La storia della spagnuola

La storia della spagnuola La storia della spagnuola ;:Chiunque s'appresta a rintracciare nel passato l'orme dei grandi mali onde ei afflisse rumataìta, rinviene spesso la sua strai a inceppata dai profondi cambiamenti con cui uno stesso morbo, con cui un'unica epidemia s'appalesò- inutempì diversi od in. variate località. Un tale inciampo ancor più elaggrava. su pel càramino nei secoli percorso dalla febbre influenzale, sopraggiunta fra' i popoli ór'oon caratteristiche1 benigne ed or con malvagie complicanze, or con rapido decorso ed or con persistenza ostinata, or diffusa ad interi continenti ed or circoscritta a limitate regioni, volta a volta fissando le sue predilezioni all'albero circolatorio, al sistema nervoso, al'apparato digestivo, cosi' da meritarsi una denominazione nuova ad ogni suo riapparire in mutato abbigliamento. E la gravità accademica l'inserì nelle rubriche dei Catharri epidemici o delle ceplialalgìac con-, agiosae, e la pubblica spensieratezza la battezzò col nomignolo di mal del bazzuccolo o di' mal del montone, raccolse col'epiteto di la baraqu&tte o di la dando, e quella che era la grippe in Francia, divenne in Germania il russischer latarsh, .per trasformarsi da noi in febbre spagnuola. Astraendo per altro dall'ipotetica apparizione del morbo segnalata in Roma addirittura 488 anni prima di Cristo, quando, al dir di Dionigi d'Aliearnasso «Jion si estose più in là che a far malati», astraendo da quella sua prima lontanissima epidemia, l'infermità venne inizialmente designata proprio con queHìappellativo di influenza chef>er verità si prodigava in allora a .qualsivoglia malattia, ingenerata, giusta le concezioni dominanti, dall'influsso maligno degli astri o dalla viziata composizione dell'aria. Così Domenico di Buoninsegni accenna ad una « influenza' di freddo» che nel 1323 percorse tutta l'Italia; così Matteo villani racconta di una altra « influenza » ohe, neHrtoverno del 1358, <i fece infreddare poco meno che tutti i corpi umani della città e del contado e distretto di Firenze e delle circostanti vicinanze ». Nè tanto presto doveva estinguersi quel centagio se, avanti il finir del trecento. Valesco di Taranto enumerava altre quattro ricomparse del male, ognor ribelle ai cristeri, ai sudoriferi, ai decotti di eammornilla somministrati in abbondanza ad tossicolosi pazienti; E ben tosto l'ospite malaccetta rinnovò le sue visite sgradite, trovandosene menzione nelle cronache di Juvenal des Ursins e di Nicolas de Baye pel 1414, in sull'inizio del qual anno, « secondo la volontà di Dio, cadde sulla terra un aere pestifero che a Parigi colpi più di esternila persone ». E tutti si lagnavano di nausea e d'inappetenza, di febbre violenta e di debolezza generalizzata, di pesantore al capo e d'mdolenzimento degli arti, di sgocciolature dal naso e di arrochimento della voce al punto che in tutta la capitale francese non si rinveniva un prete per cantare una messa .od un avvocato per difendere una' lite. Il protrarsi delle convalescenze nulla toglieva però alla benignità dell'affezione contro cui i medici, nell'assoluta ignoranza del male, altro non sapevan censi» gliare fuor d'avvolger le teste nei berrettoni e d'affacciare i piedi ai caminetti : «Ifs tètes dans les coquebtchons et les pieds sur les chenets ». ' Dojjo tabane di minor rilievo, più imponente certo s'appalesò l'epidemia del 1580 mche, nel mese di giugno, dalla Francia si riversò in Piemonte, consentendo'all'abate Ghilini. annalistajnostrano, di ricordare come » questa infermità cagionava nn'ardentissima febbre accompagnata da tosse, distillazione di molti umori dalla testa, rossezza d'occhi e continuo stordimento; e tosto che alcuno era da essa assalito, subito anche gli altri che con quello abitavano in una medesima casa si attaccava, e chi non si guardava dai disordini o npn obbediva al medico correva gran pericolo di morte; per il che vi fu preso opportuno rimedio con alquanta dieta o col farsi cavar sangue dall'ordinaria vena, e in questa maniera l'infermo in meno di otto giorni ricuperava la sanità». Questa scarsa sua pericolosità, come al morbo guadagnava quassù il sovranmomedi mal galantino, così ancor persisteva al giunger della malattia in Roma di dove, 'sotto la data sei agosto, s'informava il Granduca di Toscana che, «continuando i caldi più che ntai, i due terzi della città sono ammalati di quel mate che si dice castrone, ma per gratia di Dio non ne muorono, e con un poco» di dieta <e con stare caldo passa via in quattro giorni ». « E' una sorte di male», soggiungeva il legato d'tjrbino presso la Carte pontificia, « che tratta peggio li convalescenti che gli' infermi : non ci potemo ribavere et lascia una fiacchezza insopportabile; si sentano delle recidive et sono pericidosisshnc ». E la gravità di quella «mala influentia » dweva essersi realmente accresciuta 6e, in sul finir di quello stesso agosto e per relazione dello Stesso ambasciatore, a quasi dieci' mila salivari le~ vittime mietute dal contagio entro la capitale della cristianità. Dopo- un rapido transito nel 1610, le mal à la. mode predilesse di bel nuovo nel 1657 il soggiorno parigino, obbligando i farmacisti a liquidare in quindici giorni le scorte di sciroppi, di zuccheri canditi e di tavolette di liquerizia apprestate per un anno intero; valicando poi in seguito''la Manica, si trasferì nel 1675 in Inghilterra dove le febbri e le tossi degenerarono prontamente Itt pleuresie ed in polmoniti, offrendo occasione a Tomaso Sydenham d'esercitare il suo genio clinico a stabilire le nature svariate 'delle concomitanti affezioni. Nè immune dalle febbri influenzali ri masè il secolo decimo ottavo, a principiar dalPanno 1709 quando Lancisi, l'archiatra papale, attribuiva in modo essenziale la malattia al freddo dominante, tanto che «le prigioni della Santa Inquisizione furono esenti da tale epidemia trovandosi vicine a fornaci che riscaldavano l'aria ed in posizione riparata dai venti del nord » Dai- nord infatti, dalla Russia si dipartì il morbo nel 1730 per spingerei fino al di là degli oceani nelle lontane Americhe, per soffermarsi in riprese diverse nelle diverse regioni spossando Luigi quindici il monarca galante ed i stizzendo Arouet di Voltaire-Tiroideo filosofo. E nel suo peregrinar vagabondo, durante il 1743-questa coquette du Nord capitò anche hi Torino, consentendo a Giambattista Bianchi d'intesservl una ,fli quelle sue Efemeridi medico-meteorologiche che in manoscritto si conservano presso l'Accademia delle Scienze. « Che. la malattia epidemica di ' questo inverno », annotava l'anatomico torinese, « sia da qualche effluvio peregrino portato qua e là per i paesi da vento o da altro, e non da quelle specifiche pioggie di dicembre o da altra specifica ihteinperie per allora della stagione, si è che ha cominciato qui da noi nel 'fin di dicembre e princìpio di gennaio, ed in novembre aveva cominciato e proseguito in altri paesi; eh? quando verso la metà di gennaio ha finito a noi, ha proseguito a Venezia e Milano; che quando ha finito in queste città ha tuttavia proseguito in Genova, in Roma; che dopo l'Italia ha attaccato Parigi e molte genti della Francia. Ora a noi dura giorni quindici, altrove un mese, altrove due o più; qui ad una costituzione di tempo o stagione, la ad un altra; in un luogo più fiera, nell'altro più mite, ma sempre la stessa catarrale malattia ». Tra-sformando di respiratori! in gastrici i suoi disturbi predominanti, l'influenza ancor serpeggiava attraverso l'Europa nel 1773, nel 1780, nel 1803, nel 1835, anno in cui impiegò più di sei mesi per compiere il viaggio dal Piemonte alla Sicilia, anno in cui ritrovò in Roberto Graves il miglior tratt&ggiatoro delle sue caratteristiche cliniche come delle 6ue proteiformi complicazioni. Nè da allora trascorse un sol anno senza che si segnalassero ovunque casi sporadici della discussa infermità, bene spesso confondendosi la vera infezione influenzale colla semplice febbre catarrale provocata dal comune umidore delle stagioni invernali. Due grandi e proprie epidemie d'influenza dovevan però sopraggiungere ancora ad insidiare la feconda umanità : quella del 1918, troppo prossima ai giorni correnti per possederò un valore storico, troppo conturbata dallo mischianze belliche per informare un criterio direttivo : quella del 1889,. sbalzata dalla Siberia al Congo, estesa dall'Australia al Perù„ attraverso allè^ inchieste dei governi civili scrutata nelle "sue condizioni d'ambiente e. nelle sue-vie di diffusione. Ma chi dall'analisi d'un fenomeno isolato s'eleva alla contemplazione delle evoluzioni secolari, tosto intrawede l'ecce» zione d'ogni regola circoscritta, tosto comprende la relatività d'ogni legge particolare; cosi se, fra le quaranta e più epidemie ricordate, ben spesso le onde influenzali s'indirizzarono dal noM al sud e dall'oriente all'occidente, non mancarono i contagi analoghi che segniron precisamente un opposto cammino, irradiandosi talvolta dalle grandi metropoli ai dispersi villaggi, dipartendosi tal'altra dai piccoli agglomerati verso gli accentramenti umani- E la febbre influenzale imperò fra le brume londinesi e sotto il sole napoletano, apparve nei rigidi inverni e nelle estati afose, coincise coi riaM atmosferici e colle depressioni barometriche, or. ottundendo ed or esacerbando la sua virulenza col trascorrer dei tempi e coi mutare dei luoghi. Ed in considerazione appunto di questa sua mutevolezza insana, di questa sua disordinata indisciplina, d'un altro pseudonimo ancora si gratificò nel passato la popolare infermità, di lei burlandosi come d'una vanerella, su lei scherzando come sovr'una folette. LORENZO GUALINO.

Persone citate: Baye, Giambattista Bianchi, Lorenzo Gualino, Matteo Villani, Roberto Graves, Tomaso Sydenham