Ave, Maria!

Ave, Maria! Ave, Maria! 3Jbn c'è creatura più mia di questa jnia, da venti anni, questa che conobbi nell'estate più luminosa della ,vita, che m'ero_ tolto da poco il calzone al ginocchio e il bavero da marinaro ; «mesta che portava ancora sulle spalle la treccia dell'adolescenza, ]a morbida treccia clic tutti sognammo di raccogliere sulla strada, una notte d'amore, alla porta d'una fanciulla insonne: buttata via dal balpone, scivolata giù dalla luna. Tornano le seuiliiànio del sogni 60gnatl Ira 1 banchi delle chiese dlaucò adesso elio ' primi «anelli bianchi ci fanno scorati di gioventù. Oh, se c'erano i ferri del mestiere a far comico al mio amore! Ella attingeva ad una fontanella dolce, di quelle che cantavano venti anni fa su tutti gli angoli dello vie, nei quartieri 6uburbani, ch'era una fresca gioia a sentirle. Te ne andavi fuori porta accompagnato dalle fruste d'acqua dei fontanieri, che marnavano il selciato a mattutino, e piano piano, uscito fuor dalle gronde, il cielo ti si slargava sul capo come una bandiera infinita: era così evidente la «sbandierata » cho gli occhi bì levavano in cerca dell'asta e porgevi l'udito al fruscio della seta azzurra. La terra, dopo un'acquata propizia, sapeva di solco. L'Agro respirava, spossato. I monti laziali aprivano lentamente le braccia a ricevere il saluto cordiale della campagna appena sveglia. Era festa all'ingiro, era festa di povera gente che stende quel po' di bucato all'aria e se lo guarda, come il sacerdote del villaggio la sua tovaglia di lino nella chiesola malandata. Festa di sole, d'azzurro, di verde, di tetti lavati: frescura di vita da godersi ancora tutta, di vita acerba — venti anni ! — che ti fa impeto in gola come una gioia che non puoi più contenere. Tutto da amare, tutto da cogliere ed anche tutto da buttar via perchè c'è tempo a iosa per seminare e raccogliere ancora. . ' E intanto la strada cammina e arriva a un cancello cho si chiude per sempre a chi arriva. Scalzo o no, fermo o In cammino t'avvicini a un canceUo. un mattino, t'awii\ini c uon sai al canee! cho varcarono gli avi. Basta. Maria, creatura mia come nessun'altra fu mai, indossava quel giorno un vestito di tela grezza che modellava stupendamente le sue belle forme di s Fornai-ina ». Quando alzò gli occhioni sgomenti incontrò i mici e fu segnato il destino: « For ever » come sta scritto sui ventagli e sulle custodie. Adesso la sera cuce e ricama dinanzi al tavolo delle mie veglie, e talvolta, senza volerlo, facoio piangere gli occhi belli, i primi occni di doana che trasmisero un brivido delizioso alle mie vene. Crede ella ch'io non mi sazi alla luco df casa é lé donne della mia fantasia son tutte di carne e d'ossa per lei. No, cara. Tu sei nonna, sci mamma, sci amante c sorella, adesso che ho tutte perdute, adesso che mamma dormo da tanti anni dietro un palchetto murato e non accenna a svegliarsi, come io speravo, quando non sapevo assuefarmi alla realta; adesso che le sorelle se ne stanno lontane, tutte raccolte nela casa d'un altro; adesso che le amanti non sono più quelle dei bai- j coni e delle treccio luugho e delle passeggiate, tutte fragranti d'orto e di spighe. No, cara. A Montasola c'è sempre il burro di l»ttc, c'è il latte di capra e di mucca, che ci nutrì il primo mese di nozze. C'è un lctlo soffice sulla sponda del torrente che scroscia sotto la strada di Torri. Primizie di sole han prosciugato i ghiaioni levigati del fiume che passavamo a guado, cantando. Dove t'amai tutta fresca di rugiada e di giovinezza, forse l'aratro spaccò il solco fecondo e il grano biondeggia. Oh, andiamocene ancora lassù ! Tu a pastura, io a condurre il bove potente sui campi del fertile Iddio. No, cara, non piangere. Rocchetto e Rocchettine fanno ancora a « ti vedo » fra gli incastri montani e i mulini di Don Chisciotte sventolano le braccia bighellone far salici e pioppi. Si va per mano, sorreggendosi a vicenda, perchè la mulattiera precipita, acciottolata'da sè. Te lo ricordi Cottanello, un paesino che non ho mai visto l'eguale, con le strade bianche di meraviglia, le porto chiuse, il campanile muto, la chiesina desorta e diaccia come se da allora età di mezzo — l'avessero abbandonata e dietro le porte, da secoli, aspettasse qualcuno cho non vuol rassegnarsi a morire? Scommetto che la canzone è in voga ancora: A Cottanello ci sta un camello, para un cestello di violacelo... Perchè il tempo l'ha scoperchiato ! CS arrivammo un mattino — ricordo — che non s'era ancora svegliato nessuno, tenendoci stretti per mano. E mentre tua sorella si sentiva sempre più lontana dal suo ambiguo marito, noi sentivamo il sangue accaldato affluirci al cuore pensando alla gioia della nof to scorsa, che si sarebbe rinnovata la prossima notte, più intensa, più fervida come una bella canzono di giovinezza che sgorga istintiva dallo vene. Il t..b~oeaio eia aperto o la posta vicina. Acquistammo le cartolino paesane (oh, a quei tempi s'era paesani sul serio!) che si mandano per convenienza, quasi a documentare il passaggio di chi cammina pel mondo tenendosi stretti per mauo, e le affidammo al procaccia: quello col sacco di canovaccio, che se ne va a piedi dalla diligenza al paese e dal paese alle borgate, alle frazioni, ai casolari (.perduti. Poi cercammo di rifocillarsi : pane schietto e salame, di mon¬ csrvoqissvsgrvtpvvbpsdtadnqtdslmsMmsptvfvnieavlvgLtmmrv. : tfcCsntiesdgcpctppdoridltbmvncsTs tagna dal buon sapore genuino che a berci un mezzo bicchiere par di sentirsi colare il paradiso in gola. C'era intorno un silenzio di chiesa fresca. Andavamo per le viuzze acciottolato all'ingrossò, scegliendo il sasso su cui mettere il piede. Il muretto di cinta girava al largo sulla vallo tutta segnata di strade ferrate o maestre. Silenzio d'eclissi: come quando l'umanità ansiosa attendo che il sole eia smorzato per;.sempre da un soffio onnipotente e 1 alba stenta a staccarsi dall'orizzonte e la terra è tutta raccolta nell'attesa. Ma giù dalla svolta ci raggiunse un vociaro allegrone di lavandaie e uno sbattere di panni lavati. Guardammo giù : cinque donne robuste — gonna rialzata o braccia nudo — alternavano scrosci di risa a scrosci di lavatura: e l'acqua schiumava comò una panna montata, o la più giovano aveva una bocca così rossa ch'io sentii voglia di mordere e colsi sulla tua boixa un bacio umido come un frutto primaticcio staccato da un ramo, passando. Sapevi di giovinezza, sapevi d'amore. Eri tutta la vita per me, eri tutta la donna: nonna, mamma, amante, sorella, madonna; tutta la donna desiderata con un ardore di novizio, con un sangue di morituro quando la vidi di qua della fron: ticra, pallida sotto l'elmetto cascante dei capelli di seta, coperta d'uno scialletlo nero, come chi si vesta a lutto prima di offrirsi a chi va a morire. E la morte alitava il suo alito guasto intorno alla vita sin d'allora,Maria, benché non m'abbia ghermito. L'ho intesa passarmi accanto, sfiorarmi la pelle con l'unghia dura, poi sghignazzare e lasciarmi inebetito sul ciglio della voragine, pazzo di vita e d'amore. Uscimmo di casa un mattino — forse il settimo delle nozze — e trovammo sui muri di Montasola i manifestini verdi di mobilitazione. Fu il primo brivido del distacco, il primo urlo del sangue. Ma dove l'ho intesa mia come può esserlo un brano di carne viva fu alla partenza per la guerra che avevo voluta, la guerra cui mi recavo volontario, a sua insaputa. Fu la prima volta che sentii in tutta la sua tragica interezza l'angoscia del distacco. La poesia dell'addio mi si rivelò in tutta la sua disperazione. Da quel momento, forse, l'elegìa della partenza mi cantò la sua prima strofa nel cuore, vidi forse in quell'ora, la prima volta giù per lo nudo facciate di tutte le caso 10 mani di tutti 1 partenti le mani aggrappate alle porte, alle finestre, alle gronde, alle cornici in rovina, alle ringhiere tenaci . Per te. : "A» evi portato sul grembo tiepido t cqjii ' i.n cesto.di fiori a solatìo * i frutti del nostro amore che, a volte, ci sembrava non fosse stato benedetto Canfora avido. Avevi premuto il seno sulla piccola bocca di Sergio, ch'ò tenuo come un ricamo; avevi nutrito le tenere carni d'Ofelia, cho pare nata in un paese del Nord, taut'è bianca e delicata! E mi lasciavi, forse per sempre ! 11 singhiozzo incontenibile pareva dovesse rompere in un fiotto di sangue. L'anima era tutta nella gola chiusa, la vita era tutta raccolta nelle pupille. Eri un brano di carne mia viva, che faceva sangue. Cosi, quando il treno si mosse, mi sentii vittima della più orribile mutilazione, quella ch'è più grave di quante la guerra ha prodotte. Fui il mutilato dell'anima cui ogni partenza strappa la benda e riscava la piaga. Per to. E quando tornai, stordito dai colpi e dalla fatica, tutta godei la gioia dell'arrivo, per me e per i fratelli resi alla madre e alla casa, al borguccio e al castello, alla villa e alla metropoli, alla ricchezza e alla povertà: godei per tutti la vita cho a noi volevano strapparo ingoduta e cantai fra le lacrimo, ebro d'aria, di sole, di spazio: Tutti i treni del mondo a sportelli spalancati.,, o 1 davanzali sanno di mammelle e le soglie di piedi nudi o 1 letti di bucatoli mio treno, che odorava di sangue e di pane scuro, si portava sui finestrini ariosi lo canzoni nostalgiche delle tradotto — le più belle della vita — scandito ..con un groppo in gola c il sorriso in bocca. Il mio davanzale, che conosco soltanto il tepore del tuo seno e trilli di rondini e brividi di stelle. Lo soglio della mia casa piccina, della mia stanzetta quieta dove m'appari le sere d'inverno all'improvviso e mi rialzi il capo dai libri e m'offri una tazza calda e mi frughi i capelli e mi scocchi un bacio e mi porgi un cuscino di vecchia pelliccia per i piedi che bau tanto freddo. E il letto, infine, il nostro letto che ci ha cullati a lungo fino all'alba, col respiro confuso e le braccia stanche: compagna della mia povertà orgogliosa, conforto e sosteguo della mia giovinezza cui nessun calice può dissetare. E le tazze ove bevo hanno un fondo che pare cicuta. Creatura, creatura mia dei vent'anni in cui nonna, mamma, amante, sorella ritrovo e me ne uazio, nel nome di Dio. AURO D'ALBA.

Persone citate: Don Chisciotte

Luoghi citati: Cottanello, Montasola