Renzo Pettine nega di aver ucciso la madre

Renzo Pettine nega di aver ucciso la madre I PROCESSI Renzo Pettine nega di aver ucciso la madre La sua impassibilità - Difesa monosillabica Milano, 13, notte. La grande attesa per la comparsa di Ronzo Pettine dinanzi al giudici popolari si è manifestata stamane assai per tempo. Alle 8 e riiezza, prima ancora che l'imputato venisse tradotto dal cellulare alla camera di sicurezza della Corte di Assise, un pubblico abbastanza ntuneroso sostava nel piccolo cortile, commentando variamente il ricordo crudele del matricidio. Anche numerose signore attendono imperterrite sfidando la fredda brezza ilei mattino. Si sa che il presidente, contro, curtino, ha vietato in modo assoluto i biglietti d'ingresso alla tribuna speciale, ed il pubblico, pur di non perdere l'occasione, si adatta a questa incomoda anticamera pur di procurarsi un posticino nel recinto in piedi. L'imputato Alle 8 e mezza precise entra nel cortile l'automobile pubblica n. 609. Ne scendono due carabinieri che ».*eompagnano Renzo Pettine, ammanettato, nella vicina camera di sicurezza. 11 giovane porta un soprabito scuro col bavero rialzato e quasi non si accorge della folla che lo guarda con curiosità. Col suo portamento solito, quasi trascurato, la testa bassa e lo sguardo smarrito, egli compie il breve tragitto. Intanto nel cortile la folla aumenta. Si notano molti giovanotti e donnine allegre, frequentatori della nota birreria del centro, amici dell'imputato o conoscenti in genere. Alle 9 precise il presidente, comm. Curt/ino, entra nell'aula accompagnato dal rappresentante delliaccusa P. G., cav. Frola, dal cancelliere cav. Perrone e dai giurati. Al banco della Difesa siedono i due patroni, on. Genunzio Rentini ed avv. Fortunato Danesi. 1 banchi della stampa sono più affollati che nei consueti processi e si nota una larga partecipazione di corrispondenti di grandi giornali Italiani. Il recinto del pubblico è affollatissimo e tutti si mantengono silenziosi pel timore di provvedimenti presidenziali, sapendosi in precedenza che il presidente ha manifestato il fermo proposito di non permettere il minimo intralcio al regolare corso del dibattimente. Quando l'imputato entra nella gabbia una nuova curiosità invade i presenti. Tutti gli occhi sono rivolti a lui che, con indifferenza, quasi che il fatto non lo riguardi, siede, sempre col bavero del pastrano rialzato. Il Pettine veste con una certa- ricercatezza quegli abiti che già da domenica il padre gli ha portato in carcere. E' un giovane con la faccia regolare, dal lineamenti piuttosto fini, cogli occhi e dai capelli neri, dalle labbra un po' grosse; di statura media, ma il suo sguardo è smarrito. Quando il presidente legge le eeneralità del giovane: « Ronzo Pettine di Giovanni fu Erminia Ferrara, nato a San Nicolò di Padova il 28 maggio 1908 », egli quasi non se ne accorge e lo stesso contegno manifesta più tardi quando il comm. Cintino espone In riassunto ai giurati la tragica narrazione del delitto, incominciendo Jalla prima giovinezza del Pettine ed illustrando l'ambiente famigliare di casa Pettine. Un fremito invade 11 pubblico quando il magistrato rievoca le rrgie di giovanotti e ragazze nella casa, anzi nella camera stessa del delitto, a pochi passi dal baule che racchiudeva la salma della madre uccisa. Ma anche qui il Pettine non fa alcun movimento 11 suo sguardo fisso e gelido è rivolto a terra. Immobile. Il riassunto presidenziale dura tre quarti d'ora e si chiude cos'esortazione agli avvocati di limitare il processo all'imputato, senza divagare in fatti che non si riferiscono alla causa. « No... Non lo so Fatto l'appello del testi 11 presidente fa uscire 11 detenuto dalla gabbia. Renzo Pettine prende posto nella sedia che è collocata innanzi al giurati ed il presidente inizia 11 fuoco di fila delle domande: . Pres.: — Dite ai giurati quanto ne cessita per illuminare la causa. Imp. : — Non ho nulla da dire. — Avete sparato contro vostra madre T — No. — Non avete sparato un colpo T — No. — Ed allora chi ha ucciso vostra madre ? — Non lo so. — Quando siete venuto a conoscenza che vostra madre era stata uccisa? — Quando venni arrestato. — Cioè, quattro mesi dopo, 11 10 giù gnol... — commenta it presidente. Il comm. Curtino contesta quindi all'imputato le dichiarazioni fatte nel 14 interrogatori subiti nel periodo istruttorio e nei quali egli confessò di aver sparato sulla madre, ma l'imputato attribuisce la versione di cotesti interrogatori a coloro che l'interrogavano e che vollero fargli dire quello che a loro pareva. — In quala rapporti eravate con vostra madre? — Ottimi rapporti — Vostra madre vi trattava bene? — SI. ' — Vi sgridava qualche volta? — Sì, quando era necessario. — E quando era necessario? — Quando non andavo a scuola. Pres. : — Infatti, andavate spesso a studiare con la stecca del bigl.iardo al Pedavena, Invece che sui banchi della scuola... L'imputato racconta quindi come trascorreva le serate, andando quasi sempre al cinematografo. Dopo ciò 11 presidente prosegue l'interrogatorio e le contestazioni, contestazioni che si fanno fitte, specialmente riferendosi alle versioni discordanti e contradittorie date dall'imputato nel vari interrogatori subiti In istruttoria. Un telegramma falso In sostanza Renzo Pettine in udienza sostiene di non sapere nulla, di nulla. Dice soltanto che una sera rincasando non trovò in casa la madre e sul momento non si interessò di domane* yre neppure al padre dove fosse andata. Più tardi seppe che la madre era andata a Roma. Le scrisse e ricevette due lettere di risposta che non erano però scritte da lei. — Voi, chiede il presidente all'imputato con una certa amara ironia, avete anche mostrato un telegramma di vostra madre provendente da Roma cosi conoepito : « Arriverò domani. Baci. Mamma •. Chi l'aveva spedito? Imp.: — La mamma, evidentemente. L'Ito trovato in portineria. Pres. : — Si, vostra madre ; ma l'aveva spedito un anno prima! Lo sciagurato Ita risposto con tale sicumera, che lo stesso presidente ha come un gesto dà ribrezzo e di scatto. — Ma insomma clii ha ucciso vostra madre? E' vero o non è vero che possedevate una rivoltella? — Non è vero, lo non possedevo che una baionetta. — Va bene. Voi insistete sulla partenza di vostra madre, ma non vi slete preoccupato della sua assenza? — SI, mi sono preoccupato e vederi- do che l'assenza si prolungava, per'avere denaro decisi di vendere il pianoforte. ìk - viPettine, svetto dalie domande non e più spavaldo e sicuro ootne pniua. La arrcostanza e esatta. Il giovanotto aveva infatti trattato la vendita del mobile per 2CO0 lire, riscur>tcndo una caparra di 350 lire. Ma adesso il Paria a stento, e talvolta balbetta, tanto che tuio dei difensori, l'aw. Danesi, insinua: — Signor presidente, guardi in che stato e l'imputato. E' veramente uno squilibrato! Ma il presidente ribatte: — Squilibrato\ Forse per la difesa! Si passa ora ad un'altra fase non meno ributtante della vita del Pettine: agli episodi di gozzoviglia che egli inscenò nella camera della morte. Il Pettine portò nell'appartamento diverse ragazze tra le quali una cinese, che l'avrebbe poi schiaffeggiato in un ritrovo del centro. Imp.: — io non le condussi, vennero spontaneamente. Pres.: — SI afferma tuttavia che conduceste anche doi giovanotti in quest'occasione vi divertiste a parodiare i vari attori di un film per tenere allegri! la brigata. Intp.; — Può anche darsil Pres.: — Ma vi e anche una donna, cena Carla Svanzetti, che afferma di avere avvertito un odoro nauseabondo passando accanto ad una delle porte chiuse. Che cosa ne dite? Imp. : — Si vede che questa donna aveva un naso speciale, perchè nessuno ha mai sentito nulla. I,a signorina del resto a me non ha detto niente. Poi, siccome l'imputato appare piuttosto stanco, il Presidente gli domanda se desidera riposare. Contraddizione Si ha cosi una breve sospensione. Alla ripresa il Presidente gli contesta l'inverosimiglianza delle sue affermazioni in udienza che contrastano evidentemente con quelle date nell'istruttoria. — Come volete che vi si creda —- gli dice infine — di fronte a tante contraddizioni? — Ma io non obbligo nessuno a credermi ! — Ed a proposito della Svanzetti, mi sapete dire quale interesse poteva avere quella disgraziata ad affermare una cosa falsa? — Che ne so lo? Il mio cervello non è entrato ancora nel cervello di quella domi a. 11 pubblico ride, ma è un riso di scherno e di ripugnanza. Il Presidente incalza: — Non avete anche detto che uccidendo vostra madre intendevate vendicare l'onore della famiglia? — Non ricordo. Sono quasi sicuro anzi di non averlo mai detto. Pres. : — Lo diceste a vostro zio. — Può darsi. Certo che in quel momento non capivo niente. — Vostro zio è un maresciallo di cavalleria e lo ripeteste anche ai carabinieri. — Ai carabinieri mi limitai a rispondere si e no. Poi mi obbligarono a scrivere una deposizione senza che io sapessi quello che scrivevo. Del suo arresto avvenuto a Desenzano l'imputato ricorda poco o nulla. Rammenta solo di essere stato tradotto in caserma e trattato molto male. — Avevo due rivoltelle — egli soggiunge — una era di mia madre e l'altra l'avevo comperata a Desenzano. — Ah! — incalza il presidente — altro che baionetta! Dunque una rivoltella c'era. L'imputato non risponde; abbassa gli occhi, visibilmente confusi. Il Presidente lo interroga quindi su altri fatti, e insiste per sapere la ragione del furto di 20 mila lire compiuto ai danni del padre. — Che cosa intendevate fare di quella somma? — Volevo servirmene per andare alla ricerca di mia madre. Il presidente gli fa però notare che le 20 mila lire gli servirono invece per divertirsi con donnine allegre in un albergo e per pagare i conti dei vari amici. Il Pettine contesta invece di essersi recato a Roma dove si trattenne un giorno. Sperava di incontrare sua madre al Ristorante Umberto, secondo le indicazioni avute, ma, guarda combinazione, a Roma nessuno gli seppe Indicare il ristorante in parola. Nega ancora di essersi spacciato a Desenzano per un ricco signore, e tanto meno per uno spagnnolo. Il presidente legge alla fine la minuziosa e lunga deposizione resa dal Pettine al giudice istruttore, nonché il verbale di arresto dei carabinieri di Desenzano. Il Pettine già nei primi interrogatori aveva dichiarato di avere trovato nella casa della madre due giovanotti, uno del quali nella sera tragica del delitto gli avrebbe offerta una somma perche egli si allontanasse e non parlasse con alcuno. Il Pettine non vuole ora dare all'udienza alcuna spiegazione. Del resto egli dice di essere stanco e di avere risposto a sufficienza. La difesa prega quindi di rinviare l'udienza al pomeriggio e il presidente acconsente. Un incidente per la costituzione di Parte Civile All'udienza pomeridiana l'imputato ricompare davanti ai giurati ancora più impassibile e cupo. La folla nell'aula è aumentata a dismisura, molti sostano in Via della signora, non disperando ancora di entrare. Anche gli avvocati sono aumentati. E' in te-rvenuto al dibattimento anche l'on avv. Nicola Favia che chiede al pre sidanaie di costituirsi parte civile, a nome della madre dell'uccisa, signo ra Maria Michelotto vedova Ferrara e della sorella. La richiesta, che suscita sorpresa e perfino un piccolo in ctdente con la Difesa, è accolla con la condizione che tanto la madre che la sorella che vivono a Padova vengano a presentarsi di persona. Poi il Presidente riprende le contestazioni, ma il matricida non si scuote ; risponde a monosillabi, oppure cincischia le parole in modo quasi incom prensione. Appare insomma più abbattuto e più assente che mal. Soltanto quando il colimi. Curtino vuoi sapere se gli abiti della madre li ha dati lui alla Svanenti, la giovane che gli fu compagna d'amore per tre giorni, l'imputato apre la bocca per precisare che ■ non glie li ha dami, ma che lei se 11 è presi ». Si accontenta invece di scrollare il capo allorché si sente chiedere se era vero che ci fossero delle scadenze di cambiali della madre nel giorno in cui egli cercò di vendere il pianoforte, il Pettine nega ancora, come già al mattino, di essere entrato nel lugubre « fumoir • ove giaceva il macabro baule; e via via che il Presidente gli chiede di confermare le deposizioni già rese in istruttoria, e che egli legge, il giovane persiste nei dinieghi, scuotendo il capo senza aggiungere sillaba. Cosicché il comm. Curtino è obbligato alla (ine a domandarsi: — Ma è poasibila che i giudici abbiano inventati tutti questi particolari? . Il matricida non. risponde : allarga però le braccia, quasi infastidito, come per far capire che evidentemente 6 ihvssì'tTÌ 11' In un intew-ogatorio del 6 agosto del 1920 il giovane confessò in pieno u delitto e ammise nettamente di avere rinchiuso 11 cadavere nel baule. Maadesso non rammenta più nulla, non„ i SI passa poscia ad esaminare uno \ strano quaderno che il Pettine, nel pe- triodo in cui erta a Mombello, Imi riem- sa più nulla. Uno strano quaderno pilo di Interessanti frasi e di bizzarri disegni a lapis, fra cu' si notano riproduzioni di medaglie al valore e ghirigori diversi. Alcune pagine sono colme di una specie di criptografia, vale a dire di una calligrafia ignota e convenzionale che gli stessi periti non seppero decifrare. Il giovane Imputato è chiamato vicino al banco della presidenza; gli avvocati gli si accostano, gli sono attorno. Lo sciagurato e U, stretto da un incalzare di domande, tra la curiosità di tutti. Ma Renzo Pettine non altera la sua maschera composta In una assoluta atonia. Il quaderno e cominciato a rovescio e gli scritti sono indirizzali al direttore del Manicomio; vi è ricordato un dramma di Gino Jtocoa, te liane, ed una comedia di Pirandello, Cosi è se vi pare. M. — di aver detto che il delitto potrebbe essere avvenuio nelle circostanze de Le liane di Gino Rocca? — SI. E ricordo che là c'è un soldato che uccide un ufficiale perchè da lui abbandonato. — R 'cordate, insiste il P. M., di avere accennato anche alla commedia di Pirandello, Cosi è se vl pare? — Si; l'ho citata perchè anche quella commedia è malto complicata, ed anche per la frase dantesca: « state contenta umana gente al quia ». In un altro foglio del quaderno è scritto: o Non destate il can elio dorme », ed il Procuratore Generale vuole sapere dall'imputato perchè ha scritto quelle parole. — C'ora qualcuno che si sarebbe potuto turbare se gli si fosse chiesto di ■partecipare al processo, risponde il giovane. « Amerei meglio sparire » Continuando l'esame del quaderno si riscontrano queste parole : « Se sono un individuo pericoloso alla società che cosa ve ne importa? Io non potrei più vivere fra gli uomini. Amerei meglio sparire, morire poi' sempre ». Il matricida accenna poi ad « un centimetro subo di metallo che avrebbe potuto sconvolgere una vita», aggiungendo che « oggi l'umanità è troppo cattiva per apprezzale un po' di bone». Perchè questo fosse possibile occorrerebbe » una voce apocalittica: la fame, la guerra, la morte, la miseria ». Ma di tanta filosofia Renzo Pettine non sa dare spiegazioni. Non ricorda neppure, a domanda del Procuratore Generale, quando portò la rivoltella da un armaiuolo di via Santa Hadegonda, né se allora sua madre ara scomparsa. Il Presidente permette quindi che la Difesa rivolga all'imputato alcune domande. L'on. Dentini desidera che Renzo Pettine dica se si sia mai lamentato dell'andirivieni di uomini, specialmente di notte, che si svolgeva, nell'abitazione di corso Buenos Aires, 48. — Con chi hai parlato di questo? •— domanda l'avvocato difensore. — Particolarmente con il marito della sorella di mia mamma. La Difesa chiede ancora all'imputato se è vero che la madre si sia recata solo tre volte in cinque anni a visitare la figlia Jole al Collegio dove era stata rinchiusa: e se era a. conoscenza delle scenate che si erano svolte tra la signora Ferrara e 6uo marito a causa sua. La Difesa precisa che sia il commendator Pettine, che 6ua madre desideravano avere 11 ragazzo. Il matricida a proposilo di questo contrasto coniugale dice che non può' rispondere, ma conferma i.-he la madre lo adibiva ad umili servizi domestici, che lo rinchiudeva per ore ed ore durante la sera nella propria cameretta, mentre olla riceveva alcuni signori, c clic poi lo liberava per mandarlo ad aprire il portone. La Parte Civile fa notare all'imputato come egli si contraddica con te affermazioni di stamane, secondo le quali 1 rapporti tra lui e sua madre erano ottimi. Renzo Pettine 6 ora ricondotto nella gabbia ed il Presidente passa alla escussione dei testi. Le lagnanze delia madre per la condotta dei figlio Primo od essere udito è l'avvocato Vittorio Zucchetti. Come vicino di caia dei Pettine parla delle lagnanze della madre di Renzo sulla condotta deplorevole del figlio. Egli fu pregato dalla signora di redarguire il ragazzo; cose clic egli fece, ili teste afferma pure che la Ferrara adorava il figlio, anche in confronto della figlia. In quanto alla mentalità dell'imputato ritiene che il giovane, specie nell'infanzia, non abbia rivelato alcuna anormalità; ma poi, dopo la difterite, a 9 anni, e dopo le cattive compagnie, cominciò a' svelare disordini mentali ed un mlnoramento delle sue forze inibitorie. Il teste ricorda anche di avere notato nel Pettine una morbosa passione per le armi, in contrasto con atteggiamenti infantili che lo inducevano a portarsi a letto bambole, orsacchiotti, ecc.; e ciò Uno a pochi mesi prima del delitto. Dopo è sentito il portinaio Giuseppe Bossi. Egli ripete che fu il giovane a fargli credere che la madre era partita. Dichiara poi che durante i viaggi della madre il figliuolo rimaneva sempre a dormire in casa. Alle 18 l'udienza è rinviata. Sarà ripresa domattina. Un tragico episodio durante un'abusiva pasoa notturna Asti, 13. notte. Il tragico fatto della notte dell'i 1 giugno scorso in S. .Michele d'Asti, nel quale trovava la morte In un coullltto col uarabliiien un giovane agricoltore di S. Michele d'Asti, tale Gluseppo Berrlno di Francesco, d'anni 22, e stato rievocato stamane al Tribunale di Asti, In occasione del processo contro il compagno del morto, tale Bartolomeo Boero fu Antonio, di anni 07, agricoltore, egli pure nato a S. Michele d'Asti, ed ivi residente. Come si ricorderà, Berrino e Boero furono colti a pescare verso l'ima di notte In uno stagno di proprietà privata dal due caraliinierl in perlustrazione Nlccolosl Ludovicod'anni 81, e Uamalero Gluseppo, d'anni a, addetti alla stazione del RR. CC. di Villaitova d'Asti. Uno del due giovani pescatori, tentò di reagire contro 1 militi della Benemerita: uno del carabinieri, 11 Nlccolosl. andò a fluire nello stagno; l'altro carabiniere, il Uamalero, pose mano alla rivoltella, sparando dapprima due colpi in .irla, poscia un terzo ni direzione del Ilerriuo. Colpito alla coscia destra e riportata la lesione della arteria femorale, il Berlino dovette soccombere di 11 a poco jerdVssaaì^ù-unento, ncmóà'tante le più'solleciticuro prodigategli dal due militi e dal siiocompatrafl. I due pescatori, die 1 carabi uteri poterono Identificare (topo il fatto, risultarono poi essere due giovani Incensurativtfuto^ua^^ rono all'improvviso avvicinati dai carabi-nieri, qualche tentativo di fuga da partedell'uno e di violenza era parte dell'altronci buio pesto della notte, furono le causeimi l!ìl ti ìa i-m r'Hrn .li >in filili r 1 > u i i - . 1 .1 , -dei fatale epilogo di un fatto che avrebbe potuto essere mantenuto nel limiti di una scinpil'-.e cantrawieiiztone. L'istruttoria giudiziale che segui al fatto si chiuse con una sentenza di non luogo .i procedere a favore del carabiniere Gamalero per la morte del Berrino, per avere a#lto 11 milite In Lstato di legittima di'esa. 11 lioero, invece, verme rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di Asti per rispondere del aeato di furto dei pescidello stagno, e di quello di violenza contro1 carabinieri. Egli 6 comparso tn giudi-zio difeso dagli avvocati comm. Grassi e, Borello di Asti; Si e difeso negando l reati:ascrittigli:: le risultaci» del processo ■ano'state coniiUetamenle a suo favore, ed 11Tribunale, accogliendo nella sua sentenzala tasi dei difensori, lo ha mandato assol- lo per non aver commesso il fatto circa li j^to U| violenza, e perche il fatto non costituisce reato circa gueìlo di furto deipesci