La cura dell' uva

La cura dell' uva La cura dell' uva br fa giusto un anno il delizioso Irutto della vite proprio fra queste colonne già trovava un incondizionato ' elogio, da questo istesso giornale già raccoglieva un plauso- entusiasta: e quell'elogio e quel plauso si rinnovarono in appresso, ed oggi» Più che mal da ogni parte riecheggiano mentre, por virtù dei governanti e per consenso dì popolazioni, i variopinti grappoli dell' uve mature stanno ormai ascendendo al posto eminente che loro compete e nell'alimentazione dell'individuo sano e nella cura dell'organismo malato. In simili contingenze non crediamo pertanto di recar offesa alle capacità mnemoniche dei lettori nostri, di quei pochi almeno che del loro giornale laboriosamente digeriscono pur le rubriche medicali, ricordando una volta ancora le proprietà nutritizie del saporoso frutto, quali già intravvedeva il passato empirismo popolare recandone suo prove noi rapido ingrassamento che contraddistingue i guardiani dello vigne al tempo della loro specifica funzione, nella soda carnosità che acquistano gli uccelli di campagna piluccando d'attorno ai graspi settembrini, nella energìa muscolare prodigiosa e leggendaria che sviluppano i»facchini turchi accontentandosi di pasteggiare con pochi acini dorati, nella disoccupazione sanitaria che in sull'epoca della vendemmia regolarmente apparo entro la cerchia dello viticole località. Di così radicate constatazioni la chimica fisiologica moderna ha ben voluto ricercare io ragioni scientifiche, additandole innanzitutto negli elementi stessi che compongono la polpa del chicco, che costituiscono il mosto" dell'uva, e fra cui primeggiano le sostanze albuminoidi, gli acidi organici, i sali minerali, le vitamino e le lecitine, quest'ultime in quantità tali da poterne comparare il contenuto in un litro di mosto a quello fornito da un litro di latte o da un uovo di gallina. Il valore alimentare dell'uva commestibile rimane però in prevalenza affidato agli zuccheri in essa racchiusi, al glucosio ed al levulosio di cui sovrabbondano gli acini situati alla punta od alle orecchie dei grappoli conici od alati. E ìvel bilancio organico dell'uomo lo zucchero precisamente compie un ufficio predominante col. eovrintendere ad un tempo allo sviluppo della forza muscolare ed alla conservazione del calore animale, le sue esuberanze re-, stando con scrupolosa previdenza immagazzinate sotto forma di glicogeno entro il fegato per esserne poi detratte nei momenti di più alaere consumo o di più urgente penuria, per essere poi utilizzate nel rinnovamento delle cellule, nella ricostituzione dei tessuti, nel restauro degli organi impoveriti dall'inopia o dalla fatica. Quando poi l'affluenza del glucosio persiste ih tale quantità e con tale durata da elevare al massimo il deposito di glicogeno nette cellule epatiche e nei tessuti animali, ne succede la trasformazione del glucosio eccedente in adipe Amo, quale ancor più s'accresce pel risparmio delle sostanze albuminoidi e dai grassi alimentari altrimenti introdotti «d inutilizzati nella produzione delle calorie vitali già ampia mente sviluppate dall'ingestlona de gli zuccheri naturali, meglio dagli altri assimilabili e meno degli altri eliminati. E l'oseorvazione clinica ha dimostrato appunto come per 1' abitudinaria ingestione dell' uva matura non soltanto migliora la salute generalo, non soltanto s'accresce rapidamente l'appetito, ma ancora 6i registra un numanto del peso corporeo nella produzione media d'un chilogramma per settimana. Tale benefico influsso apportato 8all'uso deH'uva sull'organismo sano già di per se solo basterebbe a consigliarne l'impiego nella cura dell'individuo infermo, gracile od anemico, convalescente od esaurito. Assai, più ampi risultano però i confini all'uva stessa assegnati nel campo della terapia umana fin dal giorno lontano in cui Cornelio Celso ne vantava le proprietà aperitivo e disostruenti utilizzabili negli ingorghi digestivi, fin dal momento in cui Dioscoride e Galeno ne applicavano il succo alle alterazioni della crasi sanguigna od ai disturbi del sistema respiratorio, fin dall'epoca in cui Plinio nel frutto sempre della vite corcava il rimedio agli ardori 'della febbre ed alle insufficienze della fame, ai bruciori dello stomaco ed agli spandimenti della bile. E qui ancora l'indagine contemporanea s'è diretta a specificare i meccanismi chimici o biologici da cui siffatte azioni salutari più direttamente dipendono, scorgendo innanzi tutto e nel glucosio stesso, ed ancor maggiormente nel cremortartaro e nei sali potassici dell'uva le cause prime alla rapida accentuazione della peristalsi intestinale, all' intensificato stimolo della secrezione epatica con effetto ultimo di eliminare i detriti inutili, d' accrescere le velocità circolatorie e di provvedere così alla depurazione dell'intero organismo. Non per nul la jl Moreigne, come il Massalongo, come il Malocchi equiparano dunque l'efficacia depurante dei succhi d'uva all'effetto purgativo delle acque minerali, col vantaggio però ancora da parte dpi primi di accelerare non soltanto gli scambi or ganici facilitando l'assimilazione degli alimenti, ma di contribuire contemporaneamente al riparo delle inevitabili perdite col sussidio d'una diretta nutrizione. Fra gli elementi operanti nella cura dell'uva ancor s'elencano quei fermenti, quei saccaromiceti che in numero di molte migliaia dal terreno sottostante vengono trasportati sulla buccia degli acini dove rimangono trattenuti dallo strato ceroso comunemente noto sotto il nome di pruina, e che introdotti nel canale digestivo vi si moltiplicano pronta mente, da un lato portandosi ad in citare le complesse funzioni del pancreas, soffermandosi dall'altro a .combattere la flora pùtrefattiva dell'intestino, e segregando ed espellendo ad un tempo delle tossine, più dei lieviti di birra attive nello sterminio degli stafilococchi imputati delle foruncolosi o complici degli eczemi. Permane tult'ora controversa la giustificazione fisiologica del potete diuretico da tempo attribuita Ài finsl frutto della vite, gli uni ponendolo in conto semplicemente dell'acquosità della polpa, gli altri chiamando in causa l'irritazione renalo determinata dai sali, tutti però convenendo nella constatazione d'un'accresciuta secrezione urinaria, in modo speciale evidente nelle prime settimane dall'iniziata cura dell'uva. Cosi svariati e tanto molteplici fattori terapeutici, insiti in un solo e non disgustevole rimedio, giustificano fino ad un certo punto le altrettante molteplici quanto svariate indicazioni salutari a volta a volta dai medici segnalate nel trattamento del morbi a mezzo dell'uva, i suoi valori nutritizi utilizzandosi nello convalescenze protratte, negli esaurimenti nervei, nelle malarie croniche, le sue qualità lassative trovando impiego nelle pletore addominali, nelle costipazioni ribelli, nelle obesità deformanti, l'azione diuretica giovando alla diatesi artritica ed all'arteriosclerosi diffusa, l'efficacia intitossica servendo per le malattie cutanee c pei catarri intestinali. Certo che se per la comune alimentazione torna utite ogni varietà d'uva, le- singole preferenze affidandosi ai gusti individuali, per l'impiego terapeutico anche il tipo del frutto non riesce indifferente, l'esperienza pratica indugiandosi a raccomandare la lugliatica o la barbarossa, la colombuna del Pisano o la verdea del Piacentino, la favorita d'Alba o l'erbaluce di Caluso, il bianchetto di Trento od il trebbiano di Tortona, uve tutte a colorazione tenue, con acidità moderata, senz'eccessiva acquosità, o soprattutto scarseggianti di quelle sostanze aromatiche, di quegli olii essenziali che rendono i moscati, le malvasie o gli aleatici non solamente eccitanti ma ancora stanchevoli per un uso protratto, Nè del resto, nei casi ordinari almeno, questo metodo curativo importa il consumo esclusivo dell'uva con interdizione d'ogni altro cibo o bevanda, consentendosi invece e il pane bianco e la carne arrostita, e qualche poco di vino vecchio e qualche tazza di caffè caldo, proibendosi soltanto i cibi grassi e le ova sode, le insalate acide ed i formaggi fermentati, i cavoli e le birre. Nè pure si suole normalmente giungere a quelle esorbitanti dosi di cinque chilogrammi giornalieri d'uva che, preconizzate da taluni medici, ben tosto apparvero dannoso e pel sopralavoro imposto al fegato e pel disgusto appalesato dallo stomaco. Sono da due a tre per contro ad un dipresso i chilogrammi d'uva che, ben ripulita e bene asciugata, si possono consumare per ogni giornata lungo il correre di-tre o quattro settimane, un chilo destinandosi pel mattino a digiuno e la rimanenza suddividendosi equamente per le ore prima del pranzo e per Suoile precedenti la cena, imboccano sempre un grano alla volta, schiacciandolo contro il palato e non sotto ai denti, ed espellendone ad un tempo la buccia ed i semi. Fra le radicate convinzioni del popolo nostro quella pure sussiste d'Un accentuato valore curativo dell'uva ove la si colga in sull'ai beggiare e fra i filari stessi la si consumi, ancor restando i grappoli cosparsi d'iridescente rugiada. Ma ?ier verità se la passeggiata matutina all'aria aperta, in terreno declive, di faccia ad orizzonti vasti ed affascinanti, senza crucci nell'animo e senza preoccupazioni nel cervello può costituire un ottimo coadiuvante al buon successo della cura intrapresa, se l'ingestione a stomaco vuoto d'una sostanza fredda ed acquosa può intensificare le contrazioni peristaltiche dell'intestino e per tal modo accrescere gli effetti purgativi del farmaco, per verità ancora una simile pratica può determinare sgradevoli inconvenienti, specie negli artritici e negli atonici cui la sottrazione di calore ai visceri come la diffusione di gas nel ventricolo vengono provocando ansie ed affanni, capogiri e vertigini, acceleramenti del polso e palpitazioni del cuore. Ogni inconveniente grave o leggero rimane per contro di sicuro evitato quando il sofferente, in atto di iniziare la cura dell'uva si preoccupi .di sentire in merito il parere del proprio sanitario, onde averne ' da luì un esperto consiglio, un sicuro dosaggio, un appropriato regime; rimane evitabile quando l'ammalato, per questo come per qualsiasi altro medicamento, non s'affidi unicamente all'analisi dei sintomi risentiti, all'indicazione del congiunto premuroso, al consulto dell'amico saccente o magari all'argomentazione del medico giornalista che pontifica in pura teoria senza scendere alla realtà pratica, che s'indirizza alla massa anonima senza preoccuparsi dello specifico individuo, mentre l'arte salutare giusta e vera mira pur sempre all'infermo più che al morbo ed all'esito si interessa più che alla dottrina. LORENZO GUALINO.

Persone citate: Cornelio Celso, Galeno, Lorenzo Gualino

Luoghi citati: Alba, Caluso, Trento