I cent'anni dell'omnibus

I cent'anni dell'omnibus I cent'anni dell'omnibus a l a o à e a i e e r PARICI, febbraio. La « carrozza di tutti • ha cent'anni, n primo servizio d'omnibus' fu inaugurati) a Parigi 11 30 gennaio 1828, sui Grandi Bastioni, a quell'epoca non ancora privi di quell'aspetto rustico e verdeggiante che sino a pochi decenni fa era il grande fascino del Campi Elisi e che oggi b slato bandito anche di 11 col sorgere delle mastodontiche case sacre ni lari del commercio di lusso. La stazione principale trovavasi davanti all' Ambigli, all'imbocco della rue de Lancry, e di qui 1 veicoli si partivano, in direzione contraria, gli uni verso la Madelelne, gli altri verso la Bastiglia. Dal tempo di Biagio Pascal, che Tirino aveva concepita l'idea dei trasporti collettivi, eran dovutt passare cenclnquant'annl per vederla impiantarsi e attecchire. Tutti i tentativi anteriori si erano arenati davanti alla renitenza del pubblico, che o aveva carrozza propria o non osava saltre in carrozza. Perchè la renitenza cessasse, fu mestieri prendere la Bastiglia e dare esistenza legale alla borghesia. Ma neppure allora l'ostacolo deH'acconrunamento delle classi nella carrozza di tutti si potè dire interamente rimosso, se gli imprenditori ritennero necessario dividere le loie vetture in tre sezioni, che solo dopo molti anni si ri dussero a due, per restarlo sin oggi a dispetto dell'esemplo di paesi che non abbatterono Bastiglie e pei quali una classe sola è sufficiente ai bisogni della locomozione urbana. Il francese ama professarsi democratico, ma al caffè, all'osteria, sul marciapiedi in tempo di dimostrazioni pubbliche: quando le circostanze non comportano manifestazioni oratorie preferisce mantenere l'incognito, ossia vivere nei proprii panni anziché nella uniforme del cittadino uno e indivisibile Pronto a ballare sulle piazze la sera del 14 luglio", come per rispondere < presentel • all'appello della Repubblica, il resto dell'anno si considera m disponibilità, individuo privato e perciò libero di differire dai propri! simili e di fuggire la fraternità e l'eguaglianza come la peste. Ci vogliono, dunque, per lui, le tre o almen le due classi Senza dire che l'acciottolato nefaiido comune sino olla fine dell'Ottocento a tutte le strade di Parigi creava anche una questione di cuscini dalla, quale sorebbe ingiusto prescindere nel tracciare la storia dell'omnibus nei suoi rapporti con la democrazia. Cosi come la prima Compagnia lo creò, l'omnibus romantico P^'Jìf - t la sua rapida fortuna rimase uno dei tratti della flso-nomia di quel tempo. Ricordare l'omnibus parigino è lo stesso che ricordare Eugenio Sue e Federigo Scrnlié, Ponson du Terrail e Paolo Féval Edmondo About e Giorgio Ohnet. i e e 0 a e i n . a o i a e o ro a i, e n e, nal rcil i mfirna a la ao d e s e oe ail oa ro, t^ to ale A a, ri e atmeI sguaiata del tranvai sospettano il tanaUiiaburs* inegHo di quanto non sne- .n ^ .. . Quante volse nei Misteri di Parigi, ui Martino il trovatello, nel Gobbo, negli Abiti neri non abbiamo visto passare la grossa macchina traballante tirata dai tre cavalli bianchi ohe l'immancabile giumenta di rinforzo aspettava appiè della salita di Belleville e di Ménilmoiuatit o ditìtro le mura nere di NoureDarfic de Lorette? Paolo de KocK aveva un debole per questo mezzo di locomozione cosi propizio allo studio della piccola fauna parigina. Ai suoi tempi ia clientela degli omnibus era meno taciturna» di oggi. Il ritrovarsi insieme, costola a costola, fra gli schienali della gabbia viaggiante, costituiva una novità della quale non si notavano ancora abbastanza i fastidi per rifiutarsi a riconoscerne le attrattive. I signori sui serio salivano malvolentieri nella carrozza di tutti, preferendo ricorrere ai sei-visi di un fiaccheraio; ma lo sparagno, ili cui la Parigi di allora coltivava la religione anche peggio della Parigi contemporanea, fini col perorare vittoriosamente la causa dell'omnibus almeno presso une borghesia sufficientemente agiata per destare la curiosità dei popolani che le viaggiavano insieme. C'era la fruttivendola che tornava dalle Halles, la crestaia, la ricamatrice, la fioraia clte risalivano dai boulevards verso i quinti piani delle alture di Montmartxe, ma ci capitava anche il notaio in palandrana verde e calzoni chiari col sottopiede, dalla pappagor giti affondata in un solino aspirante a inghiottire anche la metà dei favoriti e dalla pancia onusta di ciondoli, ci capitava la « loretta » in cappellino cabniolò e mezzi guanti di filo nero traforato, ci capitava il giovane impiegato di ministero che arrossava imravvedendo te calze bianche e il lembo delle mutande di tela delle giovani compagne di viaggio quando alzavano il ginocchio per issarsi sul predellino. Le classi della società avevano per la prima volta l'occasione di osservarsi davvicino, di spiarsi con la coda dell'occhio, di barattare un saluto e una frase. La corsa durava un pezzo, che già per una corsa breve non sarch be venuto in mento a nessuno di prendere l'omnibus, e offriva una collezione bastevole di incidenti, di scenette di carattere perchè, partiti insieme da! Quartiere Latino, al momento di infilare la salita della rue des Martyrs, : viaggiatori si trovassero già vecchie conoscenze. Quanti romanzi ingemmi, incornai ciati tra lo tavole instabili o fragoros< dell'omnibus! Oggi l'esperienza di una vita fertile più d) agguati che non ai improvvisato, ha r«'so diffidenti porsin le sartine, ohe nel giovanotto attaccato alle loro calcagna lungo i corrtdoj della metropolitana e. nella ressa di scovigavdechi vetl'ozioa viaunmischcossucobulormae inigpeMuFaAllorgltamLamsesetemgigliclitugrvabrchzuLadechfefi adchdel'ifinquscniune lelaisdaalil ridebaRpecadicanogocal'ainLatilevispceLinresubustrlalavel'tosaacacvcear1 zdsrmdecLzascasspno! iei„„„|.u,,,n„ volentieri *ipicri«v.« « la• Sl'l. .IV',ì" .^1 g 6 rimo l'amante. Ma allora le fantasie neI abbandonavano con candore agli inviti di|<iella fortuna. I giorni di pioggia, ato- traversare Parigli sotto il lenzuolo fu- sdc5pndnGèplLdr- l'aro delle insegne, quasi dovessero1 di 11 a un momento lanciare la città scolorita e irriconoscibile, era mia navigazione incerta e avventai/rosa che avvicinava, coi pretesto dei brividi e della paure, più di mia guancia c più hi irai ginocchio, nella penombra del vetri appannati. Le sera, aspettar 'omnibus sotto 11 capanno delle stazioni, alla poca luce di un lampione a gas, segnava il principio di un altro viaggio misterioso, la partenza verso un mondo di possibilità osouire e Illimitate, In compagnia di donne mascherate nel nero delia mantiglia, di cospiratori dalla tuba infida calata sull'orlo del ferraiolo. Parigi era pie. cola, a paragone di oggi, ma gli omnibus la facevano immensa, con quelle oro lentezza ad arrivare che trasformava Passy in una lontana provincia e il castello di Vincennes in una guarnigione abbastanza remota e solitaria per educare nel taciturno culto delle Muse i tenenti dei 5.o Reggimento Fanteria, per poco ohe si chiamassero Alfredo di Vigny. Dopo la guerra franco-prussiana, allorché al signori Onerami, alle Famlglie Gogò, alle Ragazze dalle tre sottane, ai Rocatnbole e ai Rastignac cominciarono a succedere lo Germinie Lacerteux, le Sorelle Vatard e le Fomiqlii: cardinal, gli omnibus aggiunsero alla lista dei propri meriti il possesso di una terrazza, da cui il contemplare Parigi durante la buona stagione era un incanito. Vittor Hugo, negli ultimi tre lustri della sua vite, fu cliente -assiduo dell'imperiale. Con la tuba in una mano e il paracqua di filo grigio fra le ginocchia, egli percorreva i boulevards abbandonando alla brezza pomeridiana la chioma candida che i rami degli alberi, allora più fronzuti di adesso, sfioravano dolcemente. La Parigi di Maupassant fu la Parigi degli omnibus ad imperiale e dei cocchieri in tubino d'incerato. Bei-Ami si fermava volentieri ad arricciarsi i baffi sotto la scaletta a chiocciola, per adocchiare i polpacci delie viaggiatrici che non paventavano 1 pericoli ottici dell'ascensione: ma la creazione dell'imperiale coincise, purtroppo, con la fine della crinolina e con l'avvento di quelle memorabili gonne a balze, a fascie, a cocche drappeggiate sotto le reni, cho stringevano le donne quasi in un lungo e gonfio addome di vespa; e fu con un sorriso di canzonatura che le borghesi cosi accartocciate e inviolabili risposero d'allora in poi alle ispezioni indiscrete del galante in falda corta a scacchi e pantaloni stretti al ginocchio, che, per quanto torcesse il collo e aguzzasse lo sguardo, non riusciva più a vedere oltre il limite dello stlvalino nero strozzante loro barbaramente il grasso della caviglia. Rimase ai curiosi la consolazione di perlustrare, l'estate, i primi piani delle case, dove era sempre lecito sperare di sorprendere, la sera, una donna in camicia o un magistrato in berretto da notte : ma col tempo anche questo svago si fece raro. I primi piani delle case dei boulevards vennero, l'un dopo l'altro, evacuati dai borghesi e vi si installarono, in vece loro, i banchieri. La pendola, coi due classici vasi di èvres, cedette il posto sui caminetti a pile di libri mastri, e invece delle stanze da pranzo stile Enrico IV 1 viaggiatori dell' imperiale ebbero in spettacolo gli spioventi leggi! color pece innanzi a cui i contabili in papaLina, appollaiati sugli alti sgabelli, parevano barbagianni sul bastone. Non metteva più conto di pigiarsi sulle due panchine della terrazza ambulante per assistere allo svolgersi di uno scenario cosi monotono: e fu questa una delle ragioni per cui l'imperlate, che tanta giaia aveva procurata a parigini e forestieri durante il bri! lante ventennio delle Esposizioni uni versali, non sopravvisse ai cavalli dell'omnibus. Quando i carrozzoni.a motore raccolsero la successione del pesante veicolo che la Parigi romantica aveva soprannominato la Dama Bianca, in omaggio al pelame argenteo che era come l'uniforme dei suol cavalli e al colore del legni e delle ruote che nelle giornate di nebbia davano effettivamente, di lontano, alla massa avanzante l'apparenza del fantasma reso popolare dalla musica di Boildieu, 1 viaggiatori si rassegnarono a rinunziare alle ormai condannate attrattive deila contemplazione aerea e scesero senza proteste nell'Interno della vettura, dove non era riservato loro nemmeno il conforto di sfuggire al puzzo della benzina. Fu' l'epoca in cui nacque la fretta e la gente volle viaggiare in città con la celerità imparata in ferrovìa. Le Compagnie Le hanno data soddisfazione: ma nessuno in omnibus ha da allora più avuto agio nè voglia di stringer conoscenza coi compagni di corsa ite di accordar loro ia propria attenzione, tranne che il tempo necessario pt-r disputare loro un posto a sedere o vendicarsi di una gomitata pestando loie la punta di un piede. CONCETTO PETTINATO. LASticabisbiodivbledirmafatdoltutdetanWidicl'aattpicoradisin amla"I.a12bunesizInvcomti, tropov"aSanaviaACÌ^LSòdiO.

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