IL DENARO

IL DENARO IL DENARO Il risanamento belga in un libro del ministro Franck Come fallì il primo tentativo Il ritorno del Belgio — questo piccolo grande Stato — alla moneta stabile è stato operato dalla volontà concorde dei partiti politici e dalla azione tecnica degli onoevoli Franqui — attuale ministro delle Finanze — e Luigi Franck, capo del partito liberale, giù ministro delle Colonie ed attualmente governatore della Banca Nazionale, alla qualo oggi spetta il grave pondo di mantenere e consolidare la parità della nuova moneta. E' di quest'ultimo il recentissimo libro (« La stabilisation monètaire en Belgique » - Paris, Payot, fr. 15), il quale costituisce un vero documento ufficioso, se non ufficiale, sui criteri, i mezzi tecnici, le basi della riforma, di cui analizza con sicuro acume ed elegante obiettività le fasi, gli errori, le speranze future. I tedeschi avevano pompato la ricchezza-privata del Belgio non tanto con requisizioni e atti di estorsione violenta, quanto con l'introdurvi il marco, rendendo cr> si il piccolo Regno solidale col grande Impero nella moneta cattiva. Primo atto della liberazione, a guerra vinta, fu di assicurare i cittadini che non avrebbero sofferto nessun danno in causa dei marchi: il governo nazionale li ritirava alla pari, al rapporto di 1 M. — fr. 1,25. Cosi fu che 6109 milioni di marchi uscirono dalla circolazione, dove entrarono invece 7635 milioni di franchi. Questa fu la ragione — e, va detto ad onore del governo belga, l'unica ragione — per la quale esso ricorse all'emissione cartacea: e ancora una parte dell'operazione venne coperta mediante un prestito, sicché il debito del Tesoro verso la Banca Nazionale restò effettivamente di 5600 milioni di franchi. Le conseguenze dell'inflazione, anche nel Belgio, non si fecero sentire immediatamente. Fra il 1919 ed il 1920 tutto il mondo era inflazionista. Le industrie lavoravano dovunque in pieno, a colmare i vuoti dei magazzeni: ì belgi avevano riveduto con entusiasmo i biglietti della Banca Nazionale, nella quale avevano piena fiducia, sicché non si pensava ad una esportazione di capitali: i prezzi delle merci e dei valori salivano in tutti i paesi, dando una dolce febbre: la certezza che la Germania avrebbe pagato, e presto, tutti i danni e tutte le spese, apparteneva al genere degli atti di fede che nessuno discute. E il governo si abbandonava a spese larghe di ricostruzione, collocando con facilità i prestiti necessari. Tutti ricordiamo quel biennio, in cui solo in pochi malinconici battevamo inutilmente sul tasto delle economie. Nel felice Belgio, che prima della guerra contava i cittadini fra i meno tassati d'Europa (61,50 fr. annui di imposte per abitante, contro 123 fr. in Francia e 133 in Inghilterra), ancora nel 1919 le entrate fiscali davano 370 milioni di franchi, di fronte ai 351 del 1913. Ma il risveglio Tu pronto: nel 1921 il gettito delle imposte era balzato a 1416, e nel 1925 a 3540 milioni: l'aumento del carico tributario, in confronto al 1913, era salito a 408 fr. per abitante, con una maggiorazione del 981 per cento. Ma se questo sforzo aggiustava, bene o male, la parte ordinaria del bilancio, quella straordinaria non riusciva a fronteggiarsi che coi debiti.- emissioni di prestiti all'interno, emissioni agli Stati Uniti, e, dal 1922, ricorso ai buoni del Tesoro. Mentre le illusioni dell'immediato dopoguerra svanivano, le crisi mondiali si succedevano, gli scambi internazionali languivano e i cambi rincrudivano, il debito pubblico saliva entro il 1925 — fra interno ed esterno — a 45,780 milioni, di cui oltre 16 miliardi fra fluttuante ed a breve scadenza. ncrrgsvvcspe3cqsoctbaqLIl giorno 11 novembre 1925, il Governo belga di quell'epoca presentava alla Camera un progetto per il risanamento -della circolazione fiduciaria, la stabilizzazione della moneta e la riforma statutaria della Banca Nazionale. Le basi di questa riorganizzazione poggiavano su 600 milioni di nuove imposte, per assicurare l'equilibrio del bilancio; su un prestito di consolidamento della moneta, da contrarre all'estero con inErportanti Banche di cui il Ministero affermava essersi garantito il concorso, per 150 milioni di dollari; una politica di cambio controllato, in forza della quale la Banca Nazionale manteneva il franco belga a 107 con la sterlina (saggio fissato per ila stabilizzazione), svincolandolo così dall'antico suo legame con il franco francese, che già a quell'epoca era precipitato intorno a 133-134. Nella Commissione del bilancio l'onorevole Franck, dichiarandosi d'accordo nelle finalità col Ministero, criticava il progetto sui punti seguenti: 1) La stabilizzazione artificiosa del franco al livello troppo elevato di 107. «La moneta — egli avvertiva — non è se non una misura comune. Se la vostra misura, che oggi ha una grandezza di 25 centimetri, la fate passare a un metro, tutto rerruilìbrio economico ne uscirà spezzato. Sotto il pretesto di riparare ari danni del passato, si verificheranno le più? profonde ingiustizie pel presente ». 2) In' ogni modo, erano le misure governative tali da preparare bene l'operazione ? L'on. Franck lo negava. Innanzi tutto perchè il bilancio pubblico non era consolidato in guisa da superare anche le modificazioni che in esso avrebbe portato la variazione del cambio. In secondo luogo, perchè mancava ogni misura atta a fronteggiare le scadenze dei 5 1/2 miliardi di buoni a' breve e brevissima scadenza. Infine, perchè la riforma veniva in un momento cattivo, quando la discesa del franco francese creava una bilancia di pagamenti sfavorevole al Belgio, atta a depauperare di per sè' stessa la riserva di cambio. Il progetto governativo non tenne conto di questi ammonimenti verbali e scritti e divenne legge il 26 febbraio 1926. Tutti si aspettavano il collocamento del prestito' estero di 150 milioni di dollari. Bruscamente, il lunedì 15 marzo la sterlina, iniziatasi in apertura di Borsa a 107, balzava in chiusura a 122 franchi. Il gran pubblico apprendeva ohe le trattative con i banchieri esteri erano rotte: e che la Banca Nazionale, dopo avere consumato per il sostegno del franco 20 milioni dì dollari in tre giorni, cessava di controllar ne II corso, per ordine del Governo. Al 31 marzo il Tesoro aveva già dovuto rimborsare 600 milioni di Buoni, prendendo a prestito alla Banca Nazionale e all'estero, con garanzia di cambio; altri 1200 milioni maturavano nell'anno. E intanto si delineava l'esportazione dei capitali e la sterlina saliva per saiti a 1-48 franchi. czlnbavlsmdsdpvspdcracndsr1g1negtlglpmBltSvLa discussione alla Camera fu penosa. Il Ministero si soffermò particolarmente su gli effetti spiacevoli della crisi, che non sulle cause che l'avevano provocata, criticando particolarmente i banchieri stranieri, i quali all'ultimo momento avevano affacciato richieste di garanzie incompatibili con la dignità,del Governo nazionale. 11 gruppo liberale, con l'on. Franck, dovette dimostrare ohe la colpa vera risiedeva tutta e solo nel Ministero. La restrizio- ne del credito, necessaria per sostenere il cambio, aveva provocato le domande di rimborso di Buoni del Tesoro. Quali misure preventive si erano prese per fronteggiare o troncare queste domande ? Nessuna. I banchieri esteri nell'ottobre 1925 avevano piena confidenza nel Belgio. Poi si vedono domandare 27 milioni di crediti di cambio, che vengono gettati nel vortice per sostenere artificiosamente il franco a 107: più tardi se ne sentono richiedere altri 27 : e infine ancora ricevono una domanda di 35 milioni contro dei Buoni • di cassa a cambio garantito. E' evidente allora che quei banchieri pensino che in tal guisa si sono già impegnati 90 milioni di dollari, ossia circa 2/3 dei 150 milioni. E allora si chiedono: Cosa rimane di liquido e di netto al Belgio per operare e mantenere la stabilizzazione ? E quid, dei Buoni del Tesoro ancora da rimborsare? Qua! meraviglia che quegli uomini si sentissero inquieti? E infine, quanto ai «cattivi cittadini» che esportavano capitali alTesterd, èssi <bt otto mesi vedevano il franco fermo intorno", a 107, quindi avevano acquistato piena fiducia nel risanamento legale di esso 6 avevano prorogato molti pagamenti ad operazione compiuta. Ad un tratto il cambio crolla, in un con le loro speranze. Noni era logico, anzi indispensabile che facessero ressa a comperare divise estere per coprirsi dei rischi futuri e dimirmire' il più possibile le perdite presenti? Aveva ragione l'on. Franck di concludere — dopo aver per delicatezza sorvolato sulla balorda operazione pel sostegno del cambio fatta eseguire alla Banca Nazionale — che con tutti quegli errori, ; pur rilevati in tempo utile ma inutilmente, ai era giunti « al disastro più grande a Sol mai ministro delle Finanze nel Belgio avesse portato il paese ». Il 7 maggio il Ministero Janssen rate gnava le proprie dimissioni. Il Belgio ai avviava alla rivincita. ATTILIO 4MB1ATW

Persone citate: Franqui, Janssen, Luigi Franck