La città russa che ha nome dai Colonna di Ettore Lo Gatto

La città russa che ha nome dai ColonnaLa città russa che ha nome dai Colonna Kolómonskoe presso Mosca, settembre Anche la faticosa lettura dei vecchi poeti dimenticati, o vivi solo nella memoria degli eruditi, può riservar sorpreso agli spiriti curiosi! Molte no ha riservate a me lo studio dei poeti russi dei secoli XVII e XVIII! Tra l'altre proprio quella che mi ha spinto oggi a non molti chilometri da Mosca, a Kolòmenskoe, antico luogo di villeggiatura degli Zar siili' elevata riva del fiume Moskva placido ed azzurro. In una breve poesia celebrante appunto questo luogo di delizia, il poeta SumaTokov riprendeva la leggenda diffusa verso la metà del secolo XVIII che a Kolòmenskoe avesse visto la luce Pietro il Grande, aggiungendo poi nello note storiche con cui egli stesso accompagnava la poesia che il villaggio Kolòmenskoe si chiamava così perche « fondato da un romano di nome Carlo Colonna ». Leggendaria la prima notizia, probabilmente fantasia di etimologico la seconda, che nessuna traccia dei romani Colonna, oltre questo accenno del Sumaròkov, m'e stato dato di trovare nella storia. Ma sufficienti i due dati ad eccitare la curiosità dello studio so straniero. La strada che lungo il fiume conduce al villaggio offre una delle più belle viste sull'immensa cit tà di Mosca, distesa sulle due rive, tutta ardente nel sole, con le sue innumerevoli cupole d'oro. Luogo di se• renità e di pace ! Prima d'esser scelto a riposo e delizie dagli Zar moscoviti, Kolòmenskoe fu però punto avanzato di difesa strategica contro i Tartari, minaccianti Mosca dal Sud, e come tale il suo nome ritorna infatti nelle antichissime crona che dei monasteri russi. Purtroppo quel che ne resta oggi non ò suffi ciente a dare un'idea di quel che il luogo fu nel passato ; solo la rico' struzione in miniatura di tutti gli antichi edifici ed il panorama di qu-1 che la residenza era alla fine del sec. XVIII, nel disegno del no stro Quarenghi, che troviamo qui nel piccolo Museo locale, ci ricondu cono alla realtà del periodo del maggiore splendore noi secolo XVII. Ma non solo di splendore, anche d'importanza politica, perche nel raccon to dello rivolte che si verificarono nel corso del secolo il nome di Kolò menskoe ritorna a varie riprese, ri cordato, per esempio, e dal metropolita Filarete, al principio del seco lo, e dallo scrittore Kotoscichin, al la fine di esso. Kotoscichin fu lo sto rico della Russia sotto Alessio Mi chajlovic, lo Zar che sopra tutti pre dilesse la residenza di Kolòmenskoe e vi costruì un palazzo ricchissimo ma in legno, che fu divorato da quelle stesse fiamme che distrussero nel corso del tempp quasi .tutta .l'antica architettura in legno della Rus eia. Dato lo scarso fine pratico di un edificio destinato-solo alla villeg giatura estiva, la costruzione del pa lazzo di Alessio Michajlovic dovette corrispondere piuttosto alla necessi tà di dar ancora sfogo a quell'impulso artistico che nel sec. XVII a Mosca cercò in vario modo di fermarsi e consolidarsi con l'aiuto e la guida di stranieri geniali, tra i qual anche i nostri Ruffo e Solario. Oggi a Kolòmenskoe sono i soli edifici in pietra, le chiese e gli avanzi delle mura e dei torrioni difensivi, quelli che ci parlano del lontano passato, e tra i più antichi la chiesa della Resurrezione e quella di San Giovanni Decollato. Chi arrivi a Kolòmenskoe da Mosca con gli occhi ancor pieni della visione della cattedrale del Beato Basilio, la più capricciosa e bizzarra, e direi anche la più originale fra le chiese moscovite, e subito colpito da una strana somiglianza e parentela fra queste chiese: qualche cosa della pagoda •indiana nell'una e nell'altre, con una mescolanza di elementi gotici nella cattedrale moscovita e di eie menti mauri in quelle di Kolòmenskoe. Ma la somiglianza, in fondo, non è che fuggevole: si sente e nelle une e nell'altra quell'ansia di ricerca, di novità e di libertà che caratterizzò la vita artistica moscovita nel secolo XVI, per cui i monumenti e in particolar modo le chiese finivano con l'essere tanto diver se l'una dall'altra. Ad osservarle be ne queste due chiese di Kolòmenskoe, sorte a così breve distanza di tempo, nel 1529 quella di S. Giovanni Battista, e nel 1532 quella della Resurrezione, hanno in comune solo lo sforzo di conciliare nella ricerca di novità l'Occidente con l'Oriente. La chiesa della Resurrezione, come quella di S. Basilio, a Mosca, sono veri e propri modelli in pietra di quel che fu l'architettura russa in legno; di quella di Kolòmenskoe si sa anzi che fu il prototipo di quelle numeroso chiese che a Mosca, per la loro indipendenza dalla tradizione bizantina sorprendono lo straniero, al quale la* derivazione da Bizanzio sembra inevitabile in tutto ciò che in Russia si riferisce alla chiesa e al culto. A diminuire ancor più il seu so della religiosità già così scarso, dietro l'altare, sulla piccola loggia V che affaccia sulle rive della Moskva, 5 e il trono degli Zar. che la tradizio§ no attribuisce ad Alessio Michajlo ti vie, situato lì come nel punto_ più ffe idoneo a permettere allo Zar di se{Xguire le partite di caccia e le esercì Stazioni militari. Se un senso di di stivino e in questo luogo, esso è dato ^dall'invadente natura che circonda ^rigogliosa questi avanzi solenni di sefempi così lontani e diversi, che soG^o un enorme sforzo della fantasia s.°rfesce a chiamare in vita. Ma dovet zie jjgjp pur essere questa serena pace appella che dalla bolgia moscovita ri J»aìiiamava gli Zar sanguinari al puri Ì^Jiatore contatto della natura. Dalla iesa della Resurrezione e della Ma technoghdibllachriso LarafazaunbifrnequristechtedistdisalafechvosescpoeAnna di Kazan, quasi chiuse tra ^fdificip. della porta di Corte e le MlezoluginulicditataleildvpclunsmlaacpesMcaedcclgsrlmeelatcvazvcmtsscslncsadnmculcl torri ancora in piedi, si arriva a quella, di S. Giovanni Decollato per un viottolo nel bosco. Tutto intorno alla chiesa antiche tombe, che le intemperie han quasi sconvolto : nomi d'ignoti oggi, che furon forse di potenti un giorno. Disse, non ricordo chi, una volta, che la storia russa non ama star ferma negli stessi luoghi. Como temendo i ceppi della tradizione, essa condanna infatti all'oblio le sue bellissime creazioni secolari, si trasporta in luoghi nuovi, che arricchisce subito di ricordi per rifuggir via ancora come paurosa di so stessa e di questa sua creazione. La facilità della distruzione ad opera del fuoco di quel che era stato facile costruire grazie alla ricchezza stessa della natura è perciò come un simbolo di tutte le vicende turbinose di questa storia. Sola catena fra gli avvenimenti nello spazio e nel tempo, l'uno e l'altro infiniti, questo spirito di rinnovamento o di ricominciamento, dopo l'oblio di se stessa. A poca distanza dalla chiesa che vide l'avvicendarsi degli Zar potenti, un piccolo gruppo di contadini avvinazzati canta oggi una ciastuska ribolle; son forse essi i nipoti di quei servi della gleba che faticosamente trasportarono le pietre per la costruzione di queste mura a difesa della Santa Mosca Ortodossa, che la ciastuslea deride. Quale nuovo canto canteranno tra queste stesse pietre le nuove generazioni dcll'o scuro ed incerto domani? Ettore Lo Gatto.

Persone citate: Alessio Michajlo, Alessio Michajlovic, Carlo Colonna, Colonna, Giovanni Battista, Kazan, Quarenghi, Ruffo, Santa Mosca