Il crack della Banca Garibaldi

Il crack della Banca Garibaldi Il crack della Banca Garibaldi La vita da gaudenti degli imputati San Remo, , I tre imputali maggiori — i commen«iaiori Eugenio e Ktolo Pagliano e U loro cugino Vico Vagliano — non vogliono le manetta, non si sentono di sopportare la noia e la vergogna ili essere tradotti all'udienza con i polsi eerrati fra i ferri. Perciò essi sono andati alia ricerca di un diversivo. Ieri mattina, appena tolti di cella, accusarono ì'un dopo l'alno, indisposizioni varie, cosi da impietosire il capo scorta, clic risparmiò loro il fastidio delle manette. Questo fatto fu cons: derato dai detenuti come una specie di trattamento di favore e la cosa sollevò In carcere qualche commento, che si dice sia stato vivace. Ma all'udienza la cosa venne rilevata anche dal P. M. cav. uff. Martini, il quale dispose perchè la parzialità, se cosi può essere definita- -questa eccezione aldo norme consuete, non si ripetesse. 1 tre imputati hanno tradotto allora in forma concreta 1 loro lagni: hanno dichiarato al direttore delle carceri di non essere in condizioni di sopportare le manette perche colpiti tutti da una forma reumatica. La protesta de! detenuti è stata resa nota al Pubblico Ministero che ha ordinato senz'altro gli accertamenti medico-legali. Intatti stamane prima che fosse aperta l'udienza Eugenio, Paolo e Vico Pagliano sono stati visitati dal capitano medico dott. Pi gatti'. 11 sanitario ha trovato i tre imputati in eccellenti condizioni di salute. « Sono sani come pesci > è stato il referto che il medico fiscale ha fatto al P. M. il diversivo escogitato dagli imputati e cosi caduto ed il regolamento carcerario viene applicato ora per essi con lo stesso ri gore che si usa per ogni altro. L'udienza 6 aperta alle 10, ma non si procede ancora nel vivo del dibatti mento. Restiamo ancora alle battute 'di aspetto. E' giunto l'avv. Boccalandro di Genova, col cui patrocinio il curatore del fallimento intende costituirsi Parte Civile. \. L'interrogatorio degli imputati Dopo lunga discussione, cui partecipano gli avvocati di Difesa, il Presidente e il P. M., il Tribunale emette juoa ennesima ordinanza, in essa è detto che il Collegio ritiene che non sia necessaria l'autorizzazione idei giudice delegalo perchè il curatore possa costituirsi Parte Civile nel giudizio penale. Nello stesso tempo il Tribunale ritiene che contro il De Alexandris possano costituirsi soltanto coloro che sono stati lesi direttamente, e per questo respinge la costituzione del curatore nei confronti del rag. De Alexandris. L'interrogatorio degli imputati avviene finalmente nell'udienza pomeridiana. Le maggiori accuse, come si sa, riguardano i fratelli conun. Eugenio e comm. Paolo Pagliano, dia erano i dirigenti della Banca. Essi sono incolpati di una serie di appropriazioni indebite per valore rilevante (17 milioni circa), di trulla, di emissione di assegni a vuoto, di bancarotta fraudolenta, e di bancarotta semplice. Per gli interrogatori si adotta questo sistema: ogni accusa viene contestata paniiamenio prima all'uno e poi all'altro imputato, di guisa che l'interrogatorio procede, diremo cosi, per fiuadri, per scaglioni. Si inizia con Eugenio Pagliano. Egli ria la figura del <,.businessman > anglosassone, che gli*è conferita oltre che dalle grandi e tonde lenti a stanghetta, dall'atteggiamento freddo e composto. Parla pacatamente e si esprime eoa una cerna signorilità di linguaggio.Pres. : — Lei è incolpato di un reato di appropriazione indebita per valore rilevantissimo, per aver convertito in profitto proprio, affidandolo alla Banca d'Italia, come pegno sulle anticipazione, uno « stock » di titoli per un importo di 15 milioni, che le era Btato- affidato dai clienti in deposito. L'imputato si rifa molto indietro per accennare alla circostanza in cui entrò- nella Banca, e dice : j Banchiere suo malgrado — Già nel 1011 mio padre, per le sue poco buone condizioni di salute non voleva più occuparsi della Banca. Nel 1914 decise di chiamare, me o mio fratello alla ■ direzione dell'azienda. Noi non cercavamo di diventare banchieri. Fu la nostra condizione di famiglia che ci obbligò ad assumere questa veste, non adatta per la nostra mentalità. Cominciammo a gestire la banca sotto la direzione di nostro zioFrancesco, e la nostra formazione bancaria si verificò in un periodo turbinoso, in un'epoca e in un ambiente tri cui i guadagni sembravano facilicosi come ogni impresa sembrava faCile. Cessala la guerra continuammo a ragionare con la stessa mentalità dprima. Infine, noi 1018, nostro padre si ritirò completamente dagli aflari e non ci fece" più che rarissime visito In occasione di qualche solennità. Nocontinuammo a gestire -l'azienda esclusivamente sotto la direzione e con iconsiglio dello zio, il quale mori negiugno del 1924. Con la morte dello zio rimanemmo io e mio fratello soli. Sera all'epoca degli sbalzi continui Improvvisi del corso della valuta: l'epoca degli econvolfjimenti monetari. ■ Ma da allora fino al giorno defallimento — continuaTimputato — noabbiamo avuto un - pensiero solo : non fare del male a nessuno. Eravamo do minati da un'Idea fissa: qualunque responsabilità si dovesse incontrare non si doveva provocare il crollo della Banca e conseguentemente la perdita derisparmi che tanti poverétti ci avevano affidati. Tenevamo troppo «al nostro nome e al nostro patrimonio moraleQuello che ci ha perduto non sono state le speculazioni di borsa, non le cattiverie, non le ladronerie, come è stato detto. E' stata piuttosto la nostra debolezza. Noi dicevamo: dobbiamo aiutare il commercio locale. In passato molte ditte che erano minime singrandirono attraverso il nostro aiuto. Anche nel dopoguerra continuammo perciò a pensare con quella mentalità. Ed anche con i valori capovolti dalla guerra, aiutammo il com mercio locale nella persuasione che i tigli dovessero valere quanto i loro padri. So Qualche ditta ci e parsa meno buona, perche questa gente non doveva risorgere, coinè era avvenuto per tante altre ditte della nostra Riviera? •. Una banca senza registri — Fino all'ultimo momento — aggiunge l'imputato — quando ci radunammo in Prefettura, non ho mfti pensato alla possibilità della caduta. Andai a quella riunione credendo che si dovessero gettare le basi per l'assor bimcnto della nostra Uanoa da parte e . a o a e o o o i i i e e e è e e l l o . eae i i oi r a lr i e toe o. aaia ir a r ne n el aoi eiea a o, nie i, a a di re e to oi uil el io Si e. el oi on o eon nei aro e. no le è oassi umnom- di un gruppo finanziario, e senza consigli, cerne ero, mi affidai unicamente al consiglio dell'uomo che voleva risorgere ». Pi-es. : — Lei dice, che le sono mancati i consigli, ma i periti hanno accertalo che lei non si e mai valso degli organi che avrebbero potano conisigliarla. Dicono che la Banca era male amministrata. 11 Consiglio direttivo e gli altri organi, come l'assemblea dei caratisti, non furon mai convocati. Era lei in sistanza che faceva tutto. lmp. : — lo ho continuato a fare come i miei vecchi avevano fatto. Pres. : — Non c'è mai stata una contabilità nella Banca. lmp. : — Non si può dire che la contabilità fosse un capolavoro, ma i libri esistevano e registravano le operazioni che si compievano. Pres. : — Non è possibile che la Banca andasse bene. Fin dal 1922 avevate ottenuto dalla Banca d'Italia anticipazioni su titoli per due milioni. Imp.: — Le abbiamo fatte sempre, ma si trattava di cosa momentanea. Pres.: — Gin, lei pagava i suoi debiti con i titoli dei terzi. Faceva andare avanti la Banca con i denari degli altri. Bisogna aver perso il concetto del mio e del tuo per fare slmili cose. ■ Imp. : — lo non avevo questa percezione e non l'ho mai avuta in nessun modo. Ma vuole che io abbia mandato volutamente in rovina tutta la mia famiglia? Anche i titoli dei miei famigliari sono finiti alla Banca d'Italia. P. M. : — No, no. Quelli dei parenti li ha messi a posto. Avv. Foligno: — Il padre degli imputati ha però perduto tutto il suo patrimonio. Pres. : — E non si è giovato soltanto dei tìtoli. I periti hanno accertato un giro cambiario por 43 milioni. L'atto disonesto ò certo. Contro di lei sono stato presentate 61 denunzie; 6enza contare quelle che sono pervenute hi questi giorni. L'ottimismo dei fratelli Pagliano Viene interrogato per la stessa imputazione Paolo Pagliano. Egli rassomiglia fisicamente al fratello. Lo stesso prolilo, lo stesso aspetto. Anche la mentalità non è diversa. Mio fratello ha accennato all'ottimismo suo — egli esordisce; — ma devo dire che l'ottimismo suo era diviso anche dal nostro povero zio Francesco. Una prova palmare di quanto afferma la si ha ned fatto ch'egli, prima dì morire, collocò il suo figliolo alla Banca. Io entrai nell'azienda nel 1015 ; avevo 24 anni e non possedevo alcuna esperienza nè alcuna pratica di coso di banca. Fui mandato in viaggio in Spagna e al ritorno fui richiamato alle anni. Ritornai nel 1919. Diedi modestamente la mia opera a quell'azienda che per me era solida e consistente. Pres.: — Non ha mai guardato i libri? Non si è mai preoccupato di quel giro di effetti che raggiungeva i 43 milioni? Imp.: — Fino al 1925 non si trattava di 43 milioni; questo per dire che la situazione di malessere rimonta so o agli ultimi sei mesi. Pres. : — No, fino dal 1922 si erano dati titoli in pegno Imp.: — Io ho visto che questo si faceva... Pres.: — E facevano malissimo: potevano ben capire che era cosa disonesta. , Imp.: — Noi avevamo fiducia nel credito e non pensavamo che la Banca potesse cascare. La fiducia era determinala anche dalle aderenze e dalle relazioni che mio fratello contava nel mondo finanziarlo. Credevamo di uscure dalla crisi non già indeboliti ma rafforzati. Pres. : — Ammette il fatto, dunque ? lmp. : — Abbiamo sbagliato, ma a fin di benp. Agli imputati viene quindi contesta ta una imputazione minore: di appropriazione indebita. Alcuni clienti avevano versato alla Banca Garibaldi delle somme cospicue per essere inve stite in titoli. Ma la Banca si tratten ne le somme e non effettuò le'compre Eugenio Pagliano cosi si difende: « I titoli non vennero comperati per 11 precipitare degli avvenimenti. Normalmente fra il versamento delle somme e l'acquisto dei titoli era uso trascorresse un po' di tempo. Il godimento delle somme per questo periodo costituiva il nostro beneficio. Quando precipitarono gli eventi, non fu più possibile acquistare i titoli •. P. M. : — Di solito quale periodo si lasciava trascorrere fra il versamento delle somme e l'acquisto del titoli? Imp. : — Un mese. P. M.': — E allora, le osservo che taluni clienti hanno aspettato parecchi mesi. Pres.: — Ma c'è di più: una delle ecdsd-rdhdMgi<didanqgtqdscelparti lese, certo Gaglibla, versò l'Illuglio 1923, 17 mila lire perchè gli si comprassero dei Buoni del Tesoro. Da quell'epoca egli attende ancora i titoli. E il Presidente osserva: — Questa è un'epoca un po' distante dal fallimento. «Abbiamo la Banca d'Italia alle spalle» Ma Eugenio Pagliano dichiara di ignorare completamente questo episodio. Suo fratello Paolo si dimostra addirittura meravigliato: — Dal 1923 al 1026 non è possibile che noi non abbiamo mandato i titoli. E si giunge all'imputazione di truffa. Pres., a Eugenio Pagliano: — Leideve rispondere anche di truffa per a i r ù i o e e essersi adoprato in vari modi ed anche presso le autorità politiche al fine di rare apparire in condizioni floridissime la Banca che invece era in stato di dissesto. -<.T Io,.n.° avuto rapporti con l'autorità politica soltanto nella imminenza del dissesto. hJT^mV Ma. Perchè mal nel gennaio ,t\ ìi?' e -cloè cinque mesi prima del fallimento, il Prefetto di Porto Maurizio e il sottoprefetto di Albenga hanno fatto affiggere dei manifesti in cui si rassicuravano i depositanti <Vr,ca..,la solidità della Banca Garibaldi? Non basta. L'autorità Prefettizia impose in quel periodo alla Banca d'Italia di dare quattrocento mila lire alla Banca garibaldi; tutti questi denari sono stati truffali. — Io non ho svolto alcuna opera in questo senso, — assicura Eugenio Pagliono. P. M.: — Vorrei sapere dall'imputato dove ha preso i dati per compilare quella situazione contabile che porta la data del 15 dicembre 1925, e che presenta un'eccedenza attiva di 29 milioni. Imp.: _ Dalla contabilità; io credevo ci miei libri. Pres.: — Ma se i libri non esistevano. Imp.: — Non erano un modello, ma esistevano. P. M. all'imputato: — Lei andava anche dicendo: « Abbiamo la Banca d'Ilalia alle spalle » e con questo confortava i suoi correntisti e i depositanti. Imp.: — io avevo l'impressione che la nostra posizione fosse sana, e mi attenni ai criteri che erano stati applicati dai miei vecchi. Pres. : — Ma i loro vecchi hanno fatto altrimenti: e quando furono colpiti da un dissesto hanno risposto con il loro patrimonio. P. M.: — Nei primi mesi del 1926, l'imputato teneva un tenore di vita lussuosissimo e in quel periodo fece anche costruire una villa sontuosa. Tutto questo per ingannare ì creditori. Imp.: — La villa era di mia moglie. Pres. : — sua moglie pescava anche lei nelle casseforti della Banca. Un matrimonio principesco L'imputato aggiunge che 1 cespiti per una vita lussuosa non gli potevano mancare. Guadagnava notevolmente in Borsa e le compartecipazioni in aziende industriali gli fruttavano parecchio. .Ma il P. M. osserva: — In Istruttoria lei ha affermato di aver perso nelle speculazioni borsistiche. lmp. : — Con le informazioni che avevo io, era assai facile guadagnare. In tema di artificio per trarre in inganno i depositanti, l'avv. Bobba, di •Parte Civile, ricorda1 clip nell'imminenza del dissesto, 1 fratelli Pagliano si presentiirono ad dirigenti di una Congregazione religiosa, esortandoli a depositare i loro capitali alla Banca. Promisero un interesse maggiore di (niellò corrisposto dagli altri Istituti di credito: il 6 e tre quarti per cento. In questo modo raccolsero oltre mezzo milione. Questa circostanza* è contestata ad Eugenio Pagliano, ma 1' Imputato dichiara di non a.ver inai fatto concorrenza olle altre Ranelle, promettendo ai depositanti dei tassi di interesse maggiori. Circa l'emissione degli assegni a vuoto i due fratelli dicono di ritenere- che esistevamo i fondi, e per quanto riguarda l'appropriazione indebita di alcuni effetti cambiari per un totale di ottocento mila lire, in danno dei signor Scolma, si dicliiarano completamente all'oscuro, Ad Eugenio Pagliano, dovrebbe essere contestata ora l'imputazione di bancarotta semplice, ma l'imputato sa dichiara stanco e chiede gualche minuto di riposo. 11 Presidente osserva: , •,, . — Dovrei essere più stanco io di lei. L'udienza è tuttavia sospesa, e alla ripresa si prosegue nell'interrogatorio, L'avv. D'Andrea dichiara che gli imputali, si rimettono per quanto riguarda l'accusa di bancarotta semplice. Pireswlentoy— E' necessario sentirli anche su (juesto punto. Vi sono le spe se eccessive di famiglia che dal 1023 in poi sono aumentate vertiginosamente. Eugenio Pagliano: — Io ho sempre vissuto signorilmente ed ho continuato a regolarmi con quella larghezza con cui tutti noi siamo stati allevati. D'altra parte avevo la sicurezza di non spandere il denaro degli altri e questa mia sicurezza coincideva con la per ceziione che io avevo della nostra situazione Io avevo infatti l'impressione di andare in su, mentre disgraziatamente, si andava in giù. Paolo Pagliano soggiunge: — Prima 10 ero figlio di famiglia p# mi sono sposato e i prelievi die ho fatto dopo 11 matrimonio sono stati naturalmente maggiori. Ma essi riguardano esclusi vomente le esigenze famigliari. Presidente-. — Ailtro die spese di fa miglia: ha fatto un matrimonio prin cine sco. L'addebito di bancarotta semplice riguarda anche iJ padre dei due imputali, accomandatario della Banca, il comm. Maurizio Pagiliano di 70 anni, il quale però non si è presentato al processo. Viene data lettura delle didiiarazioni che egli ha reso In istruttoria. L'imputato afferma che essendo stato colpito da un attacco apoplettico ned 1914 si ritirò dall'azienda e che da quell'epoca si disinteressò completa mente. L'accusa tuttavia gli contesta di aver omesso cinnua.nt'anni. fa di preseniore alila Cancelleria del Tribunale copia del contratto di matrimonio, afli finché come ne fanno obbligo le dispoi sizionl di legge, si potessero conoscere a . » i e . . i gii oneri che egli incontrava. L'avvocato Foligno, difensoie dell'imputato, osserva che questo addebito non può essere mosso all'imputato. L'atto doveva essere comunicato dal notaio, il quale è morto da tempo Procuratore con funzioni da... fattorino E viene inteso il terzo imputato: Ludovico Pagliano, di 30 anni, ex-procuratore della Banca, al quale è mossa l'accusa di correità nel reato di appropriazione indebita. — Entrai in Banca — dice l'imputa 1o, che ha l'aspetto di un ragazzo di ri famiglia — dopo la perdita di mio pa dqfitrtttizdqprbptapldpvdhplpgltcdrrnmMfnsbifdtqfl.plmodstplvacfandehscdtcBscsaa dre, por prendere la rappresentanza dei diritti che la mia famiglia aveva in quell'Istituto. Io non avevo affatto l'intenzione di- prendere la carriera bancaria. Ero privo completamente di nozioni bancarie. Fui nominato procuratore nel dicembre del 1924, ma continuai ad occuparmi delle operazioni di Borsa, che compievo per conto mio. Pres. : — Ma lei sapeva degli enormi quantitativi di titoli, che andavano a finire alla Banca d'Italia? Si è accertato che è stato avvertito da un parente. lmp. — io ritenevo che fosse cosa del tutto regolare. Pres.: — Sapeva però che questi titoli erano di terzi. lmp. : — Non sapevo. Il controllo del titoli non rientrava nelle mie attribuzioni. P. M. : — Ma era o no il procuratore dell'Azienda? Imp.: — Visitavo le Succursali e quando portai dei titoli alle Figliali li portai come avrebbe fatto un fattorino. 'L'imputato aggiunge che la sua ambizione, gli. avrebbe suggerito, forse, di prendere una parie più attiva alla vita dell'Istituto, ma se ne astenne sempre per un insieme di ragioni. P. M. : — La morale è questa: che lei stava in Banca per prendere dei denari. E dira che lei era uno dei padroni della finanza della nostra provincia. Resta un'ultima imputazione: quella di bancarotta fraudolenta. I fatti che hanno dato luogo a questi addebiti per Eugenio Pagliano sono vari. Quelli di maggior rilievo consistono nel prelievi fatti nel periodo in cui il Pagliano fu gerente dell'istituto; tali prelievi superano i due milioni. L'imputato si scagiona in questo modo: — Io affermo con tutto le mie forze che non- ho preso un soldo in danno della massa dei creditori. I prelievi riguardano le spese di famiglia e di rappresentanza Purtroppo devo accennare ad una condizione dolorosa in cui mi sono venuto a trovare nel 1921. A Milano conobbi una signora che mi fu presentata in una riunione di uomini di finanza. Io dapprima presi la cosa per ischerzo, ma poi fu una febbre. Può essere umiliante dichiararlo in questa sede, ma lo devo dire. Io frequentavo gente molto ricca, e gente di finanza. Ero consigliere in una ventina di società anonime; e credevo che queste relazioni non potessero che rafforzare la nostra posizione su basi più larghe. Frequentando tale gente io non .potevo essere in condizioni inferiori a loro e dovevo spendere molto. Ma non mi sono messo nulla da parie ; mangio ora con quello che mi viene mandato dai fratelli di mia moglie. Se fossi stato un mascalzone invece di portare i titoli alla Banca d'Italia, me li sarei presi e li avrei portati all'estero. Il Presidente osserva: — Chissà se le sarebbe riuscito di fuggire? Imp.: — Avevo il passaporto valevole per.tutta l'Europa. Pres.:r— Negli ultimi tempi non le avrebbe giovato a niente, glielo assicuro io. Imp.:»»- Ancora nel gennaio e nel febbraio andai a Cannes più volte; avrei potuto fermarmi. Preferii ritornare ed affrontare i dolori della vita. P. M.: — Per lei la vita aveva anche delle gioie: urta mantenuta a Milano e svariati sollazzi nelle altre città. Presidente : — I periti comunque non hanno trovato giustificazione per i suol prelievi. Imp. : — I prelievi non sono giustificati perchè li spesi tutti E' doloroso dirlo, ma è cosi. Milioni prelevati per spese famigliari Gli altri fatti attinenti alla bancarotta fraudolenta riguardano una serie di conti aperti dal Pagliano presso la Banca, sotto le etichette più varie. Questi varii conti si chiudono tutti con cospicui debiti del Pagliano, il quale dichiara di non aver mai avuto tempo per esaminarli e per regolarli. P. M.: — Avrebbe potuto esaminarli, se fosse andato qualche volta di meno a Milano...' Imputato, con forza: — Lapidatemi se volete, ma uscendo di qui io dovrò ricominciare la vita. Non ho un soldo da parte. P. M. : — E allora dica dove sono andati a finire i denari. Quante centinaia di migliaia di lire ha speso per le sue amanti? Pres. : — Lei risulta debitore verso la Banca di 2 milioni e 562 mila lire. Paolo Pagliano è incolpato eli aver distratto nella stessa maniera del fratello 312 mila lire. Ma l'imputato soggiunge che ha cercato di giustificare questi prelievi dando ragione dell'Impiego delle diverse somme. ' Viene Inteso il quarto imputato: il cav. rag. Umberto De Alexandris, già direttore della Succursale di Porto Maurizio della Banca d'Italia. L'accu sa io incolpa di aver incautamente accettato come pegno per le operazioni di anticipazione lo Hock di titoli del valore complessivo di 15 milioni, di cui la Banca Garibaldi si era appro priata in danno dei clienti. Pres.: — Si dice che lei doveva conoscere le condizioni della Banca e argomentare dulie circostanze che le erano, note die quel titoli erano di provenienza illegittima. Imp. : — Sono molto meravigliato per l'accusa che mi viene mossa. Ho ac celiato i titoli in buona fede, come ave va fatto il mio predecessore. Anzi, diro che il totale dei titoli, che vennero accettati da me, era inferiore al valore complessivo dei titoli che vennero accettati precedentemente. Pres.:— Questa circostanza è nuova, lmp.: — Nel 1924 la Banca d'Italia accettò dalla Banca Garibaldi dei titoli per oltre 30 milioni. L'imputato aggiunge di non aver mai ricevuto personalmente dai fratelli Pagliano i titoli dati in pegno. La consegna del titoli .veniva fatta da funzionari della [lanca Garibaldi alla Cassa della Banca d'Italia. D'altra parte, le anticipazioni accordate alla Banca Garibaldi erano autorizzate dalla Commissione di sconto delia Banca d'Italia, che era composta di sei consiglieri, tutte persone di commercio, che potevano conoscere la situazione della Banca Garibaldi. Nessuno mai ebbe però a sollevare dei dubbi 6ulla consistenza dell'Istituto, che è poi fallito. L'udienza continua con altre contestazioni di poco rilievo, ed è quindi rinviata a domani. F. ARGENTA. Lgsc1cridlaCmbzaiddvbmrecllncccgmesstgot