yL'irredentismo catalano al Tribunale di Parigi

yL'irredentismo catalano al Tribunale di Parigi yL'irredentismo catalano al Tribunale di Parigi Come si difende Macia - L'interrogatorio di Ricciotti Garibaldi (Servizio spedale de « La Stampa ») a r a Parigi, 20, nòtte. Il processo contro i 16 imputati del complotto separatista catalano e contro Ricciotti Garibaldi e cominciato oggi dinanzi alla 12.a camera del Tribunale correzionale, riunitasi eccezionalmente in un'aula che serve come aula complementare delle Assise, e che il pubblico — non si sa bene perchè — ha battezzato ' t Odeon ». In previsione di possibili incidenti, erano state prese severissime misure, ed il pubblico non entrava nel pretorio se non dopo essere passato attraverso diverse barriere, circondate Uri un numero imponente di guardie. 11 pretorio è, come al solito, gremito, ma q-uesia volta l'elemento maschile predomina. Dato il numero degli imputati, si sono dovuti aggiungere tTe banchi, e dinanzi a >ruesti hanno preso posto gli avvocati. Ogni accusalo ha il suo; ma per abbreviare il dibattito la difesa ha deciso, di comune accordo, che soltanto cinque di essi prenderanno la parola, oltre' all'avv. i-ampiiwtii, a cui tocca il complesso compito di difendere Ricciolti Garibaldi. Presiede il consigliere Fredin, funziona di P. M. il sostituto Gandel specialista in processi politici, e che ha seguito l'istruttoria 6in dal suo inizio. Gli imputati e gli avvocati Allo scoccare delle 13, la schiera degli accusati entra, con a capo il colonnello Macia, ì catalani prendono posto 6ui banchi mentre le guardie, tre volte più numerose di loro, si sforzuino di riservarsi qualche comodo posticino, senza però riuscirvi. Nel corridoio, Ricciotti Garibaldi, roseo e tranquillo, strizzando l'occhio, aspetta senza impazienza di penetrare nella sala. E' quello che ordina il presidente Fredin, non appena il Tribunale ha preso posto. In prima fila siede il colonnello Macia, vestito di « kaki », col suo Staio Maggiore, pure in « kaki » : ampia giubba stretta da una cintura di cuoio naturale, pantaloni di colore azzurro scuro, e stivaloni. Ogni volto di questo esercito catalano a scartamento ridotto riflette i sentimenti che nell'autunno del 1926 lo armava davanti alla frontiera spagnuola. Macia, il cui viso abbronzalo è coronato da una capigliatura grigia, ha gli occhi accesi di febbre; Itizzoli, che comandava i congiurati italiani, t»a un aspetto fiero; i fratelli Morella hanno un atteggiamento minaccioso. Si notano l'opulenta capigliatura di Ventura Garcia, che doveva essere il ministro degli Esteri della Repubblica catalana; l'aspetto distinto del prof. Bordes De Cuesta, che aveva redatto la Costituzione; la fisionomia ironica di Ramon Fabrega, che doveva essere il ministro delle Finanze. Al fondo della sala, Ricciotti Garibaldi-6i appoggia con indifferenza al muro. Lo hanno separato dai catalani. Saluta alcune persone che sono nella sala, b aggiusta la cìn&vatta e chiacchiera con la guardia che gli siede vicino e che lo ascolta con attenzione, ti dibattito si inizia con una lunga arringa dell'avv Thaon, il quale presenta delle conclusioni in nome del suo cliente Arturo Rizzoli. L'avv. Thaon chiede alla Corte di scindere la causa del suo cliente da quella di Ricciotti Garibaldi. • «R mio cliente dice l'avvocato, vuol ripudiare ogni solidarietà con un uomo che avrebbe dovuto essere processato per reato contro la sicurezza dello Sitato, mentre è etato processato unicamente per un reato più lieve; per questi motivi chiedo alla Corte di scindere dfclla sua la causa del Rizzoli ». E l'avvocato sviluppa le sue conclusioni : « Ricciotti ha riscosso 400 mila franchi da La Polla per le 6ue mene; ha voluto mandare lo Scivoli ed altri alla morte; ha venduto tutti. Le informazioni che egli ha dato al La Polla costituiscono il delitto di spionaggio a profitto dello straniero. Con quale diritto non lo si è processato per questo reato? ». Ricciotti Garibaldi a testa alta, impassibile, ma scarlatto in volto, ascolta senza batter ciglio. L'avv. Campinchi, suo difensore, ribatte: — Requisitoria da quinto atto di dramma popolare. Non può stupirci giacché siamo nella sala dell'Odeon (risate) ». Il difensore dice di meravigliarsi dell'intervento dell'avvocato Thaon, ciò che provoca tra i due av-' vocali un battibecco che il presidente riesce a sedare non 6enza fatica. Ma dall'ultimo banco Ricciotti Garibaldi si alza e con voce fremente di emozione protesta altamente contro l'accusa fattagli: — lo tengo a liberarmi da una accusa infame. Io protesto contro di fatto che si sono comunicate alla stampa, che le ha deformate, delle dichiarazioni che mi sono state, strappate dalla Polizia con una specie di costrizione morale che non- fa onore a quelli che l'hanno praticata Io non sono una 6pia; 10 non ho tradito i miei camerati. Ma queste parole non impediscono all'av: vocato Coen di associarsi alle conclusioni del suo collega Thaon, chiedendo egli puro lo stralcio dei due processi. • _ ■■• Si lia quindi una breve replica dell'avvocato Campinchi, seguita da un reboante intervento dell'avv. Torres. Dopo avere esposto il punto di vista personale del suo cliente, colonnello Macia, l'avvocato prosegue: « Mi e particolarmente penoso di vedere accanto a noi un uomo che era complice del nostro complotto. Ecco perchè noi avremmo voluto una discriminante formale tira queste due faccende Da un lato, il complotto contro la Spagna reazionaria e germano-fila, dall'altro, 11 complotto di Ricciotti Garibaldi. Potevate procedere nei suoi riguardi 6econdo ì termini deli'art. 85 che punisce col bando chiunque ha esposto dei francesi a delle rappre- SaL'àvvòcato Campinchi, intervenendo, mostra di credere che tutto ciò non sia che un pretesto. . Se non volete essere giudicati oggi-dice rivolto ai catalani - lasciatevi giudicare in contumacia lo ammiro certamente i catalani e sarei lieto che per la Francia essi avessero combattuto con lo stesso eroismo dei Garibaldi ». « Scope » « Stuzzicadenti » « Medicine »11 P M prende a sua volta la parola per chiedere che i due processi non bian disgiunit iton essendovi nessuna giustiflcaaaone giuridica delle conclusioni .presentate dagli, avvocati della difesa, il Tribunale decide mi tal «enqn e il processo continua. E primo ioter> a-ogatorio c quello del colonnello.Macia, .al dMieil presidente chiede se dessert un» terpreé. Macia risponde ohe crede di jwtersi far capire e comincia a leggere una lunga .lic.liiaivLzione nella quale rivendica altamente l'ideale al quale egli ed i suoi wrnpagni hanno fatto il sacrifizio della loro vita, per il compimento di -questo ideale essi hanno lavorato in Francia, come avrebbero fatto in qualsiasi altro paese. 11 diritto della Catalogna di disporre di se stessa è imprescrittibile. Per liberare la loro patria i catalani sono pronti! a qualsiasi sacrifizio, s E' la volontà di mettere fine alle nostre sofferenze — dice il colonnello Macia, — che ci ha fatto preparare la nostra spedizione partendo dal vostro paese ». — K voi che amate la Francia — dice il presidente — non avete pensato alle noie che ipotevatc procurarle agendo contro una potenza straniera? (L'avvocato Torres interviene: — In Fmaru eia mille catalani sono morti davanti a Ver¬ dun. E' stata una prova d'amore data al nostro paese! Il colonnello Macia dice ancora qualche parola. ohe nessuno capisce, dopo di che il Presidente passa all'interrogatorio di Rizzoli, il quale parla vivacEmente, raccontando vari episodi dei eompiotto. Pur dichiarando di non sapere nulla dei depositi di armi, Rizzoli afferma di essere 6tato oltremodo fiero della fiducia che si era avuti in lui. — Quello che mi meraviglia molto — soggiunse — è la facilità con la quale mi sono lasciato prendereSe fosse il caso di ricominciare... — Deplorate dunque di non avere fattedi più? — dice il Presidente. — Si, cèrtamente I — risponde Rizzoli. — Ma*iwanto all'individaio che deve venire qui a testimoniare che io ho tradito, non chiedo che di veder questo bel campione di menzogne. Se non sarà castigato qui per le 6ue bugie, terrò a mente la sua fisionomia per poterlo punire io stesso. Si passa quindi ai.'interrogatorio di José Morella, il quale non parla francese. Il presidente chiama un interprete catalano, ma dalle prime pa.role si intuisce che i due non si comprendono. Il presidente chiede all'interprete se davvero egli parli il catalano. L'interprete, punto sul vivo, risponde, affermativamente, ma aggiunge che il Marella non sembra capirlo. Lo 6t.esso risultato ottiene un altro interprete, alle cui domande l'accusato non risponde. A un altro accusato, Giulio Eigueras, il Presidente chiede spiegazioni circa una lettera netta quale si tratta di « scope » e gli domanda: — Per fare che cesa? — Per spazzare la Catalogna — risponde pronto l'accusato. Un altro accusato, Rocco Rurunat si assume col massimo buon umore tutta la responsabilità dei proprii atti : — Quello che ho fatto, 10 farò per tutta la mia vita. L'aw. Zevaes soggiunge: — D'altronde i catalani non hanno pronunciato la loro ultima paròla. L'avv. Torres da parte sua aggiunge che.se i catalani fossero riusciti nella loro imprèsa non è a Parigi che il processo si discuterebbe, bensì a Barcellona e gli imputati attuali non siederebbero sul banco degli accusati. Al che il Presidente fa bonariamente osservare che è forse meglio per gli imputati di non essere giudicati a Barcellona. E si parla nuovamente dei depositi di armi. All'accusato Corominos il Presidente chiede che cosa siano gli « stuzzicadenti » a cui egli accennava in una lettera. E Corominos risponde: — Ho parlato di stuzzicadenti? — Poi, dopo un momento di riflessione: — E possibile dono tutto. Gli stuzzicadenti erano le baionette. • ■ — -Si parlava anche di medicine. Per fare die'cosa? ■ • ...L'imputato risponde, tra le risate del pubblico: — Per purgare la Catalogna l Un altro imputato; Ernesto Eeparch, risponde con vivacità che si era calcolato tutto, tranne che i francesi fossero degli avversari... . Ma il presidente Io interrompe subito: — Non posso tollerare che facciate qui il processo al Governo francese. L'accusato, sènza darsene per inteso, prosegue: — D'altra parte noi ricomincieremo e passeremo la frontiera... Ed il presidente: — .Sì, ma vi consiglio di fare, allora, un..po' più di attenzione alla polizia. L'autodifesa di R. Garibaldi Il poeta Ventura Garsol unisce le sue proteste anche più veementi a quelle dei compagni. Ed è poi la volta di-Garibaldi. Il presidente legge le accuse che gravano su di lui. In piedi, con le braccia incrociate, Ricciotti Garibaldi lo ascolta con attenzione e, terminata la lettura, prende la parola. « Dopo il fuoco di sbarramento, — egli dice — cioè 'Uopo le deposizioni di cui sono stato vittima, ho il diritto di rispondere ». Quindi, con voce calma, Ricciotti dichiara che malgrado lo ingiurie e le calunnie degli avvocati può in tutta coscienza affermare di non avere mai tradito. Spiega a lungo le sue relazioni col colonnello Macia e per quello che riguarda i suoi rapporti colla Francia dice che furono tali che le autorità francesi lo felicitarono ed il presidente della Repubblica gli concesse l'ordine della Legione d'onore. « Io — esclama — non ho mai tradito l'ospitalità fraineese ». Ricciotti passa poi alle accuse specifiche di cui è oggetto. Parlando delle armi trovate nella sua villa ripete che sono ricordi di guerra presi al nemico o datigli da fratelli d'ormi morenti. Se erano nel garage anziché in una camera si è perchè 11 suo gabinetto di lavoro non era n.ronto, • Provai una grande tristezza — egli dice — nel vedere tutti i servizi che ho reso alla causa della libertà dejlla Francia misconosciuti a causa di una campagna di stampa ispirata dalla polizia. Quando sarò libero rni giustificlierò e ricaccerò su chi lo ha lanciato il fango con cui mi si è voluto colpire ». L'avv. Torres interviene: — Se nessun catalano, accusa qui Garibaldi di aver denunziato il complotto catalano, egli stesso invece, per tre volte, lo ha confessato. Il 3 novembre al commissario di polizia Lebuc egli ha dichiarato di aver denunciato il complotto a Sala. — No, no — esclama Garibaldi. E l'aw.Campinohi protesta contro l'uso di documenti strappati ad un uomo interrogato per 24 ore di seguitò da quattro commissari di polizia che 6i suocedeveajo l'uno dopo l'altro senza un minuto di riposo. — Gaaiìbaldi — domanda l'avv. Torres — non avete forse firmato gli interrogatori subili? . . — Sì, ho firmato — risponde Ricciotti — ma senza ohe i commissari di polizia avessero riletto quello elio firmavo. Ho firmato cedendo a pressioni e sotto la minaccia d'esserne espulso ceffi, la mia famiglia dalla Francia. Al che l'avv:.Torres.ribatte: — Voi che siete un soldato non avevate il diritto di porre la vostra firma in calce ad un documento che vi disonorava. A questo punto l'udienza è sospesa. Alla ripresa si inizia l'escussione del testi. Il primo teste udito è il commissario Renoit, il quale fornisce eccellenti informazioni su Macia e gli altri congiurati catalani. In quanto a Ricciotti Garibaldi, egli dice, è un agente fascista. — Non è varo, interrompe con energia Garibaldi. — Lo ha riconosciuto lui stesso! — prosegue il commissario: Garibaldi interviene citando vari documenti, poi si lagna risi modo con cui fu-trattato dalla Suretc Generale. Il commissari > Benott dice che le affermazioni di Ricciotti non sono vere. - L'avv. Torres Si indugia a stabilire lo relazioni di Ricciotti GaribaVli con Sala e La Polla. L'avvocato Thaon legge una deposizione di Ricciotti Garibaldi secondo la quale delle 600.000 Uro da questi ricevute da Sala le ultime centomila gli t .irono versate il 25 ottobre, oioè- quando Garibaldi conosceva già il colonnello Macia da molto tempo ed era al corrente 'dal complotto. Si discute infine sulla detenzione di Garibaldi. che 1 suoi difensori trovano arbitraria, e ciò provoca un nuovo intervento di Ricciotti.' Intanto si e fatto tardi, e il presidente rinvia il seguito dell'udienza a domani. t