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LIBRI LIBRI Strindberg!! L,op6ra di A 0 Slrin(lb non è Che un grande poema autobiografico sotto diversi titoli. Questo meridionale d?' Nord pel quale il senso dell'indiL'cSa nW ne, con una frenesia di gesticolazionche spesso tocca l'isterismo — ha proiettato attraverso migliaia di pagine la propria ombra fantomatica e bizzarra, i tormenti d'un'anima negata alia pace spirituale, i deliri! d'un cere bralismo infuocato. K il suo tormento fiammeggia tanto più visibile nel fred 11Iunmeegla waw> piu visMiUe nel Irert (l0 candorc dei paesaggio scandinavoStrindberg è un romantico chiuso nel , dano e non sempre l'autobiografia atiingc ]a rar6latto purezza deiia lirica.Kgii appartiene anche — passatemi lafrase — a quella grande corrente dicrimin.-alitù artistica che ha caratteriz-la camicia di forza delia propria epocaQuanto mai meccanica, coordinata e — in fatto di sentimenti c di passioni — cinicamente spregiudicata. Perciò in lui i motivi contradditori, gli elementopachi!, le qualità negative sovrabbon-zato il secolo passato e che ha pur originato tante rivolte letterarie e tanli programma rinnovatori. Nietzsche ha crealo il Superuomo; Strindberg lo ha spinto verso la disperazione. Più imprigionato nella realtà lo scrittore svedese hn fatto sconfinare nel cinismo più nero la concezione di superamento etico e lirico espressa nei sublimi vaneggiamenti dei poeta-pensatore tedesco. La negazione di tutti i legami più ntimi, di tutte le carnalità più strette cito le crudeli invettive contro il padre e la madre) fanno di Strindberg il distruttore più feroce del valori etici e — come è stato già accennato — gli attribuisce il posto di precursore di quel movimento espressionista che con programma essenzialmente antipaternalistico e antifradiziomale. aveva esordito nfl dopoguerra, specialmente nel Setentrione. Nulla e nessuno ha risparmiato il bisturi strindberghiano. Esso ha frugato nelle fibre più ascose e nelle piaghe più dissimulate dell'uomo, dimostrandone la materiale in consistenza. Tuttavia questa Indagine feroce non è lata senza frutto. Essa s! sarebbe ridotta a una raccapricciante operazione da lastroni* anatomico, se non l'avesse esaltata il disumano dolore di chi operava. E' la salvezza artistica di Strindbergh, è la sua umanità che grida. • Incominciasti la vita con l'asserir tutto, e poi continuasti col negar tutto, per principio. Ora finirai la vita riassumendo. Or dunque non esser più esclusivo! Non dire «oppure... oppure»; ma ■ non solo », « anche »! Con una parola o due; umanità e rassegnazione ». Questo brano sintomatico è nelle pagine di Verso Damasco il dramma che a Casa Editrice Alpes », continuando a volgarizzazione del Teatro di Strindbergh, pubblica nella esauriente traduzione di Nino Frank. E Verso Damasco mi sembra, tra le opere, di Strindberg, a più stri.ndberghi.ma, rispecchiando cioè più compiutamente i pregi e i dieni dell uomo, i suoi accecamenti morali e i suoi meravigliosi bagliori poeici, gli sconforti e le elevazioni. Rotto n una ventina di quadri senza preoccupazioni tecniche e. di ribalta, ma condotto con ferrea logica individuale, dominato sempre dalla figura dello «Sconosciuto» nel nuale non * difficile rintracciare l'autore « Verso Damasco » rappresenta in una lunga serie di . stazioni » la via crucis dil Anticristo moderno. Sotto il peso di una croce che non è più di legno giudeo ma sembra esser fusa In ima ghisa archerontea, il demone suppliziato si trascina più spesso ma'edicendo che nvocando, quasi sempre orgogliosamente protervo, raramente rafiseanato Eppure mentre gli snettatori di queto strazio si domandano se dalla bocca di questo oscuro ribelle debba uscire una Invocazione non malvagia, ecce erompere qua e là i lamenti e le estasi che svelano una bellezza spirituale detersa dal dolorp Come sempre, è la donna a strappare queste sincerità liriche a un fiero sensuale che ha cercato di nascondersi soprattutto se stesso. ^" Ade5S0 A cielo è sereno, fl vento èl.^e.'c,Senti come accarezza. Questa è »niJ«S1-i0Til v'v*?' 078 sU Spnt0 -a mia anima allargar*:, espandersi, divenir£»£ ?^dlV€nirp 'nn"'»»! Io sono dnppertutto: nel mare che è 11 mio sari- SS.^!f-.r0cc^ ch*, 80,10 le mf« ossa, negli alberi : e la mia testa si leva finn al cielo guardo al di là deTuniverso £fa££° ^', Sn,m 1a t0T** ni reatore, polche 10 sono esso: vorrei stringere nella mia mano tutta la maeria e plasmarla in modo più perfeto, pia bello..., veder felice tutto D creato e tutti gli esseri creati nascere senza dolori, viver senza sofferenze' e morire in tranquilla gioia I » Ma li panteismo è la filosofia dei disperati. E dove piti Strindberg parla di creazione è proprio là che essa manca... Nei vortici dell'umanilà Il titolo non mi piace : sa di vecchio e di demagogico e tuttavia non sarà a prima volia che un titolo trarrà in nganno circa la bontà del contenuto Voglio alludere a un romanzo di G Diotollevi (Sei vortici dell'umanità Ed Monreale. Milano). Si tratta di uri romanzo di guerra. La letteratura belica, che era data per morta e seppelita dalle Pitonesse della le'teratura va? invece — attraverso gli anni e mari mano che sui contrasti immediati si va stendendo la poesia dei ricordi — moltiplicando le proprie espressioni Non si può, con un elegante colpo di spugna, cancellare dal quadro mondiale un periodo che, quantunque breve, ha chiuso un'epoca e ne ha iniziata un' altra, e non si può d' altra parte creare una letteratura ex-novo prescindendo da questo formidabile quadriennio gravido di mutamenti e di rivoluzioni, e mentre tutte le cose e le creature d'oggi, a distanza d'un decennio, portano ancora visibile o nacosta, l'impronta di Moloch- Per l'Ialia, nazione giovanilmente balzata a una gloria antica a una vita nuova, il profilarsi d'una letteratura di guerra ha uno speciale significato rinnovatore. Esso è dire la celebrazione dei propri eroismi e la commemorazione dei propri! morti; il nascere insomma di una epopea e di un ordine spiituale nuovo. L'affermarsi sempre più requonte in Italia della letteratura di uerra significa che il popolo italiano on soltanto non ha rinnegato i propri loriosi inizi e la propria vittoria, ma ende sempre più l'orecchio a quelle voci che gli rechino i mormorii e le agre dell'Isonzo. Qui egli cerca la sua poesia nuova e di qui gli verrà- Non d'eo che il Diotallevi abbia rachiuso nel proprio romanzo tutte quete belle promesse, ma ceriamenie in uno stile semplice e quasi candido, ontano dall'enfasi e dalla apologetica, ha reso, di quello sterminato ueriodó pirituale, certe vibrazioni ed emozioni che slenteieiiimo a trovare in alri volumi chi: tiafraiio la stessa maeria. Meno felice mi sembra un allro romanzo [Un uomo. Ed. Monreale, Milao) in cui il Diotallevi, rifacendosi al minuto metodo d'indagine caro ad alri tempi, riwrca nella prima colpa ensuale d'un urino i germi della faalità che lo colpisce tragicamente più ardi. Non manca tuttavia, in questa ricerca, un po' di Oedipus complexus se l'autore m>n ha, in questi momeni, avuto sott'occhio Freud, è certo che gli ha intuito e sviscerato certe oscue leggi del sub-cosciente. Comunque dal due volumi del Diotalevi si ricava l'impressione d'una in-i ividualiià psicologicamente ricca e in-! line a vedere uomini e cose con frani a originalità. Gli autori interessanti anno scoperti, in Italia, e non semro cercandoli fra 1 nomi più clamo- 1 «tV. c. M. 1

Luoghi citati: Damasco, Italia, Milano