GAVARNI

GAVARNI GAVARNI Un interessante volume di André Varnod compareo, alcune settimane far, a Parigi in elegante edizione illustrata, richiama ancora una volta l'attenzione di coloro che amano l'arte francese dell'Ottocento su Gavaina, che ebbe per vero nome Guillaume-Sulpioe Chevallier e che, nato a Parigi il la gennaio 1804, vi mori il 24 novembre 1866. Nessuno forse più di Ini è,penetrato addentro nella misteriosa e bisbetica anima femminile; nessuno meglio di lui ha saputo fare risaltare il fascino delle belle forme muliebri sotto l'eleganza dell'abbigliamento moderno. Sì, Gavarni, così come Watteau, cosi come il giapponese U tamaro, è un pittore della grazia femminile; la sua matita è impareggiabile nel piegare con sapiente morbidezza uno scialle Cachemire intorno alle vita snella di una gio- vane signora, nel chiudere un frésco volto di fanciulla in fondo ad uno di quei cappelli a cappuccio col largo nastro annodato sotto il mento che erano di modi, verso il 1830, nel lasciare intravvedere unij gamba ben tornita nella penombra di', una gonna un po' rialzata per evitare la polvere ed il fango, nel fare indovinare la bianchezza tentatrice di un morbido seno sotto la scollatura di un abito da ballo o dietro la trasparenza di una vestaglia. La vecchia e 6empre nuova commedia femminile, che tante volte precipita nel dramma o prelude alla tragedia, ricompare, don le sue astuzie, con le sue perfidio, che già ci avevano fatto ridere e talvolta ci avevano resi pensosi in Boccaccio od in Lafontaine, in una famosa serie di 47 tavole, date al principio della Bua carriera, dal Gavarni allo Charivari, col titolo di Fourberies des femmes en matière de sentiment. La donna, nel fascino eccezionale che le danno l'allegria tumultuosa della folla in festa, l'eccitamento della"danza, il mistero voluttuoso della maschera e dei travestimenti, ecco un' altro dei soggetti preferiti da Gavarni e ad esso egli ha consacrato un centinaio e più di litografìe, fra le più caratteristiche sue, giacchè esse evocano uno spettacolo ohe, dopo aver avuto tanti giorni o, meglio, tante notti di gloria trionfale, può considerarsi come definitivamente scomparso nei nostri tempi di scetticismo amaro e di pessimismo truce: il ballo mascherato dell'Opero. Sfogliando le pagine che il Gavarni ha dedicato a ritrarre la gioconda follia carnevalesca, rileggendo i dialoghi così arguti e paradossali che accompagnano ogni stampa od anche le eoe-' ne del primo atto dell'i?enriette Marèchal dei Goncourt, non si può fare a meno di sentire un po' d'invidia per quella gioventù di settanta e più anni fa, — tanto diversa, ahimè !, da quella d'oggigiorno — la quale sapeva divertirsi con così ingenua convinzione e con così fervido entusiasmo. Fra i pierrots, fra i postiglioni, fra gli orsi, fra i selvaggi e fra tanti altri bizzarri e grotteschi travestimenti troneggia la belata femminile in un costume elegantemente civettuolo, il costume da: dèbardeuse, che è una deliziosa creazione del Gavarni « di cui ecco l'esatta descrizione: calzoni di velluto nero, che disegnano con procace compiacenza la curva delle anche ; fascia di seta rossa od azzurra, che stringe i fianchi ; camicetta di raso bianco largamente scollacciata, che non nasconde nè il candore delle braccia grassoccie, nè i vezzi del petto fiorente; capelli incipriati e spioventi ■olle spalle. Guardatelo in opera questo costume di baccante moderna nella tavola che porta per motto : * Il lui sera beaucoup pardonne parce qu'elle a beaucoup dante * e ditemi se si può immaginare nulla di più grazioso e seducente. La grisette e lo studente erano i più assidui frequentatori dei balli mascherati dell'Opera e sopra tutto di quelli tanto più .liberi e clamorosi dell'ampia sala-della Yendanges de Bourgoane, impiantata dal celebre Chicard ohe, con le sue ardite crea- rioni coreografiche, ha fornito tutta una serie di- neologismi alla lingua francese. £ adesso la- grisette e lo studente, così come il carnevale, non sono più quelli di settantanni fa e per averne un'idea, per quan- to molto idealizzata, bisogna ricorrere alle canzoni di Béranger, ai romanzi di Paul de Koch, di Murger, di Champfleury, ai racconti di Alfred de Musset; bisogna ri- correre alle litografie di Gavarni. La vita in due nelle camerette così poco mobiliate dell'antico Quartiere Latino, con nna candela piantata dentro una bottiglia accanto alla pipa od ai codici od ai trattati di anatomia, con il' letto in disordine, con un cappellino di donna sopra ad un teschio sdentato, ci appare piena di letizia e di spensieratezza nelle sessanta stampe degli Etudiants. Tratto tratto, sì, vi sono giornate in cui si digiuna, ma poi giunge la lettera sigillata coi quattrini della fa- miglia ed allora si fa baldoria. In un ambiente d'eleganza e di corruzione ci trasportano invece gli albi dedicati a rappresentare la vita delle lorettes. Quest'appellativo di lorette, creato da Gavarni e suggeritogli dal quartiere di Notre Dame de Lorette, fece fortuna a Parigi e per molti anni le donnine galanti non furono in altro modo nomate che così. E la più completa monografia della vita galante parigina di circa un cinquantennio fa noi, l'abbiamo nello centoventi tavole disegnate dal Gavarni, di cui le ultime trovansi raccolte sotto il titolo di Les Partageuses, un'opera questa in cui il disegnatore e lo scrittore dei motti lottano di finezza, di delicatezza, di profondità d'osservazione. Gavarni ha studiato, con rara lucidità di osservazione e con profondo acume psicologico, ron soltanto la donna, ma anche i bambini, la cui perversità a metà coscien- te od affatto ingenua, manifestantesi in riflessioni fuori proposito od in rivelazioni improvvisate, egli ha messo bene in luce in una serie di litografìe, Les enfant* terribles, ohe è la più popolare fra tutte quelle dovute alla sua matita e che certo molti dei miei lettori avranno avuto occasione di contemplare, sorridendo ai motti ohe le accompagnano. Chi, ad esempio, non rammenta la risposta famosa, che condensa in poche parole l'immenso egoismo infantilet t Petit Chirubin, j'ai apporté du bonbon pour bout, je vous le donnerai quanti je m'en irat », dice un vecchietto brutto e deforme ad un bimbo prendendogli il ganascino e questi replica subito: «— Eh bient Mosieu donne-le-nvai tout de svite et puis va-Uen. Chi,non -rammenta tante altra scene tragicomiche e le indescrivibili espressioni di candore, di malizia, di pretensione dei piccoli carnefici f Avanzando negli anni, Gavarni perdette quel non so che di sorridente benevolenza, che addolciva spesso la caustica inesorabilità della sua osservazione e che da qualcuno, ohe non ■ gli perdonava il «carattere aristocratico della sua arte ed il suo scetticismo verso gli interessi politici lo aveva a torto fatto accusare di frivolezza; la sua vena divenne amara e jspietata e, dopo aver mostrato gli aspetti giocondi1 dellaJ giovinezza egli, persuaso della crescente" malinconia, trovò un'acre soddisfazione ad esporre le tristezze, i disgusti, le abbiettezze degli anni di vecchiaia. % - Nulla di più tragicamente terribile di quella serie di disegni, ohe egli ha intitolato Les lorettes vieillies e che ed presentano le vezzose ed eleganti peccatrici, a ritrarre le quali la sua matita erasi a lungo compiaciuta, così come la miseria, la malattia, i dispiaceri le riducono. Ahimè, chi oserebbe riconoscere in quelle creature flaccide, sdentate, e cadenti, costrette a fare i più umili mestieri, in quelle lagrinievoli rovine umane le antiche invidiate e corteggiate regine della vita galante? Ma il disegnatore non ci permette il dubbio e ci arresta frementi e tristi," dinanzi ad esse e ci costringe ad udire le confessioni dolorose ed i rimpianti non meno dolorosi che sìnggonó dalle loro labbra livide ed aggrinzite. L'una, obbligata ad una pesante servitù e lottante sovente con la fame, borbotta, non senza un certo orgoglio al ricordo dell'antace, gloria: « —Encorel si j'avais autant de ménages à faire... que j'en ai défaits/ » e l'altra, stecchita é macilenta nei suoi abiti di lutto, impallidisce sotto l'ingiuria che le lancia una donna del popolo: « Mes respeèts chez . vous, M'ame veùve Tout-le-mondel ». La misantropia del Gavarni andò sempre più inacerbendosi ed aggravandosi, rendendo più severa, più robusta ed anche più possente la sua airte, giacchè è incontestabile che'le opere che attingono la loro ispirazione nel dolore riescano di ; gran lunga superiori a quelle ispirate dalla gaiezza, è innegabile che l'qsservazione pessimistica dell'esistenza raggiunga un'intensità emotiva'che quella ottimistica o semplicemente benevola non otterrà mai. L'opera capitale di questa seconda maniera è quella ohe porta per titolo: Les propos de Thomas Vireloque e che è una feroce ed inesorabile requisitoria contro l'umanità tutta e contro la vita moderna. Questo Thomas "Vireloque che £1 Gavarni fece il portavoce dell'umore pessimistico dei suoi ultimi anni che lo spingeva a negare ogni progresso, umano, questo vagabondo cencioso, la cui testa ispida ed enorme poggia su di un corpo un po' curvo ma tuttora robusto di vegliardo*- è un tipo mostruoso, il quale ha, nella faccia contorta, monocola e bestiale, una specie di romantica parentela col Quasimodo vittorughiano. Egli, con tra mano un nodoso bastone, coi grossi occhiali sollevati sulla fronte, con una falcetto attaccata alla cintola, vassene, a piedi nudi, ramingo pel mondo come un Ebreo Errante e,1 tratto tratto, si sofferma per commentare con acerba ironia le scene ohe si presentano al suo unico occhio cisposo. In questa rapida scorsa che ho fatto attraverso l'opera così svariata, così interessante ed a volte così geniale di Gavarni, non ho avuto l'occasione di citare, neppure una volta, una'stampa-politica ; ed invero Gavarni era uno scettico impenitente in fatto di politica, giacchè era convinto ohe più essa cambia, più è la medesima cosa. E' naturale quindi che la politica, che aveva sì forti attrattive pel I>aumier, non ne avesse punto per Gavarni ; pure egli, nella sua vecchiaia,. pubblicò un albo intitolato Histoire de ~y>olitiquer, lasciandosi vincere dal bisogno pessimistico di esprimere il suo profondo disprezzo per lo spirito pubblico, ohe egli soleva definire così: < Quello che chiamasi spirito pubblico è la buaggine di ciascuno moltiplicata per la buaggine di tutti ». Di questo albo mi limiterò a ricordare le figure così parlanti di due bravi borghesi che discutono di politica e di cui l'uno, ficcando le mani in tasca, avanzando il ventre ed inarcando le ciglia, esclama: t Ouìl mais n'ébranlez pas l'édiflce sociali ». Oh, l'impagabile comicità di questa frase, che riassume tutte le paure e tutto l'egoismo dottrinario dei piccoli politicanti! Pittore di costumi deve considerarsi il Gavarni, checche altri ne abbia scritto, più e meglio ohe caricaturista, ' come lo dimostra del resto l'essere rimasta pura la sua matita da ogni attacco personale (unica eccezione fa una stampa satirica disegnata in gioventù contro Carlo X) e l'avere con assidua cura evitato ogni deformazione ed ogni esagerazione dello figure, che egli copiava direttamente dal vero. Pittore di costumi insuperato ed insuperabile egli è, sicché bene a ragione Paul de SaintVictor poteva dire della sua Opera ohe essa meritava di essere intitolata: « Mémoires de la vie privée du dix-neuvième siede » e ben a ragione egli ha potuto essere posto a raffronto con Balzac, di cui possedeva il grande amore pel vero, senza però avere quella visione ingigantitrice e quella tendenza a trasformare gl'individui in tipi generali, che ravvicina l'autore della Comédie humaine piuttosto al Daumier. E giacchè ho fatto il nome di Daumier, debbo pur dire quanto io trovi ingiusti così coloro che lo proclamano, persuasi forse da simpatie politiche che dovrebbero rimanere sempre estranee ai giudizi estetici, di gran lunga superiore al Gavarni, come quelli che lo dichiarano di gran lunga inferiore. Artisti creatori ambedue nel senso più elevato della - parola, osservatori ambedue di eccezionale perspicacia, possessori ambedue di una tecnica mirabile nell'u-so della pietra litografica, Daumier e Gavarni sonò due temperamenti del tutto differenti e posseggono doti affatto diverse. I-ftmo, più semplice, più robusto, più classico, è essenzialmente un disegnatore e sceglie quindi figure e scene di tele spontanea efficacia plastica e di tale unicità evidente di espressione che le sue tavole possono fare a meno del commento di un motto il quale del resto, assai ' spesso, non è neppure scritto da lui. L'altro, più ricercato, più sottile, più moderno, riceve dagli spettacoli ohe contempla una duplice impressione e come pittore e come letterato, ed egli le raccoglie entrambe e le .accoppia, senza che mai si contraddicano, nelle sue composizioni, le quali così riescono ad esprimere sottigliezze di sentimento e raffinatezze di sensazione, ohe il disegno da solo sarebbe impotente a cogliere. VITTORIO PICA,

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