La celebrazione di Monte Nero L'inaugurazione del Rifugio-Monumento

La celebrazione di Monte Nero L'inaugurazione del Rifugio-Monumento La celebrazione di Monte Nero L'inaugurazione del Rifugio-Monumento Monte Nero, 17, notte. Questa notte alla Tendopoli non si è dormito. Gli spiriti dei Caduti, aleggiando sull'adunata delirateli! sopravvissuti, hanno forse insieme con questi rivissuto lo spasimo della conquista. Stanotte alla Tendopoli, accarezzata dal venti umidi che scivolavan giù dalle più alte cime Giuliane, il cuore di mìll^ vecchi soldati ha atteso l'alba in una mistica veglia. Non lo schianto della bombarda falcidiarla si temeva, non la raffica della mitraglia, nè la neve e la tormenta; non la imboscata: si rendeva con la veglia riconoscenza e gloria ai Morti. Nel ricordo ripassavano, rinverdivano gli episodi eroici. Prima dell'alba, la Tendopoli smobilitò e mosse per la cima del sacro monte. E lungo la ripida ascesa la immensa carovana ingrossava sempre. Erano gruppi di ritardatari di tre, quattro, dieci « scarponi » che, con la pipa in bocca, e la bottiglietta dell'acquavite in tasca, si univano al grosso. Eccoci sulla Cima ed ecco il Rifugio monumento. Come l'altro che fu distrutto nel luglio del 1922 — non si sa bene se da fulmini incendiarli o da sacrileghe mani slovene — ha impresso il mònito fatidico degli Alpini: « Di qui non si passa ». Don Roberto Merluzzi — alpino del glorioso Reggimento friulano, primo costante e valoroso agitatore dell'idea della erezione del ricordo marmoreo — ha celebrato la Messa al campo. Il generale Etna, maschia e gloriosa figura di soldato, pronunzia con l'anima invasa da un profondo sentimento nostalgico, la sua smagliante orazione ufflaiale che è tutto un inno d'amore, di esaltazione e di gloria. Egli dice: « Il soffio ardente di questa eterna giovinezza italica ritemprata alla gloria di Róma che non muore, ci raccoglie oggi nel nome della Patria immortale a ricordanza della - festa gloriosa, a esaltazione dei nostri morti eroici che segnarono col sangue la via del sacrificio e dell'onore. « Realizzato per virtù di popolo il voto di libertà e di redenzione che per lunghi anni fu irragiungibile nel vaticinio di Dante... Pala presso del Quarnaro Che Italia chiude e i suol [terreni bagna, è oggi più dolce a me,, devoto soldato d'Italia e padre degli alpini, rievocare la gloria di questi tigli generosi, pel cui valore l'Italia guarda ora serenamele ai termini sacri della vergine corona delle alpi. Non io, tuttavia, po irò cantare l'impresa leggendaria, de gna dei miti ellenici. Nè iperbole è la mia, che eroi di leggenda furono i conquistatori di Monte Nero. Tempestosa la notte, oscuro l'erto cammino, vigile la sorveglianza nemica: il tenebroso massiccio sembrava irridere alle umane minaccie. Ma su tutto e contro tutto vigilava il coraggio no stro; contro ogni insidia e ogni pericolo batteva un piccolo grande cuore: il cuore dell'alpino d'Italia 1 E operatosi il prodigio di quella notte di leggenda, l'alba gloriosa del 16 giugno 1915 baciava il vessillo dell'Italia nuova issato su la cima conquistata. « O suprema ora di gioia, che neppure i nembi addensatisi poi sul cielo d1samadastnadrEsvpciSgPgsmslaldgdella patria noi giorni tristi e fugacper virtù di una stirpe non obliosa delle glorie di Roma imperlale, sep pero mai cancellare. VI rivedo, come in quel giorno, miei fratelli d'arme, miei figli prediletti. VI rivedo Eroi caduti con la fronte rivolta ai nuovi con fini d'Italia: vi rivedo gloriosi feriti straziati nel corpo ma non domi nell'anima, e vorrei baciare queste pietre che il vostro sangue ha rese sacre alla patria e il sacrificio vostro santi Acato. « All'Italia nuova che ai suoi figli eroici tenera madre e non obliosa. l'Italia di Vittorio Veneto affermatasi nel nome del suo Re Vittorioso e sotto la possente guida di Benito Mussolini, ha voluto che il sacrificio dei suoi figli migliori fosse consacrato alla riconoscenza nazionale da questo monumento-rifugio, sorto per iniziativa delle Associazioni patriottiche di Cividale, per la voluta concorde volontà dei rappresentanti il Governo nello Provincie eroiche e martiri di Udine e di Gorizia, con l'alto patronato di S. M. il Re e con la presidenza onoraria di S. E. Mussolini Duce nostro, e stalo degnamente intitolato ad Alberto Picco, al giovano eroe che bagnò del suo sangue purissimo queste rocce esalando il suo spirito col santo nome della Patria sulle labbra. Monumento come l'Alpe imperituro, guardato dal1 aquila, sacro emblema delle fiamme verdi e simbolo del loro motto: « sempre più in alto i cuori nell'azzurro sereno del cielo d'Italia ». Victoribus esto: sacro ai vincitori ai ieri, ma sacro pure agli eroi di domani, che a quest'Ara si inspireranno a ricordanza di chi immolandosi rese per sempre l'Italia agl'italiani. Sul candido baluardo delle Alpi, creato da Dio a difesa di nostra terra feconda, questo nostre carni lacerate hanno lasciato scritto l'ultimo segno che nessun nemico oserà più violare; e da Trento a Trieste, da Aquileia a Pola, dal Predi 1 al Nevoso, dal Cadore al Mantenere, l'Italia ritrovò il passato di Roma. E quando il coraggio viene dai ricordi sussurrati da voci di pianto, quando viene da narrazioni di miserie, di rappresaglie e di vendetta, non c'è forza che lo vinca. Ed è dal passato che traiamo la luce per l'avvenire. A questa Sagra che vuole ricordati i nomi degli arditi di Arbarello, il sacrificio di Picco e di Vallerò e l'olocausto d'altri generosi che la Patria oggi consacra sull'Ara della Vittoria, risuoni più mai possente il grido, monito degli stessi avversari nemici: Giù il cappello davanti agli Alpini: ma pieghiamo anche il ginocchio ad onorarne il valore e la memoria in rito solenne di devozione. « Fiamme verdi, eroi di cento battaglie combattute e vinte, fratelli d'arme dei martiri trentini cui neppure il capestro potè strozzare in gola il grido sacro d'Italia, miei figliuoli generosi che segnaste col sangue la via della grandezza imperiale d'Italia, gridate tutti ancora in questo giorno sacro alla riconoscenza il gran nome della Patria. Per 1 vivi a. per i morti.t E voi, morti gloriosi, caduti col nome d'Italia sulle labbra, al nostro appello rispondete: Presente! ». La elevata orazione del gen. Etna è coronata da scroscianti applausi. Pronunciano poscia brevi, applaudite parole il capitano Bonanni per la Società Alpini friulani, S. E. Leicht, recando l'adesione del Governo Nazionale ed il saluto del Duce; il prof. Catalani per la Associazione friulana combattenti ed il colonnello Rossi, comandante del 3.o reggimento alpini, al quale apparteneva Alberto Picco. Quindi il generale Bobbio, comandante la Divisione militare di Gorizia, prese in consegna il monumento. La semplice ed austera cerimonia si svolse nell'interno del Rifugio-Monumento, poiché fuori infuriava una bufera di nevischio. Assieme agli « scarponi » ha compiuto la salita, iniziata a Dresenza alle 5,30, raggiungendo la vetta verso le 10, la gentile signorina Marina Piglione, figlia dell'eroico Colonnello e madrina dei monumento. Ella ricevette in omaggio dall'ing. Picco, fratello del prode ufficiale caduto, il simbolico dono di mia piccozza d'argento e dagli ex-alpini una meda glia d'argento ed un fermaglio spilla a ricordo dell'avvenimento. Dodo una sosta rlstoratrice — a tutti ci presenti furono offerte bevande cai de — si riprese la discesa; con animo vibrante di ricordi gli « scarponi » si staccarono dall'impervio monte, sacro alla Patria ed ora battezzato alla glo ria imperitura degli alpini d'Italia. G. A. COLONNELLO.