Fra Lario e Ceresio

Fra Lario e Ceresio LA VITA FACILE Fra Lario e Ceresio Si pranza a finestre chiuse, con tutte le lampade accese. E' tempesta. L'acqua infuria. Bombi, scrosci, nero d'inferno. £' il cielo del Lario, o quello di Doberdò? A questo dolciaaimo lago, nei giorni di procella, converrebbe il nome di Lucifero. Esso e veramente l'angelo che diventa demanio. Le saette non sembrano più illuminare che gli orridi dei suoi monti, occultando il resto. E sono folgori dappertutto, che fanno pensare come qui, e non altrove, dovesse Volta divinare l'elettricità. Vibrazioni, oscillazioni come d'un terremoto lontano, oppure imminente, sono nell'aria densa: e fan tremare la gelatina del paté sul nostro piatto; e impazzire di paura una vespa prigioniera, che s'aggira ronzando da me alla mia bellissima vicina di destra, da me al mio noiosissimo vicino di sinistra. — Scusi, signore: mi vorrebbe dire perchè non mangia carne? E' la terza volta che mi rivolge la stessa» domanda, e la terza volta che cerco di eluderla. E non siamo che all'antipasto! Che sarà dopo la frutta? E' uno di quei perseveranti persecutori come se ne incontrano soltanto in villeggiatura, dov'è impossibile sfuggirli. Più fastidioso della vespa; -più nefasto del maltempo. Per fortuna gli occhi hanno da consolarsi con la vicina: adorabile bionda, con delle braccia ignude appena scaldate dal sole della Tremezzina: delle braccia che si direbbero nutrite di rose thée. — Ancora della gelatina 1 No. Sono irritato. Mi attendono a Legano, dove degli igienisti, radunati ■ a congresso, saputo che il collega Bompiani mi ha commesso, in nome d'una casa editrice, un libro di massime salutari, mi vorrebbero fra loro: e non ho il passaporto, che troppo ho tardato a richiedere. Come farei L'imperversante vicino torna ad insinuare, in un c fra se » ancora piò. indiscreto d'una domanda, i suoi dubbi circa i vantaggi del regime vegetale; e ad un certo momento mi par di capire che sia anch'esso avviato, per Valle d'Intelvi, al Congresso eugenetico di Lugano. Misericordia! Caccio da me la solita vespa, con un colpo di tovagliolo diretto a dirigerla verso il vicino di sinistra ; e, con ' In mia solita sfortuna, ottengo invece ch'essa si posi sulle braccia, le divine braccia, della vicina di destra. La quale dà un grido, e mi guarda furibonda: quasi io fossi un Eliogabalo, aizzatore di belve contro i commensali senza peccato. #»# Sosta d'un giorno in Val d'Intelvi. La bella signora è scomparsa. Be- «ta, alloggiato naturalmente allo stes-so albergo, l'in«erk»utor« insorta- bile. — Scusi, signore, perche non ntÉs-' già carnet — Eh — rispondo, — è un mistero. In Val d'Interri, noi meneghini, ci si va per sentir parlar milanese: visto che 1 concittadini son tutti qui ; mentre d'altra parte, a Milano, non si parla che siciliano. Si va su al Pian delle Noci, dove scopro il collega Gasi ini che fa il penitente, entro un e erotto > fumoso, in compagnia delle greggi e di un altro strano anacoreta «che va suonando, da mattina a sera, dei ballabili sul clarino; poi alla Cappella Baransini, in mezzo a dei larici pieni di farfalle nere che vengono, nell'ora della messa, a posarsi sulle miniature del « confiteor >, e al cospetto d'un celebre breve di Cario Borromeo; poi ad un roccolo, che vanta radunate favolose d'uccelli; e infine a un camposanto illustrato dalla leggenda: la quale dice come, le streghe, una volta, tramutassero in serpi le lunghe chiome delle morte. E forse è per questo che anche le pastorelle, adesso, portano in quel di Lanzo, i capelli alla garconne. E' però la sola concessione alla modernità. Questa valle, così pacatamente bella — come si può vedere anche nei luminosi quadri e quadretti con cui Enrico Sottili l'ha illustrata di recente —, conserva nelle pub aure fogazzariane parecchie delle sue tradizioni più remote. Nè la vita d'albergo ha soffocato l'antica, amabile vita di villa, dove si va ancora a giocare alle boccie, a bere la marenata, ad ammirare una collezione di farfalle notturne, o un ricamo tricolore che vi filò, nel quarantotto, la bisnonna. Nè forse è facile immaginare cne il fattorino degli « espressi », in quel di Lanzo, abbia ottantatre anni. Una bella età, per l'alipede Mercurio! Così è. I tempi volano; ma qui non han fretta. Ho guardato in basso, tra le ombre accorrenti della sera, dal poggio dove si vede Lugano, col suo lembo di Lago. Avevo l'impressione di poter arrivare giù con uno sdrucciolo, s poi di passare all'altra riva d'un tratto, magari stendendo il mio mantello sull'acqua, come fece San Miro a Gravedona, per poi camminarvi disopra. Ohimè! 1 doganieri svizzeri fermerebbero, oggi, anche San Miro. Occorreva pensare, per il mio trasbordo, a qualche cosa di meno poetico e di più sicuro. *** — Scusi, signore, perchè... _ Questa volta mi spiego. Non mangio carne da quando, esplorando lo Zambeu, fui fatto prigioniero d'una tribù di cannibali che mi obbligò, per farmi grasso e commestibile a mia volta, a cibarmi di membra umane: dal quale giorno concepì un certo disgusto di tutte le carni macellate. Il persecutore s'allontana, con l'occhio stranito*di ohi teme, tanto d'eeJmrlat'v quanto dj non esserlo. E subentra un amico, al quale ho confidato quel fastidio del passaporto, con una provvista d'informazioni: — Sai? Da domani, a Fortezza, grandi feste. Tennis, gymkana, motonautica, .convegni automobilistici, gare di motociclette... — Odio le motociclette. '■'W— Aspetta. E poi tre esposizioni : una di fiori; una di quadri del pittore Binaghi... — Le mostre dei pittori non mi piacciono, in campagna. La natura fa troppa concorrenza. — ...e una terza di animali da cortile... — Non mi piacciono gli animali immodesti. ^ — Poi una processione storica. Immagina: data dai tempi del Medeghino. Vedremo dei costumi corsaleschi cavati dai municipii e dalle sacrestie ; e nella, sparat a di mortaretti che seguirà, dei preti in sottana accendere le girandole... — Niente fuochi artificiali. Fanno pensare a un delirium fremetti del firmamento. — Aspetta, aspetta. Ci sarà anche una gara di tiro al piattello, ed una di corsa nei sacchi. Tutte le folte» du lae immaginabili dall'orma! storico manifesto lariano! Non ti seduce, l'idea del tiro al piattello? — Perchè non mi proponi, addirittura, di partecipare alla corsa nei sacchi? — Scusa. Era appunto quello che stavo per dirti. Le podesterie concedono, dietro garanzie sicure, dei passaporti di ventiquattr'ore a tutti i concorrenti di questa nobile gara. Ad andare con la testa nel sacco, dicono tu sia abituato. Si tratta di metterci, per una volta, i piedi invece del capo. E così arrivi, in mezz'ora, da Porlezza a Lugano, partecipi al tup congresso, ne torni con la testa insaccata più di prima, ma, se non altro, con la soddisfazione del dovere igienico compiuto *** La procella è passata, e il passaporto è ottenuto. Gonfie nuvole rimaste nel cielo lucido mi fanno pensare ai c vascelli che riprendono il loro viaggio » d'una bella immagine di Titta Rosa. Si sente che sono nuvole di passaggio ; che porteranno forse l'uragano altrove, ma qui non più ; che non tuonerà sulle folies du lae, dopo la giusta ira di Arnaldo Mussolini, quella del cielo; nè pioverà sui mortaretti e le girandole accesi in pirotecnica esultanza dai parroci ce' lebratori. Calmo è il Lario, e lim pido il Ceresio. Preparandomi, men talmente, al Congresso che mi attende, sento che la stupenda pas- seggiata intrapresa nei sette chiloL^tri ohe mi son proposto-di su aerare in un'ora, risolverà per mio il - problema dell'alimentazione > d ogni deliberazione eugenetica: ma, ad ogni modo, mi preparo. La veduta, ora su un lago, ora sull'altro, ora su entrambi, è incantevole. Un battello fila verso Melide, e automobili scorrono e funicolari si alzano' senza uno sforzo visibile. Risento la vicinanza del carillon svizzero; e quella strana ansietà, tra delizia e paura, che sempre dà al cuore questo avvistamento della soffice Elvezia : la paura- di scomporre qualche cosa, di spaventare qualcuno. Così calmo è il Ceresio, stamane, che le scie delle barche vi restano come non dovessero andar cancellate mai più: ricamo di spume, ornato di perle sull'azzurro serico, sulla veste nuziale del lago. «% Ho dichiarato forfeit alla corsa dei sacchi; ma poi mi sono accorto che molti avevano dichiarato forfeit anche al Congresso igienico: poiché, delle duecento poltrone raccolte nella sala, più di due terzi tendevano le braccia a degli assenti. S'intende che, tra i cinquanta convenuti, non mancava però quel mio persecutore, cui decisamente devono stare molto a cuore tutti i problemi alimentari. Durante una relazione del dottor Sternheim, risoluto avversario del regime vegetariano, l'ho visto che mi guardava con una curiosità mista a spavento. L'ho raggiunto, in un intervallo, e prevenendo le sue inchieste, ho espresso il mio punto di vista. — Sternheim ha ragione. Il vegetariauismo è un errore. Ma egli non tiene conto delle idiosincrasie. > Quando per venti giorni uno si è cibato, per esempio, di carne umana, tutta l'altra diventa indigesta. Che vuole? Sprà perchè io ho dovuto contentarmi d'una carne coriacea. Bistecche di missionario, si figuri ! — Il signore vuole scherzare. — Affatto. Anzi voglio ammettere che la stessa nausea non mi sarebbe rimasta se, mi avessero servito, in cambio, qualche giovinetta di ventanni. Senza dubbio i'cannibali me ne avrebbero offerto. Sono io che mi sono opposto. Caro signore, dica quello che vuole : ma io resto fedele, anche in antropofagia, alla tutela delle donne e dei fanciulli. — Veramente... — No, no. Non mi contraddica. L'innocenza è sacra. E per questo sono fatto come sono; e per questo mi asterrò sempoe da ogni specie di carne: a cominciare da quella di porco che, come certo ella saprà, ha lo stesso sapore della nostra, e dai ravioli, cui dicono che Ras Taf ari, durante un pasto diplomatico, trovasse una faceta somiglianza cogli orecchi. Al cuore, signore mio, non si comanda. Che vuole farci, se ormai il mio cuore è fatto così? Barbuto e sparuto, un nuovo oratore ha preso posto in cattedra. Parla fievole, tra rotte pause, come se piangesse. Ha innanzi a sè un bicchiere, che immagino pieno di un'acqua purgativa. Alle finestre, ij verde e .''azzurro del lago splendono come nei vetri istoriati d'un Duomo. Mi levo precipite. Fuggo. Qui dentro sono gli igienisti, e là fuori è l'igiene. Corro a raggiungerla, mentre costoro seguitano a discutere dove si trovi. *** « A fosco cielo, a notte bruna... ». L'antica melodia, nata sul lago, ci riaccompagna verso Porlezza, per la fresca bocca d'una fanciulla che ci fa, sempre cantando, da guida. Denso, inebbriante è l'odor resinoso della « notte bruna 1. Ma il € fosco cielo * balena, d'un tratto, dei fuochi artificiali della sagra. Vediam file di cipressi, custodi di nitide ville, come torcie accese diritte in pugno a giganti. E pini, larici investiti d'un fuoco rosso, come se le loro resine ardessero, grondando gemme. Seguiamo nell'aria volubili magie di serpentine, di stellati: e gli spari di gioia, che avranno ormai svegliato tutti i gufi del Generoso; e la silenziosa gioielleria che, a rombo finito, scende a specchiarsi e a spegnersi nell'acqua del lago. Poi un sibilo risale; e vampe; e sprizzi; e un ir- raggi amento; e un tuono: e un bosco ancora si squarcia, un flutto ancora s'incendia; mentre altre fiamme, derivate dalle prime, saettano da lungi rivelando campanili d'eremi, nodi di faggi, scalee di giardini. Finché un altro nugolo di stelle ricade, per lo sgomento di non poter raggiungere quelle di lassù. Pensiamo, nella dolce oscurità seguitane, che i parchi e i boschi così violati da queste luci improvvise debbano essere pieni di amanti spaventati, i quali avran giocato a rimpiattino con le folgori, correndo in cerca dell'ombra da un albero svettante a un'acqua monnoratrioe. E pensiamo alla leggenda della c dolce Rina »: un'altra di quelle paurose storie di lago, dov'è detto di quel romito che apparve a una mala festa, suscitando fuochi che tutto incenerirono: e fin « gli augei notturni per deserto loco a. Poveri augeì, che dopo tutto non c'entravano, per notturni che fossero, nei nostri conti col demonio. E l'indomani, ritroviamo il Lario in pieno sole. Fu in un mattino co¬ me questo, che il Fauré immaginò L'amour sous le* lauriers rosee: ma l'idea gli venne, per una misteriosa associazione d'idee, da una frittura di missoltini preparatagli dal cuoco del battello 1 Quale Congresso di igienisti mi rivelerà mai gli occulti tramiti tra pancia e cervello? Ecco : proprio laggiù, presso la villa dove si rifugiava una Bólognima di sangue ducale per sfuggire un invito di Francesco Giuseppe, è il e erotto > famoso per le sbornie del Rovani; e più in là, in faccia a un antico convento d'Umiliate, quella Villa Passalacqua dove il Bellini, ispiratissimo, faceva strage di cuori, e Carlo Porta di tordi... « Così bello quando è bello >, questo cielo del Lario: e così buono quando è buono. Stamane vi si bagnano alcune colonie di bambini poveri, condottivi piamente da un istituto fascista, e il lago, ieri così tremendo, pare rifarsi bimbo, pare giocare con loro. Mi vien detto che tale utilizzazione della' spiaggia ad uso balneare è stata molto discussa in un consiglio comunale, pur esso pensoso di quella c rinascita dell'autunno lariano > cui si attivamente attendono, d'accordo col sole, l'onorevole Baragiola e il console Tarabini. — Non c'è la sabbia — uno disse. — Già: — obiettò un altro — ma non ci sono neppure i pescicani. — Ben detto. E voi, bravi fanciulli italiani, non temete: se le rive del Lario non sono di sabbia fina, si può affrontare l'onda, e la salute, anche con un balzo dai ciotoli. Se l'atterraggio delle barche, come quello dei velivoli, non può soffrire il suolo accidentato, l'uomo è più forte, e può atterrare e decollare anche f« le rupi. E forse la nostra energia è come il fiammifero, che meglio si accende sulla pietra scabrosa... Il Lario, stamane, è buono e bello, è unito e lucente come una pagina del Manzoni. Dalle barche a tre cerchi che passano al largo, in cerca degli agoni che i piccoli bagnanti respingono dalle sponde, viene un canto di donne trasognate : ed è un'antica canzone nostra, forse la stessa della savia Lucia al filatoio, che fra tante folies da lae, il pazzo lago non ha ancora dimenticato. MARCO RAMPERTI.