Salvato dal suo violoncello

Salvato dal suo violoncello Salvato dal suo violoncello L'odissea di un giovane artista attraverso l'Europa a ferro e fuoco: da Pietrogrado bolscevica ad un ospitale villaggio esquimese. So al violoncellista Camillo De Mieetìs prendesse un giorno vaghezza di scriverò lo avventure occorsegli nella sua vita d'artista, o specialmente «ueile vissute negli anni di. guerra. Vie verrebbe fuori un libro di grande interesse. Ma il De Angelis non pensa, armeno per ora, a queste cose, innamorato com'è della sua arte, e tutto dedito.alle interpretazioni dei classici. Egli che — come lo giudicarono moli, critici — e un virtuoso del violoncello, daUa « cavata » morbida e suadente, non ignavo di alcun segreto che: sappia suscitare dar armoni-oso isuumen to lo innumerevoli varietà delle voci con purezza di stile e di interpretazione, riserbi! per gli amici. il racconto degli strani avventurosi episodi vissuti. Egli lasciò Asti, sua città natale, attiro aveva appreso dal prof. Lodovico Neri i primi elementi della musica, per fuggire a Parigi, ove per vivere e tetudiare si mise a suonare in uno qei tan iti cabarets di Montmartre. Le veglie duravano finche le stelle impallidivano in cielo; e quando ne usciva stanco, doveva traversar mezza Parigi por tornare nella sua povera cameretta. Una volta neppure vi arrivò. Alcuni apaches, vedendolo col suo strumento, lo obbligarono a suonare per loro, sul deserto bastione. Lo ore del sonno gli erano contate, poiché non voleva mancare felle lezioni del Conservatorio. jj Una fuga e un incendio Conseguito il diploma del Conservatorio, e ormai sicuro di se, egli si uni iad una tournee di artisti che negli an ni 1912-13 percorsero la Russia ed i Balcani. A Bucarest era aperto un concorso per insegnante di violoncello lai Conservatorio ed egli si cimentò e riusci primo, credeva ormai di essere ia posto. In breve fu apprezzato e conosciuto nella capitale romena, tanto che a parecchie riprese diede concerti anche a Corte ed ebbe modo di avvicinare la defunta regina Elisabetta (Carmen Sylva), la rcgiiia Maria ed il Principe Carol, che si mostravano lutti entusiasti della musica italiana Ma non era che una sosta. Quando la Romania entrò in guerra fu comunicato ai suddlni stranieri domiciliati ned territorio l'ordine o di incorporarsi nelle truppe romene o di rimpatriare. Il De Angelis non ebbe un attimo di esitazione; egli voleva sì fare li sol-dato, ma nelle file dei suoi conna zionali per combatterò solamente per la sua Patria: l'Italia. 11 difficile era rimpatriare. Le vie di comunicazione internazionali erano sbarrate dagli esercità. I primi fuggiaschi erano riusciti a raggiungere Salonicco, ma dopo che la Bulgaria minacciava la Romania, anche quella strada fu chiusa. Rimaneva solamente la via della Russia. Una volta ad Arcangelo egli avrebbe trovato modo di imbarcarsi per raggiungere l'Italia, FU questo il programma che si tracciò il De Angelis, quando una sera fuggi da Bucarest, proprio mentre le truppa tedesche invadevano il territorio. Egli aveva la abbandonata la sua casa, il suo pianoforte, tutto, fuorché il suo violoncèllo. Col violoncello, in quei tragico ' iirambusto, egli si avviò verso la Russia credendo di mettersi sulla strada buona per il rimpatrio. -, A Retrogrado U De Angelis giunse febbricitante, in cosi misere coiKlizio ni di salute che dovette essere rioove rato all'ospedale Nicolajew dove lamase degente tre mesi. Quando no usci, si-trovava senza mezzi per proseguire il viaggio, intanto la Russia si avviava a sua insaputa allo sfacelo. Nelle strade si accendevano le prime sommosse, che egli giudicava episodi sporadici che sarebbero stati facilmente domati. Trovò un posto da suonatore in un teatro d'operetta, ma una notte il furore popolare appiccò il fuoco a quello stabile, e nell'incendio andò distrutto anche il violoncello, che il De Angelis s'era portato da Bucarest Disperato, il disgraziato violoncellista ricorse al Marchese Della Torretta, allora nostro ambasciatore a Pietrogrado, e l'ambasciatore l'accolse come impiegato al Consolato. 11 dono prezioso e le noci 'Al Consolato egli conobbe Virginio Gayda (allora inviato deUa Starava nella capitale russa;; e il Gayda, per procurargli un nuovo strumento, gli organizzò un concerto, che riuscì tanto bene da fruttare al De Angelis un magnifico « Ruggei'i », del costo di 25 000 lire. Ora il concertista non rimpiangeva piti il primo violoncello, che le fiamme gli avevano distrutto. Ma egli non supera, in quei giorni, che ben altro incendio stava per distruggere un grande impero. L effimera repubblica di Kerenski precipitò nel caos bolscevico, e. in quel caos -il disgraziato violoncellista si trovò ancora una volta 60lo, abbandonato. -Quelli del Consolato si erano allontanati in automobile, per ignota destinazione. Egli rimase qualche tempo rintanato, non osando avventurarsi por le strade invase dalle truppe ubbriache che, non più trattenute da alcuua disciplina, si abbandonavano ad ogni turpitudine. Poi la fame lo spinse fuori Mangiare era un arduo problema; non c'era più nulla a Pietrogrado. 11 De Angelis riusci a procurarsi un mezzo sacco di noci e. per due settimane non visse che di quelle. Poi, per vivere, dovette acconciarsi a suonare nelle feste, bolsceviche. Quegli uomini, trascinati ad ogni eccesso dalla rivoluzione, avevano un pazzo desiderio di divertirsi. Nelle piazze, nelle caserme, negli edifici pubblici bl suonala e si ballava sempre- Il violoncellista, dopo un ben magro pasto, cercava invano una notte di prender sonno, in uno stambugio dov'era riuscito a ficcarsi, quando vide presentarsi due guardie, rosse che gli intimarono ili seguirli. Si credette alla sua ultima ora. Prese il suo fedele compagno, il violoncello, e si avviò con quei due armigeri... 1 quali lo condussero non ìi morire, bensì in una Caterina perche deliziasse i soldati col suono del siw strumento. Qui il De Augelli «-onobbo un pianiBtra ceco-blovaixo, giù prigioniero di gterra, il quale, per godere maggior .libertà e tentare di attuare un suo piu'no di fuga, aveva Unto di abbracbiare lo trionfanti idee bolsceviche si era arruolato nell'annata rossa. I due s'intesero subito e di comune ac cordo concretarono la fuga. L'autorità della guardia rossa, in quel disordine caotico, fu la loro salvaguardia. Con un fucile in spalla — pagato un bicchiere di wodka ad un soldato ubbriaco — e il violoncello éull'altra, 11 De Angelis sali su di un treno mercInsieme al suo compagno. A Petroslavolf i due si divisero, che il pianista non desiderava di avventurarsi verso il mare, mentre il violoncellista, a piedi, tappa a tappa, temendo sempre, da un- momento all'altro di essere arrestato, in due mesi di marcia giunse a MÙrmau, dove vive una piccola colonia di esquimesi. 0 mare gelato e 0 villaggio trogloditico ' Durante la interminabile strada, egl"si era procacciato fi pane suonando nei paesi; un tozzo di pane nero, e quando andava bene, qualche commestibile di qualità nutriente scadentistipaa. La miseria lo perseguitava »•ugedoinunAdtropevatosomtrfachmslfusivacivptidQsegsosentemlaupnmbvqfcmcEdmfidbpgnmlammc1qn1vfnaVngqc , a o a e , e e e e e a ò l , e o a r li nn di me i, ieiel si olepo or aua ni oa; 11 zne si eso zo e, bl oo, er unia e ò naol idi or uc I ac tà ne on icub 11 rci lasta rso ieda rense cogli do e meis »• unque; eppure l'idea di poler g.ungere al mare gli dava animo. Quando arrivò a Muratami, il mare c'era, ina gelato, non più navigabile. Nò era una città quella, e nemmeno un paese. Ad eccezione di alcune costruzioni in tronchi d'albero, non v'erano che lane per abitazioni. Al suo arrivo, aveva veduto delle ombre rintanarsi, tanto che egli non riusci a comprendere so si trattasse di uomini o di ani mali. Quando percorse quei sentieri li trovò deserti. 11 violoncellista aveva fame c il freddo lo intirizziva, ben che fosse avvolto in diverse pelli di montone che aveva portato da Petro slavofi, insieme al violoncello ed al fucile. E il fucile gli era ih più occasioni servito per difendersi dai lupi. Egli rimase qualche tempo fermo davanti a quelle tane e si sarebbe deciso a penetrarne il mistero, quando vide affacciarsi timidamente alcuni piccoli individui completamente coperti di pelli. Fra gli esquimesi e il viandante si iniziò un discorso a segni. Quelli del violoncellista dovettero essere talmente espressivi, che uno de gli uomini lo invitò ad entrare nella sotterranea capanna e senz'altro gli servi carne di foca affumicata. Un manicaretto per uno stomaco che da mol te ore non aveva toccato cibo. Matrimonio... sfumato A Muratati il De Angelis rimase ire mesi, lino al marzo del 1918. Imparò la lingua del paese. Egli aveva ormai una grande facilità nell'apprendere :' più estranei idiomi. Nelle sue peregri nazioni aveva Imparato il russo, il ru meno, il ceco-slovacco, il tedesco e il bulgaro, e trovò che quest'ultimo ave va qualche affinità con la lingua di quella colonia di esquimesi. Tagliati fuori dal mondo, di fronte a quel mare che per tanti mesi gelava, il loro com mercio ridotto a zero per la guerra che essi sapevano essersi scatenata in Europa, senza però potersene fare un'idea precisa, essi vivevano in grande miseria. Il loro suolo non dava che fieno per le renne durante i brevi mesi d'estate, ina non grano ; e poiché battelli finlandesi o norvegesi non portavano più farine, essi non man giavano più nè pane nè patate, ed era no ridotti a vivere di sola foca. L'artista si adattò a quell'unico alimento e per scaldarsi imparò a bere l'olio di merluzzo, che da bimbo non aveva mai potuto tollerare. Gli esqui mesi gli furono larghi di ospitalità misero tutto a sua disposizione, e poi che nella colonia vigeva la poligamia 10 invitarono gentilmente a scegliersi qualche ragazza del paese per ingannare il tempo durante le interminabi 11 notti polari. Ma al giovane, che ave va conosciute le bellezze italiane francesi, russe e balcaniche, quei minuscoli e poveri esseri non destarono alcun interesse. Egli pensava che la Venere di Milo, o quella del Tiziano^ non avrebbero mai veduta la luce se gli artisti avessero avuto per modelle quelle mal combinate creature. Rifluì con bel garbo, ma recisamente, l'offerta... matrimoniale. IgcslggidmMusica primitiva L'artista non si disinteressava per alla vita di quella povera gente ospi tale. Invitato poco dopo il suo giungere a prendere alloggio nella casa di un benestante del paese, assisteva tutte le loro riunioni. Gente sempl cissima elio non parlava che della caccia alle foche o agli orsi. Alle voi te pregavano in coro perchè finisse la guerra ed essi potessero riprendere i loro commerci di pelli. A lui domandavano notizie di questa guerra misteriosa, e si interessavano in special modo dell'Italia, che l'ospite diceva ■loro essere un paese pieno di sole con paesaggi meravigliosi ed un terreno fertilissimo. « Sarebbe bello vivere in Italia • mormorava qualcuna delle, donzelle da marito, sentendo magnili care il bel Paese lontano. Ma quelle frasi pieno di desiderio non trovavano eco nel cuore dell'artista. In tali riunioni si faceva pure della musica. Con primitivi strumenti specie di mandole veneziane sulle quali invece del copercliio era tesa una pelle di renna, muniti di corde fatte con budella di pecora c di renne — essi compongono delle orchestre. Dqueste mandole ve ne sono di tutte le dimensioni, con tonalità dal soprano al basso profondo, ed hanno un suo 110 dolce, velato. Unico strumento fiato è una sorta di zufolo o clarino senza chiavi, coi soli buchi. E tuttcantano con voci un po' rauche ina intonate. Le voci dominanti sono bassi; ed anche le donne non possiedono voce di soprano ma solamente di contrailo. Le canzoni sono arie ipo polari molto melodiche, nostalgiche. L'artista fu subito preso dal fascino di quelle canzoni, e quando per la prima volta eseguì sul suo preeioso vio loncello quelle semplici melodie, gl astanti ne furono rapiti. Non sapeva no rendersi ragione dell'armoniosità e potenza di quel'isu-umento. Ma ben più si stupirono quando il giovansuonò loro musica italiana, tedesca o russa. Kssi non avrebbero voluto chegli li abbandonasse più; ma tale non era certo l'intenzione dell'artista iquale, pur essendo loro riconoscentdell'ospitalità, approfittò del primbattello finlandese approdato dopo disgelo per imbarcarsi alla volta dellNorvegia. L'ultima tappa La sua odissea volgeva al termineA piedi, raggiunse a Bergen la primferrovia, poi si imbarcò di nuovo sdi un vapore mercantile norvegeseche solcava il mare del Nord sfidandi sottomarini tedeschi che vi pullulavano. La tassa d'imbarco e di vittegli sempre la pagava suonando il przioso strumento. Sbarcato a Neweastlle autorità inglesi'lo inviarono a Londra, dove il Consolato italiano provvdo a fornirgli abiti c denaro. Parti sbito: attraversò la Manica, giunse Parigi quando il super-cannone tedsco « Berta » la bombardava da 12chilometri di distanza, e finalmenarrivò a Torino, sempre in compagnidel suo fedele istrumento. Qui fu subito arruolato nel 50.o" fanteria ed inviato al Ministero della Guerra cominterprete, data la sua conoscenza dvarie lingue. Congedato, il De Angelis tornò iRomaniaj ma il suo posto al Conservatorio era stalo occupato nel frattempo da un romeno. Dei suoi mobiabbandonali nella casa alla sua fugda Bucarest l'artista non trovò pitraccia. Il pianoforte era finito in uncascina, sfascilo, dopo di aver servto a deliziare k orgie de: soldati invasori. Nel 1925 il violoncellista tornò in Italia e si mise a dare concerti. A Trino egli ne diede due lo ecorso ano, alla Società Promotrice di BellArti al Valentino, e vi fu molto applaudito. Fece pure una tournée iAmerica e suonò fra l'altro, acclamtissimo, al « Club Piemontese » di NeYork. Ora il De Angelis sta organizando al nostro Liceo Musicale un cocerto di sonate, e fra l'altro eseguianche musiche romene. E perchè nole canzoni degli ospitali esquimesi?UGO PAVIA