L'uomo senza memoria non è il prof. Canella di Verona ma il tipografo torinese Mario Bruneri

L'uomo senza memoria non è il prof. Canella di Verona ma il tipografo torinese Mario Bruneri Un capolavoro di miestifioa^iorxe» L'uomo senza memoria non è il prof. Canella di Verona ma il tipografo torinese Mario Bruneri Attraverso quale odissea di dubbi di confronti di contrasti e di coincidenze si è giunti al Clamoroso colpo di scena - La moglie, le sorelle, il fratello e il figlio del Bruneri riconoscono nel presunto Canella il loro congiunto, mentre la Signora Canella ripete: E' mio marito! - La prova decisiva - II Bruneri era scomparso da sette anni dopo due tentati suicidi e losche faccende - Un comunicato del Governo. H pubblico ha appreso dall'edizione di Ieri sera della Stampa il clamoroso colpo di scena avvenuto In questa incredibile e dolorosa vicenda dell'uomo che attermava di non 6apere pdù chi fosse. E diciamo dolorosa perchè una rispettabile famiglia, una buona e distinte signora, una moglie che da oltre dieci anni attendeva 11 marito disperso In guerha, ha creduto per molti giorni di avere ritrovato il compagno adorato. Contro di lei è 60rta un'altra donna, un'altra moglie, che invece ha affermato di riconoscere nel ricoverato di Collegno il proprio marito, sperduto6i dopo burrascose e non sempre oneste Yttìssitudtai in questo gran gorgo vorticoso che è la vita. - ' Bl direbbe un fantasioso romanzo scaturito, dalla mente tormentata di un Balzac, e 6i rimane attoniti pensando come questa njtetlflcazione, la più audace che le cronache giornalistiche ricordino, abbia'potuto compiersi II Caso si è scapricciato a creare concomitanze di episodi fino all'esasperazione, affiinverostinile, all'assurdo, prendendo come guanto la fatale rassomiglianza di due uomini: il professore veronese Giulio Canella ed il tipografo torinese Mario Bruneri. In questi giorni il Procuratore del Re «r. uff. Golonneiti ed il Procuratore aggiunto comm. Bruno hanno proceduto all inchiesto-con una meticolosità eccezionale, coadiur vati dall'autorità di Polizia ed i risultati sono sboccati ad una constatazione sola: il presunto prof. Giulio Canella è invece il tiflògrafo Mario Bruneri. I dati segnaletici, le impronte digitali, che non possono CTrare, hanno recato la prova decisiva ed irreiu- Percbò 1 lettori, che pure hanno seguito gli episodi deHe ultime settimane possano òVleetarsi in questo labirinto di constatazioni e di rilievi, gioverà ristabilire alcune circostanza essenziali. L'uomo della fotografia Nei primi giorni del febbraio scorso la Domenica del Corriere pubblicava un medagUonclno recante la fotografia di un lndivSSo'ricoverato a Collegno fin del 10 marzo là»,' k quale affermava di aver smarrito .la coscienza della sua personalità. I medici 10 Avevano per undici mesi sottoposto ad infinite prove, anche alla cloroformizzazione senta riuscire a strappargli una parola che notasse servire a rivelarlo. ... Un posto redattore ebbe vaghezza di veder» quest'uomo, che aveva il tratto signorile e dimostrava una certa cultura generale, è-ne'scrisse sulla Stampa, avendo cura di rivelare quei particolari fisici che la fotografia non poteva dare. L'articolo fu riprodotto da molti giornali ed il risultato fu che una luilga serie di persone, venute da ogni parte d'Italia, volle vedere il ricoverato di coilègmTcwsdendo di ritrovare in lui nn congiunto pianto per morto. L'uomo lasciò WreTrJon riconosceva nessuno : diceva che dovevano essere gli altri a riconoscer lui, poiché 11 suo cervello non ricordava più nulla. Ed ecco che fra coloro che dicevano di ritrovare In quest'uomo i lineamenti di una loro persona cara capitò a Collegno il prof. Renio Canella, fratello dello scomparso professor Giulio. Rimase indeciso e incaricò al"lricnngiuntt di verificare s'egli si fosse incannato: Fu allora che venne a Collegno la signori/ Canella. la quale — come è noto — Sfermò recisamente di riconoscere il manto Una scena drammaticissima avvenne sotto" il porticato del giardino del Manicomio, in presenza dei medici e di altre persone, li ricoverato.'- che, dinanzi a tante altre perso-, ne era rimasto Impassibile, vedendo passarella giovane signora ebbe una crisi disperate di Pianto ed a chi gli faceva coraggio ^^Cor&ggio 1 Non ne ho plùl Quella signora lo non la riconosco, perchè disgraziatamente non posso riconoscere nessuno, ma auando l'ho vista ho provato un'emozione da non dirsi. Se però essa fosse stata qualcosa cer me, se essa mi avesse riconosciuto a sua volta, non avrebbe proseguito la 6ua strada, ma si .sarebbe gettata nelle mie braccia! Questa crisi d'angoscia commosse tutti •ouàntl Per la signora Canella le parole e R lacrime del ricoverato furono una prova che il marito l'aveva riconosciuta. Amici e parenti della famiglia Canella, venuti da Verona, non esitarono ad affermare recisamente che l'uomo era veramente 11 prof. Giulio. La conclusione fu'semplice. Il ricoverato senza memoria, dopo altre constatazioni, fu dimesso dal Manicomio, con un regolare verbale di riconoscimento ed affidato alla signora Canella. Fu cosi che egli potè partire per Verona, o più precisamente, per ima villa sul lago di Garda, che amici dei Canella avevano messo a sua disposizione perchè l'infermo ritrovasse nel riposo la sua personalità completa. Giornate veronesi Se nel giorni precedenti il riconoscimento, era sorto qualche dubbio 6ulla vera identità del ricoverato di Collegno, questi scomparvero non appena persone autorevoli, quali Tom Guarienti, il conte De Besi. ed altre personalità dichiararono in modo Teci6o di ri conoscerlo. Verona si riempi di giubilo. Non solamente se ne rallegrarono tutti quelli del cosi-detto mondo cattolico, nel quale lo scomparso teneva un posto eminente, ma nel ceto professorale e nella borghesia. Perfino nella caratteristica Piazza delle Erbe non si parlò più per qualche giorno, fra una^ compra e una vendita, che del miracoloso caso che restituiva a Verona un suo figlio d'adozione. I primi dubbi erano Gtati seminati a Verona da gente che ricordava un caso occorso due anni or sono a Sona, frazione di Castelnuovo quasi alle porte della città. Si trattava di un certo Pizzini, un piemontese al quale era saltato il ghiribizzo di assumere le generalità di un disperso di guerra e di pre sentarsl come redivivo al parenti. Erano costoro semplici contadini. La gioia di rivedere il figliuolo che avevan'o pianto morto, fece loro vélo agli occhi. In quell'intruso riconob-» bero senza esitazione l'assente e gli amici e 1 conóscenti della Borgate convalidarono tale riconoscimento. Quell'uomo aveva sofferto tanto in due anni di prigionia in Russia (cosi egli raccontava a quella buona gente) che gli abbisognava di mangiar bene,, molto, e di non lavorare punto, per poter rimettersi un po' in forze. Tutti andavano a gara a rimpinzarlo come un podio, chiedendo per unico compenso il racconto di un qualche epico no-episodio. Alla popolazione sembrava di far rjjnjncor poco per quell'eroico figliuolo ed una dbmaLmenica, con la banda in testa, lo portaboJS^io come un idolo in trionfo per le vie di avorirona. Il Pizztal aveva la bontà di lasciarsi avoriorare e passò a testa alta sotto le tombe ,-1*811 Scaligeri. ' ondcMa un bel giorno la cuccagna cessò. Due numai ab interi ai portarono via l'eroe redivivo it*fd non fu più veduto. Solamente i genitori bcV- furono informali che quello non solamente 5r non era loro figliuolo ma che prima di andare a Sona aveva giuocalo un'altra gherminèlla del genere iti un paese dal Piemonte. Egli aveva Insomma écelta la professione del • disperso ritrovato. In quel caso però si trattava di gente incolta, di lavoratori della terra più facili ad essere tratti in Infialino. Poteva dubitarsi di un caso consimile per il prof- Canella che professori e scienziati ave-' vano avvicinato f y Monsignor Manzini... Cece some racconta monsignor Manzini l'arrrfóaeti'uomo del nome contestato. Egli e^a itttTn>erco]edi della scorsa settimana a■ «gtt fece chiedere se, nonostante foà-ssst » ' a a - se stato stanco dei viaggio, avesse desiderato vederlo. Fu ricevuto subito", con entusiasmo. — Che devo dire? — esclama mons. Manzini. — Io ho rivisto 11 prof. Canella in persona, quello stesso che io ho unito in matrimonio a S. Anastasia, quello di cui ho battezzato i figli, u volto, il gesto, il portamento, la voce (sempre tenenfio. conto dei dieci anni trascorsi), erano i suQi, ed ho ritrovalo pure la sua anima. Lui 6i e buttato con slancio nelle mie braccia e quante dolci cose mi ha detto I inginocchiato davanti a me ha voluto che io lo benedicessi perchè la felicità dei suoi cari fosse duratura, dopo tanti dolori. Questo pensiero degli altrh mettendo sè in seconda linea era proprio la sua forma mentis. Cosi io lo avevo conosciuto, amato ed apprezzato fin da quando egli venne a Verona. 11 sacerdote si animo, ma parla a bassa voce. Ci troviamo nella sacrestia della bella cattedrale. Attorno ai muri corrono artistiche cas6apanche che si rilegano a pannelli di legno scolpito ed ornano le pareti. Monsignor Manzini sta svestendo i paramenti sacri. Ha una figura espressiva, moito dolce, quasi ieratica, il dubbio non lo ha mai sfiorato e neppur 0ra, benché gli sia 6tato detto qualche cosa, può pensare alla possibilità di un simile misfatto. — Suo primo pensiero — continua monsignore — non appena arrivò a Desenzano furono i figliuoli. Avrebbe voluto venire a Verona, non foss'altro che un'ora per vederli, abbracciarli. Il prof. Romagnoli, già suo al: Hevo, si prese l'incarico di venire a prenderli per portarli a lui, nella sera stessa. Insomma la delicatezza del suo sentimento non 6l è mai smentita. Quando, alcuni giorni dopo ho rivisto il prof. Canella, nella sua villa 6ul lago, mi ha detto : « La tue (benedizione mi ha dato finalmente il sonno che da tanto tempo desideravo invano. Ho dormito sette ore filate. Questa mattina mi sono alzato all'alba e stavo benissimo. Inginocchiato sul terrazzo ho ringraziato Dio, ho pregato con tutta l'anima per i miei cari. E non ero solo a piegare, intorno a me tutto era preghiera in questo nascere del giorno. Che paradiso qui, all'ombre del nostro pittoresco monte Baldo, a specchio di questo lago incantato. E aver vicina mia moglie, i miei figli 1 Sono io degno di tanto bene? • , ...e monsignor Zamboni E monsignor Manzini prosegue: — Si può pensare che anche a me abbia fatto velo l'affezione, il sentimento, ma vi è monsignor Zamboni, il quale è un analitico per eccellenza, un seguace di San Tommaso. Egli fu compagno di studi del Canella e lincile non 10 vide, serbò sempre qualche dubbio. Gli sembrava impossibile nonostante quella malaugurata amnesia, che il prof. Canella, se fosse veramente 6tato lui, avesse potuto dimenticare la comunanza degli intenti e delle ricerche che li avevano tenuti uniti per tanto tempo, il nome di lui, la Osonomia di lui. Io ho accompagnato monsignor Zamboni — continua il nostro interlocutore — a trovare il redivivo sul lago di Garda. Prima di essere messo in 6ua presenza monsignor Zamboni volle avere agio di contemplarlo non visto, di guardarlo muovere, di sentirlo parlare. Solamente quando ebbe trovate In lui bastanti dati convincenti di rassomiglianza si decise ad andargli incontro e ad abbracciarlo. Il prof Canella non lo riconobbe subito e come in altre occasioni stentò qualche tempo a raccappezzarsi. Ma questo non interessava ormai più il visitatore: egli, mentre lo teneva fra le braccia, aveva avuto tempo di toccargli 11 collo e constatare che dietro l'orecchio del compagno ritrovato dopo tanti anni, aveva sempre un pronunciatissimo e caratteristico cordone. Non contento di questa constatazione volle vedergli le spalle. Il prof. Canella, anche da giovane, aveva in quel luogo dei ciuffi di peli, caratteristica questa ben poco comune; ebbene anche quei ciuftetti si trovavano al loro posto. Insomma i dati... positivi che cercava li aveva trovati e si abbandonò quindi alla gioia e glorificò 11 miracolo che gli ridaca un amico carissimo. Ci fermammo a cena e fu alle frutta che il prof. Canella pregò « Bepi » (cosi famigjiarmcnte chiamava un tempo monsignor Zamboni) di leggere un sogno che egli aveva scritto durante la sua degenza al Manicomio. Era un componimento di gusto letterario die serbava un alto contenuto filosofico. Ma più che lo scritto, del quale dopo monsignor Zamboni, clic è professore di Filosofia all'Università di Milano, vivamente si compiacque, egli rimase lietamente colpito da una strana circostanza. Scattò addirittura in una vera esplosione di gioia, in due sole paginette aveva trovato, oltre che lo stile e la sostanza del modo di pensare del 6uo compagno di studi, una parola ripetuta a più riprese e messa come inciso : invero. • Era il tuo dada questo « intiero » — esclamò con le lacrime agli occhi monsignor Zamboni. — A me è sempre piaciuto poco, suonava male alle mie orecchie, ma tu non te ne correggesti mai, eie una delle spiccate caratteristiche del tuo scrivere. Oggi invece questi invero mi hanno dato per la prima volta una gioia grandissima, polche essi completano, se pur ve ne tosse ancora stato bisogno, la prova irrefutabile del tuo vero essere ». < Ed ora le tue due parole » « La serata fini allegramente e quando sturammo una bottiglia di Val Policella — conclude monsignor Manzini, con gli occhi lucidi di lacrime di commozione — Canella si rivolse a me per dirmi : « Ed ora a te, Manzini, le tue due parole •. E' possibile dubitare che egli non Già quello che è? Quando cenavamo insieme in passato, egli sempre mi rivolgeva quella Stessa frase. Mons. Manzini ha finito di parlarci, tiene le mani giunte, lo sguardo volto verso le vetrate istoriate dalle quali piove una luce soffusa. Non parla più, ma comprendiamo che egli ringrazia Dio per avergli ridato il 6uo amico. , ^ . , , Ma dopo aver parlato a mons. Manzini ci siamo recati dal conte De Besi, dal prof. Gastaldelli, dal prof. Meneghetti, e dovunque abbiamo trovato le stesse risposte ai dubbi che esponevamo loro. Tutti erano sicuri che l'uomo ricoverato nella villa in riva al Garda era il prof. Giulio Canella. E con essi un'infinità di professionisti di Verona, i quali avevano, nonostante la consegna, voluto vederlo. Il fratello Renzo, interrogato, ebbe questa sintomatica risposta : « Non arrivo oggi a comprendere come potei nel primo giorno avere un dubbio, per quanto fugace, sulla sua identità ». . Il soggiorno in riva al lago non dura che due soli giorni. Troppa gente vi accorre. Ad alcuni è possibile vietarne l'ingresso, ma agli altri? La signora vuole che il convalescente abbia un po' di rjpsso • e-accetta allora 1 ospitalità di alcuni amici di famiglia che metto: no a sua disposizione una villa nei pressi di Padova. La signora Giulia Canella dispone clie i tìgli ritornino a Verona e lei, il prof. Canella ed il fratello di questi, Renzo, raggiungono la nuova residenza. Passando da Verona il professore ha voluto riabbracciare monsignor Manzini. Ma appena a Patì iva il prof. Canella telegrafa. Vuole nuovamente con sè i bambini. Egli è felice — così dice ai famigliari — ma la sua gioia non può essere ximpleta senza quegli innocenti. Si giunge cosi al pomeriggio di domenica. Egli si trova 6u un terrazzo insieme al fratello, alla signora, ai bimbi. E' un'ora di pa:e, ma anche di melanconia: 11 tramonto Da quella posizione elevata 11 gruppo guarda il magnifico paesaggio sottostante e la strada che dalla valle si inerpica serpeggiando su per l'erta. Ad un tratto 6u quel bianco nastro appaiono alcuni punti neri. Come la nube si allaccia all'orizzonte ad annunciare, nonostante il cielo sereno, l'approssimarsi dell'uragano, cosi mei n)c?o}' pcpdilcascvriLcgptlilvCvasazadcgscpvuCgdrptpfvnedctdcmnqdhc punti neri che si ingrandiscono a vista d'occhio, scompaiono dove la strada fa gomito, per riapparire subito dopo ancor più grandi Portano nella pacifica villa che alberga l ricoverato di Collegno una terribile procella. La visita inattesa Ormai si distinguono chiaramente : sono tre automobili le quali procedono tanto accostate fra loro da sembrare un convoglio. Lì Manzoni ci descrive l'Innominato affacciato ad una fiinestra mentre guarda salire verso il suo bieco castello, lente come un rimorso, la bussola in cui e chiusa la povera Lucia. Il volto di quell'uomo che gli storici ci hanno dipinto di un'audacia e un coraggio senza pari, è contratto dall'angoscia, in preda ad un cumulo di sensazioni, combattuto fra II desiderio di fermare quella maaugurata lettiga o far si che essa affretti l suo giungere. Tutto questo traspare sul volto del personaggio manzoniano. Ma sul placido viso dell'uomo uscito da Collegno, il quale osserva l'appressarsi del veloci veicoli che non possono ormai avere altra mèta che la villa dove egli abita, non si riflette alcun interno affanno. Egli è tranauillo, sereno come sempre. Non cosi Renzo Canella, Egli sa di una lettera anonima, alla quale però non ha prestato fede, ma dove è detto che il fratello Giulio da lui riconosciuto non è suo fratello, ma un intrigante di bassa lega II prof. Renzo Canella scende precipitoso incontro ai nuovi ospiti, che egli giudica di colpo troppo numerosi per una semplice visita. In questa drammaticissima e romanzesca vicenda ci troviamo nuovamente di fronte ad un episodio di capitale importanza. Il prof. Canella, o l'uomo di Collegno che dir si voglia, è troppo intelligente per non comprendere. Che cosa farà egli? Avrà .un gesto di rivolta, una dura parola, qualche atto che possa tradirlo? Egli si teneva ormai sicuro di essere giunto definitivamente in porto, e dopo tanta procella si lasciava cullare nel tepore di una famiglia, fra gli agi, lui, che per tanto tem- po non aveva conosciuto che «tenti. Potrà egli acconciarsi di buon grado al suo destino? Chi dubita di lui attende un atto disperato. Nulla di tutto questo. L'uomo informato che il suo riconoscimento non è legale, e che la sua liberazione dal Manicomio non poteva effettuarsi se non per mezzo dell'autorità, ascolta tutto e rimane tranquillo, assolutamente padrone di sè. Se si eccettua il lievissimo disappunto che ogni persona in circostanze consimili. non avrebbe mancato di esternare, si può dire che egli accetti con cristiana rassegnazione questa nuova < prova ». Bisogna partire subito, senza neppure pranzare ? Ebbene sia fatta la volontà di Dio. E' lui che conforta la signora, angosciata per questa nuova complicazione, è lui che rassicura il fratello. Anche in questa circostanza quell'uomo ha saputo rimanere il prof. Giulio. Canella. Lui vivo non si sarebbe comportato in diverso modo. Chi può pensare che si tratti di un mistificatore? Se l'uomo recita un*-commedia, bisogna però aggiungere che egli è un attore superlativo. Da alcuni giorni sostiene la sua parte in un modo assolutamente impeccabile, diremmo meraviglioso. In pochi minuti tutto e tutti sono pronti. L'uomo dal nome contestato sente su di sè gli occhi del coimmissario, quelli • degli agenti, ma non ne è turbato. Non ha pensieri, almeno cosi dimostra, che per la moglie, i figli. Scendono In gruppo dalla villa. Ai piedi della gradinata le automobili .attendono. Tutti risalgono in silenzio. Quella gite non ha proprio nulla dì allegro. Un rombo dei motori, e le macchine di conserva si muovono verso Padova. Dall'immensità del cielo rosato dal tramonto scende una pace che non trova uguale eco in tutti quegli animi. La signora Canella. quando .le automobili sono giunte alla stazione di Padova, dichiara recisamente che non intende abbandonare il marito, l'on. Guarienti l'acccompagnerà. Tutti e tre prendono posto in un vagone di 2.a classe. Il funzionario e gli agenti si trovano vicini, ma le apparenze, almeno per 1 viaggiatori che stanno-sul treno, sono salve. Baci ai bimbi e al fratello" Renzo che riaccompagna i ragazzi a Padova, poi il treno si avvia vereo Torino. Impressioni di amici L'Improvvisa partenza di colui che ormai tutti avevano riconosciuto per il prof. Giulio Canella, fu subito appresa a Verona e, naturalmente, commentata vivacissimamente. Per quanto 6i fosse cercato di tener celata la vera ragione di tale immediato ritorno a Torino, anche questo, non 6i sa come, trapelò e non è a dirsi quali e quante congetture ne seguirono. Salvo un esiguo numerò di persone — come abbiamo detto — la maggioranza riteneva doversi indubbiamente trattare di una malaugurata concomitanza di rassomiglianze fra il professor Giulio Canella e l'altro individuo che la Polizia ricercava. Giustamente l'equivoco doveva es¬ sere chiarito ed era assai meglio lo fosse sul momento. Troppe persone autorevoli, (oltre la moglie la quale da sola rappresentava una garanzia indiscutibile) lo avevano riconosciuto, perchè alcuno osasse palesemente porre in dubbio la 6ua identità. Bisogna aggiungere che la fede del fa> migliari nel ritenero il Canella vivo, nonostante tanti anni trascorsi, 6i era a poco a poco comunicata agli amici, ai conoscenti:1 dimodoché la sua improvvisa ricomparsa sulla 6cena della vita era stata giudicata' da molti quasi come un fatto naturale che indubbiamente avrebbe, dovuto accadere un giorno o l'altro. Tale convinzione non era solamente basata su illusioni sentimentali, ma su dati di una certa importante. Oltreché alla famosa lettera del cappellano militare, il quale aveva comunicato alla signora Canella che il marito capitano, benché ferito alla faccia, si -trovava vivo e prigioniero del bulgari, vi era stata un'altra comunicazione più enigmatica, ma egualmente rassicurante di un militare il quale 'aveva fatto sapere alla famiglia Canella che il professore stava bene e solamente lamentava di non potere avere notizie dei suoi cari. Per quanto incomplete, frammentarie, le nuove dell'assente, del disperso, erano dunque giunte ad alimentare quella speranza. Tuttavia, dopo *la partenza improvvisa di domenica 6era, un'ombra improvvisa scese ad offuscare la gioia del giorni precedenti. Il dubbio per quanto respinto, ritornava ad infiltrarsi con insistenza nell'animo d'ognuno; anche i maggiormente convinti non nerimanevano proprio scossi, ma certo turbati profondamente. Nessuno lo confessava nep- pure a se stesso, ma un evidente Imbarazzo si leggeva sul volto di molti. Fra coloro che conservavano In quel critico momento la loro serena e bella fiducia, si notavano In prima linea i monsignori Manzini'e Zamboni, gli amici più cari del prof. Giulio Canella. Il loro compagno aveva avuto nelle suo vita due casi di amnesia, i quali, 6 loro giudizio, giustificavano ampiamente quel terzo — durato solamente più a lungo del pra> cedenti. L'uomo di Collegno