Le giornate di un pellegrino alla Mecca

Le giornate di un pellegrino alla Mecca Le giornate di un pellegrino alla Mecca Qualche giorno fa, una notizia da Batavia annunziava che parecchie migliaia di malesi delle Indie Neerlandesi sono morti di malattie, disagi e maltrattamenti durante l'ultimo grande pellegrinaggio alla Mecca. I pellegrini malesi partiti quest'anno per la città santa musulmana assolutamente interdette, agli infedeli, sono stati 35 mila. Ne tornarono 31 mila soltanto e il computo 6 esatto perchè il trasporto vien fatto da piroscafi olandesi. Ciò significa che nulla h mutato nella tragedia doi pellegrini alla Mecca e che il racconto fattomi da un mio nobile amico musulmano dallo spirito e dalla coltura apertamente moderni, del suo soggiorno nella Boma coranica è di piena attualità. Lo ripeto oggi ai miei lettori nella sua seducente e fresca semplicità: Cosmopoli dell'Oriente Siamo entrati alia Mecca per la porta di Sceik Mahmut ed eccoci nella città tre volte santa. Città araba, sudicia come le altre dalle viuzze ingombre di pellegrini. Quest'anno (1926) ne sono giunti oltre ottantamila. Con 1 miei domestici mi metto alla ricerca di un alloggio e dopo molta pena riesco a trovare tre camere al secondo piano di una casa che ne conta quattro, in una strada abbastanza larga e sulla quale dalle mie finestre si apre un balcone. Scelgo per me una delle camere, i miei due servi occupano l'altra, la terza ci servirà da bagno, cucina, stanza di sgombero, ecc., durante il nostro soggiorno alla Mecca, vale a dire tre settimane. Dopo un bagno reso indispensabile dalla sabbia del deserto di cui mi sento impregnato, faccio stendere sul balcone uno dei miei tappeti di pelo di cammello e con i gomit: sul cuscini, bocchino del narghilè fra le labbra, mi riempio gli occhi dello spettacolo della strada. Chi non ha veduto grandi riunioni di orientali non può farsi un'idea della varietà del costumi multicolori accesi da questo torrido sole che abbellisce tutto, magnificando sino 1 cenci dei beduini maestosi che passano sotto le mie finestre Che mescugliol Egiziani dalle lunghe vesti di seta verde, azzurra o rosa striata di bianco, dove le larghissime maniche si allungano smisuratamente trainando sino a terra, circassi dai berretti tll astrakan e dai soprabiti neri che cadono sugli stivaloni verniciati, indù dagli enormi turbanti, cinesi, turchi, afgani, marocchini, algerini, tunisini, beduini del deserto con il capo coperto da drappi di seta trattenuti sulla fronte da una corda di peli di cammello: bruni, rossi, bianchi e i mantelli sordidi e i sandali indescrivibili, quando ne posseggono... E infine i Beni Asen, proprietari della Mecca e sfruttatori del pellegrini. Essi sono coloro che hanno impedito la prosecuzione della ferrovia da Medina ed hanno ereditato da Maometto, dal quale discendono, il privilegio di cedere a prezzi strozzineschi il vitto e l'alloggio ai poveri credenti del resto del mondo. I Beni Asen hanno tenuto a non essere confusi con gì! altri abitanti de:l'Hedgiaz. Entrando alle Mecca avevo notato degli uomini dal viso coperto di cicatrici. Vedendone passare altri più numerosi sotto il balcone, chiamai il mio servo Montab e gli domandai se sapeva che cosa significassero quelle cicatrici. — Quelle ferite, Saidna — mi disse Montab — si chiamano • tsarit • o meglio sono il risultato dell'operazione che porla questo nome. Quaranta giorni dopo la nascita di un fanciullo gli si praticano due incisioni verticali su ciascuna delle gote. Sono i segni indelebili che impediscono agli abitanti della Mecca di essere confusi con noi... Lo spettacolo della strada si svolge in una processione interminabile di nuovi giunti erranti a gruppi con il naso In aria che fanno conoscenza con la novità del luoghi, nell'attesa, dopo i giorni di riposo, di compiere le cerimonie del pellegrinaggio. In moschea All'ora che canta il muezzin e quando cominciano ad accendersi le Diocole lampade delle moschee, esco per l'abituale passeggiata dal crepuscolo e mi dirigo verso l'immortale caaba, 11 tempio santo fra 1 santi, l'unico In direzione del quale nelle ore della preghiera si volgono 1 musulmani del mondo intero. La caaba è al centro della città, in una piazza attorno alla quale sembrano sorgere tutte le case della Mecca come per dissimularla agri sguardi indiscreti degli Infedeli. Avanzo nella piazza e l'impressione prodotta dalle vasta dimensioni di quel luogo di adorazione è indicibile. Si ascende al tempio salendo otto larghi scalini di marmo. Intorno gira un immenso portico di quattro ordini di colonne alte sei metri e dì un diametro di cinquanta centimetri. Sotto le vòlte ogivali che congiungono fra di loro le colonne ardono migliaia di lampade di oro o d'argento lasciate qui dai pellegrini per riconoscenza dello grazie ricevute. E l'effetto di cotesta moltitudine di faci, simili a lucciole sul rami di una foresta pietrificata, è sorprendente. Ecco venuto per me il momento più pericoloso del pellegrinaggio; l'ho ritardato sino a che mi è stato possibile. Se vi sono degli accomodamenti con la legge di Maometto, non esistono dispense plenarie e debbo rigorosamente sottomettermi alle prescrizioni d=l Corano rivestendo l'« hiram ». Nulla di men che puro deve entrare nella caabi, da non confondere con la moschea di Hanam el Scerif dove ciascuno può pregare sotto la veste che gli conviene. Cosi il pellegrino deve abbandonare i vestiti di cui si è servito durante II viaggio e coprire la sua nudità con una sola tela, assolutamente nuova, di cui si cingerà le reni gettandone un lembo sulla «palla sinistra, il braccio destro rimane ignudo. Gli è interdetto di qui innanzi tagliarsi i capelli, la barba, le unghie; di avvicinare la donna, di cacciare. La proibizione si esten de sino a vietare l'uccisione di ogni specie di parassiti che nell'Hedgiaz beneficano di una completa immunità. Begolarmente il pellegrino deve portare l'« hiram » dal momento nel quale mette piede sul territorio sacro dell'Hedgiaz. Sollecitai una dispensa. Per il prezzo di due pecore che furono sacrificate In compenso, potè: continuare Il mio viaggio sotto il velo tutelare del miei abiti di beduino. Ma oramai non v'è più da esitare. Chiuso nella mia camera ho proceduto alla sacra toeletta osservando tutta i riti, per semplice fantasia. Dapprima le due abluzioni con la forni ola coranica: « Allah, secondo la tua volontà e quella dei tuo Profeta rivesto l'« hiram » per visitare la caaba e compiere il pellegrinaggio »; poi la frizione di tutto il corpo all'acqua di rose e infine l'« hiram •. Penetro cosi nella moschea con 1 miei fratelli nell'Islam, nel tempio dove sono venuto ieri in veste di curioso e dove rientro oggi sotto l'aspetto di pio ed angosciato pellegrino. Varco la Porta della Salvezza, gigantesco arco trionfale dai ricchissimi arabeschi e vi abbandono alla guardia d'indolenti portieri le eleganti pantofole che porto ai piedi. Assai lentamente, trascinato dalla folla,- salgo sotto il sole ardentissimo 1 larghi scalini che conducono alla caaba. Soste senza fine, procedere mortale, tormento di attesa snervante... E la caaba è vicinissima, nel mezzo della moschea, che la schiaccia con la grandezza delle sue proporzioni; è là la celebcrrlna casa di preghiera che Iddio stesso, secondo quanto raccontano gli umili compagni di pellegrinaggio che ho attorno, edificò In cielo quarantamila anni prima della creazione. Essi, gli umili, dicono, eri io ascolto, che Allah ebbe pietà degli uomini creati, che non sapevano dove pregare. Per questo lasciò cadere dal cielo sulla terra nel punto preciso dove si trova oggi il santo tempietto della caaba. Cadendo le pietre si dispersero ma Adamo le raccolse e ricostruì la casa della preghiera. Da quel giorno, settanta mila volte mille angeli vegliano alla sua conservazione. Sopravvenne il diluvio e la caaba fu distrutta. Abramo ed Ismaele la riedificarono con gli stossi materiali, ma mancava la pietra principale, quella che segna il punto di partenza del giro degli angeli. Dopo molte vicende Ismaele che s'era messo in cammino per ritrovarla, la rinvenne acceccante di luce nelle mani dell'arcangelo Gabriele. L'arcangelo non gliela rifiutò e cosi la caaba potè essere ultimata. Allora Ismaele ed Abramo salirono sulla montagna di Arafat gridando al mondo che la casa era ultimata e che si potevi» venirvi a pregare. Le loro voci eran cosi forti che l'intesero pure 1 morti ed i non nati. Dopo in formidabile chiamata I due Profeti si misero a piangere sul peccati dell'umanità cosi abbondantemente che la pietra da splendente che era divenne nera. U slro degli angeli A passo di formica, pesto, malconcio, riesco a giungere presso la casa di granito bianco verso la quale nelle ere della preghiera si volgono i musulmani del mondo intero. Un immenso drappo nero la nasconde, dandole una vaga idea di catafalco, l'n brivido mi corro dalla testa al piedi. E' ora la nostra volta di fare il giro degli angeli. I pellegrini ed io con loro, avanziamo piamente verso la sacra pietra che un cerchio d'argento tiene sigillata nel muro. Vi deponiamo le labbra per purificare le nostre anime da ogni sozzura, poi, volgendo la parie destra dal corpo ed li capo verso la pietra, facciamo 1 sette giri dell'edifìcio dicendo a voce alta lo parole consacrate. Entriamo quindi nella caaba che è una sala senza finestre. Tre colonne di marmo sostengono il tetto. Ho la fortuna di trovarmi in quel momento con un numero relativamente piccolo di pellegrini e posso osservare con una certa calma. Quando vi è folla, il santuario rischiarato da una sola apertura '— la porta — è buio e vi si deve certamente soffocare. Muri incrostali di marmi colorati, ricchissimi mosaici, innumerevoli lampade d'oro e d'argento che non s'accendono che la sera, « mirab » (il pulpito) d'argento massiccio di un metro e cinquanta d'altezza, tappeto sacro sospeso al soffitto leggermente mosso dal vento, nel quale i semplici che mi circondano vedono i battiti delle ali della moltitudine degli angioli protettori della caaba, (nessun velivolo ha ancora sorvolato la Mecca). Bisogna uscire per lasciare 11 posto agli altri che si pigiano alla porta e che vogliono entrare a rischio di schiacciarci. La folla è Improvvisamente divenuta paurosa attorno alla pietra nera, si lotta addirittura per giungere a baciarla o almeno a toccarla; si grida, si bestemmia persino. Il fanatismo ubbriaca gli uomini seminudi venuti d'ogni parte del mondo e che hanno raggiunto la mèta del loro supremo desiderio... Alla porta della moschea mi hanno rubato le mie babbuccle nuove. Ne prendo delle altre meno ricche ma che posso calzare e mi dispongo a compiere l'ultima cerimonia, la più penosa che esige l't hiram ». cioè la corsa di Agar fra le colline di Sofà e di Marnati: sette volte questo tragitto guardando sempre la caaba, dopo di che rincaso estenuato. Dove s'incontrarono Adamo ed Eva Ho percorso lungamente le strette valli fra le squallide colline che circondano la Mecca, ho attraversato con fremiti di disgusto il villaggio di Muna, testimonio secolare degli orrori del sacrifici e ho raggiunto l'Arafat coperto di tende di pellegrini. La montagna è il luogo dove s'incontrarono e si riconobbero i nostri progenitori dopo la cacciata dal paradiso terrestre. Un colpo di cannone! Dal minuscoli ripari di tela e di pelle di montone, sgorga una folla d'uomini e di donne impazienti, ansanti di curiosità, già fanatizzali dall'attesa di quello che si prepara. Un corteo .composto dal gran sceriffo degli sceicchi e dei pascià della Mecca, salo lentamente la montagna sotto l'ardente sole del meriggio che fa rispondere le sontuose vesti di quei personaggi. E la folla segue densa, serrata, sino a che il gran sceriffo ed II suo seguito si arrestano attorno ad una colonna che segna il punto preciso dove s'incontrarono Adamo ed Eva. Issato su di una bianca cammeila, qualcuno pronunzia la preghiera che nessuno riesce ad intendere. Ma tutti ne conoscono il significato e ad un segno che lo sceicco fa per segnar la fine di ciascun versetto, la folla risponde con altissimi clamori. E' intorno al monte Arafat, In questi luoghi di desolazione e di morte che presero forma le vl.«ionl di quei tragici veggenti che furono 1 Profeti. Alte pareli granitiche sembrano voler dissimulare al resto del mondo le atroci cose che qui accadono. Durante tutto il pellegrinaggio migliaia di tende si serrano le une contro le altre al riparo della plumbea pietra, stela gigantesca di un immenso cimitero. Il giorno sembra in permanenza livido e triste in questo luogo che vide il primo amore degli uomini, pieno com'è di innumeri voli di avvoltoi e d! corvi, e la notte, l'incantata notte d'Oriente, cosi evocatrice altrove di poesia, risveglia gli orrori di quel dominio di strage dove la Jena e lo sciacallo fanno intendere ti loro riso sinistro di affossatori. IV in questa valle piena di belati di agonia che si immolano le centinaia di migliala di vittime che, celebrano il sacrificio di Abramo. Ilj massacro dura tre giorni. La valle diventi» pestifera di soggiorno poiché nessuno all'infuori degli uccelli da preda, delie Jena e degli sciacalli, pensa a rimuovere il formidabile e sozzo ingombro dei resti dell'immane macello. Trecento mila animali furono sacrificati quest'anno. E quando si pensa che in tutto 11 mondo Islamico dal Marocco alla Cina, nella stessa ora, milioni di musulmani offrono a Dio sacrifici simili, non si può non maledire l'Ispirazione che ebbe il Profeta quando prescrisse ai credontl di adorarlo nel sangue... Arel.