Un consigliere di Emanuele Filiberto

Un consigliere di Emanuele Filiberto Un consigliere di Emanuele Filiberto a e à a o a n e o l e a . n l . o a i i e a i a e a ri a a. rti Le storiche ricerche intorno alla grande figura di Emanuele Filiberto, svolte con illuminata cura in questo periodo di celebrazioni centenarie torinesi hanno servito non solo a meglio illustrare la personalità gigante e l'opera immortale del restauratore sabaudo, ma anche a gettare fasci di nuova luce su questa gente nostra pedemontana, che in pieno Cinquecento seppe dare al Duca, dopo l'epico riacquisto dello Stato, collaboratori geniali, tenaci, laboriosi, e tali da comprendere e saper quindi realizzare gli alti ideali di restaurazione sociale e- nazionale che il vincitore di S. Quintino nutriva con inesausta volontà di progresso. E' stata sovrattutto ragione di gradita sorpresa l'apprendere che anche nel campo della cultura il Piemonte seppe farsi onore e che molti conterranei nostri nel secolo XVI professarono nobilmente nelle più importanti Università d Italia e dell'estero. Anche centri relativamente piccoli furono focolai di severi studi e si ricorda, ad esempio, Castelnuovo d'Asti dove fiorì un'intera fami' glia di medici illustri — gli Argenterò — i quali onorarono davvero la scienza italiana e ne diffusero ovunque largamente la fama. Il sereno borgo astigiano, che doveva poi dare i natali a Don Bosco, vanta inoltre un'altra tradizione cinquecentesca: quella di alcuni giuristi i quali, molti secoli addietro, ebbero modesti natali entro le sue mura, e assai lontano, alle Corti dei Principi e nei più alti templi del sapere, diffusero quel senso giuridico acuto e critico che vale a creare intero l'uomo di legge: si allude qui ai fratelli castelnovesi Pietro e Giovanni De Grassi, fioriti nella prima meta del secolo XV, di cui il primo per la profonda perizia nelle leggi si acquistò larga fama nella città di Lucca, e il secondo avendo letto per molti anni con gran lode nelle città di Pavia e di Torino, conseguì il titolo di « Monarca dei legisti »; si allude a Giovanni Nerizzano, della vicinarButtigliera, ingegno bizzarro ed acutissimo, il quale dalla cattedra torinese godeva di accendere vivacissimi dibattiti intorno alle sue idee ardite, nuove e... non sempre ortodosse; si allude infine al personaggio malnoto e pur degno di ricordo intorno al quale vogliamo oggi intrattenerci, cioè a quell'Oddonello Marcandillo, grande onore di Castelnuovo, il quale apparteneva ad una nobile e vecchia casata di origine chierese (MercatiUa o Mercantino.) nella quale si può dire che lo studio delle leggi costituisse un patrimonio ereditario. Singolare e piena di rilievo la figura di questo giurista piemontese del Cinquecento fllibertiano, il quale già trova nell'ambiente familiare un indirizzo spirituale per i propri studi, e, ancor giovanissimo, già acquista larga fama nel mondo dei giuristi per l'acuto e pronto ingegno e la profonda dottrina. Sulla fede dei più antichi raccoglitori piemontesi di notizie intorno a scrittori e giuristi dei vari secoli — quali il Rossotto il Della Chiesa, il De Rolandis, il Bo sio — si apprende, innanzitutto, che Oddonello insegno maxima cum laude a Padova; che pubblicò, forse nel 1551, a Venezia, due importantissimi trattati, l'uno dal titolo De jure fisci, l'altro,- De soluto matrimonio; che fu pretore in Patria e giudice in Asti che infine morì a Castelnuovo l'anno 1590. - Altre notizie ci assicurano che la sua nomina a lettore nell'Università di Padova gli giunse quand'egli era ancora in assai giovane età; e che le sue lezioni ebbero, fin da principio, grande successo e richiamarono studenti da ogni parte d'Europa. Aperto a tutte le forme di cultura e non chiuso soltanto negli studi della sua disciplina, carattere di vero umanista, il Marcandillo trovò an che il tempo di coltivare le Muse: e poetando in latino ed in volgare riuscì ad acquistare un certo nome anche in questo campo, per il vigore degli argomenti e la forbita elevatezza dello stile. Nò la sua attività si esauriva in queste forme di studio; dapprima presso gli Spagnuoli, poi presso i Duchi Sabaudi ricoperse cariche pubbliche, le quali non dovevano soltanto procurargli degli onori, ma imporgli anche dei faticosi obblighi: ae pe e latomdtuacpFzlgdnvpdrclevsvdzdtpsdazsa1idvplmurtdlvdltrraaddatldmtnia1rcdcprnndpacUditore del Re Cattolico, coprì la stessa carica affidata al famoso Pe-[trino Belli, giureconsulto di Emanuele Filiberto, che ebbe un curriculum vitae quasi eguale a quello del Marcandillo, il quale intatti divenne ben presto Consigliere dei Sovrani Sabaudi. Il Duca Carlo III fin dal 1553 ti h0 nominava infatti Podestà di Asti re carica che allora comprendeva pure a funzioni giurisdizionali: le sentenze 'ch'egli emanò da .questa alta carica o a affidatagli sono in parte conservate e mostrano — specie quella dettata per la causa fra Asti e CasteU'Alfleri e quella conclusiva della lite fra Asti e la vicina Buttigliera d'Asti — tutta la sua vasta cultura giuridica e l'alto senso di equità al quale costantemente inspirava l'opera sua di giudice illuminato e sapiente. Ma Emanuele Filiberto — che tanto desiderava ornare i suoi Stati di uomini intelligenti e degni, e che aveva fatto decreti appositi per richiamare in Patria i docenti che professavano all'estero — Emanuele Filiberto comprese presto ed apprezzò tutto il valore del Marcandillo e l'aiuto ch'egli avrebbe potuto recargli nell'iniziata opera restauratrice della Giustizia. E' noto come Emanuele Filiberto non desse eccessiva importanza ai voti che emanavano i consessi rappresentativi del suo tempo ch'egli doveva per secolare uso interpellare : e possiamo in proposito quasi credere a quell'ambasciatore il quale, vivendo alla Corte Sabauda, aveva ben compreso che il Duca « lasciava gli altri deliberare e poi agiva secondo il proprio criterio ». Ma di fronte al disprezzo per tali tradizionali e già allora superate forme di collaborazione, Emanuele Filiberto mantenne sempre vivo il rispetto per le vere competenze; e ben si valse anche del consiglio del Marcandillo, quando si trattò di por mano alla grande riforma dell'amministra zione della giustizia. Esistono pres so la Biblioteca del Re in Torino, alcuni pareri anonimi che verso il 1559 il Duca richiese agli uomini uiù insigni del suo tempo: e si ha fondamento di credere che il parere inviato da Asti sia stato redatto proprio dal Marcandillo. La riforma e la ricostituzione della nostra Università dovette certamente a.nparire agli occhi del Duca una bellissima ma faticosissima opera: ed anche a onesto arduo compito, il Marcandillo. pratico com'era di vita universitaria, cooperò con illuminato, entusiastico e fattivo fervore. Negli ultimi anni di sua vita, ridottosi a vivere nel natio paese, all'amministrazione di esso egli diede tutti i tesori della sua operosa esperienza, nobilmente ricoprendo la carica di Podestà ed altre municipali anche minori. Nel 1559, quando Castelnuovo, con altre terre dell'Astigiano, giurò fedeltà al Duca, Oddonello Marcandillo dovette spiegare tutta la sua attività e tutta la sua capacità politica, riuscendo con la sua autorevole influenza a far accogliere tutte le domande avanzate al Duca. Castelnuovo non conserva intatte molte vestigia dell'epoca cinquecentesca: ma, come un segno di perenne riconoscenza, resta la lapide che i castelnovesi murarono in fronte all'antico Palagio Comunale fin dal 1559 e che, lui vivente, esaltava i me riti del Marcandillo, ricordandolo come Consigliere del Duca, Pretore del paese e Uditore Cattolico, e dichiarando pubblicamente che, se avesse potuto — si potuisset — la Comunità castelnovese avrebbe vo luto innalzargli una statua d'oro, La lapide, bella nella semplice linea che arieggia lo stile del primo Cinquecento cosi nell'insieme come nei particolari, restò murata al suo luogo d'origine fino al principio del secolo scorso quando — caduto il vecchio edificio cinquecentesco in abbandono — venne trasferita prima nell'attigua dimora dei conti Mosso di Sant'Antonino — dove a lungo giacque in abbandono e fu perfino utilizzata come placca da camino — poi nella casa parrocchiale, e più tardi, nel 1917, donata alla benemerita famiglia Filipello. Così ora finalmente essa ha trovato degna sede nella casa che più delle altre è degna di custodirla, come quella che, secondo una tradizione tuttora viva in paese, sarebbe appartenuta proprio al Duca Emanuele Filiberto, al Principe di cui il Marcandillo fu saggio consigliere. La lapide, scolpita con sobrietà in arenaria gialla di Bagnasco, ha notevole importanza storica, ed è anche un segno del vivo senso di fraterna e cosciente ammirazione che in tempi assai, lontani — spesso ritenuti nelle campagne di Piemon- tuinctacdblaIntapmmunrasdlepsleelepma te, privi di ogni luce di cultura — -[legava gli abitanti di una rustica m rn a53 i e e a terra agli uomini illustri v.he la ono ravano Inoltre, da quella pietra scolpita trecentosettant'anni or sono, fiorisce la obliata memoria di un saggio piemontese, che ben meritava di essere ricordato, sia pure fuggevolmente, in quest'ora di fervide rievocazioni filibertiane. LUIGI COL LINO. vlatlsplvtdarJctdsumtdgdpliugtsvvcdstnpscrqdafivRfvsdfsptgstPdcaeAcrttdpdppdrtqctmgtcccdfit