La messa in scena...

La messa in scena... Cronaca senza Sii La messa in scena... A Parma all'attore Marcacci deHa Compagnia ìWenlchelli, è capitato nel 3.o atto della commedia « L'ottava moglie di Barbahleu », un brutto guaio. Una mensola di ferro che reggeva l'armatura deJJa tenda, 6t staccava d'improvviso e gli cadeva sulla testa producendo uno squarcio neHila veneranda parrucca e un altro nel cuoio capelluto dellil'attore. Vada pel cuoio deMa parrucca, ma il sangue che cominciò ad uscire dal cuoio cosidetto capelluto, produsse molta impressione nei compagni di recitazione. . Si tratta di uno dei tanti guai delia mes6a in scena moderna. Si vuole raggiuuigere l'effetto realistico ad ogni costo e si è abolito il regno deJJu carta e del cartone. Purtroppo cogli antichi scenari d'un tempo se ne sono andati anche gli attori tipo Rossi, Salviiii, Modena, Bellotti-Bon, Novelli-, Garzes, ecc. Però adesso abbiamo degli ottimi mobili in astile, tappezzerie ed arazzi autentici, porte vere di legno che girano sui cardini che è un piacere, mentre una voita gli attori se la sgattaiolavano tra le modeste quinte. Venti o trent'anni fa ho visto con orrore una porta cadere sulla testa della «Signora dalle Camelie». Un incidente simile se fosse successo oggi avrebbe affrettato la morte della povera eroina di Dumas, ma allora Margherita sopportò con fermezza, anzi 6fondò addirittura col proprio capo la porta, che era di carta. Contemporaneamente all'incidente Marcacei, proprio nella stessa sera al Teatro Grande di Brescia, il maestro Capuana che dirige il Trovatore, per poco non è stato... decapitato dalla disattenzione d'un macchinista. Nel recarsi, appena calato il sipario, sul 'palcoscenico, giunto quasi alla sommità d'una scaletta venne colpito alla testa da un colpo di 6cure diretto ad uno scenario che 6i stava smontando. Il pubblico voleva fuori il maestro, il quale per poco non andò fuori di sè per l'altrui disattenzione. Altre volte invece è la propria disattenzione che arreca qualche guaio grosso o qualche guaio così così, come quello di cui fu vittima la famosa attrice parigina Cecilia Sorel nella « Bisbetica domata » di Shakespeare. All'inizio del lavoro, forse in causa dei 6uo carattere bisbetico e indomabile, entrò in scena con tanto slancio che giunta alla ribalta non potè arrestarsi e dovette spiccare un salto in platea, nella prima fila di poltrone. La elegantissima attrice si trovò fra le braccia-.e sulle ginocchia di un autorevole consigliere di Cassazione, certo signor De I-a Rose. Anni fa Alfredo De Sanctis, in Giulietta e Ttomeo, all'ultimo atto, fra gii spasimi prodotti dal terribile veleno ebbe l'imprudenza di andnre a morire, a pancia in aria, presso la ribaila. In punto di morte ebbe la lucidità di guardare in allo e allora s'accorse che era morto sotto la linea del sipario, che era uno di quei pesanti teloni che cadevano dall'alto con una spranga di notevole grossezza al posto della frangia. Giulietta — che era Emma Grarnatica — uscendo dalla tomba è obbligata com'è noto, a trascinarsi per qualche passo prima di giungere ad abbracciare il suo Romeo, e quando finalmente gli è accanto lo chiama per nome e si dispera e .gli dice delle cose che commuoverebbero un macigno. Ma De Sanctis che temeva di morire una seconda volta, ma sui 6erio, accoppato dalla spranga del sipario che 6tava per calare, mormora disperato a Giulietta: «Spingetemi indietro 1 ». Giulietta sorpresa dalle parole dei morto, non capisce, ma poi si getta sul suo corpo ed esclama: — Set vivo ancora, o mio Romeo? Fa che ascolti ancora la tua voce adorata... E De Sanctis piano: « Il sipario mi casca addosso ». Emma capili pericolo sovrastante ad entrambi ed esaltandosi sempre più come pazza di angoscia diede una vigorosa 6pinta a De Sanctis urlando fremebonda: — Ma parla, Romeo, parlai Ma Romeo per l'urto che ricevette rotolò su sè stesso parecchie volte, mettendosi in salvo e... morendo tranquillamente di veleno come vuole Shakespeare. Di diversa natura fu l'incidente capitato sul palcoscenico del teatro d'Alessandria all'attore Piacentini, il quale una volta si ebbe ire colpi .di rivoltella di seguito, come tre atti di una commedia, dal suo capocomico che eia Chiantonl. L'incidente, che aveva avuto un inizio melodrammatico, ebbe un lieto fine quando gli attori passarono alla ribalta del Tribunale penale. Se i due si fossero trovati a litigare fuori dal palcoscenico, nessun gesto teatrale sarebbe successo. Ma ira le quinte è un altro modo di vivere. Il dramma ebbe poche battute. Uno gridò: «T'arretra, felloni». E l'altro: «A me, a ine il brando». Chiantonl tirò invece fuori lu rivoltella, gridando: « Procombi al suol. Giustizia è fatta», e sparò tre colpi in uria. Un proiettile per un caso singolarissimo colpi 6ul serio il Piacentini, il quale, malgrado la ferita, gridò: «Ah, buffone, spari a salve I». Erano entrambi in palcoscenico. E l'uno non sapeva quel che faceva sul serio e. l'altro quel che prendeva altrettanto sul serio. A Padova un giorno due attori s'incontrarono invece fuori dal palcoscenico. Sembrarono in principio due litiganti comuni. Però uno di essi afferrò improvvisamente l'altro che lanciò un urlo, mentre il primo si allontanava tranquillo lisciandosi i baffi. Costui con uh morso aveva strappato all'avversario buona parte dell'orecchio destro, cioè una parie del corpo discretamente necessaria nella. vita di un attore che deve fare bella mostra di sè integralmente e deve sentire persino la voce dell'arte, il ferito, l'artista Osvaldo Del Colle, condotto all'ospedale e dichiarato guaribile in 15 giorni, si rifiuto generosamente di dire il nome del collega antropofago, che dopo l'atto si era allontanato lisciandosi i baffi. SI seppe poi die il goloso era della stessa Compagnia col quale aveva altercato fra un atto e l'altro. Ecco gli inconvenienti degli intervalli lunghi l Si ricorda infine la cantante italiana Gianoli a cui capitò a New York una singolare disgrazia mentre cantava in Carmen. Don José s'investì tanto della porte che all'ultimo atto (forse pensandp che tanto era finita) le inferse una pugnalata autentica. Quando. vedremo morire davvero sotto il palcoscenico la celeste Aida, o di stricnina gli imitatori di Zacconi nella Morte dulie ? E quando vedremo cavare gli occhi sul serio a Folco ncW'lsabeau ? ilo del resto — a proposito di realismo sulla scena — ho trovato sempre singolare la sua situazione: gli strappano gli occhi e lui, come niente fosse, seguita a cantare per tre quarti d'ora senza sbagliare una nota. Che forza d'animo I cOtrttvscMHthrdccvgdmlpvtcurdtvscvmcsstlsdi

Luoghi citati: Brescia, Modena, New York, Padova, Parma