caduto dagli occhi dai più increduli. L'attore, veramente eccezionale (bisogna confessarlo), ha ottenuto ieri l'altro l'ultimo successoCome abbiamo diffusamente narrato, egli riuscì ad intuire, a scernere, chissà con quale ...artificio i testi che venivano a cercare nel ricoverato il prof. Giulio Camelia. Ma vi è ancor di più. Alla maniera di Plkmann Di un altro teste, oltreché riconoscerlo, riuscì perfino a scrivere le prime lettere del nome che egli diceva di intravedere nel suo cervello annebbiato. Ad un tratto con gesti da Ispirato, quel1 emerito commediante prese un foglio di carta, una penna e vergò, dopo di essersi presa la testa fra le mani, come faceva ■ Plkmann > quando entrava tn trance, un D un A ed un L. SI fermò, nuova scena medianica per cercare di riordinare le idee poi come scoraggiato — Vedo ancora due O ma non so come collocarli: sono troppo stanco, non riesco più a connettere le idee. n teste era appunto l'ayv. Dall'Olio di Padova il quale rimase -assai impressionato, oltreché dalla fatale rassomiglianza di quell'uomo.che rammentava in modo strabiliante U volto, la corporatura, ed 1 gesti del prof. Casèlla, anche da quella prova. Non doveva un estraneo essere tratto In inganno e credere che un lampo di luce fosse scaturito tra le tenebre del suo cervello a fargli vedere le tre prime Iettare del nome del teste? Al prof Soranzo che segui 11 DalKOllo, il ricoverato, pur facendo le viste di riconoscerlo subito, come già abbiamo narrato,' non seppe indicare, nepXNir lontanamente, il suo nome ma gli disse Invece: — Sento che slamo stati compagni di studi a Padova. EgU in questo si ingannava, poiché il prof. Giulio Canella era stato compagno di studi del fratello del prof. Soranzo, al quale però assomiglia perfettamente. Forse questo errore da lui stesso votato, stava ancor più a provare l'autenticità degli., esperimenti che eseguiva alla presenza dei magistrati. Essi stessi non potevano non rimanerne Deridessi. Ièri dopo la rivelazione odia C&mima Gbldlni, l'amante del Bruneri, il Pro(Buratoee drl Re, grand'uff. Coionnetti ha sospeso gli altri lnteirogatori che dovevano aver luogo a Collegno. L'amico in Manicomio Come 1 lettori hanno compreso, un vanto di capitale importanza nelle ultime sensazionali rivelazioni della polizia sull'affare Bruneri, è quello dello scambio delle lettere fra Manicomio di Collegno e Torino, fra Bruner! e Ghidini. Abbiamo voluto perciò approfondire e delucidare meglio questo capi tolo della romanzesca avventura, il che abbiamo potuto fare avvicinando colei che fu il tramite di questa corrispondenza clandestina, cioè la Vittoria Tibaldi ved. Francefila. Costei, come abbiamo già narrato, è entrata nell'affare delle lettere in un secondo tempo. Il trucco fu inizialmente impiantato sul Vitrotti, e di qui si innestò sul'a Tibaldl. Per maggiore comprensione di cose, riepiloghiamo quindi come fu organizzato e cominciato il servizio di corrispondenza. Lo c sconosciuto » di Collegno si era fatto nel Vitrotti un amico ed a lui, anjd, aveva confidato di essere Mario Bruneri. Erano i primissimi mesi de' 6uo internamento al Manicomio, ma aveva già perfettamente stabilita la sua linea di condotta. Basta per convincersene sentire quanto a questo proposito narra il Vitrotti stèsso. Egli é l'uomo che per primo, e cioè fin dal maggio dello scorso anno, seppe che il misterioso ricoverato era l'ex - segretario d'una Sezione della Federazione del Libro. Questo teste presentava troppo Interesse, non -solo cronistico, ma dal lato della documentazione, perchè non volessimo sentire dalla sua bocca stessa qualche particolare. Il Vitrotti, un uomo sulla cinquantina, già proprietario di una piccola fabbrica di pianoforti alla Barriera di Nizza, è ora operaio presso lo stabi-' limento Forneris, In via Gianétti an golo via Bonsignore. Lo abbiamo trovato al lavoro e di buon grado ha rispoeto alle interrogazioni rivoltegli. Egli, per disgraziate circostanze, fu al Manicomio di Collegno in osservazione, nella stessa sezione dello sconosciuto. Quando entrò, il ricoverato « senza nome » si trovava dégerjite, sembrava assai sordo, tanto'che i compagni, se volevano farsi capire da lui, scrivevano su del pezzl.di carta le loro domande. Era tranquillo, ma sembra va non cercasse la compagnia Preferiva star solo. «Ho uno sprazzo di luce» In quei tempi i medici non si occupavano di lui più che di un altro, poiché non 61 era ancora rivelato quel soggetto interessante che si dimostrò In seguito. Egli, anche quando cominciò ad alzarsi ed uscire, non prendeva parte ai passatempi di tutti. Non beveva non giuocava, non accettava nulla da nessuno, qualche volta solamente un 60rso di caffè, ri suo caso di amnesia lo conoscevano tutti. Non aveva che una passione : quella di leggere e di scrivere. Passò cosi qualche tempo, e poiché li» quel disgraziato luogo uno che non sia pazzo desidera di parlare con qualcuno che almeno non dimostri di esserlo totalmente, cosi - il Vitrotti si orientò verso quello sconosciuto 11 cui caso lo muoveva a compassione. Lo vedeva solo, .abbandonato, 6enza soccorsi. Quando venivano i giorni delle visite quasi tutti andavano in parlatorio a vedere qualche parente, qualche amico che veniva a portare in quel triste luogo una parola di conforto, di' speranza, notizie "di quel mondo dal quale 1 ricoverati èrano divisi. Solamente lui che non aveva nome non era cercato mal. Al Vitrotti era sembrato di comprendere questo strazio nell'animo dello sconosciuto, vedendolo aggirarsi nei giorni di visita nel cortile sul quale si aprono le finestre del parlatorio, e gettare curiose occhiate -fra quella genie che veniva di fuori. Non fu vera amicizia quella che legò l'ex-proprietarlo di fabbrica al ricove rato, ma un sentimento di compasBio ne che generò il pensiero di potergli utile in qualche modo. Poiché itcgltvvctncspsttsqsltasaslIrqaMuvnmVmpqstdtarapp—emdlpMmui«lglztcnrrclzulptmmrsmpclcrlrlqdeslppsmcirFpspd1fspvtgvsc il periodo di osservazione per il Vitrotti volgeva alla line e ormai sapeva che egli avrebbe potuto, dopo pochi giorni, uscire di là dentro, comunicò la buona notizia al compagno di sventura. Questi l'accolse dimostrando un vivo piacere per la fortuna che toccava all'altro, poi (Jopo qualche óra lo chiamò In disparte e misteriosamente gii disse: — Sai, ho avuto uno sprazzo di luce nelle mie tenebre, credo dì essermi ricordato il mio nome. — E' un buon 6egno, guarirai I — Ma, vedi, non ne sono sicuro. E l'uomo misterioso che doveva in seguito giuocare una cosi importante parte, stringendosi la fronte, lisciandosi la barba, finì per dire: — Credo di chiamarmi bruneri. ■ Parlando agli fissava in volto il Vitrotti, quasi a Indovinare quale effetto quel nome gli avrebbe, prodotto. Osservando che l'altro rimaneva tranquillo, continuò: — Sì, Mario Bruneri. Però non ne sono certo. Quindi è meglio non pararne, anche tu mantieni il "silenzio. La memoria ritorna.» Per qualche ora l'uomo tacque, tutto raccolto in sè. Pensava forse egli all'imprudenza commessa rivelando il suo vero nome ad un compagno che avrebbe potuto tradirlo T No, egli conoscitore d'uomini, aveva indovinato che 'altro avrebbe mantenuto il segreto. Il Bruneri cercava soto di perfezionare il suo piano d'azione. Nell'anima di quel disgrazialo, che vicende colpevoli avevano gettato come un relitto nel Manicomio, si manteneva vivo e tenace un affetto- per la compagna che aveva con lui diviso una vita disordinata e randagia. Egli non aveva dimenticata mai la Camilla Ghldini. Riprendendo più tardi il colloquio col Vitrotti, sempre con gli stessi procedimenti da smemorato, il Bruneri gli parlò di una amica affezionata, della quale non aveva più avute notizie. Forse lui, una volta libero, avrebbe pouto rintracciarla, parlarle di lui, dirle dello stato in cui si trovava. Il Vitrotti, animato dai migliori senimenti e mosso da pietà, si offri dì accontentarlo, ma dove trovare in Torino quella 6ua amica, della quale per altro non gli aveva detto il nome? Dopo una serie di altre reticenze — sempre spiegate col suo stato di amnesia — il ricoverato spifferò quel nome che egli non aveva mal dimenticato:- Camilla Ghldini. Trovarla era una cosa diffìcile, diceva l'uomo. Credeva che ela stesse in Valsalice. Indicazione troppo vaga perchè potesse riuscire utile. Ma a .forza di cercare nella sua memoria,' impiegando a questa bisogna un giorno intero, fini per. consigliare il compagno a recarli prima alla «Protezione della Giovane», poi all'» Unione Femminile Nazionale • dove gli avrebbero fornito l'indirizzo di colei della quale desiderava avere notizie. L'ultimo giorno nel quale il Vitrotti rimase al Manicomio, fu speso a cercare il modo di far si che il Bruneri potesse, a mezzo di terzi, ricevere le lettere della Ghldini. Fu lui, malato di amnesia, a scegliere il Francesla — affetto da paralisi cerebrale, che la moglie veniva regoarmente a trovare — oome primo mezzo di trasmissione, n Francesla, buon uomo, non doveva che consegnare le ettere alla moglie; costei, mossa da pietà si sarebbe incaricata del recapito. Combinate in tal modo le cose, prima degli addii, il Bruneri diede all'uomo che usciva dal Manicomio una lettera sigillata per la Ghldini. La prima comunicazlono 11 Vitrotti non potè subito incaricarsi della commissione. Ammalatosi, ri-, mase una quindicina di giorni a casa, poi, non appena ristabilito, si mise in cerca di quella donna per mantenere la parola data al compagno, del quale, come aveva promesso, non aveva mai rivelato il nome. All'» Unione Nazionale Femminile •, spacciandosi quale parente della ragazza, riuscì ad avere l'indirizzo della famiglia presso la quale essa si trovava a servire. La vide, le mostrò l'indirizzo della lettera e le domandò se conosceva quella scrittura — Certo che là conosco! — rispose la Ghldini vivamente emozionata. La poveretta si dimostrò tanto contenta di poter leggere notizie dell'uomo che essa aveva perduto dal mattino del 10 marzo di quello stesso anno, che anche il Vitrotti ne rimase commosso. Fu allora che si decise di insegnarle il modo per poter a sua volta scrivere al Bruneri, per - il tramite della Francesla Egli, per conto suo, inviò poi cinque lire a quel disgraziato e, saldato In certo qual modo cosi l'Impegno che si era preso, non si curò più di lui. Più tardi, e cioè nel febbraio 1927, quando comparve 6ui giornali la fotografìa dello sconosciuto, egli ne fu stupito e incuriosito nello 6tesso tempo. Una domenica si recò a Collegno da visitatore e volle vedere quell'enigmatico individuo. Gli parlò scherzando della pubblicazione, e l'altro lo scori giurò nuovamente a non far mai quel nome che in un momento di debolezza gli era sfuggito. Il Vitrotti, non immaginando mal quanto stava per avvenire, e non avendo seguito sui giornali le vicende romanzesche che si intrecciavano sullo sconosciuto di Collegno, tacque al pari degli altri. Narrata la parte che il Vitrotti ebbe in tutta questa faccenda, occupiamoci ora della Tibaldi. la moglie del Francesla. con la quale abbiamo avuto un colloquio, che qui fedelmente riportiamo. eslcddvzcclsGgqggnndmvlivlltsvdpcdcsdslbuilMpmmGertdeLa portalettere « Abbiamo anche parlato con la Vittoria Tibaldi vedova Francesia, quella, come è più sopra narrato, che fece da... portalettere nel romanzo epistolare. Ed ecco quanto abbiamo saputo in tale colfloqulo. Dopo li primo abboccamento avuto alla stazione della tramvia di Rivoli, di ritomo appunto da Collegno, essa venne avvicinala, in casa sua, dal Vi trotti. Egli le portò una lettera, dicen do che era della Ghldini, e che conteneva anche un biglietto da cinque lire Si trattava, egli le disse, di soccorrere quel suo amico del Manicomio, lo «sconosciuto», un povero disgraziato bisognoso di tutto, ed essa a quelle parole accettò S'incarico. La prima volta che andò al Manicomio a trovare il maritò gli consegnò la lettera perchè la desse allo • sconosciuto » che egli pure conosceva. Cosi il mezzo di corrispondere era trovato, stabilito. La Tibaldl aggiunge che suo marito, al Manicomio, non parlava ootf lo •econosciuto». Lo scambio delle lettere era fatto di nascosto, di sfuggita, da gente scaltriti. La pazzi, insomma, im Lche ragionano... Quando, ad esemplo, erano chiamati in parlatorio, lo sconosciuto lo avvicinava un attimo e, senza che nessuno se ne avvedesse, con rapida mossa, gU metteva in tasca la lettera; oppure faceva la 6tessa manovra quando il Francesia giocava alle carte (costui era affetto da paralisi al cervelletto, ma in parte era cosciente di sé). Uguale metodo il Francesia adottava collo «sconosciuto» quando aveva da consegnargli la corrispondenza dell'amante. « Non ha noma.», lon vuol dirlo » La Tibaldl assicura che essa non recapitò in tal guisa più di quattro o cinque lettere. L'ultima la portò a Collegno in giugno; poi decise di non prestarsi più al pericoloso gioco. Allora la Ghldini si recò da lei, in casa sua, pregandola di voler continuare ad usarle quel favore. — Ma perchè non et va lai, a Collegnor — domandò la Tibaldl ella ragazza. Questa rispose dicendo che lei al Manicomio non ci poteva andare, perchè non era la moglie, perchè si trattava di uno econosciuto, che non aveva nome e che doveva continuare a non averne. — Come T Non ha nome? — domandò la buona donna che, in fondo, era ignara di molte cose. — Si, non ha nome; o meglio non vuole dirlo. E io devo fare come vuole lui. La Ghldini confessò di essere stata l'amante del ricoverato, narrò alquanto del loro trascorsi. Allora la Titoald1 si fece la convinzione che sotto ci dovesse essere qualcosa di poco pulito e di troppo compromettente, e rimase più che mal ferma nel suo rifiuto. Senonchè la Ghldini tornò alla carica un'altra volta, all'inizio dell'estate dell'anno scorso. Essa venne a dirle che di 11 a poco sarebbe partita coi suoi padroni — presso cui era donna di servizio — per la campagna. Le disse che II ricoverato non aveva antri che lei, che loro due desideravano di scambiarsi qualche notizia, e la pregava di un ultimo favore. Essa le avrebbe dato il suo indirizzo della campagna, e lei, la Tibaldi, l'avrebbe in tal modo tenuta in relazione con lo sconosciuto ». Ma tutto ciò parve alila donna ancora più complicato e pericoloso della primitiva faccenda, e oppose il suo ultimo, formale, irremovibile rifiuto. La Ghldini ss ne' andò delusa e triste, ed essa da allora non la rivide più. Nel rivedere 11 marito al Manicomio gli notificò la sua decisione e lo consigliò a fare altrettanto, a non più interessarsi della corrispondenza del due. E difatti essa seppe che lo sconosciuto continuò ancora per qualche tempo a far scivolare lettere nelle tasche del marito, ma costui le stracciò tutte. La lotterà commoventi Allora lo « aconosciuto », per mezzo del Francesla, fece chiedere alla Tibal di spiegazioni del suo rifiuto, ed essa non si curò neppure di fp.rgl.iele avere. Oramai si era troppo seccata della faccenda, che andava, facendosi sempre più pericolosa. 'Fu allora che il Bruneri tentò l'ultimo mezzo di persuasione sulla donna, scrivendole direttamente. Essa Infatti ricevette per posta, dallo • sconosciuto », una'lettera, a lei personalmente Spedita al suo ©Teciso indirizzo. Egli cercava di raggiungere il suo scopo per le vie del cuore, cop la commozione. In sostanza, così egli diceva con quella lettera : « La supplico di non abbandonare un uomo ormai solo, abbandonato dalla moglie, dalla famiglia, da tutti. Non mi resta più al mondo che l'affetto della Camilla Ghldini. In nome dell'amore che ella porta a suo marito, voglia essere buona ed aiutare due cuori a volersi sempre bene »... La Tibaldl a quella lettera non rispose neppure, e cosi terminò la parte da lei avuta in questo complicato, paradossale romanzo. Le abbiamo chiesto perchè, sapendo essa tante cose sui conto dello « sconosciuto • di Collegno, non le riferì all'autorità quando si cominciò e poi con tanta abbondanza si parlò del prof. Canella. Essa ci rispose dicendo che non legge i giornali e che non era a giorno dell'avventura che l'uomo di Collegno stava conducendo a termine ai danni di tanta brava ma troppo ingenua gente. L'amante del Bruneri Abbiamo cercato di vedere la Camilla Ghldini e l'abbiamo infatti veduta sen za però poterle parlare. La sua padrona pur cortesemente, s'è presa l'incarico di congedare tutti i curiosi ed in primo luogo i giornalisti che vanno a cercarla. Un impegno seccante Mentre parlavamo con la signora, sempre sulla soglia dell'uscio, abbiamo visto passare la fantesca. E' una povera figura dd donna fisicamente meschina, dai capelli castani, dal volto pallido e insignificante, insomma di nessun interesse. E' anch'essa — come ci dice la signora — una Vittima di quell'uomo sciagurato che ebbe la debolezza di seguire e perfino di volergli bene. Della Ghldini la padrona parla assai bene. E' al suo servizio dal luglio scorso, e dal lato dell'onestà e della condotta non ha a dolersi per nulla. Quella donna non usciva mai, neppure la domenica, né riceveva corrispondenza di sorta. Sembrava anch'essa una povera dimenticata. La signora apprese tutto ieri, quando un funzionario si recò a cercare la domestica. La poveretta parlò 6ubito, senza reticenze, confessando I suoi torti passati. Una vita di miseria. — E perchè essa non parlò prima? Perchè non impedì — domandiamo noi — che si creasse il tragico epilogo che ha portato tanto dolore nella famiglia Canella? — Vedendo che i famigliari non si facevano vivi, ritenne prudente, per un residuo di affetto verso quell'uomo che non ne meritava punto, di mantenere anch'essa il silenzio. , - Ed è proprio qui dove 6i rivelano responsabilità, morali . naturalmente, I giornali, e noi per i primi, facciamo presente ohe al Manicomio vi è da un anno una persona che dice di aver smarrito la memoria e cerca una famiglia. Vien pubblicata la sua fotografia e tutti la conoscono, si seguita a inarrare del caso strabiliante di una famiglia Veronese la quale crede di riconoscere in quell'uomo un professore, un capitano disperso: Giulio Canella. Viene la moglie e pubblicamente, insier me ad altre personalità, dichiara di riconoscerlo per tale, e tutta questa gente sa e tace. Tace finché l'uomo non è partito da Torino, finché non è riuscito a creare un'Illusione che purtroppo ha fatto nascere 11 dramma in cui uria povera signora rischia di perdere la tranquillità per tutta la vita. E' una grave responsabilità della quale dovranno rispondere se non alla giustizia umana a quel Dio nel quale tutte queste persone dichiarano di credere. dcgCtrmfsstummccqsledtomnsgaasrhrmcascagsstspamsetenflbscpcgneapttaclGmvCasndinavnaMCpLttclnnilcpcvcmcfvspspabmdsuutalrlrMsdv■psqnsldgnzamtdhsdvtsssdlcgl La signora Canella è irremovibile Abbiamo trovate oggi nello studio del'aw. prof. Florian e dell'avv. Bianchi-Mina, la signora Canella e la cognata sua. La signora che ritornava da Collegno, dove si era fermata durante tutta la mattina intrattenendosi per parecchio tempo con quegM che crede suo marito, non ci è apparsa per nulla affranta. Nessun segno di stanchezza e di scoramento abbiamo rilevato sui suo viso giovanile. La sorella del professore, tutta vivacità di sorrisi e di movenze mantiene a sua volta una serenità talmente fiduciosa da sbalordire. Le documentate asserzioni della Questura che ieri abbiamo pubblicate e con le quali viene finalmente stabilita la personalità dell'eòcezionale ospite di Collegno, non hanno turbato per nulla le due donne le quali proclamano perentoriamente l'una di aver ritrovato il marito e l'altra il fratello. Alle nostre domande la signora Canella ha rispoeto con un vivacissimo scatto di emozionata oratoria meravigliandosi altamente come « ci possano ancora essere dei dubbi ». La signora ad un certo punto ha esclamato : — Fuori questi documenti con i quali si pretende di dimostrare che mio marito è un certo Mario Bruneri. Io non ho ancora veduto queste famose lettere, non ho ancora veduto questi documenti. E anche se ce ne fossero, ohe cosa possono valere, che valore ad essi al può attribuire di fronte ai documenti spirituali che noi, che i miei perenti, che i nostri amici possiamo produrre? La sorella del iprof. Canella risponde alle domande che ancora noi le rivolgiamo sorridendo e stringendosi pelle spaile: — Noi — ci dice — non abbiamo nessun interesse a prenderci un delinquente in casa. Se non fossimo sicuri ohe lo sconosciuto di Collegno è veramente il prof. Camelia, perchè noi dovremmo aprire le braccia a lui?». E cosi le due dorane rimangono irremovibili. Il randagio senza memoria In questa romanzesca vicenda si susseguono di giorno in giorno 1 colpi- di ecena Ora è 1 volta di un gruppo di testimonianze secondo le quali, lo sconosciuto di Collegno, facilmente identdflcabile nel prof. Giulio Canella, sarebbe transitato nell'estate 1ÌB5 per un paesino del Veneto. La notizia è stata recata ieri dalla signora Canella al suol patroni aw. Farinelli ed aw. Florian che si trovavano a discutere 6Ulla piega e gli orientamenti delie indagini nello studio dd questi. La 6lgnora, che era vivamente emozionata, ha portato ai due avvocati una lettera giuntale pochi minuti prima ed analoga ad altre, debitamente firmata ed autenticata, che era stata recapitata dalla posta al Procuratore del Re. La lettera proveniva dai signori Lucilio Motiganotti, direttore di succursale della Banca Commerciale, Orlando Gastaldelli, direttore, didattico, e Armando magmi, ispettore amministrativo della Società di Assicurazione « La Cattolica » dd Verona, i quali, avendo appreso che lo sconosciuto di Collegno sarebbe transitato per il comune di Cornedo in provincia di Vicenza nell'estate del 1926, si erano recati sul luogo per interrogare le persone che lo avevano avvicinato. Le testimonianze di costoro vennero raccolte dai predetti signori nei locali della canonica di Comedo, alla presenza anche ded signori Angelo Manganotti di Padova ed aw. Cesare Canella, fratello del professore scomparso. Vennero interrogati i signori Luigi Tomba Antonio Agostini, caffettiere, ed Augusto Montagna, 1 quali tutti riconobbero nella fotografia pubblicata, dalla « Domenica del Corriere » l'individuo che era transitato per Cornedo e che essi avevano avuto occasione di avvicinare. Il Montagna è stato il più preciso ed il più circostanziato. Ha narrato ohe lo sconosciuto passò per Comedo poco più di un anno e mezzo fa : non può precisare il giorno od il mese, ma ricorda tuttavia che in quell'epoca faceva caldo e che in quei giorni era ancora in vita l'arciprete del paese, che mori poi sul principio del 1926. 'il ricordo di quell'incontro si connette infatti per lui con questi particolari. Trovò lo econosciiuto sulla piazza del paese e lo consigliò a rivolgerei al parroco per avere qualche soccorso. Lo sconosciuto chiese subito: •— Il vostro parroco è ricco o povero ? — Ohi non è certamente ricco, — Allora non ci vado: non voglio privarlo di quanto può essere utile a lui. E lo sconosciuto infatti non andò a bussare alla canonica Vestiva malissimo e portava due pastrani militari tedeschi. Calzava zoccoli di legno, come si usano nel Veneto, e recava con 6è una gavétta, delia foggia di quelle in uso nell'esercito tedesco. DI tanto in tanto consultava una carta geografica logora e quasi a pezzi. Il Montagna gli chiese dove fosse diretto. — A Como e poi a Torino — rispose lo sconosciuto. — Ma passerò per Verona. , La conversazione prosegui: ma 11 Montagna doveva ripetere più volte le sue domande perchè lo sconosciuto era duro d'orecchi e ad ogni momento tavolava a ripetere, con questa frase: ■ Come dice? ». (E' da notare a questo proposito che i famigliari ed i conoscenti del prof. Canella attestano che questi usava la frase come Intercalare nei suoi discorsi). Chiestogli ohe mestiere faceva- lo sconosciuto risposelettere°trei e anche lezioni di belle — Ma lei allora ha studiato T — Non so. — Come non sa? — Non so proprio. Ad ogni modo studio ancora adesso. La signora Luigia Torrin di Cereda gli portò un quarto di vino, ma lo sco: nosciuto non lo volle bere: respinse anzi il dono, ringraziando. (E' da notare anone qui che la signora Canella afferma che l'uomo di Collegno nei giorni trascorsi con lei a Desenzano ed a Padova non bevve mai vino). Il Montagna ha ancora aggiunto che lo sconosciuto si esprimeva in italiano ma dimostrava di comprendere benissimo il dialetto veneto, ed ha riferito queste altre battute che dice di ricordare nitidamente — Avrà fratelli, amici, conoscenti? — Non ho nessuno, Msfcnmos6mdcgtonltnnnDl— guan.U anni ha T on lo so dire. — Ma è impossibile! — Creda, non lo so proprio. Disse invece di ricordare di essere stato in Macedonia, durante la guerra. Dopo essere stato a pregare nella chiesa di S. Sebastiano, si andò a sedere sulla scalinata del monumento ai caduti che contemplò a lungo : e 11 passò la notte, avendo rifiutato l'ospitalità che gli era stata offerta da una famiglia del paese. Il Montagna ha concluso lì sua narrazione riferendo che lo sco- nosciuto gU aveva fatto un'impressione strana, ma ottima: non si doveva trattare certo di uno del soliti malviventi che transitano per le campagne, tanto egli si dimostrava fine, educato e corretto ed anche perchè dichiarava esplicitamente che si vergognava di chiedere l'elemosina. La deposizione del caffettiere Antonio Agostini è stata sostanzialmente analoga a quella resa dal MontagnaVide lo sconosciuto seduto al piedi del monumento ai caduti e gli si avvicinò. — Vuole vedere 1 documenti? — interrogò subito lo sconosciuto. E dicendo queste parole si mise a frugare in una borsa militare che aveva con sé e che era ripiena di carte. L'Agostini gli chiese invece di dooe provenisse, e quegli rispose che veniva da Montebelluna e che era passato per Bassano, Schio e Malo. Anche l'Agostini ebbe l'impressione che fosse duro di orecchi perchè si faceva ripetere ogni domanda, parlava però con molta calma, quasi con dignità e ponderazione. I suoi occhi, assai chiari, avevano un'espressione mite e buona. DI tanto in tanto, con un gesto lento, si lisciava la barba ed i baffi. Richiesto sul suo passato rispose: — Sono stato dn Macedonia durante la guerra e vermi fatto prigioniero. Ma non 60 dir come, quando e da chi' Aggiunse di essere ritornato in ItaMa con i prigionieri di guerra e di essere diretto a Torino. Al pari dell'Agostini' e dea Montagna, il 6ignor Luigi Tomba, infine, ha dichiarato di avere notato nello sconosciuto — che ha descritto come un individuo sui cinquanta anni, dall'aspetto quasi distinto — il contrasto vivissimo tra i suol modi di fare, usuo portamento e la bontà d'animo che manifestava con la tristissima vita che faceva e l'abbigliamento con cui si presentava Copia autentica di queste deposizioni, come abbiamo avvertito, è stata rimessa alla Procura del Re, che dovrà ora vagliare quale importanza esse possano avere ai fini delle indagini che si 6tanno compiendo e che dovrà in ogni modo disporre perchè, le narrazioni delle persone interrogate vengano raccolte, colle norme procedurali, dai magistrati competenti. 4 Come don Luigi Re ha riconosciuto Bruneri Ci telefonano da Milano: Don Luigi Re, al quale, come è noto, si presentò il Bruneri sotto il falso nome di Alfonso Mi ghetti ed ebbe da lui assistenza ed aiuto, ha riconosciuto oggi da una fotografia riprodotta nella Stampa, presentatagli da un giornalista, le sembianze del falso Mighettl nel Bruneri. Oggi stesso il sacerdote Don Luigi Re, in una particolareggiata relazione consegnata alle ore 16 nelle mani del Procuratore del Re cooim, Omodei Zorini, ha fatto la storia della vicenda del falso MighettL A proposito dei soccorsi che don Luigi Re diede al Bruneri durante la sua permanenza a Milano, il Secolo pubblica: • Don Luigi Re è un coadiutore della parrocchia di Santa Francesca Romana di Milano, un pio sacerdote che da molti anni dirige l'oratorio e alcune opere benefiche annesse alla parrocchia. Egli ha confermato di avere conosciuto due anni or sono il Bruneri che si era presentato a lui sotto 11 home di Alfonso Minghetti. Nel settembre del 1923 il Bruneri era salito nella casa dove il sacerdote vive con la vecchia madre, ed esponendogli le sue pietose condizioni finanziarie, lo aveva pregai to di trovargli un po' di lavoro come correttore di bozze e come aiuto in qualche tipografìa. Don Luigi Re, che dirige il giornaletto « La Buona Stampa » gli disse che bastava da solo a compilare il piccolo foglio settimanale e che non poteva d'altronde disporre di mezzi per pagare un collaboratore. Il Bruneri dimorava allora con l'amante, che spacciava per sua moglie, in via Eustacchi, 52, ma polche veniva minacciato continuamente dal padrone di casa di essere sfrattato- per mancato pagamento della pigione, il sacerdote lo accolse in casa e trovò da alloggiare la donna presso la famiglia Gattlnoni in corso Buenos Aires. Il Bruneri venne insomma aiutato in ogni modo dal coadiutore che gli comperò anche un vestito e un paio di scarpe. L'ex-tipografo trascorreva lunghe ore della giornata a scrivere un'opera di carattere storicofu osoflco-criti co che avrebbe poi dedicata a don Luigi in segno di gratitudine per i benefici ricevuti. ■ Dopo qualche tempo il Bruneri, una mattina, scompariva improvvisamente lasciando al sacerdote una lettera da una trentina di fogli, la quale doveva costituire come una confessione. In es6a oltre alle grandi attestazioni di riconoscenza, lo scrivente dichiarava di non essere il Minghetti, ma di essersi celato sotto questo nome per sfuggire alla giustizia Anche da lontano lo pseudo Minghetti continuò a scrivere a don Luigi Re, ma erano sempre lettere poco interessanti, diluite in numerosi fogli che il buon sacerdote leggeva attentamente come una penitenza impostagli dal Signore. Passarono ancora alcune settimane e finalmente 11 Bruneri gli annunciò di aver trovato un posto di correttore di bozze presso una nota casa editrice di Bari, con lo stipendio di 1200 lire mensili « gli chiese per il viaggio 150 lire. Don Luigi Re fece anche questa opera dd bontà, ma due giorni dopo venne a sapere che il 6UO protetto non era ancora partito e che invece continuava ad aggirarsi per Milano. Da allora non ebbe più di lui alcun sentore.