L'arte dei Fratellini

L'arte dei Fratellini TEATRI L'arte dei Fratellini a o o l o l Rispettabile pubblico, i Fratellini, nati all'estero da famiglia fiorentina, hanno l'onore di presentarvi i loro giuochi. Con quesiti, essi hanno fatlo ridere il mondo, e sperano di divertirò stasera anche voi. In caso che non si merit-as-scro tanta fontina., si raccomandano alla vostra Indulgenza. — Questo atl'iiicirca fi il dtscorsetto col quale i Fratellini fanno annunciare il loro «numero» al pubblico; e non intosi mai imbonimento più garbato e più prudente, di manierosa accortezza, e, insieme di candido orgoglio di artisti girovaghi. Non con altro tono si volgeva nelle suppliche, a Ro Luigi lo O' Scaramuccia, il comico napoletano Tiberio FioriUi. Io non le l'io mai lette e. non so neppur se esistano, ma sono sicuro, come è ceno che, se anche Tiberio non insegnò l'arte scenica a Molière colla frusta alla mano, come dicevano i libelli che amareggiarono la. vita dei gran francese, pure Molière ha Imparato dagli italiani molti clementi dell'arte. Singolarmente l'eleganza, la grazia, la fantasia sorprendente, il giuoco leggiero, e il carattere n il parlare alla libera, gaio e licenzioso, non tetro e osceno. Di Tiberio si raccontava che sapesse tener desta l'ilarità per un intiero quarto d'ora, — quasi metà della durala d'un atto di odierno dramma filosofico, — coi gesti e coi visi che faceva senza parlare, all'accorgersi colla coda dell'occhio che qualcuno dietro le spalle gli levava sul capo un bastone. Ecco una prodezza che solo Armando Falconi o Petrolini o i Fratellini oggi saprebbero fare. S'intenda che la durata può esser stata esagerata dagli ammiratori di O' Scaramuccia, e non importano poi i minuti contati. Qui sento qualcuno, o forse molti e moltissimi, dire: Belle stupldagginil — ovvero più gentilmente e dottamen te : « Dans ce sac ridicale où Scapili envetoppe, le ne reconnais plus Vau teur du Misanthrope ». E' bene intendersi. Nel teatro tutto può stare e tutto serve, e sarebbe ugual barbarie e pedanteria escluderne la poesia e il pensiero quanto il colore e il capriccio. (Ho paura che Max Reinhart abbia escogitata la sua teoria del teatro teatrale puro e del « regissore » onnipotente come una molto opportuna giustificazione dei suoi gusti ingombranti e insaziabili di inscenatore prepotente e macchinoso). E, per stare a Molière, perchè condannare 0 il Misantropo o le Birbanterie di Scappino, a meno che non si voglia diro cho Boileau era un capo partito e che i partiti sono tirannici per natura? Sul teatro c'è posto per ogni cosa, ma può darsi che uno non apprezzi la filosofia o anche la poesia lirica sul palcoscenico, perchè gli piaecion troppo nei libri: ma a chi non piacciono sulla scena capricci e colore e anche lazzi, non gli piace il teatro. Credo che questa sia la formola più esatta. h u , . a o Quelli al quali piace il teatro, il teatro leggiero, quello fatto di nulla, quello volgare, ma si ! — quelli apprezzano 1 Fratellini, e trovano nei loro giuochi una amenità, un'eleganza, uno stile, di cui vanno pazzi. Sicuro; non si può amar freddamente il teatro, e oggi men die mai, perchè il teatro leggiero fatto di nulla è diventato raro, presso che sparito, si fa amare come una cosa quasi sopravvissuta e che i suol capolavori li ha avuti in im tempo che fu, Tutte qualità che acuiscono l'affetto < il gusto. Ma, per intenderci, teatro fat to di nulla non è teatro di nullità c che non dice nulla. Capolavoro di un teatro fatto di nulla è il Barbiere di Beaumarchais colla musica di Rossini, per intenderci definitivamente. E' noto che a Parigi i Fratellini hanno grande incontro col pubblico d'ogni genere, e che i letterati ci si godono. E' tradizione francese questa, e 1*« illustre Debureau », il più grande dei Pierrots, fu scoperto sul teatrini popolari da Nodier, da Gau#er e dalla Sand, che lo proclamarono primo comico dell'epoca. Non so se saranno stati esatti: certo non gli devono aver reso il miglior servizio fra i comici dell'epoca! In Italia non mi è parso che al Fratellini abbia arriso fra gli intellettuali ugual successo. E se fosse una buona cosa? E' una questione che non mi arrogo di decidere. Ma due riflessioni ho fatte da tempo, come frequentatore di teatri, nell'atrio e sull'uscita, e voglio dirle, cosi in generale. La prima è che il pubblico di un Paese giovane, ardito e immaturo, beato chi può esserlo! com'è l'Italia odierna, ha imparato troppo a ripetere le parole Rluff, gonfiatura, montatura. A mono che una eccessiva paura di parer ingenui non sia la prima ingenuità della giovinezza: nel qual caso sarebbe meglio procurar d'invecchiare un tantino. La seconda è che non sapersi più divertire è una grandissima insulsaggine e tristezza; direi, una grossa disgrazia. Il Ranieri ha lasciato memoria del gran divertimento di Leopardi, quando al teatro del Fondo, facendosi solecchio perchè I lumi non gli ferissero la vista delicata, si deliziava a sentir cantine da Lablache la musica di Paisiello per il Socrate Immaginario del mirabile .Abate Galdani. Una farsa, ma che gran farse! (E sia ascritto sempre fra i meriti del fosforescente Brucagli a quel d'averla data nel suo cantinone estetico di via Avignonesi). Ma Leo pardi non solo il greco sapeva : si sa peva anche divertire. Io Leopardi non sono, e il poco gre co, ahimè, l'ho dimenticato, ma ai Fra tellini, che non possono avere in repertorio capolavori della forza del Socrate, modestamente son tornato più volte e sempre, più mi son divertito. . C'è noi tre fratelli un'ano sicura, di quelle che si ereditano e che hanno un modo infallibile di non pesare: non conoscono troppo se stesse. Quella specie di triangolo su cui impegnano il loro giuoco, è cosa indovinatissima e piena di significato. Solo figli d'arte c lunga esperienza potevan trovarlo. 11 primo discendo da Mezzanino, la macellerà elegante degli « italiani » a Parigi, e sue sono le parti di grazia e di dimostratore. E' quello che agisce meno e che parla di più, ma è il pernio dei tre. La sua faccia infarinatissima ci altera sol. di stupori brevi e di ciglia til'sodglamUntrcsstorasoogdcdsfcbimM■rtuglddttciincrespai*, o per certi rapidi sorrisi senza gaiezza, a tic nervoso. Egli- si muove con un passo leggiero e fittizio, c gli piace di farsi illuminare sapientemente in scene allo scuro. Allora sembra una figura di fiaba, specialmente quajido appare col violino: una cosa che avrebbe incantato E. Th. A. Hoffmaun ; oppure quando va mostrali do in giro uno strumentino di sua in- i volizione e sorrìde, spianando le ru-j ghc, ai bambini delle prime file. 11 secondo è uria delicata figura di vecchio bellimbusto, è l'ultimo fedele dolilo, tuba e delle, falde, n i suoi passetti sono concepibili solo in uno che non abbiti mai portato altro che scarpini lucidi cól flocco, discreto ricordo della fibbia dei galanti abati'. Egli si ricorda del passaggio ou Panorama a d'essere stato ai balli un poco misti della troppo brillante Corte del Secondo Impero, e si è rovinato per Nana, cortigiana proletaria, vendicatrice di classe sociale. Il suo sorriso 'amichevole è gaio e svanito, nome un vino tropi h> vecchio o i lumi di una festa finita. Il terzo è moderno, cioè non ha ancora nè tempo nè misura, è grottesco, sconcertante, brutale. Ia sua esuberanza gagliarda è fatta per guastar le uova e sfondare ambe il paniere, direbbe Bruno Rarllli, n per mandare all'aria, tutti i castelli di carte e le ragnatele iemali su cui disegnano i loro sobri i balletti e le loro facezie vaganti i duo delicati epigoni! del teatro di maschere e della commedia di società, decaduti, ma con cho sussiego: sul tappeto da circo. Sorrisi non può averne, perchè ò un mascherone rosso e nero, belluino addirittura. L'unica sua manifestazione umana sarebbe la voce, ma anche quo- sta è cosa stravagante e disumana. La mette fuori di rado, ma allora non la smette più, e suona con una strana e *£?S£2t ma rlrsS di gola a scoccare contro le file più lontane, sotto le volte del loggione, doso nessun suono era mai entrato a destar gii echi più pigri e più impen sati. Questi ha il compito dell'invero simile. E' c la morne caricature ». Con questi tre caratteri ben fermi e mai uguali, i Fratellini posson fare quello che vogliono, e bisogna vederli nel capolavoro, cioè nella Corrida dei tori. Che cosa han saputo fare, per esempio, di quella enigmatica figura dei Presidente della corrida, destinandolo a prendere una svariatissinia e imperturbabile serie di cornate, ò unospasso esilarante in sommo grado. L'erte loro di annodare e snodar la pantomima è un vero diletto. E nei dialoghi, quell'accento toscano e fio rontiino autentico, che nella loro grammatica alquanto Infrancesila resiste con becera purità, aggiunge sapore al le rappresentazioni dei tre pagliacci italiani Tanto Italiani, che mi fanno concludere con una sottigliezza. La voce del sangue in arte si vede tante volte noniaver fortuna. Senza pensare a Orazio, al quale non piacevan quei vecchi poeti e comici che, se men squisiti, eran però più latini di lui, solo gli italiani han saputo fare la commedia a ti-accio, e con essa hanno Incantato l'Europa; e solo italiani si può dire. sono sitati gli avversari della cornine- dia dell'arte. Fatto che non è senza giustificazioni, so è vero che essa è sta- la una delle più potenti ragioni della mancata nascita d'un teatro regolare Un Italia. E poi, 7icmo propheta ni Pa- tria anche in questo. ... „„ ., ., , . Ma questi commedianti di fantasia ce lo riportano dall'estero oggi quello spirito dei capriccio e dell'allegria co- si nostrano; lo riportano vivo e intat- to. Guardiamoci attorno: non c'è pe- ■„ „ „„„ racolo cho esoo possa riuscire respon- sabile di nessuna nascita mancata, più o meno rcolare ocicriorno E oer air- o meno ie0oiare, og0.ifaioiroj. r,, per ag giungere anche questa, 1 arte e il paese delle nascite illegittime, come insegna col suo esempio Figaro. RICCARDO BACCHELLI.

Luoghi citati: Europa, Italia, Mezzanino, Parigi