L'Yemen e i suoi italici pionieri

L'Yemen e i suoi italici pionieri L'Yemen e i suoi italici pionieri I recenti telegrammi che vennero scambiati fra il nostro Re, il Primo Ministro Mussolini ed il Re del Yemen in occasione dell'inaugurazione a Sanaa della stazione, radio costruita dall'Italia allo scopo di intensificare le relazioni italo-yemenitiche (è appena necessario di ricordare che l'Yemen, espressione dell'islamismo novissimo che vuole vivere d'ora innanzi in contatto con la civiltà occidentale, è uno dei sette regni d'Arabia, in faccia della Catonia Eritrea, ed occupa dal 1923 la vigile attenzione del Governo nazionale, il quale, memore anche della luminosa tradizione italiana su 11'altioiimo arabico meridionale, lo considera e a ragione come uno dei 'territori più adatti per farvi fiorire i nostri commerci e la nostra influenza morate) hanno suggerito al sig. G. B. Rossi, • torinese, uno fra i pionieri europei nel Yemen, di scriverci una lettera che più sotto riassumiamo. Ci è grato ricordare che il signor Rossi, il quale dirige un'Opera di propaganda nazionale per l'incremento all'estero dell'industria, del commercio e delle arti italiane, merita di esser chiamato il Nestore degli antichi coUaboratori della Slampa. Egli infatti mandò dall'Yemen all'aMora Gazzetta Piemontese delle interessanti relazioni che suscttarono una quarantina di anni fa il più vivo interesse. a a i e a a o e e , o e * Il primo martire Scrive fra l'altro il signor Rossi: «Ho letto in un giornale di Milano, di alcuni giorni fa un articolo intitolato « Italia e Yemen » nel quale non si fa parola del primo martire europeo in Arabia, che fu l'italiano Luigi Caprotti. Cosi infatti lo chiama uno scienziato di fama europea, l'orientalista Edoardo Glasel dell'Università di Vienna Nello stesso articolo è detto che « il primo europeo che percorse quella regione fu il misterioso viaggiatore bolognese del quattrocento Lodovico, di Varthema », dimenticando che il .vescovo di Milano, Crescenzio,'' dalla Chiesa venerato come santo, diede agli yemeniti delle leggi che vennero sanzionate dal Re Abraha Dira Eso Esciaran, il quale cercando ogni mezzo per diffondere la religione cristiana in Arabia, fece elevare in Sanaa una chiesa cattolica. Intendeva il Re di far di Sanaa la concorrente religiosa della Mecca Nel 10 stesso articolo, si ricorda che la migliore opera intorno al Yemen fu dettata da Renzo Manzoni, nipote del grande lombardo. Esistono però 6ul Yemen altre opere scritte da italiani che vi soggiornarono posteriormente, fra le quali mi permetto di ricordare il mio volume : « Nei paesi d'Islam », edito dal Cappella nel 1897 e gli articoli da me pubblicati nella « Nuova Antologia » nel 1893 e in altri periodici.11 Mbro documenta il mio soggiorno nello Yemen nel luglio-ottobre 1891, durante una insurrezione araba contro ì turchi ». Alla lettera il signor Rossi fa seguire alcuni ricordi personali dai quali spigoliamo queste notizie che lumeggiano la figura di Luigi Caprotti. « Visitai — racconta il signor Rossi — Sanaa, la fulgida « Umm el dunia » o « Curscl el Yemen » (madre del mondo o trono die! Yemen, come gli arabi chiamano enfaticamente la capitale dell'Arabia Petrea meridionale, quando era tuìtt'altro che focile raggiungerla, perchè il paese era insorto condro il Governo turco. Fui anzi, in quel tempo (luglioottobre 1891) l'ultimo ad entrare nella capitale, poiché il giorno stesso essa veniva cipta d'assedio dagli insorti, isolando cosi la guarnigione turca per oltre tre mesi; come fui il primo ad uscirne per rimpatriaTe ». Il signor Rossi ricorda a questo punto con sentimento di profonda gratitudine isuo ospite Giuseppe Caprotti, fratello di Luigi, il cui prestigio nel Yemen era tale che bastava pronunciare il suo nome per ottenere dai temibili e secolari ribelli adominio turco, ctipè dagli arabi yemenitilibero passaggio lungo la strada da Hodeida a Sanaa. Infatti l'Ernh" el Mumemin di allora (capo dei credenti) vale a dire l'Yman Mohammed Said ed Dm, padre dell'attuale Ymam Yaya, lasciò al Rossi la libertà dpercorrere il Tehama — la regione damare al monte e il Gebel — dove alle falde del Nuqum, a 3000 metri sul livello demare sorge la turriita Sanaa, solo per il passaporto costituito dal nome rispettato e amato in tutto l'Yemen, di Yuswuff el Taliani (Giuseppe ritortane). Fermato a mezza strada nei pressi delTalta Menaka dall'Emiro in persona, il Rossi si sentì rivolgere la domanda di prammatica: — Dove vai? Chi sei? — Sono italiano — rispose il viaggiator— e vado da Jnsuff el Taliani. — Allora va, e « salam ateikum » — la fortuna sia con te — soggiunse l'YmamLuigi e Giuseppe Caprotti Luigi Caprotti si era recato nell'Yemen venendo dall'Abissinia e fu il primo commerciante europeo stabilitosi, nell'interndell'Arabia dove, prima di lui, nufla dserio era stato tentato dai bianchi. Bisogna considerare che sino ad una ventina d'anni fa l'accesso aBo Yemen era precluso agli 'infedeli ed innumerevoli sonstati gli episodi di fine miseranda di europei, fra cui anche, italiani, assassinati nel tentativo di raggiungere dalla costl'altipiano yemenitico. Fra e*si si ricordancora l'uccisione di un nostro console Moka, genero di Ferdinando Martini, truccato dagli arabi in una escursione verso Sanaa. Luigi Cappotti si spense a Sanaa non ancora trentenne, nel 1889, dfebbri perniciose, lasciando larghissimeredità di compianto e di simpatie nellpopolazione indigena. Di lui il Glasel scrive-: « Luigi era un uomo per bene, undi quegli uomini che fatino onore alla lor n o»! i a o ti a a a i a a o Patria e formano l'orgoglio degli amici ». Si occupò non solo di commercio, ma anche di ricerche scientifiche, tentando di mettere profitto della medicina i prodotti del Paese e di far penetrare sull'altipiano i primi manufatti europei che furono di origine italiana. Lo raggiunsero a Sanaa il fratello Giuseppe, rimasto dopo la morte di Luigi l'unico europeo nella leggendaria città. n superstite, continuò la tradizione del fratello e non lasciò Sanaa che nel .1911, quando fu costretto a partirsene in seguito alla guerra italo-turca. Va ricordato come il signor Giuseppe Capretti abbia donato alla Braidense una meravigliosa collezione di testi coranici ed arabi, da lui raccolti nel Yemen. Dei fratelli Caprotti che sono stati inveri araldi dell'italianità nello Yemen, scrisse un altro illustre scienziato, il botanico De Flers, dopo aver compiuto nel Yemen un viaggio a scopo scientifico. Il signor Rossi ricorda che il De Flers scrive : « De tous mes souvenirs de voyage, aueun ne m'est phis agréable à évoquer que celui de ces deus hommes exceHentes, qui, perdu sur une terre lontaine, font, si j'ose le dire, honneur à l'Italie ». Come si vede, osserva il signor Rossi, si ricordano dei nostri pionieri, più gli stranieri che. noi medesimi. Dobbiamo però aggiungere che precisamente ai tempi della guerra italo-turca, il nostro redattore transoceanico Arnaldo Cipolla ebbe l'occasione di conoscere il signor Giuseppe Caprotti ad Adenj. dove si era rifugiato appena lasciata Sanaa, e non mancò di tributare sul nostro giornale l'amnàr azione a questo araldo dell'italianità nella penisola arabica, che tante preziose notizie gli aveva fornito sul movimento yemenitico alimentato da noi contro la Turchia. La rivolta allora era ca pitanata dad Said Idriss, che riuscì ad immobilizzare nell'Yemen un notevole numero di truppe turche, impedendo che esse potessero essere trasportate sui teatri delle guerre balcaniche. // dramma ielle montagne nere L'Yemen, una delle regioni più belle del mondo, finalmente aperta alle nostre iniziative intese a favorirne lo sviluppo economico, è stato sinora essenzialmente noto per le sue lotte religiose. Da Makalla nel golfo di Aden, famosa per il mostruoso palazzo dalle mille camere del suo Sultano, ad Hodeida nel Mar Rosso, costeggiando la penisola arabica non si rie sce certo dd immaginare in cospetto delle nere montagne che ne coronano le coste, il dramma che quelle montagne stesse hanno per secoli rinserrato. E' una serie ininterrotta di picchi, di creste, di chine ripide e di guglie che si innalzano altissime sul mare e non una macchia di verzura su quella sterminata distesa di pietra arida. .E' la visione di una terra appena uscita dalle convulsioni caotiche di un'era geologica primitiva, dove le più tenui manifestazioni della vita, quelle che i venti trasportano sugli scogli oceanici non riuscirono mai ad aggrapparsi. Invece al di là di quelle montagne, si stende una terra di un'ubertosità prodi giosa, costellata di città che ricordano molto nella loro struttura e nel loro aspetto i nostri turriti borghi medióevali. La terra è l'Yemen che sino allo scoppio della guerra europea fu per l'Impero turco una voragine d'uomini, un sacrificio che persistette continuatamente a compiere per mantenervi il suo dominio. La storia delle agitazioni religiose nell'Yemen si confonde con quella dell'islamismo. Debellato nel 65 dal Kedivé d'Egitto, il grande moto u ah abita, sorto con 'a rivoluzione francese, che interpretando in modo restrittivo e letterale i dettami dell'antica scuola ortodossa, proponevasi di ricondurre il culto islamita alla purezza originale; la monarchia yemenita degli Ymam aveva continuato a sussistere sull'altipiano di Sanaa, benché fieramente osteggiata TI ristabilirsi dei turchi sulla costa dopo due secoli e mezzo dd assenza, finì per renderne impossibile la ulteriore esistenza. Nel '70 il generalissimo turco invitato dai sanaani medesimi, saliva sull'altipiano per stabHirvi la sede di un vilayet ottomano, mentre la famiglia degli Ymam si ritirava a Sade, ultimo avanzo dello Stato scismatico nell'Yemen. Destituita di potere politico, la famiglia degli Yman non rimase però priva di quello religioso e morale sui due milioni di abitanti professanti il rito zeibita e stabiliti a Sade, Sanaa, Yerim. Diramar, Fez; città tutte oggi dai settanta ai cento cinquanta mila abitanti. Di quel potere diede prova dal 1870 in poi in cinque grandi insurrezioni, senza contare i moti secondari, nelle quali ti^asetnò decine di migliaia di fanatici a farsi fulminare dinanzi alle ridotte turche. Indescrivibile impressione è quella che offre Hodeida che è lo sbocco marittimo del Yemen, . % Hodeida leggera e porosa Si stende là città in un inno di luce, senza contorno di cose, in uno sfolgorio di colori senza linee, in una successione di abbagliamenti. Nello sfondo le montagne del Yemen, staccate sul cielo fosco ed ardente saettato dall'incandescenza radiosa del mare sfavillante. Hodeida sembra splendere del fasto orientale della sua bianchezza, con i sottili minareti incendiati dal sole. Il mare, sparso di bassi fondi per più miglia al largo, si tinge di nero, di verde e nei canali di quell'immenso meandro inondato, tenero di trasparenze, sparso di mede bianche a indizio di secche e filettato di bave di marea, si disperde in tutti i sensi una (lotta di piccoli e sdrusciti sambuchi, sbandati in lnpsdptlnlcdgtdElpccbmiacorsa furiosa, con le vele che crepano, o Spinti a spalla, se per caso incaglianoi Un avoro dannato di negri schiavi che corrono midi lungo i bordi di quelle barche puntando sud bassifondi delle pertiche, sforzando le loro clavicole e i loro dorsi di ferro. Hodeida appare nel quadra, leggera e porosa come una madrepora. Soffia una tristezza infinita sulla città, oppressa dale sabbie, torrefatta da una canicola eterna e dove la vita pare perdersi in una lenta mummificazione. Ma da vicino l'incantesimo di quell'enorme calcinaio è indicàbile. Si frammischia in essa tutta l'Arabia fanatica e sanguinaria dell'Assòt, dèi Neged, dell'Hadramut, dell'Edgiaz, del Cati'f, dell'Oman; tutto il mondo musulmano dal Marocco alla Persia e alla Malesia. E' un emporio di tipi da ubbriacare etnologi, linguàsti,e pittori. Vi son turchi, greci, siriani, armeni, sudanesi, mogrelini, parsi, indiani, giavanesi, tutte le specie' di capelli, di bocche, di prognatismi, tutti i colori di pelile, tutte le parodie dell'acconciatura; dulie nùtrie nere dei parsi, ai turbanti infiorati di gelsomini degli arabi dell'Yemen dalle lunghe capellature alla naz zarena e dagli occhi di fuoco. La vita è tutta nel bazar. Attraversando le vie, Èra le alte case decorate di ricami, nella quiete profonda della caldura, par d'essere in ima città da dove la gente sia fuggita per una peste, per un eccidio, una città che si asciughi al sole con una bianchezza cruda di bucato, dopo un lungo diluvio. Hodeida è cinta di bastioni e quindi, per uscire dalla città nei sobborghi si passa sotto una porta turrita, che al pari di tutte le fortificazioni arabe è un ingenuo capolavoro dell'arte terribile di Vauban. Lo splendore del passato Ma il soggiorno di Hodeida è intollerabile. Vi fa troppo caldo, troppi malati, troppi insetti; lo spettacolo continuo di ciechi che camminano tenendosi per mano, la vista di quegli arabi stanchi d'inerzia, abbacinati, aggrovigliati per le vie a pie dei muri. Bisogna lasciare Hodeida ed addentrarsi, salire quei tremila metri che la separano dall'Yemen, penetrare nei resti dello splendore dell'antica Arabia sapiente, traversare quei terreni dove si fanno sino cinque raccolti in un anno, che versano al mare il classico caffè a milioni di chilogrammi e che le lunghe lotte fra gli uomini del passato, non hanno inaridito. Ed è quello che l'Italia, messaggera di pace c di progresso sta ora animosamente compiendo, seguendo le orme dei suoi pionieri che furono i primi a dare al mondo occidentale la nozione del Yemen. Lo Yemen è il paese d'Arabia più popolato (6 milioni d'abitanti). Le sue condizioni generali di civiltà e di progresso sono superiori a quelle degli altri Stati della grande penisola. L'Imam Yaya oltre ad aver saputo organizzare saggiamente e praticamente reconomia della regione ha anche creato un eccellente piccolo esercito. Tutto questo per concludere che l'influenza del Yemen è fondamentale nel mondo islamico, vale a dire in quella parte d'Asia che va dal Mar Nero al Golfo di Aden, dal Mar Rosso al Golfo Persico. Sono noti i tentativi inglesi per concluderne un trattato d'alleanza con l'Imam Yaya, Ma l'Inghilterra mirava al protetforato puro e semplice e il trattato non fu concluso poiché l'Yemen lo respinse. L'Italia invece che non ha nessuna intenzione di dominare politicamente le regioni arabiche, ha preso la posizione di garante dell'indipendenza del Yemen. Così noi, abbiamo potuto raggiungere il nostro piano di pacifica espansione economica su questo paese non ancora ipotecato da nessuna potenza europea. Abbiamo tratteggiato la fìsonomia di Hodeida che è si può dire il solo porto della costa arabica del Mar Rosso dove si possa sbarcare con una certa facilità. L'Italia fornirà .al giovane Stato i prodotti della sua industria e potrà trarne prodotti che oggi importiamo da paesi orientali più lontani con maggiore dispendio. Il trattato da noi concluso con l'Yemen contempla il divieto reciproco di commercio e di vendita di .merci proibite nell'uno o nell'altro paese contraente, ciò che significa, per esempio, che come in Italia è vietato il commercio su vasta sgala dello armi, così nel Yemen l'Italia può vietare tale commercio. Ciò dimostra la portata e l'importanza della cosa. Concludendo l'Yemen, che ospita il popolo più gagliardo dell'Arabia Petrea, destinato a rappresentare in un domani non certo- lontano 'urna pedina importante nel gioco del mondo rimasto essenzialmente islamico, è oggi legato a noi da un accordo che facendolo nostro amico ed alleato, ci consente di rappresentarvi una parte preponderante. SIRIO. ClrdlpMdCrlcdbatgfiaìsgocsstttKctFqgvsC