Ricordando la guerra e la pace di Andrea Torre
Ricordando la guerra e la pace Ricordando la guerra e la pace Dopo di pei anni dalla vittoria è bene, perchè istruttivo, ricordare alcuni dati e fatti che servono a spiegare l'ambiente in cui si fece la guerra, gli errori della pace, il disordine del dopoguerra. Sono anche elementi clic contribuiscono a mettere in luce le ragioni dell'avvento del Fascismo ed il suo trionfo nella vita italiana. La vita politica italiana al momento della guerra era umile, smar rita, inconsapevole della forza nazionale, impreparata a comprendere la grande ora storica europea e mondiale. La guerra dimostrò la profonda differenza che esisteva tra le ■virtù del popolo e l'incapacità dei dirigenti politici. Una larga corrente politica non voleva l'intervento dell'Italia in guerra, pi-renò aveva scarsa fiducia nella resistenza del popolo italiano e pretendeva che il paese si adagiasse nella neutralità, senza comprendere che questa era più pericolosa della guerra e che il risparmio del rischio non avrebbe evitato alcun danno finale, anzi l'avrebbe certamente provocato. Non avendo compreso l'energia di cui il popolo era capace, le classi dirigenti erano disorientate e impaurite: per esse assumere la responsabilità dell'intervento era cosa troppo grave, ed immaginavano che non parteggiando per nessuno, l'Italia avrebbe potuto non perdere niente. La cecità dunque era completa. Era evidente che la guerra non era fatta per risolvere una contesa limitata ad una o più questioni particolari, bensì per assicurare il dominio dal continente e possibilmente del mare: tutto il problema della egemonia dell'Europa in giuoco l'Italia non si sarebbe potuta sottrarre alla dittatura del vincitore. Non è da escludersi, che senza l'intervento dell'Italia, gli Imperi Centrali avrebbero probabilmente ottenuta vittoria : ed in tale caso le condizioni del nostro paese sarebbero state le più dure e umilianti. Nei primi mesi della neutralità, mentre Giolitti 6i lusingava che le trattative con Berlino e Vienna avrebbero potuto darci qualche lembo del territorio italiano ancora soggetto all'Austria (guadagno apparente e vano, se si fosse ottenuto, e comunque assolutamente insufficiente non solo per i nostri bisc ■ i ma anche per la più elementare nostra sicurezza), Sonnino e Guicciardini credevano addirittura — pur non osando sostenere apertamente il loro errore — che l'Italia dovesse schierarsi a fianco della Germania e dell'Austria, non comprendendo che la vittoria tedesca significava la Germania nel Mediterraneo ed in Oriente, ossia la degradazione del nostro paese e il suo asservimento al pangermanismo. Sonnino in un secondo periodo si persuase del suo errore, ma se egli avesse avuto il potere nel luglio-agosto del 191i, i confini naturali delle Alpi sarebbero rimasti un sogno e la subordinazione dell'Italia al germanismo sarebbe diventata una realtà. Lo stesso Salandra, che si assunse poi la responsabilità della guerra, nell'agosto del 1011 s'illudeva, come appare dal suo volume sulla «NEUTRALITÀ' », che la guerra potesse finir presto: il che. se si fosse verificato, non avreb¬ be reso possibile (eravamo di nove mesi lontani dall'intervento) una decisione immediata dell'Italia tale da garantirla nella sua difesa materiale e politica. 11 disorientamento, l'irresoluzione, la miseria di criterii dominarono poi il Governo sino all'ottobre del 1917, in modo che in uno dei periodi più tremendi della guerra, il paese potè essere avvelenato dalla propaganda più infamo, senza che il Governo reagisse con l'energia che allora più che mai era necessaria e senza che avesse !a forza di imporre la disciplina che era doverosa. E si arrivò alle trattative di pace — dopo la vittoria grandiosa, segnata dalla fine di uno del più potenti Imperi di Europa — senza una linea di condotta unica e precisa, in maniera che l'Italia apparve a Versailles debole ed incongruente, dove avrebbe dovuto essere forte e decisa nel far valere i suoi diritti, pari tra i vincitori. La radice del male era nel vecchio spirito politico, a cui si ispirava la classe politica dirigente, vecchio spirito gretto e pavido, privo della visione di un grande domani, educato alle transazioni snervanti ed inconcludenti, incapace tanto di audacie che di ordinata effettuale sapienza logica. L'Italia fu per lungo tempo, quasi sempre nelle mani di empirici, dotati di abilità per arrivare al potere e barcamenarsi per rimanervi; ma le virtù politiche positive e creative — e prima la virtù di vedere il domani, di vedere il destino della nazióne e di esprimerlo vigorosamente nella propria volontà — queste virtù non costituivano l'anima dei governanti di allora. Il popolo era diverso. Fu docile, fu paziente, fu resistente, generoso; sopperì con la sua forza umile ma potente a quella scarsa, difettosa e presuntuosa dei detentori del potere; e nel momento dello sforzo supremo non ebbe limiti nel sacrifizio e fu eroico. Questo popolo, ignorato nel suo cuore, misconosciuto nelle sue intime virtù, fu l'autore primo della vittoria. E fu lo stesso popolo, che orientato verso i fini superiori della Patria e dell'organizzazione sociale, si raccolse, 6i riordinò, si impose sotto la guida del Fascismo. Il trionfo di Mussolini sorprese e sbalordì i manipolatori del vecchio potere, perchè essi erano avvezzi a considerare la massa sotto l'aspetto coreografico, a preoccuparsene per i suoi clamori, ma non ne comprendevano gli istinti di ordine e le aspirazioni al lavoro pacifico e fecondo. In verità, i vecchi dirigenti si erano separati dal popolo, non vivevano con esso, non l'intendevano. Il popolo era stato abbandonato a se stesso ed ai demagoghi. Non fu dunque una espressione retorica quella di Mussolini, quando disse al Re: Io porto a Vostra Maestà l'Italia di Vittorio Veneto. Era questa l'Italia nuova, nuovo popolo e nuova Nazione, eredi legittimi della Vittoria. E' il popolo che si educa ai suoi doveri nazionali e che intuisce che i suoi doveri gli insegnano i suoi diritti e lo preparano a realizzarli. Andrea Torre.
Persone citate: Giolitti, Guicciardini, Mussolini, Salandra, Sonnino
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