Una visita alla sorella di Federico Nietzsche

Una visita alla sorella di Federico Nietzsche TRA LE GRANDI OMBRE DI WEIMAR Una visita alla sorella di Federico Nietzsche « Questa casa non è un museo; essa non e aperta al pubblico. Vi abita tuttora la sorella di Federico Nietzsche, la quale, anche in considerazione della sua età avanzata, prega che solo chi sia mosso da speciale interesse filosofico e artistico, o abbia speciali domande da rivolgere chieda di essere ammesso ». Davanti alla villa chiara e luminosa, in vetta alla colliina di Weimar, tra il silenzio del fiori, e delle piante io rimango qualche istante perplessa. Son giunta lassù con quel vago indefinito desiderio di accostarci all'anima di un grande che ci porta a visitarne la casa superstite, i luoghi ch'egli ha amato, quasi nella speranza di sentirci, noi tanto piccoli, per un istante in comunione con lui, e in cambio del nostro palpito e della nostra ferie di riceverne quasi sulla fronte e sull'anima la sovrumana carezza. ...La mia esitazione è breve. Traggo un foglio, vi scrivo alcune righe che consegno a una cameriera accorsa al 10 squ'iMo del campanello; poi aspetto. Non aspetto molto: e un'altra porta più grande, nel corpo principale della villa mi viene aperta da un domestico che mi introduce. // ricordo di Torino ...'La signora Foerster-Nietzsche mi riceve In persona. Sano cosi commossa che al •primo istante non percepisco che uno sguardo azzurro infinitamente dolce, e luminoso che mi accoglie, una voce altrettanto dolce che mi saluta. — F/Ua viene da Torino? Certo è quel nome che mi ha spalancato quella casa che si apre cosi difficilmente, il nome della città già tanto cara al Fratello, la sede delle sue ultime estasi e della sua commovente euforia... Filila prosegue:' — Io ci fui una volta sola... Allora. Non aggiunge altro ; con un segno del capo le accenno che so, che non è mestieri ella insista sul ricordo stra. ziante. Ma mentalmente io vedo il suo arrivo con Overbeck in quella casa di via Carlo Alberto, in quell'alloggio del signor Fino, dove pochi giorni prima 11 povero » professore tedesco » era stato ricondotto da una guardia di polizia che l'aveva sorpreso in via Po nell'atto di -abbracciare un cavallo, proclamando l'universale fratellanza... — Gli ultimi anni li i'i passati qui, non è vero? • — Si, quando lo riconducemmo dall'Italia tentammo le cure della casa di salute; ma perduta la speranza, perchè egli era anche cosi dolce e tranquillo, io lo volli qui con me: vi ha trascorso tre anni. — Infelice? Soffrendo? — Crisi di lacrime, giorni di triste2 za non gii mancarono pulroppo; ma la maggior parte del tempo era sereno. Amava il giardino, amava tanto queste dolci colline della Turingia, restava ore e ore a queste grandi finestre a guardar laggiù le case di Weimar illuminate, e quando il sole batteva sulla saia poltrona di malato era tutto contento. Nei primi tempi passeggiava ancora un pochino qui intorno, ciò gli piaceva tanto. Meravigliosamente le parole della Sorella rifanno in me la vdsione del N'ietzsche camminatore instancabile che ama vagabondare per le selve dell'Engadina, o ospite invernale di Rapallo, in quel tempo povero borgo dl pescatori umile e ignorato in fondo alla sua baia, ogni mattino salire verso Zoa^li e ogni pomeriggio, per Santa Margherita e Paraggi, arrivare a Portofino, ove lungo quella strada divina ha la prima ispirazione di Zarathustra. Elisabetta La veneranda donna si è alzata: ella mi addita una statuetta che rappivsenta il poeta seduto su una poltrona, malato, cadente, l'occhio un po' velaio ma dolce ; poi alla parete un gran disegno a carboncino dov'egli è a letto, perduto tra i cuscini, la persona dimessa, l'occhio terribilmente fisso e desolato: — Due anni prima della morte — ella mi dice, segnandoli a turno. — un anno prima. Io guardo ; poi oso guardare anche lei. Elisabetta ! lo sento ancora il nome dolce e grave in fondo alle invocazioni del poeta alle cui labbra si pochi nomi dl donna furono familiari. Poco dopo vedrò a una parete di quella stessa grande e luminosa sala tutta snera alla sua memoria il ritratto della madre veneranda e canuta a cui egli, giovane, dà il bracoio guardandola di fianco con tenera solleciIndine. Polche ejii fu sollecito e pietoso a colmi) che io accostarono. Non lo chiamaviiii « il santo » gli abitanti di (pietl-i casa operaia genovese dov'egli visse nel 1880 cucinando da sé 1 suoi pasti, trattando bene con tutti e vivendo cosi tparco e austero? e che buon ricordo serbarono di lui il curato e il maestro di Sils-Maria: « quel professore tedesco un po' strano, ma cosi istruito, cosi modeste e buono!». Colle signore che incontra nei suoi viaggi è mite e umile : nel IRRfi alcune straniere che villeggiano in alta Engarlina gli dimostrano simpatia e si radunano in crocchio per sentirlo parlare. Egli ne è loro infinitamente grato. La donna e la frusta — Voi avete scritto: ■ Se vai dalla donna non dimenticare la frusta » — gli rinfaccia ima di psse. F.d egli se ne> scusa, sfilando una serie di complicate spiegazioni e ritrattazioni. . Ma alle donne sup, a quelle rhe più gli furon devote, egli costò molte lagrime: alla madre, che aveva spe-rato di vederlo diventar pastore come il padre, . inno degli eletti che vivono presso Dio e parlano nel suo nome », e tutta la vita si desolò di quel figlio ateo e iconoclasta, negatore d'ogni fede e sovvertitore d'ogni morale; alla signorina von Meysenburg, la generosa amica di Mazzini e di Luigi Blanc che in gioventù aveva coraggiosamente affrontato l'esperienza del primo falansterio, e che spesso ebbe a soffrire delle sue violenti repulse e delle sue liti; a Lem Salomé, che pur gli aveva concesso il sorriso della sua bellezza e dei suoi vent'anni e la paziente attenzione della sua mente aperta, e su cui egli scagliò la più irosa delle sue invettive. E colla sorella? Io mi rivolgo questa domanda mentre la signora Foerster-Nietzsche mi porge a contemplare una bella copiarilegata del « Zarathustra » che Nietzsche tenne sempre con se e segnò qua e là dei suoi appunti. Guardo devotamente 11 libro, poi lei che me lo porge. Quanto dovette esser bella! Gli occhi azzurri e luminosi hanno ancor oggi a sprazzi la viva malizia dei giorni in cui il fratello destava la sua ilarità parodiando i musicisti e i poeti in voga; i capelli, sormontati da una breve raggiera di tulle nero, conservano pallidi riflessi aurati; il naso è fine e nobile; ma soprattutto la bocca — dove le labbra sinuose e sottili disegnano un arco perfetto — ha ancora il suo fascino, e nel sorriso è di una grazia indicibile. Io ripenso la sua tenerezza per 11 fratello grande ed infelice, la prontezza ad accorrere ai suoi richiami improvvisi per venirlo a curare malato, a consolare malinconico; per tentar di acquetare le liti che egli attaccava violente coi suoi amici, per quel suo bisogno invincibile di dire tutto ciò che pensava, per quella sua facilità a tacciare di vile e debole chiunque gli sembrasse deviare dai primi propositi, dai primi ideali; e io la vedo, questa graziosa sorella, frapporsi tra lui e l'ira di Wagner, la crescente indifferenza di Cosima, il distacco di Erwin Hohde, il malcontento di Burckhardt. // viandante e la sua orma Eppure anche contro di le.i egli si adirò, perchè è destino degli uomini di genio di pesare sulle loro donne — quando son buone — di tutto il peso dei loro tormenti, delle loro fatiche, delle loro delusioni, e poi di lagnarsene ancora ripetendo l'immortale lamento di Vèrlaine: « Vous n'avez pas eu toute pati enee Ma la carezza della pazienza fraterna egli ben la senti quando ella lo accolse malato, spezzato per sempre, più debole e più impotente di un fanciullo, e curandolo e carezzandolo lo tenne presso di sè sino alla morte. In una sala, ov'olla mi mostra una intera libreria di opere tutte dedicate al fratello glorioso, io cerco invanii il bel libro di Enrico Thnvez: n II viandante e la sua orma », e glielo dico: — Vi sono in quel libro delle cesi fini pagine su Suo fratello, signora, pagine commosse e riconoscenti per questo gran poeta germanico che seppe capire il fascino delle nostre campagne, la bellezza dignitosa e calma della vecchia Torino rettilinea, e che ha chiamato l'autunno della nostra collina rispecchiato nel Po « un Claude Lorrain trasportato nell'infinito ». Subito la signora Elisabetta si appassiona a quella notizia; e si allieta tutta quando le prometto che al mio ritorno in Italia le manderò il volumeche manca alla sua pietosa raccolta, // manoscritto rubato Poi mi accenna a un 6uo segreto rovello, a un cruccio che le sta sull'anima. — Federico, prima che la sua ragione si perdesse, a Torino, dovette compiere un'opera Si si, ne sono certa.e anche Burckhardt e Overbeck — gli ultimi a cui scrisse — lo pensarono con me. ÉDbene, quel manoscritto non fu mai ritrovato. Oh — aggiunge subito come a prevenire un dubbio — non furono certo i suoi padroni di casa a sottrarlo ! quell'ottima gente cosi disinteressata, che fu con lui di una si commovente bontà I No, no; nva in quella casa abitava un americano. L'ho saputo dopo. Dev'essere quell'americane... Si è faito di tutto per riavere quel manoscritto. Non io, che non sono abbastanza ricca, ma tutta una schiera di ammiratori del mio povero fratello si offri di riscattar l'opera, e lo fece annunziar sui giornali. Non ottenne nulla. Ma io penso sempre che quando avrò chiuso gli occhi, in America, qualche grande editore... Ora ella si congeda da me; certo il parlar tanto di un argomento che le sta tanto a cuore l'ha stancata; ho visto i suoi rtcchi farsi pallidi; poi la | Pire-ila elegante figura vestita di seta 'llf!ra impellicciata e già freddolosa pure in questa mite giornata di settembre si allontana. La sciabola di artigliere Ora. guidata da un servo, termino il giro delle sale. Nelle vetrine sono pietosamente raccolti gli oggetti che furono suoi, e in quell'ambiente famigliare tutto acquista uno straordinario rilievo. Tre piccole vedute mi fermano: la sua casa natia nel villaggio di Ròeken circondata dalla gran pianura sassone, dove egli errava da piccolo assieme al babbo, ascoltando passar sul suo capo il suono delle campane; la placida casa vedovile di sua madre a Xaumburg! sulla Saale, coi fiori alle finestre, e ili terrazzo a pergola, ove egli leggeva I e sognava adolescente; la sua tomba.i ;tra la tomba dei genitori sul fiancoi della piccola chiesa di Liilzen. Un'altra vetrina contiene la sua sciabola di artigliere nell'anno della guerra franco-prussiana, quando il suoj cu-->re si dilatava d'orgoglio per le vittorie della sua patria, ed egli proclamava « che l'umanità non può innalzarsi, cioè tendere all'eroico e al sublime, se non stretta dalla guerra »; ma poi tosto lo coglieva l'atroce dubbio- se la guerra non serva talora la parte del più brutale anzi che del più degno, e il dubbio si rafforzò quando la Prussia si preparò ad inaugurare l'Università di Strasburgo: «I nostri soldati hanno vinto i Francesi, e ciò è glorioso. Ma i nostri pedanti han perciò il diritto di andare a trionfare a Strasburgo? •. « lo son colai che benedice... » In fondo alla prima sala, su questi sparsi cimelii, sui manoscritti nitidi, sulle trentaquattro traduzioni del Zarathustra, sugli oinagpi giunti ria tutte le parti rii-1 mondo, trionfa il busto di Nietzsche eseguito da Minger, dove i caratteri fotografici — gli occhi incassati, i pomelli sporgenti di slavo, i pran baffi a spazzola — sono vinti e soffusi dalla nobiltà trasfigurante dell'espressione, dallo splendore stesso del marmo, nella cui bianchezza l'umanità appare come annegata nel so gno e purificata nel dolore. E imi par che in quel meraviglioso ritratto ci sia veramente la sintesi d questo individuo dallo strane contrad dizioni, di questo filosofo sofista, d questo poeta maledetto, di questo mite che osò fare il processo di tutte le credenze, di tutti i valori tradizionali di tutti gli scrupoli, di tutto ciò a cui '.'umanità si attacca per credere ancora un po' e soffrire un po' meno, di questo astinente e casto che esaltò l'avventura predace e che, amando vivere fra i poveri come un povero, magnificò i. popoli conquistatori e gli uomini dagli istinti scatenati. Al quale tuttavia — io penso — molto sarà perdonato, per non avere egli mai indulto a sè slesso, per non essersi mai adagiato ne nel comodo errore, nè nella comoda illusione, ed aver preferito ili dubbio alla certezza, la ricerca aliai fede, il paradosso al luogo comune, ed alla stessa tranquillità dei domestici affetti delle amicizie e degli ainori, la contesa e l'ostilità quando credette che la buona armonia fosse 1 a costo di cecità e di transazioni. E| anche perché in fondo egli insegnò agli uomini che la sola verità buona è queliti che noi str-.-si abbiamo scoperta, e la *ola buone regola di vita quella che da noi, lealmente e con isforzo ci ! Siamo creala; perchè osò, contro tutte le ipocrisie dei falsi moralisti e le de- lottatore per aver un giorno le mani .,llL.,.., ,>0l. benedire. bolezze e le impotenze dei falsi asceti, dire una sincera parola di amore alla vita, all'istinto, alla forza, e proclamare — lui che fu tanto solo, tanto infelice e tanto malato: — « lo sono colui che benedice e che afferma, e per questo ho a lungo lottato; io fui un Barbara AUason