I primi giorni di Bolzano italiana

I primi giorni di Bolzano italiana I primi giorni di Bolzano italiana La sera, del 7 novembre 1918 un telegramma del Comando Supremo mi toglieva dal quasi riposo di Asolo, ordinando di recarmi subito a Boi zano p«l' assumervi il Comando militare dalla città. Partito il mattino successivo di buon'ora ed arrestatomi lo stretto necessario a San Marti r-o Buonalbergo per prendere istru zioui dal Comando della I Armata, jgiunsi a notte fatta alla mia nuova residenza. Che strada da Trento in poi ! Quella da Trento a valle, do- vendo se.vire le truppe degli Alti- piani, era stata abbastanza curata dagli austriaci, sebbene non fosse confrontabile con quelle delle nostrejretrovie; a monte di Trento gli au- striaci dovevano invece aver fatto uso quasi esclusivamente della ferrovia; la massicciata della rotabile era, si può dire, distrutta e con certe buche da far rabbrividire ii conduttore della vettura. In contrasto, poi, con l'animazione a valle di Trento, su quella strada non s'incontrava anima viva. Gli è che gli austro ungheresi fatti prigionieri erano già defluiti verso Verona; quelli non prigionieri erano risaliti a Bolzano. La città, era piena zeppa di una inverosimile quantità di soldati senza ormai più alcun vincolo organico 0 disciplinare. A San Martino mi si era detto che ti avrei trovato la 6.a Divisione, ma per quanto girassi in quel buio, non mi riuscì di vedere un'uniforme italiana Interrogati abitanti e soldati, mi si rispose che truppe italiane non se n'erano ancora vedute. Che potevo fare, solo ron l'ufficiale d'ordinanza, in quel pandemonio ? Ritornai indietro ad Ora, dove si era posto il Comando del X Corpo d'Armata. Anche dui mi si assicurò che a Bolzano doveva trovarsi il Comando della 6.a Divisione scesa dallo Slelvio. Ma ad Ora avevano ben altro per la testa. Era giunta notizia che al Brennero si venivano concentrando truppe bavaresi per opporsi alla nosira prossima occupazione; premeva quindi affrettare questa e preparare la ^pt rata battaglia. Di modo che me r.eiritornai a Bolzano. La folla degli ! sbandati era alquanto diminuita ejjvisto sulla piazza principale l'Hdteljder Stadt, mi vi diressi per alloggio. L'albergo rigurgitava d'una folla di ufficiali e di donne d'ogni categoria, ma il nuovo governatore della città trovò ricovero senza difficoltà. Se non che egli ritenne prudente di dormire colla rivoltella sotto il cuscino; ma anche questa precauzione non valse a far venire il sonno. Non erano però le preoccupazioni d'ordine cutaneo le più gravi. La domanda assillante era questa: Con che mezzi mettere ordino in quel caos? E" da sapere, infatti, che era stato Io Btesso comando austriaco ad invocare l'arrivo delle nostre truppe per metter fine alle devastazioni e saccheggi, che quella soldataglia stava perpetrando. Al mattino del 9, dopo aver per un momento temuto che si volesse avvelenare il governatore col caffo (non eravamo abituati agli abbomipevoli Ersatz) emano due bandi affissi alle cantonate; col primo annuncio l'entrata in funzione; col secondo ordino che entro il giorno 13 tutte le truppe debbono aver sgombrato il territorio di Bolzano. Per essere a portata di tutti installo il comando in una birreria sulla piazza d informo le autorità locali che att .io da loro visita. Ma nessuno si fa vivo Constatato che realmente la popolazione civile soffriva la fame (alcune donne facevano 'scorrere, tra le mani granelli di riso come fossero perle; non ne vedevano da tempo immemorabile) e pensando clic, prendendole dalla parte dello stomaco, si sarebbe potuto ammansire le sullodn.tì autorità, decisi di recarmi dal borgomastro Peratoner. — Non vengo a farvi risita — gli dissi a mezzo d'interprete, che — come prevedevo — egli ostentava di non comprendere l'italiano — perchè mi sarebbe dovuta la vostra; ma non è giusto che la popolazione subisca le. conseguenze dell'atteggiamento ostile de' suoi capi. Vengo quindi a prender., accordi con voi per la dislribuziò.ie dei viveri, che ho già richiesto. Queste parole disarmarono alquanto il Peratoner, che si decise ad offrirmi una sedia, mentre fino allora eravamo rimasti in piedi al centro della sala consigliare deserta. Si presero gli accordi necessari ed a poco a poco il ghiaccio si sciolse tanto che il Peratoner fini per dirmi : ~ — Potete ben credere che l'ulti vsavsma cosa, alla quale abbiamo mal ipensalo, è stato di diventare sudditi\aitaliani. Ora che l'impero è crollato «che dall'Austria ci separano le Alpi, ci rassegniamo e non ci rimane cb?. far di tutto per essere buoni sudditi. A tali parole ho spe.-so ripensato più tardi e mi sono molte volte domandato se la maggiore responsabilità delle situazioni successivamente createsi spettasse ai Tedeschi irreducibili od alle autorità italiane deboli, irresolute, ondeggianti tanto da lasciar nascere, se non fomentare, le illusioni. E la risposta è sempre stata la medesima: con quella gente avvezza ad essere governata severamente ma bene, occorrono due cose sole: polso fermo e giustizia. Una scia mi si presenta il procuratore generalo del Tribunale e mi annuncia die duo delinquenti sono stati condannati a morte per non So quale delitto. Secondo il codice austriaco — nù dice — hanno 21 ore di tempo per ricorrere alla grazia sovrana; ho telegrafato a Vienna, ma non-ho risposta; le ventlquattr'ore stanno per finire e vengo ad informarvi che la giustizia a\Tà il suo corso. — Un momento — dico io. Qui 'v'è l'ocOupazione italiana; il codice italiano non contempla la pena di morte, quindi la sentenza non ha da (essere eseguita. dpslvSgrR — Siete in errore — ribatte il procuratore. L'armistizio prevede il caso. E' qui da dire che invano avevo cercato di avere una copia dell'armistizio; tutto quello che possedevo era un giornale, che ne conteneva un sunto assai incompleto. E quel signore mi sciorina l'armistizio, do j ve è detto che, fino a nuovo avviso, nei territori occupati amministre- ranno le autorità locali, lo gli ii- .èpondo che proibisco di far eseguire la sentenza e prendo su di me la responsabilità. Che fine abbiano fat- to i condannati non so; non ho più javuto tempo di pensare a loro per gli avvenimenti che vertiginosamen- te si accavallavano Un altro, pel quale l'impero era tuttora vivo e vitale, era il commissario politico, che avrebbe voluto pubblica.re non so che bando con tanto di K. e K. Alle dichiarazioni che la monarchia imperiale e reale era definitivamente defunta, rispondeva imperturbabile: A me non risulta. Ma i problemi si facevano sempre più gravi ed intricati. La famosa 6.a divisione era finalmente giunta, ma le truppe avevano dovuto frazionarsi in cento presidii, si che nella città erano del tutto insufficenti per i molteplici bisogni. Ricordo l'im menso deposito di indumenti in ver- nati i pai malaria» ner un valor» nali, i cui nidieria.il, per un valore di molti muiom, andarono dispera per mancanza di custodia. Ricordo un'officina per materiale automobilistico posta lungo la strada per Trento, incustodita anche questa per assoluta impossibilità; ogni automobile, che di là passava, vi faceva la sua brava fermatina ed il meccanico trovava sempre il pezzo, che gli faceva comodo. La soldataglia intanfo sgombrava abbasìanza rapidamente, un po' per ferrovia ed un po' per il Brennero ed il Dobbiaco. La sfazione era qualcosa d'indescrivibile; i treni partivano stracarichi, con gente persino sui tetti, che alla prima galleria erano spazzati via; si diedero anche casi ioi soldati che, trovando tutti i posti ! occupati dentro e sopra i vagoni, jjio" seppero far di meglio che farsi jposto abbattendo a fucilate quelli che stavano sui tetti. Con questo si può immaginare che cosa fosse il battuto della stazione. Per evitare sconfinamenti in Svizzera, avevo vietato l'incolonnamento pai passo di Resta. Orbene, una sera mi si presenta un generale di divisione, che mi chiede il permesso di transitare pel Resia. — Ho l'automobile — dice — e filo senza disturbo. — Ma il vostro posto è colle vostre truppe — gli osservo. — Non posso andare colle mie truppe — mi risponde con voce alterata dall'emozione. Era, si vede, un generale mollo amato dai suoi soldati e teneva alla propria pelle. Mi fece pietà, ma non gli concessi quello che chiedeva. Soltanto, siccome, quando mi accennò all'automobile, io avevo dato un'occhiata intellicrente all'ufficiale d'ordinanza, quando egli usci non trovò più la medesima perchè legittima nostra preda di guerra. Anche questo signore non so come se la sia cavata. Ed incominciarono pure le difficoltà d'ordine amministrativo d'ogni genere. Il direttore postale avrebbe voluto emettere francobolli speciali. I direttori delle banche vennero a chiedere di emettere per 35 milioni va? E seguitavo ad essere solo ni l01 modo che, disperato l'il novembre &presi la risoluzione di recarmi perilumi a Trento, dove frattanto s'era trasferito il comando della l.a Armata. Là trovai insediati parecchi commendatori venuti dai vari Ministeri, nessuno dei quali però aveva sentito Iti curiosità di spingersi fino a Bolzano. Ritornai a Bolzano non molto illuminato, ma con la promessa, subito mantenuta, di darmi ufficiali e truppe in aiuto. Intanto ero anche afflitto dai giornalisti locali, i quali avrebbero preteso che io sapessi Dio sa quante cose. Quando giunse la notizia dell'armistizio sulla fronte francese, vennero a chiedermi quali sarebbero state le condizioni. — Evidentemente — risposi — consegna della flotta all'Inghilterra ed occupazione di Berlino. L'indomani mattina leggo a carat ieri di scatola: La flotta consegnata ainnghUlerra e gh Allenti occupa «° Berlino. L ho indovinata, penso, Ma poi leggo : 11 signor governatore dice ecc. Ero stato logico, ma non profeta che in parte. Il 16 novembre finalmente si trasferisce in Bolzano il comando del la Commissione per lo studio dellaifutura ltnea di confine dallo Stelvio|alle Tro Cime di Lavaredn. Una parola! Con quelle altitudini e d'inverno! Prima di lasciare Bolzano ebbi però ancora la soddisfazione di vedere il 19 novembre innalzare la bandiera tricolore su tutti gli uffici militari. 11 ricorrendo il genetliaco di S. M. la Rejrina Madre, il Comando mandava ad inalberare la bandiera al Municipio. TI borgomastro rifiutava ed allora il tricolore veniva spiegato al balcone dai soldati, mentr-'1 «ulta piazza per la prima volta irrompevano le note della Marcia Reale. Gcu. Giovanni Marietti

Persone citate: Giovanni Marietti, Peratoner