I due soggiorni romani dell'imperatrice Carlotta

I due soggiorni romani dell'imperatrice Carlotta I due soggiorni romani dell'imperatrice Carlotta Il 18 aprile del 1864, poco prima di mezzogiorno entrava nel porto di Civitavecchia la fregata austriaca Xovara scortata dalla Th&mis della marina imperiale francese. Recava a bordo l'Iinperaitore e l'Imperatrice del Messico, Massimiliano d'Absburgo e Carlotta principessa del Belgio cho la politica di Napoleone III e la loro cattiva sorte aveva destinato a fondare quell'effimero impero messicano il quale, nel pensiero del monarca francese, doveva essere come il baluardo della latinità conservatrice contro le ambizioni e gli appetiti della democrazia anglosassone. La partenza da Trieste non era 6tata facile. L'arciduca Massimiliano accettava di malavoglia il trono offertogli e se non fosse 6tato l'ardore della giovino sposa ette nella corona imperiale vedeva quasi un'esaltazione mistica egli lo avrebbe certamente rifiutato, contentandosi del suo grado di ammiraglio in quella nascente flotta austriaca, che duo anni più tardi dovfi a nostre 6pese gettare un bagliore di gloria su colui che l'aveva organizzata e che nell'ora della prova aveva dovuto abbandonare. Ma le insistenze di Napoleone e, soprattutto l'appassionata propaganda di sua moglie, lo avevano spinto ad accettare quel dono, che a tutti sembrava un tranello e che aveva suscitato 1 versi profetici di quel conte Caccia — vecchio repubblicano fiorentino — il quale in un epigramma rimasto celebre aveva lanciato conio un presagio di sventura sulla nuovissima coppia imperialo. Massimiliano non ti fidare Iìesta al castello di Miramare. Il Irono fradicio di Montezuma E' un franco nappo, colmo di spuma. Jl timeo Danaos cUi non ricorda Dietro la clamide trova la corda! Afa in quella dolce mattinata primaverile, i pensieri di ogni futura tristezza erano lontani, e la giovane Impératrice doveva apparire tutta sorridente agli ambasciatori che orano andati a prestarle omaggio, e ai grandi dignitari della, chiesa — fra cui il cardinale Antonelli e monsignor de Merode — che le avevano portato gli auguri e il benvenuto dt Sua Santità. Auguri e benvenuto, per lo quali le Loro Maestà si recarono subito a Roma a ringraziaro il papa e a riceverne l'apostolica benedizione. Esiste, intorno a questo viaggio una lettera poco nota, di Monsignor de Merode a sua cugina la contessa Grùnne che ci dà vari particolari, interessanti su', soggiorno romano dei due sovrani. Scrive, il monsignore, da Roma il 20 aprile 1884: « Stamani al momento di uscire dal Vaticano la nuova Imperatrice del Messico mi ha dimandato se ero in corrispondenza con voi. Non posso nascondervi che questa interrogazione impreveduta era un poco imbarazzante; mi ricordava un'abitudine di silenzio che era diffìcilmente oonfessabile. Ho risposto che sarei stato Xelico di essere incaricato di una commissione di Sua Maestà, che ha ripreso: « Mi è molto difficile per non dire impossibile di scriverle in questi giorni; siate cosi cortese di farlo per me e di dirlo come ho passato il mio tempo qui ». « Le Loro Maestà sono arrivate a Roma ieri sera. Lascio ai corrispondenti di giornali la cura, di darvi i particolari del loro sbaivro a Civitavecchia e del loro viaggio lino a Roma. Per conto mio la sera stessa mi sono recato a farmi iscrivere al palazzo Marescotti, dove abita il signor Gutierrez de Estrada suddito messicano, che aveva avuto l'onore di vessere l'ospito delle L.L. M.M. Sono stato ricevuto subito. Il nuovo Imperatore era raggiante, pieno di buona grazia e di ammirazione. L'Imperatrice mi ha parlato di Thonisseau, di Werner, di mio padre e di altre personalità belghc. Martedì ba avuto luogo la yi6ita al Santo Padre e la sera un pranzo di quaranta coperti dato dal Gutierrez de Estrada con questa formula, concordata coi cerimonieri dei Sovrani: «Il signor Gutierrez de Estrada è autorizzato dalle L.L. M.M. a invitare ecc. ecc. ». Ero nel numero degli invitati. L'Imperatrice portava una 'corona di diamanti ed era piena" di buona grazia : è stata molto apprezzata e lodala. Slam arri ha avuto luogo la messa del Santo Padre; mi ero scordato di dirvi che la mattina prima le loro Maestà avevano assistito a una inessa celebrata da Monsignor Nardi, nello grotte Vaticane, sulla tomba dei Santi Apostoli. A mezzogiorno Sua Santità ha restituito la visita che gli era stata fatta, recandosi personalmente al Palazzo Marescotti. lo non ci ero ma ho saputo che il Papa ha abbracciato con molta effusione l'Imperatore, il quale a sua volta ha accompagnato il Santo Patire fin sulla strada, rimanendo in ginocchio accanto alla carrozza fino a quando essa non si mosse. «Tutto somamto, le due giornate sono trascorse nella maniera più soddisfacente e fanno sperar bene per la misericordia Divina che innalza in America, in una regione cioè sconvolta dalla guerra civile, un trono la cui costituzione si compie In un modo così straordinario... » A questa lettera del monsignore belga, si possono aggiungere le impressioni personali dell'imperatrice Carlotta che quattro giorni dopo, scriveva da Gibilterra a sua nonna, la regina Maria Amelia, sposa di Luigi Filippo re dei francesi: «Roma mi ha trasportato: mi aspettaVo di trovarla bella e commovente, ma l'ho trovata oltre ogni aspettativa Quando si passa accanto a quei templi trasformati in chiese, quando si leggono, nella cupola di S. Pietro queste paiolo: Tu es Petrus et super liane petram mdttìcabo crclesiam meam, là dove si trova il colpo dell'Apostolo, non si può fare a meno di gridare: Signore, credo! Ho visto il Colosseo al chiaro di luna. Sono stata a far visita a tutta la famiglia di Napoli » — come si ricorderà, Francesco II era in quelli anni ospite del Papa nel suo palazzo Farnese. — « Il nostro soggiorno a Roma è duralo due giorni soltanto. Abbiamo abitato il palazzo U-utierrez che è delizioso. Abbiamo avuto la fortuna di ricevere la Comunione dalle mani del Papa, il quale ci ha indirizzato un discorsetto di occasione e dopo ci ha trattenuti a colazione con lui. Ho veduto tutto il Vaticano correndo, la fontana di Trevi, il Pincio e la Villa Borghese. La sera abbiamo avuto un ricevimento di trecento persone... ». Fu con questo sogno di felicità che la piccola Imperatrice della favola, con la sua Corte bizzarra di austriaci, di belgi, di na poletani e di francesi, lascia la spiaggia la lina per il suo regno di sventura. A Roma sarebbe tornata due anni dopo, ma in quali tragiche circostanze e con quali oscure mi naccc per sè e per il suo « princine azzur ro » lanciato fra gli intrighi e le rivolte della più irrequièta regione di questo mondo I I L"Triste viaggio, quello dell'Imperatrice Carlotta, mendicante un po' di aiuto da Napoleone che si finge malato per non riceverla, da Eugenia che l'accoglie con una freddezza tanto più grande quanto più si sentiva responsabile della tragica avventura: dall'Imperatore d'Austria che non può nulla, dal Papa che non ha il coraggio di fissarla in volto 1 L'unico sovrano che forse le si mostra divoto e pieno di attenzioni è proprio quel re d'Italia che a punto in quei giorni aveva riunito alla sua corona le terre veneziane. Ed ella, traversando i territori dove un giorno, felice della sua giovinezza, era stata prrsquc rcine, avendo ai suoi fianchi come scorta d'onore quattro ufficiali dell'esercito italiano, mentre gli ultimi funzionari austriaci si preparavano a lasciare le Provincie perdute — alla testa di questi, rimaneva a Verona un conte Toggenburgl — capisce che una grande potenza sta per nascere, e •scrive al suo sposo lontano: « non ti mancava altro che la Rivoluzione europea» — così chiamava gli avvenimenti politici d'Italia — « foEse la 6ola a rendere omaggio alla giovine monarchia americana! Questo non sarebbe accaduto per nessun sovrano di qui, se si eccettui il Ro d'Italia, il quale del resto è il solo che lo meriti... ». Ma come diverso fu II suo soggiorno a Roma, dove giunse con la mente già sconvolta e angosciata da tutti i rifiuti subiti e da tutti i pericoli che si addensavano sulla testa del suo Max Nel suo pensiero ansioso, l'intervista con Pio IX, acquistava un'importanza capitale ed era oramai l'ultima àncora di salvezza alla quale si attaccava disperatamente. A Roma arrivò la notte del 25 set- I tembre, sotto una pioggia diluviale. La sta Izione dt Termini era illuminata a giorno. e sui marciapiedi interni si trovava una deputazione di Cardinali, i Ministri accreditati presso la Santa Sede e un gran numero di rappresentanti dell'aristocrazia romana. 1 cordoni erano formati dalla Guardia Nobile e dalla Gendarmeria pontificia. L'Imperatrice, impaziente e nervosa, si 6bngò d'ogni cerimoniale e montò nella carrozza che l'attendeva sotto la pensilina, e che, scortata tla un plotone di Dragoni, I accompagnò all'Albergo di Roma — oggi Plaza — a San Carlo al Corso, dove il Papa le aveva fatto preparare gli alloggi. La mattina dopo, il Cardinale Antonelli — segretario di Stato — si recò a farle visita e si trattenne un'ora con lei. Ma nessuno ha saputo mai quello che in quel colloquio fu detto. ri 27, allo 11, l'Imperatrice fu ricevuta del papa e di questo ricevimento abbiamo un resoconto preciso sul Maxlmiliano Intimo di José Luis Blasco. «11 Corteo » egli scrive « 6t componeva di varie vetture eleganti e da una scorta di guardie nobili ohe cavalcavano alla porteria della prima di esse dove era la sovrana con la sua dama di compagnia madama del Ba.i-.rio. Alla porta del Vaticano tutti quanti misero piede a terra. Il conte Della Valle, gran ciambellano, oocoinpagnava. Sua Maestà: la Guardia Svizzera formava l cordoni dalla porta di Bronzo fino alla sala del Trono. In fondo a questa, sotto- un baldacchino di porpora decorato con le armi pontificie era assiso il capo della Chiesa Cattolica. Pio IX era vestito con la sottana bianca di lana finissima con un monto dello stesso tessuto e dello stesso colore che gli scendeva dalie spalle. Quando si avvicinò •l'Imperatrice egli discese dal trono e le si fece incontro e come questa si precipitava al suoi piedi per baciargli la pantofola, egli la sollevò e le presentò la mano permettendole solo di posare le labbra sull'anello pastorale.Poi la benedl e licenziati i presenti rimase sola con lei... ». Cosa si dissero in quel colloquio? Certo dovette essere tragico, già che l'Imperatrice ne uscì con la faccia sconvoltae chiusa in un mutismo da cui npn usci più. Tornata all'albergo volle restar sola e se bene si fosse fatta servire il pranzo in camera sua non toccò cibo. 11 giorno dopo, senza preavvisale nessuno; tornò dal papa e insistette per essere ricevuta subito. Pio IX stava facendo colazione e la ricevette. A pena entrataella si precipitò verso la tavola dove stava una tazza di cioccolata, vi tuffò dentro le dita portandosele avidamente alla bocca e dicendo al Papa che da 24 ore non aveva mangiato, già che era sicura che Napoleone ITI aveva pagato tutti i componenti del suo seguito perchè l'avvelenassero. Pio IX, molto commosso da quella vista, cerca di calmarla: il Cardinale Antonelli tenta di persuaderla a tornare all'albergo. Ma invano. L'Imperatrice rifiuta di lasciare il Vaticano e si 'è obbligati per quella notte di preparare due letti — per lei e per madama di Barrio che l'aveva raggiunta — in una sala della Biblioteca. Il giorno dopo rifiuta ogni alimento e solo si lascia convincere di prender tpialcosa di quanto era stato preparato per 11 papa. Da questi chiede la benedizione in articiilo mortis. E soltanto verso sera che un po' calmata consente a tornare all'albergo, purché accompagnata da un ufficiale del Pontefice. E questi lu il conte Di Luiange, capitano di cavalleria, belga di origine e marito di una sorella di quella contessa von Grflnne che, come abbiamo visto, era stata l'amica d'infanzia dell'Imperatrice, il conte montò In carrozza con lei, ma arrivati che furono in Piazza della Pillotta, la sventurata sovrana fermare i cavalli, scese e 6i precipitòfece verso la fontanella ohe esiste ancora, attaccandosi alla cannella e bere avidamente di quell'acqua che non correva rischio di essereavvelenata I Arrivata che fu all'albergo si chiuse a chiave in camera e rifiutò di ricevere nessuno alt'infuori della sua cameriera, Matilde DOLI' <?er nella quale aveva solo fiducia. Per I me^io suo fece chiamare un'altra sua cameL rista, la signora Kuhacevich e dopo averla "rimproverata « del suo tradimento » ile deUe il consiglio di fuggire con tutti gli altri prima die fossero messi in prigione. Da quel giorno l'Imperatrice non bevve altra acqua se non quella che attingeva da sè alle varie fontane di Roma e non mangiava altro cibo se non quello cotto in sua presenza dalla Doblinger. Qualche volta mandava il commendatore Egidio Dati, ciambellano di Sua Santità, a comprare delle., castagne arrosto clic mangiava con straordinària avidità. Durante tutto quel periodo, degli affari messicani non si occupò più: soltanto un giorno chiamò il Biasio, ohe fungeva da suo segretario, e gli ordinò di stendere vari decreti, coi quali destituiva le persone del suo seguito e ne confiscava 1 beni « atteso che avevano fatto parte d'un complotto per attentare alla vita della sovrana ». La camera nellaquale ella aveva fatto entrare il suo segretario era piena di disordine e di confusioni. Da un lato, in una stia, erano i pollastri che nutriva da- sè per timore di possibili avvelenamenti. Questo stato di cose durò fino al 7 ottobre, quando II Conte di Fiandra, fratello della sventurata sovrana, giunse a Roma e potè persuaderla a ritornare a Miramar. Ma oramai ogni speranza era perduta e forse la sorte lie fu benigna, risparmiandole così la visione della fosca tragedia che un anno dopo doveva chiudersi sotto le mure di Queretaro, quando egli cadeva dinnanzi al plotone di esecuzione rivolgendo un ultimo pensiero all'Imperatrice che credeva morta e mormorando come suprema preghiera: Povera Cor-lotta.' DIEGO ANGELI.