Cavalcate guerresche nel deserto

Cavalcate guerresche nel deserto Con le truppe di Libia Cavalcate guerresche nel deserto (Dal nostro inviato) SIRTE, Marzo. Dal balcone e dalle finestre del mio stanzone, nel castello di Sirte — dove, per la particolare benevolenza del governatore De Bono e per la cortesia del generale Cicconelll, sono ospite oggi, presso il Quartiere Generale delle truppe operanti, — contemplo il mare, che spumeggia, frangendo fragorosamente sulla duplice o triplice linea delle invisibili insidiose scogliere subacquee, e che spazia sterminato, verdazzurro, con zone di chiarità e altre di cupezza, fino al semicircolare orizzonte, nella serena mattina, tutto luminoso di Sole. Tra il neutro giallore delle sabbie, che la circondano con l'immoto ondeggiamento delle dune costiere, qua e là avaramente chiazzate di cespuglioso verde, e con qualche palmizio che svetta al vento. Sirte biancheggia nel Sole, al imite delle dune incommensurabili immensità, del mare, dall'una banda, e del deserto, dall'altra: adunazlone linda e regolare di casette basse, coperte di terrazze; la moschea, col tozzo e goffo minareto, cuspidato di lucida lamiera dorata, che sembra carta da cioccoatini; la gran mole quadrata, che da un poggetto, verso il mare, sovrasta, di questa casermone, pomposamente chtdmato il Castello. Biancore di calce, crudo, abbagliante; cui s'intonano i riflessi argentei dei vasti tetti di lamiera ondulata, che coprono i capannoni del campo d'aviazione e le baracche dei magazzeni militari. E silenzio. Silenziose le vie e gli spiazzi senz'ombra, ove sfila a s'attarda qualche figura di ndigeno, dei due sessi, nei drappeggiamenti del baracano a con gli svolazi della futa, qualche nostro cacciatore d'Affrica, qualche Eritreo, dalla svelta magrisslma persona, o qualche spahls, solennemente ammantato nel lungo colorato bornùs, dal cappuccio adorno di ricami e frange e fiocchi. Un bambinello, non più alto,, proprio, del classico soldo di cacio, e sudlcetlo la sua parte e mocciosctto, tende la manuzza color di terra, tacitamente, a chiedere l'elemosina. Tacitamente, un beduino seminudo e cencioso, dal volto angoloso e le membra nodose, che paion scolpiti in vecchio legno, si caccia innanzi il lento dromedario da carico, ingigantito, sulla gobba e ai fianchi, dalla doppia soma delle corbe rigonfie. Che altro?... Nel silenzio di Sirte, la Bianca, cantano il venta e il mare, interminabilmente, la canzone dell'infinito. La gravità della rotta nemica Da En-Nofilìa, ierValtro, stralciavo da' miei diari e vi trasmettevo, in precedenza su tutta l'altra materia, le note attraverso a cui si ricostruiva la giornata saglientc della quarta ultima fase delle operazioni militari nella Sìrtlca da parte della Tripolitania: la combattuta vittoriosa giornata di Bir Tagrift, del venticinque di ' Febbraio. Per informazioni ora raccolte, mentre si conferma l'eccezionale gravità delle, perdite subite dagli Vlàd Suleiman e dai loro alleati — circa 500 tra morti e feriti, cioè poco meno del cinquanta per cento deliamente di essi impegnata; — potremmo ritenere per certo che anche uno dei Seif en-Nasser, non sappiamo però quale, sarebbe ca dulo sul campo,- e similmente sarebbe morto 7,aid Kalifa, l'inviato iella Senusia, dalla Cirenaica, come proprio rappresentante ufficiale, e in accompagnamento di un membro della slessa famiglia dei Senuit, Gemàl ed-Din, figlio di Mohammed el-Abed. Anche ab biamo notizia dell'enorme impressione presso lutti i vari aggregati dei ribelli per questa fulminante sconfitta subita specialmente dagli Vlàd Suletmàn. Ap pure che i ribelli non tendevano quel giorno a coprire, con un combattimento di retroguardie, la propria] ritirata, o semplicemente a contrastare' il movimento della nostra colonna; ma s'erano prefissi e speravano di sterminare e schiacciare la colonna slessa. Di questo loro intento, del resto, noi avevamo già avuto precisa sensazione durante il combattimento, sia per il luogo e il momento scelti dal nemico per l'attacco, sia per la manovra da esso svolta, sia per l'estremo accanimento della lunga lotta. Indubbiamente il nemico giuoco a Bir Tagrìtf la partita grossa; coti come noi, date le circostanze, giuocammo il tutto per il tutto-, o vincevamo in pieno, cosi come abbiamo vinto; o era, per la nostra colonna, non uri rovescio, non la sconfitta, ma l'ecatombe: non uno di noi, forse, sarebbe tornalo a raccontare l'accaduto. Cosi, a ogni giorno che passa, la vii torta del venticinque di febbraio grandeggia più splendida, per la sua importanza sostanziale e per le sue con seguente. Come occupammo Zella Ma quest'oggi voglio trarre da' miei diari il ricordo di un'altra gior nata di vittoria, che la precedette, conchiudendo la terza fase delle operazioni: la conquista di Zella. Avevamo marciato tre giorni, dal diciannove di Febbraio, quando eravamo mossi da Ueddàn. All'alba del quarto giorno — il venlidue — levato il campo, partimmo alle cinque e tre quarti. La colonna era formata di tre battaglioni, due libici e uno eritreo; del gruppo celere montato, con due gruppi sahariani e relative due sezioni d'artiglieria, e con un reparto di spahls; della banda del Giofra. il convoglio dei rifornimenti era costituito da una imponente carovana di circa tremilactnquecenlo cammelli. Avanzavamo per una piana sparsa di detriti vulcanici, di quelle nere pietre caratteristiche del Gebel es-Soda, che danno a questo il nome-, Gebel es-Soda, la Montagna Nera. Guadagnamo un gradino d'altipiano, che i blocchi di pietra nera ricoprono proprio come il Gebel es-Soda; e il nome dell'altipiano, quale fu già registrato dagli esploratori, nell'Ottocento* e quale le guide Ci confermano, è Sodaia. Tra la pietra luccicano cristalli di gesso,- di tratto in tratto, fugge qualche camaleonte; un aspide è sorpreso e ucciso, mentre cerca rifugio sotto un sasso; e poco oltre, uccidiamo similmente due grossi scorpioni, lunghi non meno di mezza spanna, di color bianco lattiginoso. Alle nove riconosciamo nel suulo, avanzando, tracce numerose di carovane di cammelli e di greggi dì ovtni, che volgono verso il sud-sud-est, cioè verso gli Harugi es-Soda — la grande catena montana a sud dì Zella, verso il Fezzàn. Un quarto d'ora dopo, un reparto di Sahariani, che esplora il terreno sulla nostra sinistra, segnalalontano da tre a quattro chilometri, un gruppetto di dieci o' iodici cammelliUna mezz'ora dovot una carovana di «n centinaio di cammelli e gente in numero imprecisato è segnalala, che muove davanti a noi, verso il sud. Graziani manda gli spahls del capitano AlinoneCai all'inseguimento, poi, al rincalzo, manda il gruppo sahariano del capitano Cam.pint. Noi marciamo ora in direzione approssimativa di nord-est: il gruppo comandato dal colonnello Gallina, composto dal battaglione libico del tenentecolonnello Malta e dal battaglione eritreo del maggiore Ossoli, ih testa, con reparti di Sahariani in avanguardia; poi le due sezioni d'artiglieria riunite sotto il comando del capitano Chiarini; poi il convoglio dei rifornimenti, condotto dal tenente-colonnello Carrara; e il battaglione Ubico del tenente-colonnello Amato, e altri reparli dei Sahariani del Duca delle Puglie, e gl'irregolari del GÌOfra,'comandati da Calila Zauia, in retroguardia. Mentre la colonna procede, Aimone-Cat ha preso contatto con la genie della carovana, che tentava fuggire verso-sud. Qualche scarica di fucileria. Due morti da parte del nemico; dieci uomini, di cui otto armati, e alcune donne, prigionieri; la carovana catturata. Lo stesso AimoneCat segnala di avvistare gruppi d'armati e carovane di cammelli, lontani davanti a sè, e in marcia verso sud, versa gli Harugi. Il Generale chiama il Dura delle Puglie, e gli dà ordine di agire, a largo raggio, in quella direzione, per tagliare da quella parte la via ai fuggiaschi. Due prigionieri, di quelli presi dagli spahìs di Aimone-Cai, opportunamente interrogati, dichiarano che da quella parte sarebbe anche in fuga, con la sua scorta personale di armati, Abd el-Gclil Self en-Nasser, il quale avrebbe lascialo Zella stamattina.La « zagarita »ìvamehto, a Zella. ni 71 sole di mezzogiorno folgora sulle nostre teste. Ora, l'altipiano va declinando. Per una vasta frattura, che si aprcnel ciglio di esso, verso oriente, vediamo spaziare, sottostante, un'immensa conca, di fulve sabbie; poi un verdeggiare di palmizi: la prima oasi di Zella. Acceleriamo la marcia. Mentre Il Principe, co' suoi Sahariani, avanza, secondo un grand'arco, verso sud-est; Gallina, coi battaglioni di Malta e di Ossoli, punta verso l'oasi. Scendiamo nella conca; raggiungiamo l'oasi. Ed ecco venirci incontro, al limita di essa, un gruppo di gente, .uomini che agitano cenci bianchi. Il Generale accoglie l'atto di sottomissione. Da qualche capanna e da qualche casella, sparse par l'oasi, ci saluta il grido delle donne, la zagarita : «...wn. rigno — equino, un. canto agro di gallo... ■>. Gli uomini, che interroghiamo, confermano che Abd elGeUl Seif en-Nasser, sorpreso, dalla nostra inattesa avanzala, di cui avrebbe avuto notizia soltanto questa notte, ha lasciato Zella stamane, a precipizio, con la sua scorta, andando, chi dice verso sud, verso gli Harugi, chi dice verso nord, verso Bir Tagrìft. Che sia andato piuttosto verso gli Harugi, ce lo conferma una vecchietta, loquace, quant'altri mai, che assicura d'averlo visto ancora, quando il sole era già alto, che volgeva proprio di là.Oltre dalla prima oasi, riusciamo in un paesaggio schiettamente saharianode' più caratteristici e de' più imponenti. Piatte allure;} rolli gradini d'altipiano, di color fosco, ferrigno; con che di gialle sabbie e dune enormi schienute; sparse oasi; e in mezzo, al sommo di un'alturetta tronco-conica, formala da successive visibilissime sovrapposizioni di strati di varia roccia calcarea, variamente elaborata dal l'azione eolica, una cerchia di mura di pietra e fango, rossobrune, chiude l'abitato centrale di Zella, un'adultazione di casette basse, mezzo diroccale. La città si presenta come un fortilizio, al centro e in alto dì quel naturale bastione circolare su cui sorge.L'inseguimentoQuei di Zella hanno esposto, anche loro, tutti i loro cenci bianchi, in segno di resa. I. nostri battaglioni occupano l'altura e la città, senza colpo ferire. Alle quattordici e trenta, la nostra bandiera è issata su un minareto mozzo e sghembo, che sovrasta le mura. Le truppe rendono gli onori.Ma ecco — sono le quattordici e tre quarti — viene notizia che, verso sud di là dalle oasi, reparti del principe sono impegnati con notevoli gruppi di armati ribelli, che sono stati sorpresi appunto vòlti verso il sud, verso gli Harugi. Il generale balza a cavallo; e dopo avere disposto che due compagnie dei Ubici del tenente colonnello Amato seguano a sostegno del Sahariani del Principe, impegnati in combattimento, galoppa a quella volta. I Sahariani, incalzando il nemico, sono corsi molto avanti. E' soltanto verso le sedici che raggiungiamo il Principe, il quale, col gruppo del capitano Campini e con gli spahìs di Aimone-Cat, ha preso posizione su un'alturetta, dominante un mareggiar ddune cespugliose, che davanti si estende, fino all'estremo orizzonte, ove sdelincano i primi profili degli Harugi; mentre, da quella banda, il gruppo del maggiore Salvoni insegue ancoracon viva azione di fuoco e con successivi sbalzi, forti nuclei nemici, che dtempo in tempo s'arrestano nella loro ritirala, con successive resistenze, il Generale, data l'ora larda e la notevole distanza che già ci separa da Zella, non ritiene opportuno spingere oltre l'inseguimento. E dopo che i Sahariani hanno ancora ima volta ributtato le retroguardie nemiche, infliggendo ad esse rilevanti perdite, catturando prigionieri e numerose anni, dispone che sia mandalo ordine al maggiore Salvoni di fermarsi, e, quando lo ritenga opportuno, di ripiegare sulla posizione tenuta dal Duca — posizione su cui ora sono giunte e si sono spiegate anche le due compagnie di rincalzo dei Libici. Comanda queste due compagnie il capitano Fabbri, quello stesso che troverà poi morte gloriosa la giornata di Bir Tagrìft. Cade la sera. Salvoni s'è spinto te merariamente loiUanUsimo. vn suplotone d'avanguardia, comandato datenente Longo, cacciando avanti a sèfuriosamente, le retroguardie dei rbelli — che risultarono poi essere lstessa scorta armata di Abd el-GelSeif en-Nasser — è giunto addiritturalle prime falde degli Harugi es-Sodaa una ventina di chilometri a sud dZella. Quando, sgombrato il terrenavanti a sè, il gruppo ripiega, è notteNella notte il gruppo si ricongiungcon l'altre forze del Principe,- poi lcolonna comandata da questi rientra — è quasi la mezzanotte — all'accanMARIO BASSI,