La Sala Giobertiana nella Biblioteca civica

La Sala Giobertiana nella Biblioteca civica La Sala Giobertiana nella Biblioteca civica Una! lapide polverosa in via Laferange sud muri bigi della vecchia casa dove nacque, una statua In piazza Carignano dovuta allo scalpeQo dell'obliato scultore Giovarmi Albertoni ricordano, o meglio dovrebbero ricordare, ai Torinesi il più grande filosofo patriota del nostro Risorgimento; ma in realtà poco o nulla la gran massa del pubblico sa e rammenta, poiché Vincenzo Gioberti è uno di quei grandi idei quali si ricorda il nome, ignorandone purtroppo le opere. — Gioberti? Certo deve essere stalo on. illustre uomo, poiché Torino lolla sua memoria ha dedicato un monumento, una lapide, una via ed tm Liceo! — E con questa certezza, fiduciosa di quanto hanno saputo già altri, il cittadino integerrimo può anche persistere a non sapere. Ma (Forino vnole oggi, al suo grande figlio pensoso e veggente, dedicare ancora un tempio di studi, dove lo spirito immortale del filosofo aleggi tra le carte ch'egli scrisse e tra i libri ch'egli lesse. In corso Palestro SI vecchio palazzo degli Archivi è stato abbattuto in questi giorni quasi completamente, salvo che nei muri perimetrali; fervono là le opere edilizie per la nuova Biblioteca Cittiica, che conterrà anche una sala speciale destinata a raccogliere la preziosa eredità spirituale del filosofò e patriota torinese. Vi saranno Bidonati gli autografi giobertiani Ideile opere edite e degli scritti inediti, compresi in 53 grossi volumi 'in folio; i carteggi costituiti da 2488 lettere di corrispondenti col Gioberti, di 40 lettere senza data, di 40 documenti vari e di 35 lettere autograIfer la libreria che fu già del filosofo ricca di 1033 volumi e 265 opuscoli; la collezione delle molte edizioni delle, opere del Gioberti, dalle prime alle più recenti; la raccolta di tutte le pubblicazioni critiche sul filosofo te sulle sue opere. Cataloghi speciali, che già si stanno compilando, orienteranno gli studiosi, agevolandone le ricerche, notificando ed illustrando sistematicamente la bibliografia giobertiana; riproduzioni ed incisioni, ritratti e cimelii, relativi alla persona del Grande, alle cose ed ai luoghi cui è associato il ricordo della sua persona e della sua opera, animeranno infine gli spazi liberi 'dagli scaffali, cibando veramente il sancia sanclorum dell' immortale pensiero giobertiano. il tempio della riconoscenza eretto dalla città natia al suo grande figlio, e aperto agli studiosi ed agli ammiratori, perchè la parola di lui, che incita ed ammaestra, risuoni ancora idealmente per il primato della Patria. Prima di giungere però alla loro sede austera e solenne (la sala giobertiana si inaugurerà colla nuova sede, della Biblioteca Civica nel prossimo 1029) le preziose carte autografe del filosofo ebbero per il passato varie e curiose vicende che forse merita il conto di rievocare succintamente. In contrada di Parman. 3, a Parigi il 26 ottobre 1852 moriva monsieur Vincent Gioberti, prèirc et publiciste, ancien ambassa'deur da gouvernement sarde, e il console di S. M. Vittorio Emanuele II nella Capitale francese, Luigi 'Cerniti, volle apporre i suggelli sopra tutti gli oggetti mobili della successione. Pochi giorni dopo a Torino, fra Teresa Maria Francescajtfinfa Gioberti e il Ministero degli Èsteri, veniva firmata una convenzione colla quale in sostanza l'erede si impegnava a cedere al Governo le carie dell'illusore defunto. Teresa Gioberti, con il causidico Luigi Lamarique e col padre filippino FJaviano Bens, partiva poi per Parigi allo scopo di ritirare l'eredità; ma il console Cerruti ne la impediva, pretendendo prima di ritirare senza controllo le carte appartenenti allo Stato. L'erede Gioberti chiedeva allora consiglio agli avvocati torinesi Bellono, sindaco della città, e Murato i o n d , o ò a e o i i o è e a a o i i 8 o ; e o , e a a d o , i l e a a i è e o a sr, l gi e roro o nnno a lo¬ ri, i quali le consigliavano di opporsi alla pretesa del console. Cosi le carte, i manoscritti e le corrispondenze vennero rinchiusi in due casse di legno accuratamente sigillate, e dal marchese di Villamarina, ambasciatore sardo a Parigi, consegnate per la spedizione alle Messaggerie Nobiunali. A Torino le ricevette l'abate G. N. Monti, preside del Collegio Nazionale, e subito cominciò sui giornali di opposizio-ne una campagna vivacissima per l'eccessiva ingerenza del Governo provocando in tal modo l'interesse quasi morboso del pubblico attorno alle carte giobertiane. Le quali intanto riposavano suggellate perchè le due parti, Ministero degli Esteri ed eredi del filosofo, non riuscivano neppure a mettersi d'accordo sui delegati responsabili dell'apertura delle casse. Ma che cosa v'era in quella benedette carte che non si voleva vedessero la luce? Forse nulla; ma tuttavia guai a toccarle. Intanto da Nizza Marittima si faceva viva una tal Camilla Rivolti, moglie Pittaluga, remota parente dell'illustre estinto, per diffidare la Gioberti a non dissiggillare le casse, nelle quali poteva esservi anche una disposizione testamentaria a suo favore, n Governo volle tener per buona l'istanza della Rivolti, e l'erede Gioberti convenne in giudizio il Ministero degli Esteri. La Corte d'Appello, presieduta dal barone Giuseppe Manno, dette ragione all'erede, e finalmente il 20 luglio 1853, al quarto piano di via della Consolata, 11, si .procedette, davanti al notaio Trucchi, all'apertura delle casse, e fra le carte non si trovò nulla, proprio nulla, che potesse interessare il Governo. Ma anche dissuggellate, le carte giobertiane non ebbero fortuna, perchè per divergenze d'interesse, ne venne rilardata per anni ed anni la pubblicazione. Ancora nel 1856 si polemizzava sull'argomento ed Aurelio BianchWiiovini, direttore dall'Unione, poteva stampare sul suo giornale un avviso ironico del seguente tenore: «Tre milioni " di mancia a chi saprà far sì che la Patria, i parenti, gli eredi, gli amici, i conoscenti di Vincenzo Gioberti non abbiano a rovinarsi ed a far fallimento per le grandi cure, per le grandi spese che a rompicollo vari facendo onde vengano tanto presto e tanto bene alla luce le opere postume di tal filosofo e tutti i suoi manoscritti. Cento milioni per chi saprà tener sepolto per sempre il suo epistolario...; l'amor del diavolo che vai tutto, a chi saprà far perdere tutto ciò che scrisse questo filosofo torinese». E.i guai continuarono, le tergiversazioni crebbero, le polemiche sfecero più aspre, mentre ai Tribunali ricorrevano ancora in pieno disaccordo eredi ed editori. Finalmente, dopo la morte di Teresa Gioberti, la nuova erede, Vincenza Gioberti-Lamarchia, nel 1903 e nel 1915munificamente donò alla Biblioteca Civica di Torino i manoscritti, la libreria ed il carteggio del grande filosofo. Così Torino potrà avere ivanto di possedere una completa sala Giobertiana, pari alla Manzoniana di Milano, alla Mazziniana di Roma e all'Ariostesca di Ferrara Ritorna, insomma, idealmente, lo spirito di Vincenzo Gioberti alla città natia, ed avrà il suo tempio raccòlto ed austero fra le carte infine ordinale per tutti gli studiosiPovere carte giobertiane! Di esse ha voluto raccontarci la lunga odissea Gustavo Balsamo-Crivelli (Le carte giobertiane delia Biblioteca CivicaTorino, anno VI, 1928, a spese deComune), e riandandone le tristi vicende del passato, abbiamo sentito ancora una volta più viva e più vibrante, la bellezza del presente, chricostruisce tutti gli altari alla sacra religione della Patria. LUIGI COLLINO.