Come sì è preparato all'impresa

Come sì è preparato all'impresa Come sì è preparato all'impresa Dall'udienza con Mussolini sull'atlante all'esperienze nell'officina L'allenamento in aria e in terra: anche la « boxe » — Una «mascotte» originale: il grammofono che canta la canzone napoletana — L'alleggerimento dell'apparecchio a forza di carta vetrata: 100 lire ogni chilo — Il trasloco da Sesto Calende a Cagliari e il volo africano. Milano, 16, notte. ! Ora che De Pinedo sta compiendo la sua | grande impresa aviatoria, è consentito ri-. velare quelle che furono le fasi conclusive della prepai azione, fino ad oggi ignorato. ! In un giorno del marzo dello scorso anno, 11 cotoni. Cella, amministratore der legato della ' Isofta-Fraschini, magnifica tempra di lavoratore e di organizzatore, riceveva dai De Pinedo una telefonata. Il comandante era a Milano e desiderava di vedere il Cella di tutta urgenza. L'incontro fu fissato nello $tabilimento in via Monte Rosa. « Sta bene! » Francesco De Pinerio scartò qualsiasi preambolo e consegnò subito al Cella una lettera autografa di Benito Mussolini, che presso a poco diceva : « Il colonnello là parlerà di un nuovo volo. Bisogna fare quanto domanda ». Lettera laconica, ma categorica, più imperiosa di un' comando. E come un comando l'accettò senza riserve il comm. Cella che rispose a De Pinedo essere a su,a completa disposizione. Non chiese di più e non volle sapere di più. Renito Mussolini, ,.>ochi giorni prima, aveva ricevuto il col. De Pinedo, lo aveva ascoltato per( un'ora davanti ad un Atlante e, ad una ragnatela di linee tracciate su di una carta e di grossi punti fermati n distanza ed aveva detto: ""Sta bene!». Era stato il viatico augusto e lapidario per la grande conquista compiuta. De Pinedo fu subito presentato dal, comm. Cella all'ing. Cattaneo, il piti esperto costruttore di motori che conti, ben si può dire, l'Italia da 25 annh studioso di ogni perfezione, ma anche con lui l'aviatore non volle essere molto loquace. Interrogò il. Cattaneo su qualche dato tecnico, lo ascoltò a lungo, ma lo lasciò senza un benestare. « Un motore che lavora per 24 ore » Tre o quattro giorni dopo il comandante ritornava allo stabilimento ed ex abrupto diceva al Cella : « Io ho bisogno di un motore che lavori per 2i ore, consecutive >v LI 1;, la proposta fu come lina tegola sai capo del Cella. Aveva si nella fabbrica un. motore del Cattaneo, che aveva lavorata per 150 ore, ma non. già consecutive. « As-; srumo io tutti i risebi e tutti i sacrifizi »[ aggiunse De Pinedo. Ma non erano.questi! poteva capacitare dello scopo. Comunque, poiché il Cella non è l'uomo-delle perples- : . • A ,\ J! i; , j„ I _ ._. >__ .r. i che preoccupavano il Ceua. Lo stordiva làl^novità" dtìrc^perhiiénto. in quarrto non si-'nsita, dh;se di accettare e la prova fu fissata ì per il giorno successivo. | li motore Asso assordò i presenti perHtrenta ore, per sei ore di più di quelle desiderate da De Pinedo, ma volute dal Cella, entusiasta pure lui dell'esperimento. Il sorvolatore dei continenti non è espansivo, non ride, non sorride spesso, ma, dopo la prova, rallegrandosi con il Cella e col Cattaneo ebbe espansioni vivaci ed affettuoso di compiacimento. Orami l'anima era stata trovata — non si trattava più che di qualche dettaglio — occorreva quindi rivestii la del corpo; cioè al motore (precisamente due dello stesso tipo) adattare l'apparecchio. I due motori furono perciò trasportati a Pisa e si trattò con ia Dorrner Vali; ma pure trattandosi quivi di apparecchi di caratteri etiche di primissimo oidine, non parvero sufficienti all'intento che De Pinedo si proponeva di realizzare, ai com foiò aria, e si cambiò ditta e, sia ii De Pi nedo sia il Cella, si rivolsero alla Savoia, a Sesto Calende, per l'S. 55, l'apparecchio attuale. A dire ii vero i pochi tecnici -ne in miei giorni avvicinarono il comandante, prima a Pisa e poi a Sesto Calende, non si diedero facilmente ragione della seconda scelta e dell'abbandono quasi immediato della prima. Nessun progetto era sfuggito.dalla bocca dell'aviatore, nessun cenno- che potava far intuire le sue intenzioni. Parlava, si. di un vedo audace, rischioso e periglioso, ma non nominò mai l'Atlantico; Siuttosto preferiva insistere sulla durata eirimpresà; che diceva lunghissima e che abbisognava di mezzi di resistenza eccezionali. Ora, anche per i tecnici, la scelta dell' S. 55 è spiégatissima. Boxeur : i Fissato il motore e l'apparecchio, l'organizzazione fu iniziata in novembre: 11 comm. Cel'a mise- a disposizione del comandante la sua villa di "Marina, civettuola e deliziosa, accncciata fra i faggi e le betulle, in vista del lago, e De. Pinedo, in pochi giorni la trasformò in un arsenale: due barche a vela, due motoscafi, due automobili e due S. 55, uno piccole e uno grande, con tutti g't anness1 e connessi, mpcanism' ed arnesi, dup'icato. De Pinedo s'installò subito con i suoi compagni, il Del Prete e lo Zacchetti, obbligandosi ad uno speciale regime di vita anche fisico, come uri boxeur in nllen amento. Ogni mattina^ una lunga passeggiata a piedi per la bella strada, profumata dagli oleandri fiancheggiati dagli incanti del Lago. Poi un'ora di golf, poi due ore di tennis, del quale fu sempre anpassionatissimo. Abbiamo detto che il suo regime arieggiava n'entanto quello di un boxeur; ed anche De Pinedo infatti, ogni mattina, prima di uscire, si esercitava alla boxe; fungeva da puncing-ball il suo atletico Del Prete, il quale un mese dopo, peraltro implorò la dispensa. De Pinedo pugilatore focoso, minacciava di riformarlo e di Impedirgli se proseguiva in quel metodo di accompagnarlo nel volo. Cosi. Del Prete fu sostituito con un boxeur dilettante, che pigliò tanto gusto ai ^pugili di De Pinedoda •ssere oggi avvilito che quel gaudio ^io cessato. Risulta r- dicesi — che in apn^na due mesi l'aviatore abbia fatto dei progressi pugilistici davvero mirabili, acquietando uno stile da fare invidia ad ì un boxeur di professione. Egli epa lusin | gato del sueepsso ed appariva quasi umi¬ Hiato di ncn poter fare a pugni anche in cielo. Questo che abbiamo descritto era il programma dei giorni dedicati alla terra. L'altro, quello dei giorni riservati al cielo, era al contrario veramente aereo. Per tre ore De Pinedo stava librato sul lago e sui monti con un apparecchio di allenamento, perfettamente identico a. quello del volo. E De Pinedo faceva l'aviere un giorno si ed un giorno no. ed al ritorno le sue osservazioni erano sempre copiose e meti. colose: ora per il consumo, ora per la velocità, ora per l'altezza. E nel cantiere si lavorava, si modificava, si perfezionava,' ed egli stesso scriveva le correzioni o gli appunti, o sorvegliava che i suoi suggerimenti fossero ascoltati. Vero è che si di¬ mostrava incontentabile e che sbalordiva per le minuzie ulle quali badava. — Ma in alto — egli spiegava — bisogna guardarsi anche dalle farfalle... Il grammofono-mascotte De Pinedo, come tutti gli aviatori, è ! superstizioso e come tutti i superstiziosi j aveva la sua mascotte : nella Villa di Mei- j na l'aveva trovata.. No, no, non immaginereste mai in che cosai Niente amuleti, niente ammali, niente uomini. Il suo portafortuna era un grammofono ed era, per essere precisi, una certa canzonetta napoletana, che tutti conoscono e che non nominiamo perchè la reclame all'editore sarebbe eccessiva. Allorquando De Pinedo piantava nel grammofono quel disco, e dopo i gargarismi di rito le note della canzone cominciavano ad espandersi ed egli seguiva solfeggiando il ritornello, qualche cesa di buono, di caro, di lieto capitava sempre. era un telegramma, era una notizia, era un suo motorista che lo informava di un particolare riuscito, era un suo compagno che gli comunicava ù successo di un da*o esr^e ri merito, era un suo calcolo tormentato nel cervello per tutto un giorno, che guizzava su' nitido e composto. Allora De Pinedo. come un bambino, rivolgeva al grammofono parole belle, gli stava accanto ad osservare lo sgranarsi del disco, con riconoscenza, con tanta letizia, con tanto trasporto come volesse abbracciarlo: disco, cassetta, imbuto, tutto in blocco. Superstiziosissimo, la canzone della fortuna la faceva suonare quasi ogni giorno. Ma quei di Mefaia non lo seppero mai. Guai, altrimenti, poiché chi sa che folla setto le finestre e quale coro rintronante nel giardino! Invece, la canzone restò tutta per lui. per De Pinedo, nel salone di centro, e non poteva spaziare lontano. Fu per questo che il comm. Cella ebbe una im.iziia.tiva gemit.ile, indovinatissima. Gli nascose nel!' ap parécchio, a sua insaputa, un grammofoinio l'ilBrpuztano (000 mr.ammii in tuttol con il disco « port-bonheuir ». La cosa fu deofisa e pnepem&fca fsn seigreto, i perchè c'era amcJie il pericolo che l">e PiInedo, oosì crudele per il carico di bordo, • ave?Fie fatto urna smorfia e m agnini avesse ' mmuVoAjo im airiia anche la « mascotte ». Si, .dwiaarto magarli convimitn che a tanto non si flpinebhe deciso, convihtfesnimii che egli, laggiù, .in aieio d'Africa, quando Del Prete glie l'avrà mostrata, sarà soh5>alzato dalla elbfiu, e di sicuro avrà girato la manovella ed ascoltato, col cuore gonfio e Qualche- lacrima grossa, la cia,nwi.ne fiorita sotto H ctolocosi Iomta.no di Napoli. L'allega rìmt»>n*o La rigorosità di De Pinedo al momento jdel carico rimarrà memorabile. Si pensi i che a Del Prete ed allo Zacchetti non con! sentì che un chilo di'biancheria; egli se Ine concesse cinque non volendo abbando!nare la divisa, quella che indossò prima id: partire da Bokima. f.e riserve di viveri | caricate a Sesto furono calcolate appena per 15 giorni, pur di avere benzina ed olio in abbondanza, cioè i 3000 chilogrammi stabiliti. Ma c'è di •più: poiché le intelaiature in legno dell'apparecchio gravano con un peso maggiore per l'umidità, prima di farle inverniciare volle che fossero ancora seccate con soffiatori caldi e, non soddi¬ sfatto, promise agli operai 100 lire di 'regalo per ogni chilo di alleggerimento. E gli operai giù a raspare ed a strigliare con là carta vetrata, fino a gonfiarsi le mani net. tre q quattro giorni consecutivi! Sicché, alla fine, fu ottenuto un alleggerimento di ben venti chili e gli operai si ripartirono la non leggera somma di duemila lire.. Il trasloco — cokì lo sii può chiamare — da Sesto a Cagliari, avvenne >iil giorno 6, ed urna settimana prima De Pinedo eira ftato a Roma ricevuto dal Re e dal Ducè.. Ad entrambi, e solo ad essi, egli deve aveire parlato deil suo piano e del saio taataitivo transatlantiico. In.siierdiamo: non lo palesò ad alcun altro, niemmeno quando a Sesto ■Calende sii era arrivati alla vigilia. Con 10 stesso OeUia, egli ebbe iim'allusione, assai fugace e vaga e sibillina: — Se avessi — gli diisse — .il 5, la fortunia di decollare a Bolama con 3100 chili, tento la travasata deli'Atlainitiico senza tappe... La decisione di abbandonare Sesto Calande la comumicò ii mairtedi: sapeva cha 11 Tirreno era pessimo, ma sapeva che» al contrario, l'Atlantico era ottimo, tranquillo e quieto con previsiotrui buone atnche por il futuro. In anticipo ' Era disposto a portarsi in alto, molto la alto, fino alle coste africane. Da Sesto parti come un soldato, non volle cerimonie, niente abbracci. All'alba furono caricati-gli ultimi apparecchi compcese le macchine fotografiche. Alle 10 sali a bordo con i tre compagni ed alle 11 precise, salutando con un grande gesto, partiva. A terra lasciava tre persone.: il Cella, la signora dello Zacchetti e l'ing. Cattaneo, che seguirono l'aereo fino oltre i monti Alle 16 De Pinedo ammarrava a Cagliari. Sono noti i particolari dell» partenza ufficiale dalla città saTda alla presenza di S. E. Balbo e delle altre autorità. Sarà nuovissimo invece il fatto che egli, arivando a Bolama, fu in anticipo sui suoi calcoli poiché le tappe dovevano essere soltanto giornaliere. A Bolama egli sbarcò il Degli Innocenti (80 chili); varil apparecchi per altri 100 chili, le macchine fotografiche e l'intero bagaglio dell'equipaggio, di De! Prete cioè e dello Zac chetti. Volle anche che gli indumenti di entrambi fossero i pii) leggieri: egli però ■non si spogliò della divisa volendo presentarsi vittorioso sul suòlo brasiliano con le mostre di un Colonnello d'Italia. I IGIUSEPPE BEVILACQUA. La partenza in volo per Massaua del Governatore dall'Eritrea Gasperinl Roma, 16, notte. Oggi alle ore li all'idroscalo di Vigna di Valle (Bracciano) è partito in volo sopra un velivolo militare monomotore di squadriglia tipo Savoia, S 59, Gasparini, governatore della Colonia Eritrea, diretto a Massaua. L'apparecchio farà scalo successivamente b Taranto, Atene, Candia. Alessandria d'Egitto, Porto Said, Massaua. Il velivolo rra pilotato dal tenente dell'Arma aeronautica Baistrocchi. Una pattuglia di 20 idrovolanti di vario tipo ha scortato il velivolo del governatore sino oltre Ostia A bordo di questi apparecchi, avevano preso posto il conte Volpi, ministro delle Finanze, l'nn. Balbo, sottosegretario di Stato per l'Aeronautica, ecc.