La bilancia commerciale

La bilancia commerciale La bilancia commerciale IT deficit della nostra bilancia commerciale — che si è aggirato in media negli ultimi anni, come si aggirava prima della guerra, sul miliardo di franchi-oro — costituisce per, molti italiana una specie di incubo, contro il quale non tralasciano occasione di insorgere. Ma è veramente giustificata tale attitudine o non si tratta, invece, come parecchi economisti sostengono, di una sopravvivenza del preconcetto mercantilista? La teoria mercantilista, in verità, rispose egregiamente alle esigenze dei suoi tempi. E solo cosi del resto si spiega come essa abbia tenuto il campo tanto a lungo e sia stata sostenuta da uomini di grande esperienza e di alto valore. Quale sia la sua tesi è noto: deve lo Stato tendere a far si che le esportazioni eccedano quanto più è possibile sulle importazioni, al fino di accrescere le disponibilità monetarie della Nazione. Di fronte a nazioni impinguatesi di mercati preziosi, affluiti dalle colonie dell'Asia, dell'Africa e dell'America, quelle che allora aspiravano a contestarne l'egemonia, segnatamente la Francia e l'Inghilterra, trovavano nella penuria di circolante un grave ostacolo al loro sviluppo. Era perciò giustificato che esse riguardassero un'ulteriore depauperazione della massa monetaria come un disastro economico e al contrario il suo incremento come un risultato a cui lo Stato doveva tendere con ofvni sua forza. D'altra parte, iin un tempo in cui gli squilibri della bilancia commerciale si saldavano essenzialmente con metalli preziosi, l'eccesso delle esportazioni, o viceversa delle importazioni, si ripercuoteva inevitabilmente in una riduzione o rispettivamente in un aumento, della mas. sa monetaria. Oggi ancora, quando il saldo della bilancia commerciale deve farsi essenzialmente per mezzo di movimenti di capitali, cioè, se non a contanti, mediante apertura di debiti o di crediti, il presupposto della teoria mercantilista resta sostanzialmente esatto, un'eccedenza delle importazioni significando necessariamente, in tale ipotesi, un indebitamento e un'ecoedenza delle esportazioni, un accreditamento della nazione verso l'estero. Perciò i paesi europei guardavano con giustificata preoccupazione, durante la guerra e nell'immediato dopo guerra, all'abisso che separava le cifre delle importazioni da quelle delle esportazioni, poiché esso traeva inevitabilmente con se un pauroso aggravarsi del propri debiti. vBen diverso è il significato dello squilibrio dèlia bii bfistdvddfldidtada—sqllelqdtcvrspdpmoztzmsgiamtinsrrqppcvdduigcedeartmle, quando, per saldarlo, la nazione può contare sulle cosidette entrate invisibili: interessi di capitali investiti all'estero, noli marittimi, commissioni bancarie, rimesse dei cittadini che lavorano fuori dei confini, itpese di turisti stranieri. In tal caso un eccesso delle importazioni può essere unicamente sintomo dell'abbondanza di siffatte entrate invisibili di fronte alla contropartita delle uscite invisibili. Tale è notoriamente il caso dell'Inghilterra, le cui importazionà di molto prevalgono sulle esportazioni, per effetto appunto dei noli marittimi, delle commissioni bancarie, degli emolumenti rimessi in patria da impiegati o ex-impiegati negli altri territori dell'Impero e segnatamente degli interessi dei capitali impiegati all'estero; e ciò per quanto le persistenti esportazioni di capitali attenuino tale eccesso. Il deficit della bilancia commerciale, per sè, dunque, nulla dice, come nulla dice sopra le condizioni economiche di una persona il fatto che essa spenda largamente. Può darsi che ciò avvenga perchè essa jiKj ha molti da spendere e può darsi invece che significhi solo che essa si indebita. Analogamente, per il giudizio sulle condizioni economiche di una nazione, lo sbilancio commerciale va interpretato in relazione alla natura delle sue relazioni internazionali: lo stesso deficit può avere, secondo la diversità di queste, significati del tutto opposti. Osservazioni anàloghe a quelle fatte per l'interpretazione dello squilibrio della bilancia commerciale possono farsi per l'interpretazione delle variazioni di tale squilibrio, con questa avvertenza, però, che le cause, le quali in un paese determinano la normale eccedenza delle importazioni o viceversa delle esportar.ioni, possono essere diverse da quelle che ne determinano le variazioni annue. In Inghilterra, per esempio, le variazioni annuali dell'eccedenza del'to importazioni sono connesse, non tanto con le variazioni nel flutto derli interessi dei capitali mutuati, dei noli, delle rimesse e dei lucri eulle commissioni bancarie, quanto con le variazioni nel volume dei creimi e degli investimenti fatti all'estero. Negli anni di fiorente attività, l'Inghilterra accentua tali investimenti ed allarga i suoi prestiti m paesi estori, dando esca alle importazioni di questi, e quindi alle esportazioni proprie, mentre gli investimenti si assottigliano- e i crediti venuti a scadenza non vengono rinnovati — e quindi le esportazioni tendono a declinare — negli anni di depressione. Correlativamente alle eroartazioni, crescono o diminuiscono le importazioni, ma in misura minore Perciò il deficit della bilancia commerciale britannica di regola si attenua o si accentua a seconda del carattere favorevole o invece sfavorevole dell'annata, come già da tempo ebbe a segnalare il Giflen. TI contrario avviene in Italia Qui normalmente (e all'infuori — intendo — di debiti contratti ali estero) una più forte importazione è condizionata da un più alto ammontare di entrate invisibili. E si spiega cori come il Jannaccone abbia potuto riscontrare p r l'anteguerra che, quando p j vivace era 1 attività industriale e la pr ..perita economica risultava in aumento, lo sbilancio commerciale tendesse a crescere. Gli! .... J ieomroc+vi»w1mcgdlioumfivllpsgrmtstqtsarmczscplrtEdpdtnmcctdf8s- "ora' ed è una nazione IpBamata di materie prime da pla.l borare e di prodotti semilavorati da finire c, più ha mezzi a propria disposizione, più no compera, alimentando cosi in misura maggioro l'industria e più attivamente promuovendo la prosperità nazionale. Nel determinare le variazioni annuali dello sbilancio commerciale, tale influenza risulta prevalente su quella delle vicende agrarie, che tendono invece ad accrescere le importazioni di materie alimentari e ad accentuare il deficit commercialo negli anni sfavorevoli. Che nel dopo guerra le variazioni della nostra'bilancia commerciale — all'infuori dei prestiti internazionali — siano destinate a conservare lo stesso significato, può desumersi da quanto avvenne in occasione dell'Anno Santo: il concorso dei pellegrini aumentò allora insolitamente le disponibilità della Nazione, la quale ne approfittò per importare dall'estero più largamente di quanto non avesse fatto negli anni precedenti. Materie prime e prodotti semilavorata, importati in misura superiore al normale nelle annate di prosperità, verranno naturalmente in parto riesportati sotto forma di prodotti finiti; solo in parte però — poiché la prosperità implica un maggioro consumo interno — e in ogni modo sólo a una certa distanza di tempo. Allo cresciute importazioni fanno cosi riscontro esportazioni pure cresciute, ma cresciuto in misura minore. Di regola, dunque, le annate prò. spere sono in ogni paese contrassegnate da un aumento del commercio internazionale e le annate difficili al contrario dalla sua depressione; ma, in taluni paesi, come in Inghilterra, le esportazioni, in altri, come in Italia, le importazioni sono le più sensibili, così che in quelli il.variare del deficit delle importazioni risulta correlato negativamente, in questi, invece, positivamente, con la prosperità economica. Secondo studi prebellici, Germania e Francia si comporterebbero, da questo ponto di vista, analogamente all'Italia. Le norme messe in luce dagli stu diesi non devono naturalmente ad dormentare il vigile occhio degli uomini di governo in una materia in cui possono essere decisive le congiunture di eccezione. Nel 1920 e nel 1927 molti indizi facevano fondatamente pensare che le entrate invisibili dell'Italia fossero diminuite, per modo che un deficit eccessivo della bilancia commerciale avrebbe potuto compromettere l'opera intrapresa di risanamento monetario e non si sarebbe potuto in ogni modo saldare che mediante cospicui J ila»"'«Tr BWlUlki i.ii» - • — -» • v, Vw—r - - —. 1moviménti di capitali, i quali si concretarono effettivamente nei larghi prestiti accordati dall'America, Ciò giustificava la preoccupazione del Governo di diminuire lo squilibrio ed il compiacimento con cui i comunicati ufficiosi commentavano ogni indizio clic facesse pensare ad una riduzione dello sbilancio commerciale. Ma non sarebbe senz'altro giustificato il mantenere tale punto di vista nell'avvenire. Stabilizzata la lira, attenuatisi i prezzi che la rivalutazione faceva risultare elevati per gli stranieri, è da sperare che si accentuino le rimesse degli emigranti e i redditi derivanti da turisti stranieri. 11 corrispondente aumento di entrate invisibili dovrebbe trarre con sè un aumento dell'eccesso delle importazioni sulle esportazioni. Una variazione in tal senso, qualora si verificasse nei mesi venturi, non avrebbe pertanto di per sè nulla di allarmante e potrebbe anche essere riguardata come favorevole sintomo di prosperità economica. Come lo squilibrio della bilancia commerciale, cosi le sue variazioni, dì per sè, nulla dicono e possono rappresentare la risultante, in circostanze diverse, di fattori di opposto significato. Non intendo affermare con ciò che la bilancia commerciale di un paese resti senza significato per la valutazione della sua vita economica Essa contiene anzi in sè elementi, di cui discorreremo altra volta, al più alto grado significativi ed atti a dare tn sintesi una misura eloquente della posiziono economica della nazione nel mercato mondiale. CORRADO CINI,

Persone citate: Jannaccone