Parole sul mare

Parole sul mare Parole sul mare LE SIRENE: Ma chi dice che noi siamo sparite? Sciocchezze, sciocchezze ! Ciò 6 sempre stato detto : due secoli fa, mille anni, duemila anni fa: è sempre stato detto come oggi. E noi siamo sempre esistite, ed esistiamo ancora, nonostante che voi non ci abbiate mai veduto. Vi pare strano? Eppure ,fe tanto semplice. Un vostro errore. Perchè voi avete seriamente creduto (oh imprudenti!) alle parole dei poeti. Essi vi dissero: sono nel mare, -ono figlie del mare... Ecco l'errore: da uno compiuto, da tanti ripetuto, da tutti creduto. Noi non siamo nel mare. Noi siamo anche nel mare. Ci ascoltate? Talvolta ci dondoliamo noli» cuna delle onde ; tal'altra volta, sulla terra, ci trastulliamo all'ombra d-i:rli riberi. Ma per gli uomini che stanno a terra, noi siamo sul mare; e per gli uomini che stanno sul mare, noi siamo sulla terra. E dalla terra c dal mare vi chiamiamo dolcissimamente La terra chiama i nomadi del mare. Il mare chiama i dormenti della terra... Per questo non ci avete mai vedute, ne mai ci vedrete; e dite che non esistiamo... Sciocchezze, sciocchezze! rome l'invenzione aella coda di pesce... Oh chi 6 stato a regalarci quel l'orribile appendice? LE LANTERNE DELLE NAVI: O rosse o verdi o bianche, o grandi o piccole o medie, noi siamo molto soddisfatte, durante le soste in porto, quando c' attaccano all'estrema punta degli aiberi Non per orgoglio, no, che proprio non teniamo in conto una simile fittizia superiorità, ma per poter godere una nostra segreta illusione... Gli uomini cho camminano lontano, lungo le strade della riva, o navigano su) mare aperto, ve dono le nostre luci, cosi alte sopra la terra, e indugiano in un dubbio che non ha bisogno d'ersero risolto: stelle o lanterne?... Non accusateci di stoltezza e di leggerezza: ma è bello, per una lanterna, sentirsi in grado di parere «ina stella, r godere, sia pure per mi attimo dolo, una vaga sensazione di sconfinati spazi,'d'insondabili profondità, di vergini venti canori. Purtroppo, però, ciò accade assai di rado. Occorre la bonaccia. Se no, si dondola, sulla vetta degli alberi, ir. una roffa maniera, che davvero non si addice olle stelle, e il dubbio non esista più, e noi siamo, semplicemente e irrimediabilmente, le lanterne, ammirate soltanto dai fanciullotti che vorrebbero arrivare a scoprire le isole deserte dei loro libri, e dai poeti che non stanno mai bene dove si trovano. Ora questa è la ragione del dissidio che regna, implacabile, ira noi e le onde. Con quella loro altalena, esse ci sciupano la bella illusione E non sostano se non quando si addormentano per troppa stanchezza. Ma perchè quell'andare e venire? IiE ONDE: Su e giù. Sa «,gHL Noi montiamo la guardia, da tecoli di secoH, a tante immense porte eh» nessuno vede. Forse sono le porte elevate fra la terra e il mare. Ma noi non sappiamo veramente a che eoa» possano servire. E dov'è la loro soglia? dove son i loro battenti? Vorremmo tanto ascoltare le confidenze di qualcuno che avesse udito scattare la loro serratura. Ma forse nessuno ha udito, nessuno mai... Su e giù. Su e giù. Pare tanto cammino e non percorrere nessuna strada. Come i cuccioli, che ruzzolano tra due paracarri, finche hanno fiato e forza... Se dipendesse da noi, ci fermeremmo. Cho mirabile lago infinito! Le ninfe vi stenderebbero i tappetini rotondi delle loro foglie, vi schiuderebbero le manine imploranti dei loro fiori. Le ranocchie vi accorrerebbero da tutti i pantani del mondo, per salutare la luna, con un coro che anche la luna potrebbe udire. E noi aspetteremmo i loro tuffi, per muoverci un pochino, ma non più come adesso, bensì in tanti cerchi leggieri e lucenti, sempre più larghi, più incerti-. Su e giù. Su e giù. Il vecchio mare seguita a spingerci. E non ha ancora capito, nonostante la lunga esperienza, che noi ritorniamo indietro, costantemente, cocciutamente, che proprio, con la terra, non andiamo d'accordo. IL MARE: Io penso sempre al giorno (se quel giorno verrà) che voi compirete in silenzio la vostra inevitabile fatica. Ma questa è una vana speranza. Nemmeno un* piccola pausa. Gli uomini i quali vivono nelle case che si specchiano in me, sono tanto avvezzi al vostro ciarlare, che non l'odono più, così come più non odono il rumore del loro sangue che corre. E dove trovate tante parole da dire? Querele e lamentele, brontolìi e mormorii. Tutto inutile e noioso. E poi v'inquietate con me, perchè vi spingo... Ma credete davvero ch'io mi assuma questa noia per mio piacere? A ben altro penserei, se potessi. Io non so perchè vi spingo; non so perchè talvolta m'infurio; non so nulla di nulla. Però sono vecchio, ma tanto, sebbene non sappia preci samente ove siano i bianchi capelli che i poeti hanno detto più volte di vedere sul mio capo (e quale sarebbe il mio capoì), sono vecchio, spaventosamente vecchio, e non indugio in pensieri inutili. Piuttosto approfitto dell'inevitabile sorte, nel modo che mi Bembra migliora. Sapete, ad esempio, come approfitto del vostro andare e venire? Restituendo alla terra, per mezzo vostro, le immondezze che ella non si perita di buttare nelle mie aeque, sistematicamente, da quella' bisbetica dispettosa che ha la disgrazia di essere. I REMI : Silenzio, silenzio, o voci del mare e della terra! Ascoltate i lamenti dei poveri remi! Ci fu nn tempo che noi soli piegavamo la forza del mare, noi soli vincevamo le stravaganze del vento, quando esso si _j_ - *» , ' » . . i sPlagiava strile onde, pesantemente, e'fcWcrdtgpcBttrgMnF/ccecml1pèuFucds negava alle velo il buo soffio. Imperavamo su torme di schiavi, che si attaccavano a noi, disperati, con le due mani chiuse come pugni minacciante Sapevamo valicare i mari, superare le battaglie, trafiggere col rostro impassibile le carene nemiche. Sprizzavamo come raggi fuor dei fianchi delle navi, in due lunghe ali nervate, e rotavamo tutti insieme, splendendo... AH, ali eravamo, per Ulisse e per gli ulissidi, in quel tempo felice. Veramente pareva che le navi battessero lo ali, per noi. a fiore delle acque, come gli alcioni che amano tuffare il petto nel mare... E ora, dispersa la razza, soli e tristi obbediamo alle mani dei miseri pescatori. Più nessuno si affida a noi, pei lunghi corsi avventurosi. Più nessuno ci chiama ali... Altre ali hanno gli uomini, oggi: non rivaleggiano più con gli alcioni, ma con le aquile. E valicano i mari su quelle navi che imbrattano il cielo col loro funereo fumo. Ma i pacifici canti ch'essi traggono navigando dai rantolanti imbuti della loro radio, mai varranno le tragiche nenie che i nostri schiavi ulccdrtdiiESdflsdrgsziieagtn urlavano, per darsi lena o ritmo, con le bocche schiumose. IL FARO ; Vi ricordate dei monaci stiliti? Trascorrevano la vita sullacima di una colonna, senza poternediscendere, costringendosi a medita-re... Noi siamo i monaci stiliti deltempo nuovo; e conosciamo il segretodella perfetta sapienza. Guardare antervalla... Voi ci chiamate i « fari ntermittenti » c non cercate di più. Eppure dovreste imparare da noi. Stare fermi e accigliati su uno sprone di roccia. Lanciare uno sguardo profondo acuto vastissimo roi abbas-onao, acuto, vastissimo ±01 auDas sare le palpebre. Buio. .Nel buio rive-dere ciò che si vide, e solo allora chiaramente vederlo... E di nuovo aprire gli occhi, di nuovo richiuderli... Queto è il segreto della perfetta sapienza: guardare a intervalli, soltanto anf^rvalli To m diro pVip il crinrtio ntervaiji... lo vi dico ebe il giornoe la notte sono stata disposti proprioa questo scopo : luce e ombra : di giorno, si guarda; di notte, si medi-a... Intervalli un po' più lunghi dei nostri... Ma-voi, di notte, dormite. cesare meANO

Persone citate: Queto