Bela Kun, una smorfia della storia

Bela Kun, una smorfia della storia Bela Kun, una smorfia della storia VIENNA, Settembre. Bela Kun ha trovato un diligente biografo in Gcza Herczeg, scrittore formatosi nella vecchia grande Ungheria, che dopo di aver visto il suo Paese battersi negli anni del conflitto mondiale ha assistito assai da vicino al crollo della potenza magiara. Coi tipi del « Verlag fuer Kulturpolitik », è ora apparso un suo studio sull'uomo che poche settimane addietro, appena uscito dalle prigioni di Vienna, è stato insignito del titolo di comandante supremo delle organizzazioni comuniste nell'Europa occidentale. Il signor Kun ha oggi rango di Feld-maresciallo dell'esercito rosso. Ma ne è poi degno? La qualifica di « Smorfia della storia », coniata da Herczeg per questo agitatore di me dia cultura, di scarsa levatura intellettuale, di nessuna genialità e così esatta che bisogna sorprendersi a vedere come i capi moscoviti abbiano potuto servirsi di lui nel passato b se ne vogliano servire ancora adesso. Fra Kun e Lenin esiste un divario immenso. Liebknecht, Rosa LTjxembourg, Kurt Eisner, Gustavo L&ndauer, insomma i maestri del bolscevismo e i loro allievi, furono tutti assai al disopra del piccolo essere che Geza Herczeg ci mostra Bolo capace di colpire standosene al riparo e solo animato da una Sfrenata ambizione, dal desiderio di essere qualche cosa. Che cosa esattamente volesse essere Bela Kun non lo ha forse mai saputo nemmeno lui: la sua confu sione spirituale, trasformatasi col tempo in degenerazione, fu un prodótto della miseria, della bruttezza fisica, dell'istruzione mal diretta. Nobiltà di carattere l'individuo non ne ebbe e non ne ha: egli era ed è rimasto incapace dei grandi gesti di eoi si vantarono i rivoluzionari di ogni tempo. La bassezza del suo animo basta a rivelarla l'episodio de scritto da Herczeg, verificatosi all' indomani dell' audace sommossa antibolscevica organizzata dagli al lievi dell'Accademia Ludovica, in cui Bela Kun trasse in inganno l'animoso colonnello Romanelli, che l'ammoniva a non fare dei martiri, dando ordine in ungherese — alla presenza dell'ufficiale italiano, che non capiva — di sopprimere ì condannati alla chetichella. Onèsto Bela Kun non era nemmeno: da giovane, quando ebbe lasciato la natia Transilvania e si fu trasferito a Budapest, appena ottenne un posto di segretario di una cassa di soccorso per ammalati s'impadronl dei quattrini degli assicurati. Allo scoppio della guerra mondiale, il suo stato di servizio era il seguente: truffatore, espulso per indegnità dal partito socialista e licenziato dalla Cassa di assicurazione. Ci voleva la rivoluzione bolscevica per rifare ima verginità ad un uomo simile; ma nell'attesa che 51 bolscevismo gli desse il posto di comando a cui aspirava, ecco il soldato Bela Kun, caduto prigioniero dei russi, promuoversi, nel campo di Tomsk, ad aiutante di battaglia, solo allo scopo di poter comandare sui compagni di sventura, ed attribuirsi una medaglia d'argento al valore che mai nessuno s'era sognato di dargli. Nuove truffe commise con quattrini bolscevichi, allorché a Mosca lo chiamarono ad aiutare nell'opera di rivolgimento dell'Europa centrale, ed infine eccolo rispuntare a Budapest, città del suo sogno e della sua rovina, col falso nome di dottor Eugen Sebéstyen e col grado di capita no medico." Comincia la sua ascesa, comincia la rovina dell'Ungheria. Tòrnato per preparare la rivoluzione, mise nel lavorio tutta la voglia di vendetta, tutta l'avidità di dominio che nell'anteguerra aveva no formato il suo tormento spirituale. Trovò però i socialisti padroni della situazione e dovè quindi liberarsi in primo luogo dell'elemento che aveva in mano il proletariato: un giorno mandò i suoi fidi all'assalto della redazione della « Nepszava » e l'assalto diede un bilancio di sette morti e ottanta feriti. I set te morti erano degli agenti di pubblica sicurezza i cui colleghi, quando ebbero fra le mani Kun, lo legnarono a sangue In carcere il terrorista si comportò da vigliacco: per salvare la pelle, tradì tutti i complici, denunziò anche persone che non gli avevano dato alcun aiuto. Ma la rabbia degli agenti desiderosi di vendicare i compagni e la narrazione delle tremende bastonate che Bela Kun aveva ricevuto in carcere ebbero per effetto di creare attórno al suo nome, nell'ambiente operaio, l'aureola del martirio: precipitando a Budapest gli avvenimenti, per colpa dell'imbelle conte Michele Karolyi, per nulla all'altez■a della situazione interna e della internazionale, Bela Kun diventa l'uomo al quale si chiede di realizzare un accordo fra il partito comunista e il socialista, e si va in carcere per trattare con lui e infine lo si rimette in libertà. Narra Geza HCocua ladepecebichpepaKl'fadnAsfalaGvficbdchzrKpvnfrtvdngdramcnatpsztacmvvpidKdnhnvBdgpdrcsaqzzs a e e a l : l a a a a i i , d i i . i o i , a a a, uodi a ani eo o: sso t bnero: i e n ea te rtte eite zla ta zurlo za Herczeg che quando, per ordine del Consiglio dei ministri, il primo jrocuratore di Stato si recò di persona, a tarda ora di notte, a dare a Kun la notizia della liberazione sua e dei compagni, il detenuto interruppe il discorsetto del magistrato dicendogli: « Lei è venuto in automobile? Bene, se ne torni in tram, perchè della macchina ho bisogno io, per andar subito alla Direzione del partito ». Venerdì 21 marzo del 1919 Bela Kun ebbe nelle inani le sorti dell'Ungheria. AI sabato, penetrò trionfatore nel palazzo della Presidenza del Consiglio, dove avevano governato uomini come Stefano Tisza e Alessandro Wekerle. Dietro a lui, salì verso la città alta la plebe: il fasto della nazione magiara spariva, la suburra reclamava i suoi diritti. Gente lacera, rifiuti della strada, avventurieri penetrano nel severo edificio; nelle sale in cui sedettero principi si fuma e si sputa. Che cosa diede all'Ungheria la breve èra Bela Kun? Nulla. Quasi di ogni rivoluzione si può dire, e cominceremo con la russa, che essa ha lasciato delle idee, delle istituzioni di cui la vita sociale e la storia si sono impadronite; ma Bela Kun nessun benefìcio assicurò al proletariato ungherese, nessuna nuova idea diffuse nelle classi medie, nessuna affermazione politica seppe fare che potesse giovare all'Ungheria nel difficilissimo periodo delle trattative di pace; i suoi atti di governo si ridussero a una sequela di delitti, di arbitri, di follie, che danneggiarono ad un tempo e il programma bolscevico e gl'interessi della nazione magiara. Il proletariato dell'Europa centrale mai più avrebbe potuto entusiasmarsi per un marxismo che si traduceva in disoccupazione e in miseria, viceversa i nemici dell'Ungheria, con i czechi alla testa, profittarono di quello stato di cose, facendolo apparire più pericoloso di quanto realmente fosse, per soffocare la voce della nazione ungherese e ridurre il territorio della corona di Santo Stefano a un tronco, a un organismo politicamente, geograficamente ed economicamente assurdo. La storia della Repubblica dei So viet ungheresi è stata scritta più volte. A Geza Herczeg dobbiamo la precisa narrazione dì certi episodi i quali meglio illuminano la figura del dittatore. Ad esempio, mai Bela Kun ha comunicato il testo integrale del telegramma mandatagoli da Lenin, in risposta al suo saluto, e mai ha parlato della maniera umiliante nella quale, ai i di aprile, lo ricevette il generale Smuts, giunto a. Budapest con un treno speciale: il dittatore corse alla stazione lvtsi-ngatissimo di trattare infine da diplomatico con un rappresentante delle grandi Potenze, ma il generale, che non volle scendere dal suo convoglio scortato da soldati inglesi, gli fece fare un tratto di strada a piedi sino fuori della stazione e quando l'ebbe davanti gli disse, senza tendergli la mano, a quali condizioni l'Intesa sarebbe stata disposta a stabilire amichevoli rapporti coll'Ungheria. Per umiliante che quel colloquio fosse stato, a Kun era piaciuto perchè l'Estero l'aveva preso sul serio e per lo stesso motivo gli piacque l'unico telegramma giuntogli da un Ministro degli Esteri dell'Intesa durante i suoi 133 giorni di governo e che fu il telegramma speditogli da Balfour, per dichiararlo personalmente responsabile dèlia sicurezza e dei beni dei sudditi britannici viventi a Budapest. Noto è che Bela Kun, avendo ;un giorno bisogno di consolidare la propria posizione nel paese, fece dire dai suoi giornali che il Governo italiano l'aveva pregato di assumere la protezione dei cittadini italiani in Fiume... Mmtre ancora incitava il popolo alla resistenza e sbraitava in nome dei diritti del proletariato, trattava in segreto col Governo austriaco per garantirsi un asilo. La sua fuga dall'Ungheria disfatta, nella quale l'esercito romeno avanzava per completare la rovina, rientra nella linea di viltà che caratterizza questa parodia di terrorista: quando gli toccò scappare, non fidandosi piti di nessuno, supplicò il Governo austriaco di far salire nel suo treno un funzionario che lo scortasse sino alla frontiera per consegnarlo alle Autorità austriache; dalle mani dell'elegante consigliere di Legazione barone Hammer-Purastall. Bela Kun passò tn quelle di commissari di polizia. Non fu epilogo glorioso, e ingloriosa è stata pure la ricomparsa viennese a nove anni di distanza, ma insomma lo trattarono su ner giù come l'Imperatore Carlo all'indomani dell'abdicazione e del primo disgraziato tentativo di riconquista del trono. ITALO ZINCARE!.LI netarezivicogcduatreraScorivreppsileddvteucrgdcrevcpamsccfitvccdvrrdmtsItScpcdalccdtpdcdttsleuspfmcpm