La corsa alla più potente flotta del mondo

La corsa alla più potente flotta del mondo La corsa alla più potente flotta del mondo L'Inghilterra discute il discorso di Coolidge e l'America si prepara ad impostare quindici nuovi incrociatori Londra, 13, notte. Se Lloyd George si tirasse ancora dietro almeno il 50 per cento del paese, il discorso da lui pronunzia- d<° stasera ai Comuni sarebbe tra i Pi" importanti ed i più interessanti deila sua vita; ma sulla bilancia del1'°Pi'ni(>n'e pubblica, in questo mo mento, e su quella della politica in a a - temazionale pesano molto di più le sole trombe di realismo che il presidente Coolidge ha scatenato con la sua formidabile orazione nel decennale dell'armistìzio. Lloyd George non andrà mal a fondo del tutto, poiché, pur nei suoi modi tortuosi, egli possiede un senso acutissimo degli interessi britannici, ma la mentalità rimane inchiodata al criterio che con la destrezza e la mitologia si possa maneggiare tutto quanto. Egli non intravede néll'AmM'ica di oggi, in pugno dei repubblicani vittoriosi, la manifestazione di velleità quasi automatiche ed incontenibili. Se Coolidge, praticamente vuole la massima flotta del mondo, ciò deriva, secondo Lloyd George, dalle gaffe* diplomatiche che egli attribuisce al Foreign Office ed al Quai d'Orsay. L'espansionismo di un popolo giovane, inebriato dal successo, per lui è perfettamente moderabile mediante accorgimenti dialettici o angeliche formule protocolari. Similmente la Germania del dopo-guerra, secondo Lloyd George, si potrebbe mantenere docile e dimentica dei beni perduti, accordandole l'immediato ritomo sul Reno ed una diffusa misura di disarmo, la quale, incidentalmente, cristallizzerebbe anche tutte le fortune altrui. 11 discorso lloydgeorgiano di stasera si è snodato su queste basi, col pregio però di una freschezza e di una" genialità oratoria degna di migliore causa, perchè, dopo tutto, non bisogna mai dimenticare che Lloyd George ha toccato la grandezza soltanto quale ministro della guerra e non è mai stato sinceramente un pacifista. Perciò, sotto l'aspetto prati co e sotto quello della politica realmente in corso, una frase editoriale del Times di stamane vale assai più di tutta la dissertazione lloydgeorgiana in Parlamento per la promo zione del disarmo. Il crollo delle illusioni n tema del Tinte.'! era il discorso di Coolidge, il grande fatto del giorno. La frase suaccennata suonava cosi : « Le sciocche Illusioni sulla politica americana non sono più accarezzate alla grande in questo paese da parecchi anni, quantunque qua e là esse possano sopravvivere. Dato che sopravvivano il presidente Coolidge sopravviene a stroncarle recisamente ». Assistiamo in realtà al crollo delle ultime illusioni, che nella scorsa estate recarono esca al fuoco della polemica contro il compromesso navale con la Francia, gli altri tizzoni essendo provvisti da gruppi che non si illusero mai in alcun senso, ma avevano del miele da smaltire, oppure degli interessi speciali da sostenere. Ora gli apportatori di tizzoni artificiosi che lasciano cadere il loro vecchio discorso sono la grandinata quasi nazionalista, scatenatasi a Washington, mentre gli autentici il lusi di ieri continuano a cascare dalle nuvole e lamentarsi della pò. sizione assunta da Coolidge, nonché dell'evidente appoggio che il grande pubblico americano gli accorda. Il virus della sicurezza è penetrato anche nelle vene degli Stati Uniti, osserva il Manchester Guardian, come se gli Stati Uniti, prima di questa supposta infezione non avessero manifestato se non inclinazione arcadica e altruistica. Coolidge si èj pronunziato esattamente nella maniera degli statisti europei, deplora il giornale, le cui sole speranze evi dentemente devono rappigliarsi alla eventualità che l'Africa, l'Asia o la Oceania generino qualche statista più vero e maggiore del vecchio e aGristadvsbsmsnlngrgccmrsmbctfpimsqpslgcrmusmatdgips dei nuovo mondo. La conclusione è j alquanto peregrina. Il Manchester Guardian non ama gli statisti ame ricani più di quelli europei, che gli sembrano piuttosto impossibili, ma teme che i primi siano impossibili alla loro volta soprattutto per colpa dei loro confratelli di Europa. Una volta che questi ultimi si ravvedessero anche quelli americani si farebbero possibili. In quale modo? Bisogna pagare il prezzo del rinsavimento americano, ripete il Manchester Guardian, a due riprese: ottenere la generosa cooporazione dell'America sul terreno ginevrino e nell'orbita del disarmo navale, pagando il prezzo necessario. L'organo radicale si astiene dal particolareggiare, forse perchè l'unico, .prezzo concepibile Si risolverebbe nella concessione dell'egemonia marittima americana e del riconoscimento giuridico di tale egemonia. Se gli Stati Uniti di oggi ottenessero la padronanza dei mari, ammessa e riconosciuta, forse verrebbero benissimo anche a Ginevra e certamente si interesserebbero molto dell'Europa, anzi vi eleggerebbero forse domicilio. Questo è l'unico prezzo concepibile. Se il radicalismo inglese osasse confessare esplicitamente clic è disposto a pagarlo, il suo cadavere si farebbe addirittura quatriduano in un batter d'occhio. Tutto è chiaro Il Times, invece, è quasi lieto del pronunziamento di ' Coolidge. Esso sostenne il compromesso navale con la Francia. Oggi si dichiara orgoglioso di questo progetto, mica perchè valesse molto, ma perchè indirettamente ha giovato a chiarificare molte cose. Il discorso di Coolidge è un trionfo di chiarezza. Il Times sembra dire : ora sappiamo dove siamo. Non importa che il Presidente abbia addotto cifre oltremodo discutibili; non importa che effettivamente egli abbia accampato a favore dell'America le esigenze di un maggiore numero di unità di battaglia di molte altre Nazioni. Occorre tenere in niente che egli parla al som ino di un trionfo elettorale senza precedenti ed ardeva dì battaglia. Il tempo mitigherà un tantino i fieri propositi odierni, tuttavia non li distruggerà. Ma non è il caso di abbandonarsi a critiche e tanto meno a risentimenti. Al fondo di questa storia stanno due fatti che al Times non dispiac ciono punto: Lo che l'America vuole essere forte nel senso che tutti capiscano: essa accorda implicitamente alle altre Nazioni la facoltà di voler essere o mantenersi forti nell'identico senso. In secondo luogo l'America si mostra conscia della ve rita che il mantenimento della pace risponde ai suoi più vitali interessi pratici : essere forti ed essere consci dell'utilità della pace per gli in teressi proprii. Benissimo. Così la pensa anche l'Inghilterra. Tutto è semplificato. Il Times finalmente trova che le cose tendono a mettersi a posto. Esso non parla del prezzo da pagare all'America per rabbonirla. Si limita fti osservare che l'America è interessata a non uttare troppo l'Inghilterra, perchè altrimenti andrebbe a repentaglio il suo interesse massimo, quello della pace, quale è anche il massimo interesse dell'Inghilterra. Quando si vogliono le medesime cose si è amici per forza e si resta fondamentalmente amici anche attraverso qualunque serie di attriti accidentali. Il Times dichiara che l'amicizia coll'America continua ad essere il caposaldo centrale della politica estera inglese, la quale mira sempre a realizzare una comprensibile intesa con gli Stati Uniti. Vero è che l'Inghilterra non può, come l'America, astenersi dal recitare la propria parte in Europa, una parte non ingenerosa, nè spoglia di influenza, ma la politica estera in Inghilterra rimane condizionata ai suoi più ampii interessi di impero marittimo mondiale ed a costanti propositi di amichevole cooperazio- ne con gli Stati Uniti. Fatto sintomatico ed eloquente: il Times non parla ancora di disarmo. Dalle parole ai fatti Sulle argomentazioni del giornale chiunque è libero di appendere punti interrogativi. Ma l'attitudine del Times di fronte ai fenomeni americani del giorno è l'unica che si possa assumere qui. Nel frattempo dall'America giungono voci tutt'altro che in procinto di mitigarsi; al contrario gli accenti di Coolidge sembrano acuirsi attraverso le manifestazioni successive. Oggi la stampa americana, a quanto attesta il corrispondente newyorkese del Daily Telearaph, adopera un tono quasi bellicoso.- Il Consiglio Generale della Marina approfittava dell'occasione per pubblicare i termini esatti della nuova politica navale, il cui principio è che la flotta americana non dovrà essere seconda a nessun'altra. L'idea della parità, piagnucolava stamane il Manchester Guardian, implica già di per sè lo spirito della competizione. Ma il concetto che non bisogna essere secondo a nessuno trascende in pratica la stessa idea di parità, giacché, per sentirsi ben sicuri di non essere secondi, bisogna lanciarsi senz'altro al primo posto. Qualche foglio americano attribuisce semplicemente ad Hoover il proposito di sposare, nel suo primo messaggio al futuro Congresso, la linea del famoso programrnone navale, che Coolidge ha tenuto in sospeso, quello contemplante la costruzione di una settantina di nuove navi da guerra, con il relativo dispendio di circa un miliardo di dollari. Forse il preannunzio, lanciato sovratutto da organi democratici, è tendenzioso; ina ormai il passaggio del disegno di legge per la messa in cantiere di 15 nuovi incrociatori di 10 mila tonnellate nel prossimo triennio, oltreché assicurato, è imminente. Questo primo fiotto di nuovi mostri di acciaio nel canale del programmone importerà una spesa di oltre ?5U milioni di dollari. Che dice il pubblico americano? Approva ed applaude il detto fondamentale di Coolidge: « Necessità di una politica intesa a manteuere la flotta americana in potenzialità sufficiente iper 1' appoggio dolile direttive generala degli Stati Uniti e dei loro commerci marittimi, nonché a salvaguardare i loro possessi continentali e d'oltre mare ». La. « cordiale approvazione » del popolo americano viene confermata questa sera dal succitato corrispondente del « Daily Telegraph ». Egli termina alludendo alle eventuali opposizioni che il nuovo indirizzo imbatterà per via. II dibattito ai Comuni Lloyd George Certo stasera ai Comuni, tanto dai settori antiniinisteriali quanto da quelli governativi, parole di calma e di buona volontà si sono sprigionate in abbondanza. Era in dibattito l'emendamento liberale all'indirizzo di risposta al discorso del Trono, un emendamento in senso ginevrino, locarniano, pacifistico e posapiano su tutta la linea, oltreché naturalmente un inno al disarmo. Lo ha svolto Lloyd George. Il patto anglo-francese, ha sostenuto egli, usando come vedete una paiola nuova, è anti-locarnico per eccellenza. Tnoltre è contrario al Trattato di Versailles (impegno assunto verso la Germania per il disarmo generale). Soltanto due Potenze finora hanno tentato di mantenere questa premessa: l'Inghilterra e gli Stati Uniti, quantunque questi ultimi non appartengano alla Lega. L'Inghilterra, dal canto suo, abbandonò là coscrizione e ridusse le sue forze navali al minimo denominatore compatibile con la propria sicurezza (notate bene il punto navale di Lloyd George, egli crede che l'Inghilterra per questo verso abbia fatto abbastanza). Tuttavia, tuonò l'oratore, le forze svduluaNbqlPt militari inglesi sono aumentate ne- prgli ultimi anni (in ragione di 10 mila peu°minf, se non erriamo, quasi tutti addetti all'Aviazione). Il patto an- peglo-francese ha disseminato sospetti, Lammessi persino da Baldwin. Leg- degote il discorso del presidente Coo- idge — ha detto Lloyd George — ejcna o o o , l e o o o l e a , e e vedrete come questi sospetti sussistano su larga strada. Pure il leader si trovò per un istante a menomare il pronunziamento americano, trattandolo come una semplice rivalsa alla riluttanza dell'Europa sulla via del disanno, e alla tesi britannica in fatto di incrociatori. I brani successivi del discorso furono intercalati dal quesito se il patto anglo-francese sia morto, tanto nello spirito quanto nella lettera. I francesi hanno l'impressione che i suoi principii informatori sopravvivano. Lord Cushendun si è pronunziato assai misteriosamente in proposito. Un altro quesito: si è rinunziato all'idea di abolire del tutto i sottomarini? E perchè? Un altro ancora: per quale ragione si accordava nel patto anglo-francese la parità universale per il naviglio leggero? Lloyd George a questo punto passa agli armamenti terrestri. Quelli francesi ed italiani, afferma egli, sono venuti aumentando da Locamo in poi, cosi pure quelli inglesi. Dai banchi ministeriali si grida: « No, no ». L'oratore insiste sulla sua affermazione. Egli alludeva agli armamen ti aerei. Accenna poi indirettamente alla Francia. Perchè metterla in possesso di sottomarini senza limite, sia pure di piccola stazza? E dichiara: « Da oltre cento anni noi slamo In pace con la Francia, ed io non credo, qualunque cosa accada, e qualunque inalinieso sorga, che giammai torneremo in conflitto con la nostra vicina. Pure esiste un pencolo, cioè che si scateni qualche panico capace di trascinare a tragici errori qualche Governo del giorno. Il mimerò illimitalo dei sottomarini potrebbe promuovere un panico simile ». I « riservisti » Lloyd George si occupa quindi dell'America. Chiunque concepisce qui una politica osi ile agli Stati Uniti, afferma egli, farebbe una pazzia. Nel brano successivo l'oratore sembrerebbe disposto ad acconsentire a quella che gli americani chiamano la libertà dei mari. Quando egli era Premier non ne voleva neanche sentir parlare. Siamo alla questione dei riservisti. Era stato promesso alla Germania il disarmo generale. Oggi, dieci anni dopo, ecco una promessa alla Francia: si rinunzia al computo dei riservisti nei calcoli delle forze armate in sede di riduzione di armamenti. Non si tiri in ballo l'Italia. Essa, constata Lloyd George, non crea ostacoli, perchè dice: « Se voi riducete i vostri giganteschi eserciti ad un dato livello, io mi conformerò senz'altro a quest'ultimo». Poi Lloyd George allude con benignità al famoso progetto russo per la pace universale. Ciò che lo urta è la insistenza francese sugli armamenti terrestri. « Ogni volta che esistette tn Europa — rievoca egli — una Potenza militare predominante, tutto si risolse sempre nella questione della sua supremazia a detrimento degli Stati vicini ». L'ultimo brano rigurgita di timori sulle condizioni dell'Europa. Sussistono braci sotto le ceneri. Le intese internazionali non sono meno precarie di quelle politiche. Bisogna sopratutto disarmare. La Germania ha assolto sotto questo aspetto le obbligazioni proprie ed aspetta che noi facciamo altrettanto. Quale è la nostra risposta? (applausi dai trenta seggi del gruppo liberale). Baldwin La replica di Baldwin si studia di tenei-si terra terra. 11 primo ministro esprime un po' di languida sorpresa in cospetto della nomenclatura Uoydgeorgiana. Perchè appioppare al compromesso navale anglofrancese il solenne nome di patto? Le spiegazioni di Baldwin seguono linee già note. Esisteva un disaccordo con la Francia, in fatto di riduzione degli armamenti. Il compromesso era inteso a liquidare almeno questa particolare ragione di contesa per diminuire il numero di tutte le altre che stavano sul tappeto della Commissione preparatoria. Il premier richiama il convegno tripartito di Ginevra e sostiene che, lungi dal promuovere nuove gare agli armamenti, le proposte navali inglesi in quell'occasione pro-ruttavano l'economia complessiva di circa 50 milioni di sterline a vantaggio dei contribuenti delle tre potenze convenute. Quanto alle presunte concessioni accordate alla Francia in merito ai riservisti, Baldwin fa notare che non è stato concesso niente, perchè le cose erano lasciate esattamente come stavano. Non si può imporre a wlospvecumwtetulegceremereccpClebvalirrpplazLpppmrri uqpgpptspngMcsrmtodc,^umQcalimmdmscagnsivsnessuna potenza continentale l'ob- j bligo della costruzione. L'Inghilterra desiderava naturalmente poterle persuadere tutte quante in questo senso. Impossibile. Nessuno si sognava neanche lontanamente di cedere. Il solo metodo praticabile in questo campo consiste nella persuasione. Ci vuole altro. La Francia è il più vecchio paese costruzionista di Europa. La leva militare si intreccia strettamente con la vita nazionale e con i concetti della democrazia. Tutti la vogliono. Pure un esercito di coscritti non significa necessariamente un paese militarista. Baldwin dedica un brano alla controversia sulla presunta segretezza cb.e circonda il compromesso navale. Era necessario il riserbo, altrimenti si scatenavano polemiche ancora pia deleterie. Badi la Camera che l'argomento del disarmo è irto di spine di ogni genere. Può dirsi piuttosto un problema di spirito che di lettere. Il Governo ha procurato di fare del suo meglio per agevolarlo II « Premier » accenna poi alla pendente questione della Renania. L'evacuazione risponde alle idee dell'Inghilterra. _ Evacuazione immediata? — cniede Lloyd George interrompendo. d a o a a e e a i ? o o ee o l n . i ai n e a — Certamente — risponde Bald win —, ma noi non possiamo imporlo. Io credo che si possa realmente sperare di vedere risolto entro breve anche questo problema. L'evacuazione segue da vicino il regolamento delle riparazioni. Lloyd George insorge, ma Baldwin replica con osservazioni fondate sulla ragione pratica da cui scaturirono maggiori benefici che dalle ragioni pure. ■ Renania e riparazioni « I negoziati in corso — aggiunge Baldwin — hanno posto in luce il desiderio generale di sistemare entrambe le questioni ». Il primo ministro, dopo avere tessuto lo elogio del patto Kellogg entra direttamente nel tema delle relazioni colla Francia. Egli richiama il fatto che Lloyd George, tre settimane dopo avere assunto la presidenza del Consiglio, scrisse a Poincaré una lettera in cui, accennando alla stabilità economica dell'Europa, diceva: « Le condizioni europee, a mio avviso, non possono essere ristabilite se non mediante un'azione durevole tra la Francia e l'Inghilterra ». Quando Lloyd George fu al potere egli non tralasciò mai di applicare questi metodi di fronte alla situazione europea ed i suoi sforzi in parte ebbero successo. Anzi Lloyd George una volta descrisse persino come arcadici i suoi rapporti coi francesi. In verità tali rapporti, per un certo tempo, furono molto felici, ma al termine del periodo di potere di Llovd George i rapporti si erano guastati e quando i conservatori tornarono al potere una delle loro difficoltà iniziali fu quella di persuadere i francesi a riprendere le conversazioni con l'Inghilterra. Lloyd George, secondo il primo ministro, non riuscì a comprendere perfettamente i sentimenti della Nazione francese e questa sua incapacità psicologica colò a picco la sua politica, giacché egli non riuscì più ad ottenere l'appoggio di Parigi. Malintesi a 3000 miglia di distanzaInfine Baldwin ricorda che gli occorsero parecchi mesi, quando egli sali al potere, per indurre Parigi a riprendere con Londra quella diplomazia amichevole che si era guastato del tutto durante l'ultimo stadio del Ministero lloydgeorgiano. Poi continua: ,n° parte "i*1™ noi non Intendiamo ^L-^lare. a,flat!0 ,,nllc direttiva che ubiamo tentato di seguire dal momento in cui siamo saliti al potere Questa politica, nei riguardi di una cordiale intesa col Governo francese a: la stessa che il capo dell'opposizione liberale ebbe a seguire. Non si tratta in una politica esclusivista e diretta aim1i!™..dl a,cuno- E65* n°n implica la menoma dedizione. Una coopcrazione di questo genere costituisce l'unico mezzo col quale l'Europa possa essere salvata dal pericolo di dividersi in due campi ostili. Tale cooperazione conta a proprio credito molti benefici. Progressi sono stati registrati in molte direzioni. Io non parlo soltanto di Locamo, ma anche del periodo durante il quale abbiamo ottenuto la coopcrazione dei tedeschi. Questi ultimi stanno oggi lavorando ammirabilmente insieme con i francesi. Gli uni e gli altri hanno avuto le loro difficoltà, ma in complesso stanno comportandosi con ottimo spirito, gli uni verso gli altri, e ciascuno di essi rispetta il punto di vista dell'altro. La nostra politica è di intima cooperazione con i francesi, ma anche di cooperazione con tutte le altre potenze ed essa ha potuto ripercuotersi nei più remoti angoli dell'Europa. Purtroppo rimangono alquante difficoltà, ma confidiamo di superarle»L'ultima parte del discorso dBaldwin è dedicata alle relazioni coll'America. L'oratore deplora l'esistenza di malintesi tra l'Europa e gli Stati Uniti. La causa di questi malintesi, secondo lui, deriva più che altro dal fatto, che, mentre glstatisti europei si incontrano a Ginevra e imparano a conoscersi benegli statisti americani non conoscono quelli di Europa e viceversa. Non sincontrano mai. I loro rapporti ssvolgono a tremila miglia di distanza, per mezzo di messaggi i cui effetti sono ben differenti di quelli decolloquii personali. Il Premier richiama la circostanza che, dalla guerra in poi, delle opere americane sono state compiute nel campo della ricostruzione finanziaria entro il quale l'America venne cooperando strettamente coll'Inghilterra. Ma per questo avvennero delle discussioni personali, che servirono meglio degli scambi dei dispacci. L'oratore si dimostra convinto che i buoni rapporti tra l'America e l'Inghilterra continueranno immutati e termina suscitando la profonda impressione dell'intera Camera colla- j lettura di un dispaccio del presidenre o on è a naon ea. a eso o, ila re. di ha te Lincoln al popolo di Lancshireche sostenne la causa del nord nella guerra di secessione. L'immortale presidente americano, telegrafando a questi inglesi, dichiarò: «La pace e l'amicizia che oggi esistono tra lnostre due nazioni saranno perpetue e così io farò il possibile pemantenerla ». Vivi applausi salutano la fine del discorso. Le ultime battute di un dibattitoche in pratica aveva ormai spuntatle più acute punte dell'opposizionspettarono a MacDonald, il quala nome dei laburisti, pronunziò udiscorso che sostanzialmente dichirò soddisfacente il tenore generadelle dichiarazioni del primo minstro. Non occorre quindi citare altrdi quella che, invece, secondo rforeani laburisti sarehhp sfata nnr b ni- • ' sareDD,e s'ata unnera filippica macdonaldiana contro la politica estera governativa. m p .- . - m' »