Pagina di storia italo-afgana rivelata nella patria di Simon Bolivar

Pagina di storia italo-afgana rivelata nella patria di Simon Bolivar Pagina di storia italo-afgana rivelata nella patria di Simon Bolivar inviato nel Sud-America) (Dal nostro CARACAS, nov. 1927. Tutte le volte che' arriva un piroscafo a La Guaira (il porto di Caracai) la lieta Caracas ti scaraventa gtù dalia sua montagna per venire a respirare sul ponte del bastimento una boccata di Europa. Predpitan giù tutti: signore, signori bianchi, meticci e meliecie, delegato apostolico, preti, generali, collegi ed educandati, senatori e deputati, minisiri plenipotenziari, giornalisti, professori; insomma Caracas intera fa una specie di gara automobilistica con méta al porto ed alla nave. Non è tanto l'Europa che interessa come gli arrivi dei venezuelani e specialmente delle venezuelane da Parigi, con le ultime « toilettes » di Rue de la Paix. Quando si sa che ci sono a bordo le signore Landaez madre e figlie con 47 vestiti per ciascuna nei bauli (la notizia è stata telegrafata ai giornali di Caracas al passaggio del piroscafo da Trinidad: la stampa venezuelana è sviluppatissima ed informatissima còme in Columbia, quotidiani e periodici godono in questi Paesi persino della franchigia postale) e le signorine Erruriz che forse superano per numero di abbigliamenti nuovi le Landaez ed altre dame e damigelle ancora, reduci dalia capitale francese, la cosa prende V aspetto di un avvenimento nazionale. E cosi, Ui prima impressione di melanconia che vi dà La Guaira è presto distrutta dall'allegra invasio ne delia popolazione della capitale, Se c'è un popolo al mondo buono, dolcissimo di carattere, incapace di eccessi, ospitalissimo, raffinato nei suoi gusti, è proprio il venezue lano. Talvolta, lasciandosi prendere dallo charme di questa gente, nelle dilettose compagnie di Caracas, ' asceliando la dolce cadenza della lingua casligliana nella bocca delle gentili donne della capitale, vien fat io di pensare che il Venezuela sia figliato dalla Veneta Repubblica non dalla Spagna. Il Venezuela deve il nome a certi villaggi lacustri della costa presso Marracaibo, che ricordarono ai primi scopritori europei la laguna veneta. Terra del Carso a Caracas L'ultima statistica (1926) 'faceva 'ammontare la popolazione della Re pubblica a più di tre milioni d'abi tanti. I bianchi puri sono la minoranza. La capitale ttttavia è squisitamente'caucasica. Vi sono arrivato di notte e l'impressione fu delle più piacevoli. Non che vi esista nulla di grandioso; ma salendo dalla fornace di La Guaira in questo tepore di eterna- primavera; in quest'aria, chej. if amanda acutissimo il profumo, dei] rosai, par di raggiungere una città .'d'Andalusia nel mese ' di^àprpe. ' Si fa molta vita mondana,a Cara; cas, il centro è « chez Becker'» che e un caffè alla moda, dove convengono tutte le eleganze. La città conta 130 mila abitanti; ha le strade strette all'antica, i marciapiedi altissimi, fatti per montar comodamente a cavallo, quando tutti andavano a cavallo; le caratteristiche case basse verniciale a colorì vivaci; parecchie belle'piazze alberate, un ridentissimo quartiere residenziale fra i <boschi detto il « Paradiso »', dei parchi, una abbondanza notevole di statue per ogni dove, un gran monumento a Colombo dalle dita d'una mano enormi, dell'eccellente acqua potabile. Dalla vita di albergo mi strappa la 'cortesia del nostro Ministro Cavie'chiotti., che mi vuole ospite alla Legazioni d'Italia. E ■ alla . Legazione prono una commozione profonda, più profonda di quella della salita della tetra montagna ornata di cactus solitari. La prima sala è trasformata in ara della Patria lontana. Sull'ara, fra le bandiere e le luci posa l'urna contenente la terra del Carso; la terra saera venuta dal Cario al Venezuela, perchè gli italiani espatriati qui la venerino e si ritemprino. Il Ministro Cavicchioni mi dice che nell'anniversario della vittoria i combattenti ed i fascisti italiani di Caracas hanno fatto per veniiquattr'orc, a turno, la guardia all'urna. , Rievocazione afgana Trascorro un'indimenticabile sera 'con H Ministro Cavicchioni rievocando con lui i ricòrdi dell'India e quelli ancora più appassionanti dell' Afgani sta n (Cavicchioni era Ministro a Kabul durante i tragici eventi dell'uccisione del povero ing. Pi perno), quando la nostra situazione con Vallora Emirato era divenuta cosi tesa, che la Legazione, al riflu io del Governo afgano di accettare le giuste sanzioni imposte dall'Italia come riparazione dell'assassinio di Piperno, stava per abbandonare Ka bui. Cavicchioni mi racconta i drammatici particolari dei preparativi di partenza, l'ordine ch'egli aveva dato 'di ammainare la bandiera dalla Legazione, l'improvvisa chiamata del Re, all'ultimo momento, il colloquio fra il sovrano e lui„. Bisogna conoscere Cavicchioni, questo ammirevole campione della nuova diplomazia italica che ha sempre occupato posti in Paesi che alla civiltà cominciano, si può dire, ad aprirsi tra, seguilo m ogni.luogo dalla sua memkta mamma, ch'egli adora tratta come una bambina vistata, bisogna conoscere dico il suo carattere, la sua ca-ma, la sur scaltrezza, U tuo indomabile sentimento italia no, per m vedere » quel colloquio storico che aprì l'era nuova del regno interno asiatico rimasto sino a qualche anno fa « the secret Ihnit of the fVorld» come dicono gli inglesi; vn paese di leggenda e di terrore, di (cui si varcava il confine fra le spa HPitlevoti montagne, sentendo cane utrmirsdrvmzMclodanbazdtCnaAtrhpgdslcduumddcbsdcgsdgamppecdmPgspvtnsd■AtpiicrNcssdpdrdncsNn j. ] a e e a e a i i a a a i a , , o e n i e una porta di bronzo che cadesse dietro le proprie spalle. — L'Italia vuol dunque dichiararmi la guerra? — aveva domandato ironicamente il sovrano. — Le vostre condizioni sono inaccettabili! — L'Italia — rispose il ministro — domanda all'Afganislan di dimostrare al mondo di essere un Paese civile. Oggi non c'è altro modo di dimostrarlo che accettando le condizioni che a nome del Governo di Sua Maestà il Re d'Italia io ho comunicate a Vostra Maestà. « Quanta strada si è percorsa d'allora — conclude Cavicchioni sorridendo dietro le grosse lenti. — Chi avrebbe potuto pensare in quel giorno che il Re dell' Afganislan sarebbe venuto in Italia, in Europa, che avrebbe ricevuto a Roma accoglienze trionfali? Tutto è incominciato da quel giorno! Vi sono dei momenti in questa solitudine lontana di Caracas, in queste notti tiepide, che nessun rumore turba, che mi metto a pensare a Kabul e rivedo iT.Re Amanullha, questa figura che ha tutte le probabilità di passare alla storia come un grande sovrano, poiché ha incomincialo la sua carriera imponendo allo strapotente Impero anglo-indiano la piena indipendenza dell'Emirato già vassallo e l'ha perseguita decretando nientemeno che l'emancipazione della donna (L'emancipazione della donna in un Paese dove sino a tre anni fa guardare una donna in viso significava per un europeo la morte per accoltella mento immediato!), lo rivedo, dico, dinanzi a-me, fremente di sdegno, d'ira sfarei per dire, in procinto di compiere l'irrimediabile, l'irzeparabile che avrebbe gettato di nuovo il suo regno indietro nella barbarie, di nuovo sotti l'implacabile influena dei « mollali» del ianaticissimo clero. Lo sentivo! Il Re stava per gridarmi in faccia che se ne infischiava di noi e delle nostre domande di riparazione, che neppure gl'inglesi che poco prima avevano subito assai più gravi offese osavano domandargli quello che gli voleva imporre il Duce d'Italia! E invece, dopo un'ora, v'era l'accettazione piena ed intera e le sterline d'oro nei sacchetti sul mio tavolo ed io davo l'ordine di togliere i bagagli dalle automobili che dovevano trasportarci a Peshavar, alla /frontiera, c qualche giorno appressò, rivedendo Sua Maestà Amanullha, lo udii manifestare per la prima volta il desiderio di un viaggio in Italia ed in Europa. E tutto questo lo si deve al Duce! Io non sono stato che l'interprete della sua volontà, l'esecutore dei suoi ordini; starei per dire lo strumento ■Agli* sue intuizioni... ». Bolivar il ce libertador » Il giorno dopo questo colloquio toil straordinario che ho voluto rtpredurre perchè costituisce una pai»ifi-dif storici che è bene che gli italiani non ignorino, sono andato con il-Uinistro Cavtccliioni a rendere omaggio alla tomba di Bolivar. Non si può venire a Caracas senza compiere quest'atto. Bolivar è la poesia, l'ardimento e l'epica leggenda dell'Ajnerica del Sud. Specie quando si ■ è veduto Caracas che è la città dov'egli nacque e fu. trasportato dopo morto, si afferra lo straordinario della sua stupefacente opera militare e politica. Immaginate che cosa doveva essere questa capitale 118 anni or sono, con dei sentièri che la congiungevano al mare, con delle piste che la univano ai dominii della Nuova Granala (la Columbia odierna). Provalevi a pensare alla vastità di questi Paesi, alla barbarie nella qualcun secolo fa erano immersi ad eccezione di queste piccole oasi: Caracas, Bogotà, Quilo, Lima distanti migliaia di chilometri fra di loro, separate da montagne formidabili, da paludi sterminate, da fiumi colossali. Il Venezuela è grande due vòlte la Germania come vastità di territorio. La Columbia più ancora; l'Equatore, che noi ci figuriamo piccolo, ha un'estensione pari all'Inghilterra, Scozia e Irlanda. Il Perù con la Bolivia eguaglia in superficie metà dell'Europa intera. Ebbene Bolivar ramingo per l'Europa e l'America del Nord sino al 1810, con lo strazio della giovane sposa uccisa dalla febbre gialla e l'assillo della patria- schiava; nello stesso anno nel quale Napoleone vedeva naufragare in Russia la sua fortuna, è fatto generale qui, in questa Caracas che aveva tentato di infrangere le catene iberiche* Messosi alla testa dei ullancros», sorretto da manipoli di volontari specialmente inglesi, in tre ■ mesi scaccia gli spagli unii dal Venezuela.'' Fu su di un 'carro trionfale, tirato da dodici giovinette, che Bolivar fece la sua entrata a Caracas. Tutte . le rose della montagna Avila furono per lui in quel giorno, quando il popolo gli decretò il titolo immortale di « libertador » ed egli entrò per il « Te Deum » nella nuda e modesta cattedrale dallo stile indefinibile che oggicontiene il suo monuménto funerario di guslo^canoviano, di cui è autore lo. scultore italiano Tensioni. Ma la Spagna non si dà per. vinta. Fa attraversar l'oceano a nuovi rinforzi (mi par di vedere i fanti di Re Ferdinando dalla divisa bianca e dall'enorme chepl svasata, salire sotto la sferza del sole tropicale le erte di La Guaira accumulando le lor impedimenta allo sbocco della valle), e Bolivar, oppresso dal numero degli avversari ed abbandonato dai « llaneros » tornati a credere alla potenza spagnuola, cerca scampo nei mare, si rifugia ad Haiti Qualche mese dopo, grazie alla generosità di un ricco commerciante olandese, Brion, sbarca di riutvn alla foce dell'Orejioco, dove gli abitanti lo proclamano capo del¬llgassp e l e e o a i o i i i a e i i e i . i e o a o o a ri e ¬ la Repubblica del Venezuela. Fu allora che incominciò l'epica grande guerra dell'indipendenza, durata tre anni, alla testa di un 'ino di croi, stancando gli spagnuo^ e battendoli separatamente Passa nel 1819 dal Venezuela alla Nuova Granata, supera le Ande e riunisce il Paese del Maddalena e del Cauca al Venezuela, sotto il nome di Repubblica di Columbia. Poi, fu l'odissea verso il Perù, durata sino al 1822, nttraverso inenarrabili difficoltà, sinché trionfa a Lima e, assistito dal suo luogotenente generale Sucre, fa prigioniero il viceré La Sema alla battaglia di Ayacucio, la Waterloo, d'1beria nel continente. La presa del Callao mclle fine al dominio di Spagna sulle rive del Pacifico meridionale: Bolivar si propone di confederare i tre Slati che aveva liberati in una Repubblica degli Slati Uniti del Sud. Ma accusato di aspirare all'impero depone il potere e sette mesi più. tardi (1830) si spegne'presso Santa Maria in Columbia disperato per l'anarchia nella quale lasciava la sua patria. Aveva profuso per essa nove decimi del suo patrimonio (Simon Bolivar discendeva da una nobile e ricca famiglia) e moriva senza uno scudo di denaro pubblico in suo possesso^ malgrado avesse governato per un periodo considerevole e senza nessun controllo, le finanze di tre delle più vaste e ricche contrade del mondo.. Un decènnio più tardi, i venezuelani ottenevano e trasferivano le sue ceneri a Caracas e, qualche anno dopo, gli erigevano un superbo monumento. Oggi tulle le principali città del Sud America hanno un monumento equestre al u libertador » e uno sorge pure al Central Park di Nuova York. Ho sentito dire che intenzione del Duce di promuovere, l'iniziativa per un grande monumento a Simon Bolivar in Roma, dove già esiste- una piazza intitolata al suo nome. Ritengo che milioni d'italiani e originari italiani del Sud America risponderanno con trasporlo Od un così nobile appello, come a quello che onora in Bolivar la personificazione più pura ed alta del Nuovo Mondo, alla formazione spirituale del quale gli italiani hanno, così potentemente contribuito. La terra e l'economia Povero e grande Bolivar! Scendendo a La Guaira, abbandonando la sua città, fra tutte le impressioni tumultuarie raccolte nel mio breve soggiorno, cerco di fissare quella diremo così più pratica e positiva, la più desiderata probabilmente da parte di coloro che in Italia mi leggono. E con la scorta di ciò -che mi hanno suggerito il ministro Cavicchioni (è superflu'o dire che anch'egli mi ha parlalo' di Gomez con molta ammirazione), e gli annidi fascisli di Cararas, il cav. uff. Pinto capo di una casa commerciale italiana stabilita nel Venezuela che è una delle più antiche d'America ed altri; riassumo le straordinarie prerogative che rendono ■ il Venezuela cosi interessante anche per noi. La lunga pace interna che il Paese gode, sotto il governo del Presidente Patriarca, la situazione delle sue finanze, lo sfruttamento dei campi petroliferi gli permettono di controllare la sua vita economica legata alla sua indipendenza politica. Ho f/ià accennato alle cifre della sufi popolazione e della sua immensa superficie. Di. essa, settecento mila chilometri quadrati, sono disabitati perchè rappresentano le immense torriìe pianure di Apur.e, Anzoategui, Bolivar, Cojedcs, Guarico. Monaga, Zamora e le foreste vergini bagnale dall'Orenoco in gran parte inesplorate, malgrado le grandi ricchezze di legni preziosi che in esse si raccolgono, da secoli. Soltanto le foreste di caucciù vengono battute in detcrminate epoche dell'anno per la raccolta del. prezioso u balata » masgiormenle apprezzalo del caucciù e che unito al « pendare », con il quale si fabbrica la « chevin-g gum» cioè la gomma che gli americani ma sticano e che ora tentano di far ma sticare anche dagli europei. (Date per favore, l'ostracismo a quelle or ribili pallottole di gomma che stanno cosi male in bocca, che producono un'impressione così disgustosa e che sono il vero indice della « raffinalez za yankee »). Figuratevi che negl Sfati Uniti soltanto, si consuma per 40 milioni di dollari annui di « baiai à-pendare ». [ ' II. sistema monetario del Venezuela è a base oro e l'unità è il a bolivar » che vale una lira oro'.;. La legge (imita l'emissione'.dei bigliell alle sole banche nazionali, che devono avere in cassa un minimo di oro corrispondente alla terza parte della circolazione cartacea. Esistono in Paese cinque Banche di emissione mollo fiorenti, oltre a banche estere nord-americane ed olandesi. La circolazione monetaria e di 150 milioni di a bolivars » oro e 50 milioni argento. Lo a cheque » rappresenta però il 90 % del movimento commer ciule che ha una media di: 60 milioni di a bolivars » al mese. Le rendite dello Stato si aggirano sui 100 mi lioni di a bolivars » annui che au menteranno notevolmente, per il diritto di percezione del 10 % sul petrolio naturale che si cstrae. Le spese statali inferiori alle entrate benché il Venezuela consacri 16 milioni al l'esercito e 6 all'istruzione pubblica obbligatoria, hanno permesso la costituzione di un ingente fondo di ri serva (80 milioni) con il quale si po Irebbe pagare immediatamente l'in tero ammontare del debito pubblico. Benché le ricchezze del Venezuela siano ancora allo stalo di esplora zinne iniziale, rendono gir/ 375 vìi lioni di a bolivars » annui (Ioli mi lplmp8zgOdepPcfrlioni di solo petrolio) mentre le im- portasioM ammontano a 272 milioni. L'Italia occupa il quinto posto nelle ifnportazionì/ Settemila ckttomclri di strade rotabili e mille di ferrovie permettono di muòversi nella parte settentrionale del Paese con facilità. Il clima lia tutte le varietà, dal freddo dell'altissima montagna al calore tropicale delle bassure e della valle deU l'Orenoco. Il Paese non è eccessivamente confortato dalle pioggie. Nella parte nord,, la più popolata, piove 86 giorni all'anno con regime torrenziale, le condizioni di salute sono in generale buone dai 600 metri in su. Ora si pensa ad utilizzare l'acqua del sottosuolo per valorizzare grandi estensioni di. terreno specie con piantagioni di canna da zucchero.Per concludere il Venezuela è un Paese di favorevoli condizioni, dove a gentilezza degli abitanti è tradiionale, e l'ospital/ltà legge morale nviolabile. « Don Chisciotte ed io! » Ed ora,'salutiamo romanamente la grande memoria di Bolivar venezueano, e riprendiamo a. navigare il omantico Mar dei Caraibi, verso le sole Sottovento, dove vi do appunamento per la prossima volta. Bolivar! Il richiamo .mi-riporta col pensiero ai suoi tristi ultimi giorni, à nella solitudine afosa di San Pedro Alessandrino presso Santa Mara dove sorgeva l'ultimo «fundo» rimastogli della sua ricchezza. Il grande infermo era tormentalo da una iolentissima tosse che rendeva anor più penosa l'agonia. Lo assisteva un medico europeo e stavan presso di lui due vecchi ufficiali silenziosi e tristi. Ad un tratto la tosse si calmò e il generale ' voltasi al medico gli disse con un fìl di voce: — Sa dottore ciò che mi torménta sentendomi cosi vicino alla tomba? —'■ No, generale! — L'idea che ho edificato sull'arena mobile e arato il mare!... . È dopo una lunga pausa e con un lieve sorriso: "z-z Non ha mai pensato dottore quali sono stati i due uomini più importuni'e pesanti per l'umanità? — No, a dirle il vero... — Si accerti, dottore, ma ne sono sicuro. Tra gli uomini che hanno ■maggiormente importunato i loro sieniti ci sono Don Chisciotte ed io... Furono le ultime sue parole. ARNALDO CIPOLLA.