I Sahariani dei Duca

I Sahariani dei Duca I Sahariani dei Duca (Dal nostro inviato in Libia) UEDDÀN, marzo. E' giusto parlarne da questa città, di pretto carattere sahariano, parlare dei Sahariani del nuca, ti chiamano casi, non soltanto perchè Sua Altezza Reale Amedeo di Savoia-Aosta. Duca delle Puglie, è l'Ispettore dei quattro gruppi finora costituiti in Tripolitania, e due di questi prevalgono nella composizione del « raggruppamento celere montato », eh'è al suo' diretto comando, nella colonna del generale Oraziani; ma perchè essi sono veramente creazione sua, questi superbi repaiti. genialmente concepiti nella loro organizzazione, formati e allenati magistralmente, sperimentati e risultati eccellenti in ripetute asprissime prove e al rovente crogiuolo della battaglia, iirf è giusto anche parlarne di qua, perchè questa fosca' Ueddàn, che culmina con le sue mura ferrigne su un colletto diruto, tra il mareggiare delle sabbie grigie e gialle e il verdeggiare delle oasi, è la .loro conquista; cui il Duca personalmente li guidava, audacemente soli, ritmando la fucileria all'ondivago trotto del dromedario, contro le genti di Abd el-GelU Seif en-Nasser, .il feroce capo dei già invilli Aulàd Suleimàn, "e feudatario del Glofra. Amedeo di Savoia Se'questo Principe, in cui ringiovanisce il sangue, insieme fuso, delle due più nobili famiglie d'Europa, che è quanto dire del moiìdo, il sangue del Savoia e quello degli Orléans, della regalità italiana e della legittima regalità francese; se questo erede di due tradizioni più che millenarie, e che accumulano in sè, ciascuna, tanta storia e tanta gloria da riempite da sole stupendamente secoli e secoli; se questo Principe non fosse tale per l'augusta nascita, noi, chiunque l'accosti e lo pratichi, lo riconosceremmo tale, tale l'ammireremmo e gli renderemmo alto di devozione, escl-r.ivamente per sue qualità e meriti individuali, che, superando la comune senza possibilità di confronti, si manifestano con caratteri così rari e preclari che stupiscono e irresistibilmente impongono. Siamo di fronte a un uomo d'eccezione, a un uomo superiore, nel senso assoluto della parola. Qualunque cosa egli faccia o dica, reca un'impronta sua, virilmente personale, d'intuito e di cultura, di ardimento e di forza, di rigorosa disciplina e di volontà imperativa; ~e tutte cose ch'egli fa o dice, appaiono esatte nitide elette. Certo, non esiste l'uomo perfetto; e Diogene girovagherebbe ancora, con la sua lanterna. Invano; ma dì tutta la gente che io conobbi — e io sono pervenuto ornai a quell'età che i capelli s'inargentano, sulle tempia, e quando s'approssima l'ora petrarchescamente « di raccoglier le sarte »; e un po' per naturale inclinazione e un po' per necessiià, per spirito curioso e per vicende di vita e per debito di mestiere, ho fatto esperienza, in tanti diversi paesi e circostanze, di tanta diversa gente, d'ogni classe e rango sociale, d'ogni imgegno, d'ogni attività, d'ogni bontà e malizia; di tutti in cui m'imbattei nell'ahimè già lungo pellegrinare, quest'uomo, questo Principe è colui che più mi sembra accostarsi all'ideale, com'io lo vagheggio, della perfezione umana, che meglio mi sembra raffigurare, tra noi, il tipo ideale dell'Eroe. Sicché, s'io non fossi nato libero, e resti ben deliberato di morir tale, credo che non bramerei' altro padrone che lui; e s'e gli stesso anche non mostrasse visibilmente di cercare d'attorno a sè e d'apprezzare soltanto uomini, nel giudizio e nella condotta, liberi. Per tanto mi piace il mio tempo, nella mia Italia, in quanto ha restaurato in onore i valori effeUiui umani, del coraggio, della forza, della combattività, e come si può forse riassumere in una parola, del dinamismo. L'ideale perfetto nostro è ridiventalo perciò, quale ai tempi fiorenti dell'espansione ellenico-romana, quale nel Medio-Evo spirituale e cavalleresco, quale in ogni tempo che la civiltà mediterranea fu nutrita di linfe più vitali e s'aderse a maggior fulgore, è ridiventato appunto l'Eroe — intendendosi in lui la rappresentazione esemplare del più arduo e meglio equilibrato complesso di virtù morali e di qualità fisiche, insieme, il vigore del corpo, con indurata 'resistenza, e la sovranità dell'intelletto, e la generosità del sentimento, e il desiderio e HI gusto e l'ardore della gara della lotta del pericolo, e infine, dove l'occasione, la spontaneità e la fier.enza del sagriflcio. Ora, la meravigliata ammira zione che ispira a conoscerlo, appena davvicino, Amedeo di Savcda-Aos'a deriva soprattutto — s'io non m'inganno — dall'equilibrio, dall'armonizzazione che in lui trovano virtù e qualità morali e fisiche, precisamente le suaccennate, eroiche, e tutte in lui sviluppate e operanti in sommo grado. Disagi privazioni pericoli — Ma lo capisci tu questo Principe? — insiste spesso fi collega Ugo d'Andrea, ne' nostri confidenziali scambi d'impressioni: — Non ti pare che a considerarlo per ogni riguardo, e a trovarlo sempre, per ogni riguardo, di una superiorità eccezionale, si finisca per non capirlo? Disagi, privazioni, fatiche, sofferenze, pericoli, li cerca con passione, li affronta con alle- ^grezza, e li supera incomparabllmente meglio d'ogni altro. E daccapo u cerca, come fossero suo pane. Poi tu parli .di qualche cosa nella quale credi essere abbastanza competente, in cui magari ti sei specializzato, e che a lui presumeresti estranea o quasi e t'avvedi sùbito che lui è tanto più edotto, più competente di te. Lui esprlme un giudizio; e devi riconosce, re che è quanto di più preciso, di più penetrante si possa dire sul dato argo mento, sulla data persona. Resti colpito dell'estrema semplicità, della modestia del suo* portamento, de' suoi modi; e scopri che quella semplicità è squisitissima aristocrazia, e che quella modestia dà la misura dell'elevatezza del suo rango. .\on disdegna, nell'eloquio, i termini vibrati, se giovi, quelli veramente inequivocabili quelli più sonoramente militareschi, che s'ambientano all'aria aperta del campo; ma il tono del suo discorso è sempre d'una raffinata sostenutezza, che ti fa manifeste e l'innata gentilezza e la meditata cultura; e quei termini forti non l'alterano, ma lo svariano, non ne incrinano la purezza, ma ci stanno bene, a proposilo, per l'efficacia e proprio per l'inequivocabllità dell'espressione: come in Dante, che luti'altro che li sdegnasse. E poi: fa le marce, per la più gran parte, a piedi, per non fiaccare il dromedario, riserbarlo alle ore di necessità, e dare l'esempio agli ascari; se ci monta, va su in appoggio, come, su un cavallino, spntltdisrnasvmdasMulcsdddcLqctErttnmstfitcettdculdppSpbvtdlerEcmctOqcnacspcccs—tdsqpsssdptpgsAtdlepclrtfrspbdzncslttttcbstuddsmum\h su quel suo dromedario colossale, e poi salta giù senza barricarlo, che nemmanco i più provetti mcliaristl tuàreghi; cammina a piedi scalzi sulle sabbie ardenti e per ogni irta vetraio, che non ce la fa il più incallito dei Beduini; si nutre con la polenta indigena, che sa cuocersi da sè, nella sua manassa, che porla appesa alla rhakla, e che gli serve anche da catinella; rifiuta l'acqua minerale; se di acqua è penuria, lui, che per. il. bagno si butta in mare anche in pieno inverno, rinuncia a lavarsi, e non ammette di ricevere una goccia di più della razione che tocca a qualunque ascari; a turbine e a sereno, dorme sulla nuda terra, al cielo scoperto... Ma che è? Un francescano? E ha fatto un voto di penitenza? Sotto la divìsa logora e stinta, dove, al petto, la picchetta d'oro dell'Annunziata s'appunta sul distintivo chermisino del volontari di guerra e s'accompagna ai segni azurri del valore, e^the gli abbiamo veduta ricucirsi, rattopjiarsi da sè medesimo, cingerà fors'anche un cilicio, come il suo antenato crociato. Re San Luigi?,.. Intanto, come ogni altro, qua, della colonna, come del resto anche il general Graziani, anche lui. Altezza Reale, deve grattarsi i pidocchi. E ci ride. Ed è il più gaio, anzi si direbbe, salvo la riverenza, il più mattacchione di tutti; com'è il più volenteroso e il più alacre e il più giovine: fresco come un mollino di Primavera italiana.. Ed è bello, nella snellezza e nel vigore elastico dell'altissima persona, nell'imponenza della figura, nei magri e marcati lineamenti del volto, negli occhi di luminosa chiarità e così acutamente indagatori e cosi dominatori, in tutta, che lo contraddistingue? la sua fascinosa regalità, senza apparato esteriore, ma evidente e sovrana. Poi, durante le marce, sul dromedario, o a sera, presso un fuoco del bivacco, trae fuori un libro o una dispensa scolastica, e studia: studia storia, geografia, l'arabo, problemi sociali, e coloniali, legge i poeti, si prepara agli esami della Scuola di Guerra... Ma dimmi; lo capisci tu, questo Principe, che potrebbe viversene beato- in Italia, godersi la vita?... Tu, che, come Cyrano, nelle the peregrinazioni di corrispondente di guerra, rechi Omero o Vergilio, nelle tue bisacce, mi spieghi a quale eroe, certo de' più vantati, si potrebbe rassomigliarlo? Lo spieghi?... —, I combattenti del deserto Si. 71 raffronto torse è là, nell'epos. E questo Principe, più io lo considero, come il mio amico -D'Andrea, più, come lui, lo studio, più m'industrio di capirlo ; e più, ■ irresistibilmente, sono tratto all'incondizionata ammirazione. Ond'è che, a.certi momenti, diffiderei quasi del mio entusiasmo, che non ecceda, non fosse che per una mia vanità, per quella-lusinga delia vanità, anche legittima in un povero letterato com'io mi sono, di'"questa nuova dimestichezza con un'Altezza Reale. Ma poi, discorrendo con altrui, con gente che gli è tanto più prossima di me, con ufficiali a' suoi ordini da anni, che mi descrivono anche quant'eqil sia scrupoloso e rigido nel servizio.. — ma perchè non adoperare addirittura il termine militaresco, del gergo di caserma, se, accennando appunto a sè, l'ha adoperato lui stesso?., quant'egli sia pignolo; discorrendo con persone che veramente hanno dimestichezza con lui, che godono delia sua intimità; l'ammirazione, l'entusiasmo ancora crescono, per riflesso dell'ammirazione unanime, di tutti per il contagio dell'entusiasmo collet tivo, cosi spontaneo e vivo. E si ripensa che questo è bene il figlio del grande condottiero dei fanti del Carso, del Comandante dell'invitta Terza Armata, e il figlio di Elena di Francia. Creati da lui, dal Duca delle Puglie, t reparti sahariani si presentano come degna espressione del suo spirito militare e della sua perizia di comando, e costituiscono oggi l'oggetto delle sue più assidue cure e della sua instancabile sorveglianza. Mollo semplice la formazione organica, cui accennerò appresso. Si tratta in sostanza di truppe indigene, reclutate in genere fra le tribù del sitd tripolltano, preferibilmente fra le tribù nomadi, del deserto, tra quelle magari che furono più tenacemente, o sono tuttavia, ribelli; armate di fucile, e montate su dromedari. Non — a parte la differenza dell'animale, ver cui anche, perciò, non s'adeguerebbe la parola — .non cavalleria, nel senso che a questa, essenzialmente, il cavallo è, arma: qua l'animale, come del resto non s'adatterebbe guari altrimenti, è soprattutto, se non esclusivamente, mezzo di trasporto del fuciliere. Fanteria montata, dunque: tanto più rapida e con tanta maggior latitudine di movimento di quella che marcia a piedi; ma che appieda, dì regola, per combattere. Il gruppo sahariano, organicamente, si compone di quattro plotoni, di cui tre montati su dromedari comuni uno, più celere, montato su mehara — dromedari da corsa — ; di una sezione di mitragliatrici, camellata; e di una sezione d'artiglieria legg-era, ugualmente camellata. Il Sahariano — e gli ufficiali parimenti degli uomini di truppa — porta tutto con sè,. ciò che gli occorre a vivere, spostandosi nel deserto, e a combattere: omnia mea mecum porto, davvero : arme, naturalmente, e munizionamento, e riserve di viveri e d'acqua, magari per un paio di settimane, e qualche oggetto \hi più indispensabile uso — tutto sul proprio dromedario —: il fucile, dun que, e le cartucce; poi, di viveri, un sacchetto di farina, qualche pugno di datteri secchi, un bottiglino d'olio, una scatola di conserva di pomidoro, sale, il felfel — ossia il pepe rosso —, e il cidi — ossia il tè —; poi, l'acqua, nella ghirba — che, come ognun sa, è l'otre di pelle caprina. Il baracano si ripiega sulla rhakla — il sellino targhi del mehara —, o sulla auia — il basto comune del comune dromedario —,- u bornùs si appende alla paletta posteriore della rhakla, cui si appende pure la manassa, che il gamellino buono a tutti gli usi, ma particolarmente a cucinarvi il bazin — ossia la polenta di grano, con condimento d'olio, salsa di pomodoro, e di felfel —, o a friggervi le ftire — che son sorta di fettucce di pasta, all'olio, simili a quelle che a Roma chiamano i « cenci », e in Toscana, mi pare, i « flocchi ». E questo è il principale nutrimento del nomade del deserto, quindi dei Sahariani; in sieme con la burgutta — ch'i pasta non lievitata, che si distende attorno a una pietra tonda, preventivamente arroven tata al fuoco, e poi si cuoce sulle braci. La pasta indi sì mangia, intingen¬ dola nella solita salsa d'olio, pomodoro e felfel, tanto felfel da restare a bocca aperta, con le fauci in fiamma; ma ìa»| pietra si butta via, o la si conserva per la prossima volta. Per bibita, il tè, con dentro le noccioline americane, le cacaùie, secondo l'uso indigeno: il cidi con le cacaùie. Gli ufficiali portano ancora, orrotolato dietro la paletta della rhakla, sulla gobba del dromedario, il sacco di pelo, che sostituisce insieme la tenda e il letto e le coperte. Poi, molta allegria — ma questa non pesa, sul dromedario —, molto fegato,, molto spirito d'adattamento, buona volontà, gusto d'avventura ; e via ! Giornale e giornale di marcia, per dune e per petraie, per gli sconfinati silenzi del deserto, nell'abbacinante ardore solare o nel turbine degli uragani di vento, verso le oasi lontane, dai favoleggiati nomi. A sera, dopo il pasto, fantasia, ossia festa da ballo: c'è sempre un ascari che, dalle sue bisacce, cava fuori la magruna, questa sorta di piffero indìgeno, dallo strano suono nasale e lamentoso; e la manassa può anche servire da tamburello. Il tenente-colonnello Giovan Battista Volpini, che già comandava lo squadrone dei meharisti della Tripolitania, che possono considerarsi come i precur sori e il nucleo originario del gruppi sahariani, è stato il primo comandante del primo gruppo, contraddistinto nei ricami del bornùs e nella fascia, dal color rosso, e che allora si chiamava « gruppo sahariano dell'Occidente ». Ora, questo primo gruppo t comandato dal capitano Giuseppe Buselli; mentre il colonnello Volpini comanda il primo il secondo gruppo, insieme riuniti nella zona sud-occidentale della Tripolitania, tra Nalùt e Ghadames. Il secondo Sgruppo, contraddistìnto dal color verde della fascia, e che si chiamò già « gruppo sahariano centrale ». è comandato dal capitano Guido Piatti del Pozzo; il terzo gruppo, di nuova formazione — fascia nera — è comandato dal capuano Otto Campini; il quarto gruppo — bornùs e fascia azzurri — si chiamò già « sahariano dell'Oriente », e fu comandato, appena costituito, dall'alloro maggiore Luigi Amato, ora tenente-colonnello, comandante del VI battaglione Libico; ed k comandato ora dal maggiore Salvo Salvoni. Il Duca, come ho già detto, oltreché il creatore del gruppi, sia come ordinamento organico, sia per lo spirito che ha ad essi infuso, particolarissimo, è l'Ispettore dei gruppi stessi, coadiuvato nell'esercizio del suo alto comando dal suo aiutante di campo, il capuano Jack Bosio, e da un ufficiale addetto, il tenente Luigi Fabbri. Per ciò che riguarda lo spirilo infuso dal Duca ne' suoi Sahariani, è prò va quanto essi -hanno compiuto neUa zona tripolUana sud-occidentale, e quanto essi compiono oggi, in coopcrazione con gli altri reparti degli Eritrei e dei Libici, in mirabile gara con essi, di ardimento e di resistenza, nelle marce e nelle azioni di guerra delia colonna Graziani, in tutta questa lunghissima e formidabile serie di operaioni militari attraverso la terribilità misteriosa del Deserto Sinico, del Deserto della Sete, da Bueràt el-Usun, da Tsemèd-Hassàn, da Sirte, a Bir elGràin, a Nofilìa, a Merduma, giù fino quasi a Gife; e poi, di nuovo verso Sirte, e per Gasr bu-Hadi, a Bu-Ngem; e quaggiù nel riconquistato Giofra, a Socna, a Hon, a Ueddàn... I fuochi dell'accampamento Ora, tramontato il giorno, tutti i tuo chi 'del nostro sterminato accampamento, della colonna Graziani, iUuminano fantasticamente la conca di Ueddàn, intorno al paese, che s'erge più fosco neUa notte, sul moniruccolo di bruna roccia, che gli è di base, e che lo fa simile a un fortilizio. E' l'ora che ci si raduna a cianciare e a scherzare piacevolmente intorno al fuoco, chi sorbendo il tè, chi cioncando dal fiasco del vino. E uno canterella una canzoncina, in gran voga tra i Sahariani, messa fuori di recente da un poeta [estemporaneo, che il tenente Fabbri, l'aiutante del Duca, chissà perchè, non vuole a nessun conto si dica chi sia Ecco — sull'aria che volete voi, poiché anche qua la cambiano di volta in volta: « Un giorno venne il Principe, vide la nostra mensa, ci disse: — E' troppo lusso! Bisogna farne senza. « Niente più risottint, niente più pasta asciutta: pei meharisti bastano bazìn, /tire e burgutta. « No, no, niente più vino, ch'è bevanda da re: avete a piacimento acqua di ghirba e tè. « Per chi cavalca sempre con rhakle e con aule s'addice ottimamente il'd'ài con cacaùie. « No, no, niente più tenda: vi rammolisce il letto: il ciel sereno e limpido sia sempre il vostro tetto. « Così, mentre sognate lontane donne belle, v'occhieggiano dall'alto miriadi di stelle ; « e al suono lento e flebile dell'araba magruna s'unisce malinconico il raggio della Luna... ». Il Principe, seduto nel cerchio intorno al fuoco, alla maniera indigena per terra, sulle gambe incrociate, avvolto nel suo bornùs candido, ride allegramente, godendo più d'ogni altro lo scherzo. Egli non beve che tè; ma indulge, per una volta tanto, a noialtri, che non sappiamo rinunziare a questi fiaschi di vino — « ch'è bevanda da re ». FiguriamocU Domattina, all'alba, si deve riprendere la marcia per il Deserto della Sete: chi non ne vorrebbe ancora un gotto, in previsione?. Dai pozzi giunge il vociare dei cammellieri, che rinnovano, per i prossi mi giorni, l'acqua nelle ghirbe, l'acqua che puzzerà poi, si, acutamente di becco; ma che ci diverrà cosi prezio sa, da badare, nel riversarla, a non perderne nemmeno le gocce. Un'argen tea falce di Luna ascende nel sommo cielo, tra l'innumere occhieggiare delle stelle. Dov'è quell'ascari che sa suonare cosi bene la magruna?... Venga, ad allietare il bivacco — in questa vigUia di muovere, ancora una volta, nell'ignoto... mario bassi. {